Il progetto e' pensato come il risultato di un’azione che avra' luogo il giorno di apertura dell'esposizione. L'artista analizza con lucidita' irriverente i dispositivi e i meccanismi di potere che si nascondono dietro le forme attuali del diritto internazionale. Temi come quello della xenofobia rispetto ai processi di esclusione o integrazione sono al centro della mostra. A cura di Marco Scotini.
Mainstream dissent
a cura di Marco Scotini
Con la mostra Mainstream Dissent si inaugura, giovedi' 27 aprile, presso la Galleria
Artra di Milano la prima personale dell’artista albanese Armando Lulaj (classe
1980). Concepito per l’occasione, il progetto e' pensato come il risultato di
un’azione che avra' luogo il giorno di apertura dell’esposizione.
Autore di territori a rischio e immagini del conflitto, Armando Lulaj e' un’analista
lucido e irriverente dei dispositivi e meccanismi di potere che si nascondono dietro
le forme attuali del diritto internazionale. “Una macchia di sangue rimane
arancione dopo che l’hai lavata" recita un suo slogan stampato di recente su un
manifesto. E, non a caso, il manifesto e' la foto del leader spirituale di Hamas,
Ahmed Yassin, sulla sua sedia a rotelle prima che fosse rimasto vittima degli
obiettivi statunitensi e israeliani.
Fin dall’inizio della sua attivita' Lulaj si e' reso noto per la messa in scena di
“stati di turbolenza" come quando in Walking Free in Harmony (2001) cammina per i
tetti di Firenze minacciando di schiantarsi sul lucernario posto sopra il David di
Michelangelo o quando ha fatto irrompere vigili del fuoco e forze dell’ordine
durante un’esposizione dopo aver provocato l’interruzione dell’energia elettrica. In
seguito e' intervenuto direttamente sui simboli del potere come in Playcracy (2002):
serie di billboard in cui una mano fa il segno della vittoria contro l’azzurro del
cielo dove le due dita sono listate di nero. Oppure in Living in Memory (2004): una
stella comunista a cinque punte, alta dieci metri e fatta di rifiuti legno e
metallo, si consuma nella notte bruciando sopra una collina di Tirana. O, ancora,
nell’insegna al neon “Hijack and Kamikaze Former Center" fatta con i colori della
bandiera italiana.
Artista emergente, Armando Lulaj si e' gia' imposto all’attenzione internazionale per
aver partecipato a Praguebiennale 1 nella sezione “Beautiful Banners:
Representation, Democracy, Participation" (2003) curata da Marco Scotini e
all’ultima edizione della Biennale di Tirana nella sezione “Democracies" curata da
Zdenka Badovinac e in “Temptations" curata da Edi Muka e Gezim Qendro. Nel 2003 a
Tirana fonda, con un gruppo di artisti albanesi, il Debatikcenter of Contemporary
Art che prende il nome da quello con cui venivano indicati i giovani comunisti e
vuole essere un centro di azioni e dibattiti collegati agli ultimi sviluppi della
societa' contemporanea.
A differenza della scena artistica albanese precedente in Lulaj non c’e' nessuna
volonta' di rivendicare un contesto di appartenenza locale; piuttosto quello di
sottolineare su scala globale il confine tra poteri economici differenti e disparita'
sociali. Temi come quello della xenofobia, rispetto ai processi di esclusione o
integrazione, e la presentazione di una sorta di archivio mainstream del dissenso
sono al centro di questa sua prima personale milanese.
Galleria Artra
via L. Settala 6 20124 Milano
Aperto dal martedi' al sabato dalle 15.00 alle 19.30