Boutique Borsalino
Paris
Rue de Drenelle 6

Guia Besana
dal 6/7/2005 al 28/7/2005

Segnalato da

Edoardo Di Mauro


approfondimenti

Guia Besana



 
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6/7/2005

Guia Besana

Boutique Borsalino, Paris

Personale. L'artista fotografa aride periferie urbane, interni di abitazioni, volti femminili di forte espressivita', oggetti ed immagini che simboleggiano il corto circuito temporale ed il clima di sospensione vissuto dalla societa'.


comunicato stampa

Mostra personale

a cura di Edoardo Di Mauro ed Elena Masoero, in collaborazione con Massimo Tretola

Questa personale di Guia Besana presso la Boutique Borsalino di Parigi pone in essere una serie di spunti per meglio comprendere aspetti dello scenario attuale relativamente al ruolo ed alla funzione della fotografia nel panorama artistico e dell’arte in generale nel circuito della moda, della pubblicità, in ultima analisi della comunicazione. Il concetto e la pratica della rappresentazione artistica intesa come mimesi naturalistica ed il conseguente predominio della pittura entrano in crisi proprio dall’avvento della fotografia nella prima metà dell’ 800, estrema e conclusiva propaggine della modernità. Inizia da allora, e prosegue lungo il crinale novecentesco, quello che alcuni teorici definirono un vero e proprio “combattimento per un’immagine”, una tenzone tesa a stabilire il dominio sulla riproduzione del reale, con gli Impressionisti primi a scendere massicciamente in campo pronti a sfidare la tecnica fotografica nell’impari cimento della rappresentazione naturalistica. In realtà si tratta di un combattimento privo di senso e teso, semmai, a raggiungere un pareggio, una sostanziale pacificazione, come appare evidente analizzando le vicende storiche del Novecento, i cui effetti si prolungano ad occupare anche la prima parte di questo nuovo millennio.

Come sostenuto da uno dei più preparati storici italiani della fotografia, Claudio Marra, con una tesi che mi sento di condividere, in realtà solo in parte la fotografia è stata un prolungamento della pittura con altri mezzi, più semplici ed immediati, al punto, in certi casi, da non richiedere neppure una particolare preparazione e professionalità nell’uso dello strumento, adoperato come una vera e propria protesi. In realtà la fotografia è dotata di uno statuto linguistico proprio e di un diverso livello referenziale nella rappresentazione della realtà, tali da apparentarla, semmai, alle modalità “extra - artistiche” introdotte nella teoria delle avanguardie storiche e portate a piena diffusione tra gli anni ’50 e ‘ 70 del secolo scorso, con la fuoriuscita dell’arte dal tradizionale alveo bidimensionale tipico della pittura per procedere verso una volontà di contaminazione con l’ambiente esterno inteso come piena omologia con il mondo, nel perseguimento di una esperienza estetica, quindi polisensoriale, totalizzante. Non che la pittura si sia arresa, tutt’altro.

Ritornata prepotentemente sulla scena nella seconda metà degli anni ’70, dopo che il Concettuale l’aveva bandita come pratica manuale, quindi non totalmente asservita ad una dimensione noetica tipica dell’ala più radicale di quello stile, essa ha saputo rinnovarsi stante la sua innata capacità di metabolizzare, con procedimento metamorfico, tutto quanto proviene dall’esterno, interpretandolo con l’ atteggiamento tipico della dimensione simbolica ed allegorica, mediano tra pulsione interiore e distacco concettuale. La fotografia, nell’ultimo trentennio, si è avvalsa della disinibizione formale cifra stilistica del postmoderno per riversarsi massiccia nel panorama eclettico della contemporaneità privilegiando la funzione piuttosto che l’oggetto e diventando, negli anni ’80 ma ancora di più nel decennio successivo, la dimensione narrativa maggioritaria, in compagnia di quello che è stato il suo primo derivato tecnologico, il video. L’atteggiamento si è manifestato nella duplice accezione di una partecipazione “fredda”, tendente a privilegiare una classificazione impersonale ed asettica dell’esistente e della banalità quotidiana, ed un’altra dimensione “calda”, “psicologica”, in cui gli artisti hanno adoperato il mezzo come estensione del proprio io, per calarsi nel reale con atteggiamento di affettuosa partecipazione. Questa modalità è quella prediletta da Guia Besana.

