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Jacques Bedel
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Jacques Bedel



 
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29/6/2005

Jacques Bedel

Istituto Italo-Latino Americano, Roma

Le mille e una notte a Baghdad. Visioni notturne, vincolate alle notti del racconto, orizzontali e strette come la visione che si puo' avere dall'interno di un carro armato, simili a un negativo cinematografico poiche' documentano una storia inqualificabile: il deserto millenario che esplode in mille pezzi e poi torna a rigenerarsi.


comunicato stampa

Le mille e una notte

C’è, nei racconti di Le mille e una notte, una fonte inesauribile di poesia e bellezza. L’incantevole Shahrazad, in combutta con la sorella Doniazad, inventa racconti e racconti per distrarre lo sposo, il re Shahryar, quel “re tra i re di Sasan, nelle isole dell’India e della Cina” che faceva sgozzare tutte le sue giovani spose la mattina successiva all’unica notte che trascorreva con loro. Mantenendo desta la curiosità del terribile sposo con la suspense dei suoi racconti, il cui finale rimanda da una notte all’altra fino alle mille e una, Shahrazad riesce a spostare nel tempo la morte che il re ha decretato come vendetta per l’infedeltà di una sposa precedente, a liberarsi dalla sentenza e salvare per sempre le altre figlie dei musulmani. Sono settantatre titoli generali che, in alcuni casi, si ramificano in dieci e più racconti, arrivando forse al mezzo migliaio di narrazioni. Tra di esse ci sono le storie di Aladino, Ali Baba, Sindbad, Gli incontri di Harun al Rashid sul ponte di Baghdad, Gli aneddoti morali del giardino incantato, e tante altre nelle quali troviamo l’opulenta ricchezza descrittiva della letteratura orientale.

Il rapporto con libri e scritti, con la letteratura di Jorge Luis Borges (Los dos reyes y lo dos laberintos o El libro de arena) o con simbologie mitiche e teologiche nei volumi arrotolati delle serie Ignis o Verbum, è un leitmotiv nell’opera di Bedel.

In questa serie di “paisajes nocturnos iluminados” (paesaggi notturni illuminati), Bedel mette in rapporto la sua opera con i racconti di Le mille e una notte così attuali in questo momento in cui viviamo. Le mille e una notti trascorrono a Baghdad e costituiscono una favola che non finisce mai. Queste visioni sono notturne, vincolate alle notti del racconto, orizzontali e strette come la visione che si può avere dall’interno di un carro armato e simili ad un negativo cinematografico poiché documentano una storia inqualificabile: il deserto millenario che esplode in mille pezzi e poi torna a rigenerarsi.

Bedel realizza libri di ferro affinché sussistano dopo che la nostra civiltà scomparirà così come libri di sabbia perché siano rifatti continuamente, anche i suoi paesaggi di luoghi quasi intatti, con i colori di una quasi eternità accentuata dalla nobiltà e dalla qualità dei materiali utilizzati in combinazioni nuove ed imprevedibili, sembrano fatti per documentare ciò che è esistito dopo che l’uomo avrà finito di distruggere tutto.

Dichiara l’artista : “La mia opera è esclusivamente razionale e pensata, poiché mi preoccupa che ci sia un lavoro intellettuale; è una specie di omaggio alla intelligenza che, per ora, è umana. Voglio essere un trasmettitore estetico di una serie di idee e proposte, ma dell’insieme dell’umanità, poiché cerco di conciliare idee filosofiche, teologiche e scientifiche, incorporarle nell’opera per costituire una totalità. Mi interessa il libro (testo) come simbolo delle nostre conoscenze, come veicolo di cultura e di idee. Per incontrarsi con il suo messaggio bisogna aprirlo (srotolarlo, dispiegarlo), leggerlo, in una specie di dialogo obbligato. E quando lo si chiude (ripiega, arrotola) tale messaggio rimane occulto, non si vede”.
Il libro racchiude tradizione e mitologia, realtà e fantasia: una volta aperto, si trasforma in una rivelazione.

Quando tratta del paesaggio, Bedel esalta la grandiosità del territorio, generalmente legato alla Patagonia senza tempo.
Sono orizzonti, pampas, mari, ghiacci, cieli realizzati con una astrazione ottenuta grazie ad un altro grado di raffinatezza. Con risorse apparentemente semplici e stratagemmi seducenti che inducono ad abbandonarsi alla contemplazione , Bedel ricombina elementi naturali e li sottopone allo stesso procedimento chimico che hanno subito nei secoli. Controllando tutto, rielabora fossilizzazioni, carbonizzazioni ed incrostazioni di acque minerali, che sono integrate nelle rappresentazioni regionali per mezzo di terre, ossidi e silicati . Elementi che, grazie al dominio dello spazio e della forma con un fine senso della precisione, creano uno spazio imponente e seduttore.

Irma Arestizábal

1 Catalogo Galleria Ruth Benzacar, Madrid, ARCO, 1991.
2 Patricia Rizzo, Bedel-Prior, Buenos Aires, Grupo Nacional 2002.
3 Sul tema vedere Jorge Glusberg, “Del Pop-Art a la nueva imagen”, Buenos Aires, Ediciones de Arte Gaglianone, 1985.

Jacques Bedel

Nato a Buenos Aires nel 1947, è scultore, pittore ed architetto laureato alla Facoltà di Architettura ed Urbanistica dell’Università di Buenos Aires.

Nel 1968 ottiene una borsa di studio del Governo Francese e l’anno successivo è invitato a partecipare al X Congresso Internazionale degli Architetti come delegato della Association Internationale des Arts Plastiques, organismo dipendente dall’ UNESCO. Nel 1974, il British Council gli concede una borsa di studio per realizzare studi di Scultura a Londra; e nel 1980 gli viene assegnato il Premio Fulbright per effettuare ricerche presso il National Astronomy and Ionosphere Center della Cornell University e presso la N.A.S.A., a Washington, USA.

Ha preso parte ad oltre 300 mostre in Argentina, Francia, Spagna, Polonia, Ecuador, Colombia, Perù, Cile, Stati Uniti, Germania, Giappone, Italia, Belgio, Svezia, Panama, Islanda, Jugoslavia, Finlandia, Canada, Gran Bretagna, Olanda, Danimarca, Israele e Brasile.

Ha rappresentato l’Argentina in 14 Biennali Internazionali di Arte ed ha ricevuto 43 premi nazionali ed internazionali, tra i quali la Medaglia d’oro alla Mostra delle Nazioni Unite nel 1975, il Gran Premio della Biennale di São Paulo nel 1977, il Gran Premio d’Onore alla 1ª Biennale Internazionale di Montevideo nel 1980 ed il Gran Premio Latinoamericano alla VII Biennale Internazionale di Architettura di Buenos Aires nel 1998.
Vive e lavora a Buenos Aires.

bedel@jacquesbedel.com
http://www.jacquesbedel.com

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