Studio Quadrure
Numana (AN)
Via Elia, 13
071 9330324

Insieme a Numana
dal 21/9/2005 al 31/1/2006

Segnalato da

Maurizio Vitiello




 
calendario eventi  :: 




21/9/2005

Insieme a Numana

Studio Quadrure, Numana (AN)

Carmine Dello Ioio e Monica Pennazzi. In mostra lavori recenti, a olio e in tecnica mista, in cui si colgono fantasmatiche presenze contemporanee e allusioni al mondo di oggi.


comunicato stampa

Carmine Dello Ioio e Monica Pennazzi

Allo Studio Quadrure sarà inaugurata giovedì 22 settembre 2005, alle ore 18, l’interessante mostra, curata dal critico partenopeo Maurizio Vitiello, intitolata “Insieme a Numana”, con opere ad olio ed in tecnica mista di Carmine Dello Ioio, nativo di Gragnano, e di Monica Pennazzi, di Ancona.

I due artisti presentano una doppia coppia di lavori recenti, ad olio ed in tecnica mista, in cui si potranno cogliere fantasmatiche presenze contemporanee, impalpabili allusioni al mondo di oggi, nonché parallelismi abbinati, aperture flessibili, ludiche interpretazioni e iati inediti, che sostanziano interessanti elaborazioni.

Carmine Dello Ioio con questa mostra a Numana (AN), si porta ad un altro lato della Penisola. Dobbiamo ricordare, però, per questioni di cronaca e di date, la mostra acerrana, intitolata “Mani”, dove ha incontrato pubblico e “addetti ai lavori” dell’area tra Caserta e Napoli e si sono imposte riflessioni su una pittura con note intriganti. Infatti ad Acerra, a “Il Ritrovo dell’arte”, diretto con competenza, passione ed entusiasmo da Mimmo Fatigati, è possibile visionare gli ultimi lavori in tecnica mista di quest’emergente giovane operatore, tra l’11 ed il 26 settembre 2005.

Da ricordare, poi, che è ancora in corso, nel frattempo, l’interessante iniziativa che vede coinvolto il giovane e promettente artista Carmine Dello Ioio, intitolata “Insieme sul terrazzo”, che resterà aperta sino a lunedì 31 ottobre 2005. Quest’evento vede in rassegna una significativa serie di opere del giovane artista campano nel piccolo accogliente spazio esterno dello “Studio Dello Ioio” (Via Benedetto Brin, 32 80053 Castellammare di Stabia – Napoli).

Ritornando sulla mostra di Acerra, hanno distinto il lavoro del giovane operatore Carmine Dello Ioio parallelismi abbinati, aperture flessibili e iati inediti, che sostanziano elaborazioni fondamentalmente ludiche e dichiaratamente leggibili.

L’artista, che ha mosso i primi passi artistici sulla costiera sorrentino-amalfitana, presenterà, poi, da giovedì 20 ottobre 2005 a Roma, a “La Cuba d’Oro”, diretta da Nella Giambarresi, vari e diversi lavori recenti, ad olio ed in tecnica mista, in cui si potranno cogliere sottili allusioni al mondo attuale.

Sulla sua pittura si è espressa la giornalista Maresa Galli, direttore della testata multimediale “Il Brigante”, con quotidiano “on line” ed anche periodico cartaceo, che sull’artista ha espresso queste brevi considerazioni: “Lo studio è piccolo e ricco di immaginazione, tra il loft newyorkese, la soffitta parigina, ma la vista dà sulle barche e l’azzurro della piccola baia di Castellammare di Stabia.

Carmine Dello Ioio, pittore emergente, giovane ma con già all’attivo numerose personali e diversi riconoscimenti, nato a Gragnano, vive e opera a Castellammare. Artista poliedrico, scenografo, decoratore, esperto-conservatore di beni culturali, ha realizzato un cortometraggio e diversi progetti con l’associazione “Terre Scosse”. Ha trovato nella pittura la sua chiave espressiva, il suo motivo d’essere.

Nel suo studio che affaccia sul mare, con un’affettuosa gattina che osserva tutte le fasi di realizzazione delle opere, Dello Ioio conserva grandi tele dai temi più diversi, da Giovanni Paolo II, un viso fatto di luce, forte come il suo messaggio al mondo, alle parti del corpo, in primo luogo le mani. Una pittura velata di erotismo, particolari che colpiscono, colori accesi e personali, il ricorso alla tecnica mista per il suo sguardo sul contemporaneo.

