Galleria del Carbone
Ferrara
via del Carbone, 18/A
0532 761642 FAX 0532 761642
WEB
Gianni Sevini
dal 1/4/2005 al 1/5/2005
335 5350902 FAX 0532 761642

Segnalato da

Paolo Volta



approfondimenti

Gianni Sevini
Franco Basile



 
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1/4/2005

Gianni Sevini

Galleria del Carbone, Ferrara

Della piacevolezza. Dipinti ispirati dalla natura. Una ricerca cromatica che procede da una quarantina d'anni incurante del rischio che il tentativo di mimesi possa considerarsi un insoluto all'innovazione.


comunicato stampa

Della piacevolezza

Sabato 2 Aprile, alla Galleria del Carbone di Ferrara, s'inaugura alle ore 18.00 la mostra personale di Gianni Sevini dal titolo: "Della piacevolezza". Si potranno apprezzare gli oli di Gianni Sevini dotato di una sapiente capacità nell'uso del colore. La ricerca cromatica è sempre stata l'obbiettivo da raggiungere anche a rischio, come avvenuto negli anni ottanta, di essere considerato "controcorrente" solo perchè presentava vera pittura ispirata dalla natura. La mostra di Gianni Sevini sarà visitabile fino al I° maggio 2005.

"La memoria delle emozioni"
di Franco Basile
dal catalogo della mostra "Confronti da museo" Museo Bargellini – Cento (fe)

La luce nella pianura è un'eco dilatata che tocca ogni angolo, come una voce che corre e corre fino a confondersi oltre la soglia dell'indistinto. I campi sono tavole dove I'occhio può esercitarsi finché vuole per raggiungere i confini del visibile, i canali sono binari a cui affidare la ventiquattrore della fantasia mentre la mente si immerge in una totale, fiduciosa attesa di qualcosa che il tempo suggerisce con i toni del sortilegio.

Qui la vita sembra avere ritmi isocroni, gli argini dei fiumi sono cicatrici sopraelevate che fanno da sponda alla memoria, la terra si offre alla vista senza inganni, il verde dei pioppeti, i monconi degli olmi e gli ormai radi vitigni sono discorsi punteggiati dai maceri: tutto si distende in una fiduciosa modularità, la quiete non è un optional ed è facile farsi prendere da uno stordimento che rende alieno tutto ciò che è regolato da programmi e algoritmi.

Anche gli specchi d'acqua accolgono I'eco del tempo, come le paludi rivestite dalla bonifica dove rimbalzano solo i suoni della natura. La Bassa è una miniera di sensazioni per Gianni Sevini, pittore che attraverso l’osservazione diretta del paesaggio raggruma il senso di un'emozione in un tratto di tela o indica con un guizzo di giallo-oro lo stupore di un passaggio di luce.

Simile agli uomini di Barbizon, si confronta con gli effetti di un universo verzicante, proprio come un artista che fa della sincerità elemento primario, che dipinge senza contorsioni celebrali, lontano dalle scappatoie di una concettualità che attraverso materiale comportamenti di ogni genere offre alibi culturali a chi non sa esprimersi coni mezzi di sempre, che sono la matita, i pennelli, la tavolozza.

Gianni Sevini dipinge da una quarantina d'anni, lo ha sempre fatto in chiaro, incurante di qualsiasi rischio anche in epoche in cui ogni tentativo di mimesi era considerato un insoluto all'innovazione.

Ancora oggi lavora con umiltà e coraggio, con tenacia e onestà.

Prima ha cercato di sentirsi padrone del segno, di calibrare cioè il mezzo espressivo per fornire una cronaca semplice immediata delle sue esperienze. Sono passati tanti anni dal giorno in cui un riverbero sull'acqua lo indusse a prendere in mano i pennelli Prima aveva solo disegnato, ma quel nastro madreperlaceo fu come una lama magnetica nel cervello o una magia capace di spingerlo a descrivere quello che sentiva con il linguaggio dei colori.

Ormai la sua storia è lunga. Il tempo è passato in un lampo' come se un vento impetuoso avesse fatto man bassa dei fogli del calendario. Che cosa resta dei tanti e tanti momenti vissuti prendendo appunti ora da una striscia d'arenile dove andavano a morire le onde, con da un foglio di giornale che

avvolgeva di parole quattro cinque fiori, ora da un tramonto marcato di un vermiglio che difficilmente riusciva a convincere che il giorno avrebbe avuto un seguito?

Cento e cento tramonti hanno avuto altrettanti seguiti.

Con i pittore sempre attento al dettato di una natura dove l'uomo non ha mai avuto un ruolo primario.

Guardandosi nella tela, ha continuato a tratteggiare segni per filmare quello che lo aveva attratto, o per rivivere i ricordi. E dunque quarant'anni raccontati osservando un mondo semplice e al tempo stesso composito, una storia contrassegnata dall'ansia di potersi esprimere al meglio, quadri e quadri che riflettono un'infinità di momenti. Gli iniziali, inevitabili impacci formali si sono via via stemperati in accenti capaci di creare un dialogo tra illusione ed effetto.