Ho conosciuto lei ed il suo lavoro qualche mese fa, a Parigi, città che ha perso il primato di fulcro dell’arte mondiale, ma di certo ha mantenuto intatto il suo fascino di luogo dall’architettura storica ed imponente e, al tempo stesso, di stimolante crogiuolo multiculturale, simbolo del passato e del presente dell’Europa, città in grado di sollecitare la creatività di molti fotografi che lì si sono trasferiti. Nelle opere di Guia non vi è traccia di un uso della fotografia come strumentale, seppur lecito, organo di registrazione veloce ed istantanea del quotidiano. Al contrario si denota subito un alto livello professionale. Ma questo non è affatto in contraddizione con un uso “artistico” del mezzo, anzi semmai ne rafforza la vocazione di strumento atto a cogliere il reale nell’accezione di un abbraccio interiore, di un congiungimento con l’io dell’artista. Proprio dagli anni ’80 le figure del fotografo “puro” e dell’”artista – fotografo” tendono a sovrapporsi in maniera da risultare, finalmente, indistinguibili, cosi come si annulla il confine tra immagine “alta” e “bassa”, in modo da ottenere proficui sconfinamenti nell’ambito della moda, della pubblicità, della cronaca così come del “reportage”. Quindi le foto di Guia Besana non si pongono, giustamente, il problema di essere collocate entro vincolanti barriere linguistiche ma possono essere fruite in assoluta libertà, per il piacere di assaporare la poesia e la suggestione che da queste emana e come testimonianza vibrante e coraggiosa di aspetti del mondo male percepiti dalla nostra egoista sensibilità di uomini occidentali non del tutto consapevoli della fortuna di venire da sessanta anni in cui drammi e conflitti che hanno squassato le generazioni precedenti ci sono stati risparmiati. Nel piccolo ma duttile spazio della Boutique Borsalino l’artista esporrà una selezione di opere della serie “Vision d’ interieur”, che Guia stessa definisce come sue sensazioni riflesse attraverso i luoghi . Si tratta di foto a colori di un vecchio edificio industriale dedito alla lavorazione tessile. L’artista costruisce con le sue inquadrature una precisa e nitida architettura dell’immagine cogliendo l’essenzialità di spazi ed anfratti in cui il suo sguardo si posa a cogliere le sensazioni trasmesse dallo scorrere del tempo e l’involontaria artisticità e, talvolta, teatralità dell’insieme.

La sensibilità dell’artista dona nuova vita a questi luoghi dimenticati che furono un tempo colmi di energie vitali ed il senso poetico fornisce all’immagine un clima di magica sospensione in cui sembra che, da un momento all’altro, una presenza umana debba balenare sulla scena. E l’ immagine si anima davvero. Una delle foto dell’installazione, un interno dell’atelier dove giace al suolo una gonna, viene ripresa in un video in cui una ballerina interagisce con la spazio dando vita ad una performance danzante dove passato e presente si sovrappongono creando un clima di sottile rimpianto, ma dando anche il senso di un anelito vitale e creativo che non si spegne. L’allestimento è completato da un altro fondamentale tassello della poetica di Guia Besana, un altro lato della visione speculare al primo, dove lo sguardo, mantenendo inalterata la sensibilità, si indirizza dall’interno all’esterno, verso il mondo. Si tratta di un mosaico, una sorta di “narrative art” contemporanea, molto più densa di suggestione evocativa rispetto al minimalismo di quella originale, composto da immagini tratte da un ampio reportage prodotto dall’artista a Teheran. Con notevole coraggio Guia si è avventurata per le strade e gli interni di quella capitale, aggirando i divieti di un regime ancora rigido ed opprimente con la complicità partecipe degli abitanti. L’artista ci narra il clima attuale di quel paese senza ricorrere alla visione di grandi spazi e di folle metropolitane. Il rimpianto di un passato teso a rincorrere il mito della modernità e dell’ Occidente, la stasi e l’irrequietezza del presente, un futuro incerto ma perseguito con fede, vengono resi dall’artista con inquadrature di aride periferie urbane, interni di abitazioni, volti femminili di forte espressività, oggetti ed immagini che simboleggiano il corto circuito temporale ed il clima di sospensione vissuto da quella società e ci aiutano a comprenderla con l’intuizione e la poesia, facendoci meglio capire quell’uso della fotografia come estensione psicologica e strumento di narrazione cui prima facevo cenno.
Edoardo Di Mauro

Inaugurazione. Martedì 5 luglio, dalle 18 alle 22

Boutique Borsalino
Rue de Grenelle 6
Paris
Orario. 11-14 e 15-19, chiuso domenica e lunedi

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