Colpiscono un volto di donna, Bush e Saddam, una splendida tela d’ispirazione marina, ma anche il periodo del “visivismo”, con i colori più caldi a raccontare emozioni. Una ricerca poetica e insieme realistica, per uno sguardo in continuo movimento al mondo dell’apparire che apre altre porte. Ed alcune di esse sono labirintiche, come l’immaginazione, fervida, sempre a caccia di stimoli, ed altre dis-velano, lasciando anche spazio alla mente che si sofferma sull’uso del colore, frammenti di ancestrali richiami. Il futuro è archeologia dell’immaginario.”

Ma anche lo scrittore e studioso Stefano Arcella ha voluto puntualizzare sulla ricerca di una sintesi fra il sentire e il pensare dell’artista campano, in questi termini: ”L’incontro con l’artista, nel suo suggestivo studio fra le acque e i monti di Castellammare di Stabia, suscita la sensazione di affrontare la dimensione di una ricerca artistica in evoluzione, volta ad un equilibrio, ad una centratura creativa che l’artista aspira a realizzare.

Forse è la fase più avvincente, quella in cui si manifestano varie spinte creative, ispirazioni tutte molto intriganti, non ancora integrate fra loro in un’armonia compositiva. Nei dipinti “La mano” (olio su tela, 2005) e “Il braccio” (olio, smalto e bitume, 2005) i particolari anatomici del corpo umano sono rappresentati con densità volumetrica. La sensibilità dell’artista è polarizzata sul “particolare” che è amplificato e trasformato.

Il posteriore femminile all’interno di uno schermo televisivo, nella sua consistenza volumetrica, lascia trasparire una sottile ironia verso la pandemia del sesso che caratterizza i media nel nostro tempo; tale vis polemica richiama, implicitamente, il senso di un rapporto più naturale ed autentico con la femminilità e la sessualità, l’anelito ad un mondo più genuino rispetto ai modelli artificiosi che la società dell’immagine tende ad inculcare con una subdola violenza psicologica.

Nel messaggio di questa composizione colgo un’intima relazione fra il soggetto dell’artista – che è anche una polemica di costume con una spiccata valenza antropologica, ossia la tensione verso un tipo umano più libero da condizionamenti mediatici – e la scelta del luogo del suo studio, un luogo che, nella sua freschezza naturale, esprime questa ansia d’autenticità che connota la psicologia dell’autore.

Nell’opera “La mano” il senso della pienezza volumetrica trasfigura la mano in un muscolo. L’attenzione ai particolari anatomici sfuma in una trasfigurazione che ha del surreale, una muscolosità che avverto quale elaborazione cerebrale, costruzione della mente dell’artista, che tende ad esprimere il senso della forza e del vigore, in una versione molto fisicizzata. Accanto a questa vena creativa ne affiora un’altra, che colgo nella capacità di disegnare i volti quale specchio dell’anima, una vena fresca, autentica, limpida, che s’impone per la sua immediatezza, la sua spontaneità istintiva.

In “Arabo muto” (olio su tela, 2005) l’uomo, con l’abbigliamento islamico, esprime un animus pensoso, un sentimento d’angoscia irrisolta. Il volto è sospeso fra essere e non-essere; esso c’è e non c’è, coperto in parte da una mano mentre al fianco, un altro volto è volutamente incompleto, spezzato dal limite della tela, un “non finito” molto moderno, sullo sfondo scorgendosi i volti sfumati e perplessi di altri arabi, il cui sguardo si perde nell’infinito. Espressione efficace che parla di una crisi di civiltà, di un senso d’identità sofferta nel rapporto dell’Islam col mondo occidentale.

In “Mostrum” (olio su tela, 2005) si estrinseca il sentimento di una tensione interna, di uno sforzo nell’agonismo che genera uno stile figurativo che sembra realistico, ma è sfumato da un velo di nebbia che l’artista abilmente realizza con una gradazione cromatica fra il verde ed un blu molto diluito, Si percepisce, anche in questo caso, la pienezza del corpo umano, lo studio dell’anatomia, la trasfigurazione volumetrica. In quest’elemento d’amplificazione, unitamente alla percezione del reale, filtrata da quel velo nebbioso, si avverte l’entrare in gioco delle impressioni, per cui il reale è sublimato mediante la sensibilità dell’autore.

