Galleria Carla Sozzani
Milano
corso Como, 10
02 653531 FAX 02 29004080
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Francesca Woodman
dal 16/1/2001 al 25/2/2001
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Francesca Woodman



 
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16/1/2001

Francesca Woodman

Galleria Carla Sozzani, Milano

Fotografie. A Francesca Woodman, nata a Denver nel 1958, morta a New York nel 1981, e vissuta nel suo periodo piu' fecondo a Roma nel 1977-78, come borsista della Rhode Island School of Design di Providence, e' dedicata la prima mostra del 2001 della Galleria Carla Sozzani. Per quanto straordinariamente matura nella sua sperimentalita', la fotografia di Francesca Woodman ha fatto i conti, per essere ricordata, con la sensazionalità del gesto suicida e con l'aspetto "femminile" della sua produzione.


comunicato stampa

Fotografie.

A Francesca Woodman, nata a Denver nel 1958, morta a New York nel 1981, e vissuta nel suo periodo più fecondo a Roma nel 1977-78, come borsista della Rhode Island School of Design di Providence, è dedicata la prima mostra del 2001 della Galleria Carla Sozzani.

Per quanto straordinariamente matura nella sua sperimentalità, la fotografia di Francesca Woodman ha fatto i conti, per essere ricordata, con la sensazionalità del gesto suicida e con l'aspetto "femminile" della sua produzione.

Così ogni retrospettiva a lei dedicata rischia costantemente di essere interpretata come una successione di gesti che inesorabilmente dovevano condurre al suicidio di una delle più giovani e dotate fotografe degli anni '70: una sorta di genio - la considera Abigail Solomon-Godeau - straordinario nella storia tutta al maschile della fotografia.
L'autobiografa Woodman utilizza lo strumento fotografico per rappresentare ed esprimere l'identità al femminile in quella particolare età che è l'adolescenza. La sua opera si sviluppa attorno allo studio del rapporto primario e "denudato" tra il proprio corpo e lo spazio, e al modo in cui questo rapporto viene scarnificato e sviscerato attraverso la fotografia.

Il soggetto femminile, nudo o vestito che si rappresenti, ma sempre in bianco e nero, rifugge la centralità e definizione dei suoi tratti nella composizione, e così qualunque stereotipata interpretazione della propria identità. La figura femminile di Francesca svapora e si smaterializza attraverso il movimento rapido del corpo - come nella serie House (1975-76) in cui la Woodman gioca a nascondino con il riverbero di luce di una finestra o dietro la pericolante cornice di un camino - e si identifica volentieri in quella presenza-assenza che sono gli angeli: un'intera serie del periodo romano che prende appunto il nome di Angels.
Ancora la tridimensionalità del proprio corpo nudo si maschera con abiti e polveri nella bidimensionalità corrugata dei muri invecchiati, della carta da parati, dei tessuti.

La ricerca di un rapporto e della conoscenza immediata, non traslata e primaria con le cose, di cui lo strumento fotografico è necessario conduttore, fino ai più tardi esperimenti con i tessuti preziosi dell'ultimo periodo a New York sarà motivo dominante del residency alla MacDowell Colony nel New Hampshire nell'estate del 1980: qui le forme naturali e quelle umane si compenetrano le une nelle altre, le braccia si identificano con i tronchi degli alberi, il motivo dell'abito si mimetizza nello scenario naturale.

Lo spazio nel quale la Woodman si muove, ripetuto per variazioni infinite, è ridotto nel suo aspetto consunto e cadente ad una sorta di essenzialità ancestrale. In questo spazio il corpo del soggetto si dimena indistinto a tentarne la misurazione, come nella serie Space² (1975-78). Oppure come nelle serie From Space² (1975-76), ingabbiato e scomodo in una precaria bacheca parzialmente aperta, esperimenta tattilmente il gioco complesso tra la propria fisicità e quella del vetro che la serra e la mostra.

La presenza del vetro nelle sue fotografie si può accostare a quella dello specchio, simbolo per eccelenza dell'identità complessa, in cui il volto si riproduce solo come riflesso di un corpo che procede a carponi - Self-Deceit, auto-inganno appunto (1978) - oppure è il corpo stesso ad essere contemporaneamente incastrato, nascosto e protetto tra uno specchio ed una lastra di vetro. La frequenza di tracce, di segnali, di frammenti nella fotografia di Francesca Woodman non sono altro che il farsi di un linguaggio femminile dal nulla, un linguaggio che non necessariamente comunica, ma che paradossalmente intende esprimere una condizione esistenziale e raffigurarla. In Self Portrait Talking to Vince (1975-78) una sorta di trasparente fumetto esce dalla bocca di Francesca Woodman bloccata in una posa surreale.

Dicono che Francesca Woodman avesse sempre la macchina fotografica in mano - un'ingombrante macchina giapponese tipo Rollei 6x6 - , che andasse in giro col cavalletto, in oscillazione continua tra il davanti e il dietro della camera, che avesse un grande senso dell'umorismo e amasse molto gli uomini; che scoprì a Roma Breton e Baraille, e provò una fortissima nostalgia per il periodo romano non appena si installò a New York. Francesca Woodman che amava "Bacon e i pittori barocchi", ha aderito al mondo fino a dissolversi in esso.

L'esposizione delle opere di Francesca Woodman è stata ideata e prodotta dalla Fondation Cartier pour l'art contemporain a cura di Hervé Chandes - Direttore della Fondation Cartier pour l'art contemporain assistente François Quintin.

inaugurazione mercoledì 17 gennaio 2001 dalle ore 19.00 alle ore 22.00

lunedì, ore 15.30 - 19.30
martedì, venerdì, sabato, domenica, ore 10.30 - 19.30
mercoledì e giovedì, ore 10.30 - 21.00

Galleria Carla Sozzani - Corso Como 10 - Milano - Tel. 02.653531

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