Così come si sono evoluti i vecchi soggetti inglobati in un'area per così dire sentimentalmente rétro, forse ingenua, dove il senso della solitudine e del disagio esistenziale veniva raccolto in contesti deserti, e il ricordo di presenze umane indicate da oggetti abbandonati. Erano i giorni in cui la critica, annotando un figurativismo di tradizione e compiacenti indugi illustrativi, si chiedeva quando Sevini avesse dato spessore e forza ai momenti ancora in nuce, a una sorta di musicalità che s’intravvedeva in tratti di risonanza spaziale. I capitoli di questa storia sono contrassegnati da caparbia applicazione, e quindi da una costante ricerca su argomenti che dovevano costruire motivo primario di determinati periodi. Sevini non si limita a fare da spettatore all'esistenza e ai particolari che l'attorniano, Ama rendersi partecipe, anche sofferto, della realtà.

Vorrebbe farsi tutt'uno coi temi trattati, lo dimostrano le ricerche sull'entomologia e sulla micologia, studi e analisi per meglio capire I'essenza degli esseri e delle cose.

Fra le pagine del suo lungo libro ci sono anche quelle dedicate alle api, alle farfalle, ai funghi. Passione, curiosità, qualcosa che nonostante il puntiglio dell'analisi non 91i ha impedito di scambiare parole con l'invenzione e di cercare di fissare le proprie impressioni in chiave poetica.

Le parentesi monotematiche hanno fatto da contrappunto alla componente paesistica, che per I'artista è come una seconda pelle. Non passa giorno senza che annoti gli accadimenti di una natura che viene esplorata con inesausta attenzione. Tempo ed esercizio gli hanno dato familiarità col linguaggio pittorico.

E tra parentesi di analisi e di ricerca, la scrittura si è evoluta, talché oggi il paesaggio non è conseguente al solo piacere visivo, ma può essere determinato da implicazioni interiori che egli trascrive con una specie di ascetismo cromatico, con una grafia che lo porta a una trasfigurazione, o meglio, a una sintesi che sfocia in una visione fantastica e lirica.

Non c'è particolare indugio descrittivo negli ultimi lavori, e neppure auto compiaciuti eccessi di sentimentalismo. Implicazioni contenutistiche lo inducono a uno svolgimento più immediato con esiti felici, soprattutto laddove la rappresentazione elude il rischio dell'appesantimento del segno troppo pensato con tratti veloci dai quali filtra il fatto emozionale. Gianni Sevini ha scelto come punto d'osservazione un paese della Bassa bolognese dove, a pochi passi dalle case, il rullo della piana sgrana i toni che vuole.

Il paesaggio è un po' cambiato ultimamente, ma quello che non ama lo sospinge ai margini dell’inquadratura, o lo ribattezza trasformando i pali della luce in tronchi d'albero e i segnali stradali in elementi di raccordo tra la realtà e i tratti di luce che evocano un mondo scomparso. Costruisce paesaggi per ambientarvi quello che vuole, un fiore, un bosco, soprattutto per caricare l’insieme di intenzioni poetiche che si intravedono in modo particolare laddove la stesura lascia margini all'immaginazione.

Non importa la trascrizione di quello che si vede, ma l’idea che esso suscita. Ciò gli riesce quando non indugia nell’atto descrittivo, bene ad esempio il morbido conglobarsi di pigmenti che sono evocazione di quanto impresso nella mente, e non semplice trascrizione. Ora, fra lo sguardo e la realtà, si inserisce I'idea. L'esercizio di Sevini tende sempre più ad affrancarsi dalI'impegno formale con un segno e una stesura cromatica più prossimi al verbo creativo. Il senso di ovvia ferialità di taluni passaggi sta cedendo Il passo a nuovi effetti luministici, a quell'umore di ascetico cromatismo di cui si diceva e che probabilmente lo porterà a rendere più svanente il soggetto pittorico sviluppando il pensiero quasi gestualmente, con una specie di stenografia nel cuore.

I paesaggi di Sevini sono prossimi a una libera combinazione di dati scelti non solo per il loro valore pittoresco, ma anche per un empito percettivo che da stratificazioni simboliche dovrebbe condurre a fattori psicologico-emozionali. Vi sono luoghi della Bassa dove cavi e tralicci si delineano come nuovi testimoni del tempo. I fili corrono da un punto all'altro quasi dovessero imbastire il mondo.Sevini ha fatto l'abitudine a queste presenze, che forse considera tracce lasciate da ragni giganteschi. L'occhio corre sui fili che, nei quadri sono forse aggrumati in toniche avvalendosi di strisce scalate verso I'orizzonte suggeriscono effetti di lontananza.

Il paesaggio cambia, la realtà ascolta l'uomo, ma non la fantasia.

Sevini continua vedere quello che vuole. Sogna nelle notti in cui dalle paludi si accendono strane fosforescenze, si sofferma sulla sponda di un fiume per ragionare con il verde dell'acqua. Oppure osserva il mondo in una giornata piovosa standosene dietro i vetri, con le gocce che formano una cortina tremolante, quasi un miraggio.

Ecco, un miraggio, qualcosa di immaginato, come tutti ciò che è privilegio di chi sa leggere tra le righe dell'esistenza.

Inaugurazione: Sabato 2 Aprile, ore 18.00

Galleria del Carbone
via del Carbone, 18/a - Ferrara

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