L’auspicio che si può esprimere è che Dello Ioio trovi la giusta sintesi, il punto d’equilibrio fra spontaneità creatrice ed elaborazione mentale, fra “cuore” e cervello, fra istinto ed intelletto. L’unione dei volti espressivi con le mani in densità volumetrica, con tutte le possibili varianti sul tema, potrebbe essere, forse, una possibile soluzione artistica per integrare questi due stimoli creativi che affiorano dall’animo del pittore.“

In conclusione, su quanto espresso da Maresa Galli e da Stefano Arcella concordiamo perfettamente e pensiamo che il giovane operatore di Gragnano, ma con studio a Castellammare di Stabia, sappia ora orientarsi per non perdere la bussola della creatività e sappia ora cosa tagliare. Scegliere la “cifra estetica” da portare avanti, senza indugio, tra le varie chiavi di lettura, che sino ad oggi ha “girato” sulla realtà circostante, è per Carmine dello Ioio fondamentale. Crediamo che i suoi lavori, in particolare quelli che ci raccontano tratti dell’Islam, siano molto sentiti. Vite descritte da volti rugosi ci sottolineano sentimenti e crepuscoli infiniti. Espressioni rapite per parlare di crisi e di civiltà, per rimettere in discussione rapporti, mai chiari o chiariti, tra popoli.

Il mondo orientale ed il mondo occidentale devono assolutamente dialogare; è imprescindibile esigenza della civiltà umana e Carmine Dello Ioio, che frequenta la scena della vita ed è vicino a molti artisti dello spettacolo che in scena ci vanno per riassumere le realtà odierne, sa bene che i confronti oggi sono serrati.

Le indicazioni della sua pittura rimettono in discussione i nostri pensieri contemporanei, divisi tra religioni obsolete e laicismi ad oltranza, tra governi precari e scenari politici in dissolvenza incrociata, determinata dalla germinazione di nuovi partiti.

Monica Pennazzi sta facendo la spola tra Ancona, Roma e Napoli per allestire delle mostre e preparare delle scenografie teatrali, anche per conto dell’attore-regista Mimmo Fattoruso. Dapprima scriviamo sui suoi dipinti per poter entrare nel suo mondo immaginativo.

La serie dei dipinti, che si può anche visionare in internet all'indirizzo web www.quadrure.com, ci racconta di figure dormienti, di nudi rilassati, di centralità carnali, di sfondi rossi ricercati e marcati, di profonde considerazioni oniriche e di impronte fantastiche che incarnano la donna e la sua condizione esistenziale. Le donne slegate si mostrano in corpi nudi e vivaci rimandi cromatici le coinvolgono. L’artista nelle impostazioni figurali è determinata a procedere e a profilare analisi del reale.

Propone per avanzamenti una sua particolare lettura di un codice pittorico, mantenendo sensibili afflati lirici ed accattivanti modularità sorgive. Voluttà ed ardori, calcolate trasparenze ed esibite flagranze corporali sono staccate e rese con sottolineature manifeste, perché, fondamentalmente, vogliono essere rassicuranti e dolci richiami alla bellezza con varianti e sfumature che la donna sa avere.

Di ben altro ambito, invece, sono le sue “quadrure”, che andiamo a dettagliare e a specificare. Si salta la disciplina pittorica e quella plastica. Su tecniche miste, denominate, appunto, dall’artista “quadrure”, si innestano e si coagulano campi cromatici e rilievi sagomati e ciò porta ad intendere che i lavori sono e risultano: quadri-sculture.

Chi ricorda un lavoro di Burri alla GNAM di Roma lavorato e sviluppato su entrambi i lati, ma solo uno visibile in mostra? Nel solco e nell’ambito di un linguaggio volutamente astratto riesce a determinare opere che delineano immagini sintetiche. Linee, forme e colori principiano, per riflesso espressivo, da indagine intime ed esprimono una rete di contenuti motivati. Proprietà e precipitati di qualità delle singole materie utilizzate sorreggono, poi, scelte operative.

L’artista tra Burri, i principi nobili e di fine espressione poetica dei maestri dell’ “informel” segue il proprio “fil rouge” di opinione e di sentimento. L’assetto plastico delle opere della giovane artista è sinceramente determinato dall’impiego di vari e diversi materiali, modellati con estrema cura e fine sensibilità.

La tela diventa altro, spinge una nuova concezione e si trasforma ad accogliere supporti di legno pressato. Spostando il confine della rappresentazione si figura una realtà non più ipotetica, potenziale e virtuale, bensì una realtà “tout-court” e, quindi, possibile e certa. La realtà costruita è visibilissima, tangibile e tattile. Da un’immagine di procura bidimensionale si arriva ad una lecita e legittima amplificazione resa dalla tridimensionalità. Nelle “quadrure” i materiali, che vanno dai colori acrilici agli smalti sintetici, dalle vernici a spruzzo alle sabbie, dai tessuti ai legni, da oggetti semplici ad oggetti complessi, vengono “macchinati” e predisposti ad accogliere cerchi, curve, onde ed ellissi.

Quest’ultima produzione di Monica Pennazzi convoglia un’attenzione critica, perché interessanti caratteri sono elevati a ricerca. Oggi nelle impostazioni cromatico-strutturali dell'artista emerge una pregnante versione stilistica, sottolineata da rese autentiche e combinazioni informali, che si aggregano e si contrappongono nella decisa e costante fecondità gestuale, che motiva anche metafore esistenziali di forte e solida valenza.

L'artista tende ad assemblare, per andamenti circolari, forme accentuate, plasmate, ad esempio, da selve e sequenze di mani, riprese, quasi a modello, da fiori carnosi, nonché variegate aperture neo-figurali, calibrate, successivamente, da virtuosi registri cromatici. Il suo cuore batte per le vicende del mondo e le sue mani traducono moti dell'anima.

Attraverso la palpitante stratificazione di segni, segnacoli e segnature e di curvilinei addensamenti cromo-strutturali approda a visioni calde del mondo e propone, nel contempo, squarci e scenari sulla terribilità della natura e sulle mani rapaci dell'uomo, che premono su vivibilità di contesti pacifici. Il rincorrersi di cerchi e curve di un’anima di ferro rivestita di tessuto o altro, talvolta, coperto, poi, da colori riempie ritmi arcani e predispone incessanti sonorità moderne.

Monica Pennazzi imbastisce tecniche miste di raffinato compendio e di sottesa dinamicità e su verticalizzazioni, attraversamenti, onde e segmenti circolari naviga la sua mano, che è sempre alla ricerca di risposte. Le sue “quadrure” denunciano partecipazione e travalicano enigmi formali e mute evidenze. Le opere di Monica Pennazzi ci rimandano il suo desiderio generoso di commentare la cruda realtà dei nostri giorni con i suoi raccapriccianti brividi, i suoi infiniti fantasmi, le sue incalcolabili incertezze, ma anche con relativi addendi positivi.

In realtà, non è effimero il “ductus” cromo-plastico dell’artista e nella certezza di colpire il fruitore colloca ed espone dubbi sull'utilità del nostro mondo per indurlo a riflettere. Grazie ad una poetica ecologica espressa con forte orgoglio e psicologica prontezza inquadra argomenti da affrontare, da esaminare, da valutare e da rimettere in gioco.

La giovane artista utilizza una chiave estremizzata e sembra voler suggerire ascolti e meditate visioni. Spaccati di detonazione linguistica si offrono in lavori che s'impongono come possibili riepiloghi. Le spaccature, le corrosioni, gli scontri cromatici, i tocchi di pigmenti, le visioni fantastiche che s’apprezzano nei lavori ultimi di Monica Pennazzi alimentano lo sguardo sulla vita, sia quella globale che locale, ed invitano a misurare e a cadenzare dialoghi.

Le sue avvincenti elaborazioni inseguono motivi dell'esistenza e sostanziano scene su scene e stringono, così, la realtà ed hanno voglia di “entrare nel mondo”. I cittadini delle nostre metropoli conquistano faticosamente il proprio spazio vitale ed è sempre più duro affermare la propria personalità. Lo stress impera e bisogna sempre trovare soluzioni, uscite di sicurezza, la propria via di fuga. Ma le idealità superano la corteccia della vita, ma, al tempo stesso, si sa che una qualunque opera non può nascere al di fuori dei contesti in cui matura, anche da quelli finitimi al sogno.

Inaugurazione: giovedì 22 settembre 2005, alle ore 18

Studio Quadrure
Via Elia 13 - Numana (AN)
Orario: 19-21, festivi per appuntamento ; escluso sabato, domenica, lunedì.

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Monica Pennazzi
dal 17/2/2006 al 29/6/2006

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