Associazione Culturale Azimut (vecchia sede)
Torino
piazza Palazzo di Citta', 8
011 5692009 FAX 011 5692009
WEB
Francesca Maranetto Gay
dal 4/12/2006 al 22/12/2006
Dal lunedi' al sabato orario 12-18

Segnalato da

Edoardo Di Mauro




 
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4/12/2006

Francesca Maranetto Gay

Associazione Culturale Azimut (vecchia sede), Torino

Tre video: "delirio +", una percorso dialettico tra la dimensione mondana e quella dell’intimita' familiare e della tradizione, "FwF_4AlwaisWorkinPro", un bombardamento di immagini e suoni e “Videopoesia", un lavoro sul tema del viaggio.


comunicato stampa

Mostra personale

La ricerca video in questo primo scorcio del nuovo secolo e' stata, in Italia, foriera di significative novita'. Gli autori dell’ultima generazione hanno intrapreso con questo strumento un approccio narrativamente inedito ed evocativo, adoperandolo finalmente nella sua specificita' di linguaggio “altro" rispetto alla staticita' delle tecniche tradizionali ed anche agli ambiti di cinema e televisione, con il video affini e difformi al tempo stesso. Nella prima meta' del Novecento alcuni illuminati teorici avevano gia' posto il problema del rinnovamento formale e concettuale dell’arte alla luce dell’avvento delle nuove tecnologie.In particolare Walter Benjamin con il suo saggio del 1936 “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilita' tecnica" stigmatizzava gli aspetti positivi della perdita' d’aura dell’oggetto artistico e dell’innalzamento del suo valore di esponibilita' evidenziando le potenzialita' rivoluzionarie di uno strumento come il cinema mentre vent’anni prima il teorico del Futurismo Filippo Tommaso Marinetti nel manifesto “La cinematografia futurista" predicava un impiego del mezzo tale da sfruttarne appieno le potenzialita' di rinnovamento linguistico, oltre la staticita' narrativa tipica della messa in scena teatrale.

Il video si inizia ad affermare come strumento artistico a partire dal secondo dopoguerra. Dopo le ardite sperimentazioni con la televisione realizzate da Lucio Fontana nei primi anni ’50 e' a partire dalla meta' degli anni ’60 che si inizia in concreto a parlare di un nuovo linguaggio, quello della “videoarte". Le prime diffuse sperimentazioni operate in prevalenza sul mezzo televisivo maturano in area Fluxus con Wolk Vostell e, soprattutto, con colui che e' considerato il padre della videoarte, Nam June Paik. A partire dalla fine di quel decennio si iniziano ad organizzare mostre dedicate allo specifico del nuovo linguaggio. Il graduale potenziamento della strumentazione tecnica indusse numerosi artisti dell’area concettuale a cimentarsi con il video principalmente adoperandolo come strumento atto a registrare azioni di body art e land art che altrimenti sarebbero andate perdute. Negli anni ’80 lo sviluppo dello standard vhs ed il miglioramento dei sistemi a colori correlati con l’introduzione delle tecnologie digitali che permettono la manipolazione delle immagini ha portato ad una prima di fase di espansione del prodotto con autori della scena internazionale come, tra i molti, Gary Hill, Tony Oursler e Bill Viola tesi a realizzare articolate videoinstallazioni ,dove il fruitore viene indotto ad interagire con l’immagine, che si avvale spesso del dispositivo virtuale abbandonando l’iniziale aspetto documentario.

L’ulteriore progresso tecnologico fa si' che il video, insieme alla fotografia, diventi negli anni ’90 una vera e propria moda culturale, nel bene e nel male, con artisti quali Doug Aitken, Matthew Barney, Sam Taylor Wood e Pipilotti Rist, tra gli altri, che rivaleggiano con la dimensione cinematografica, quanto ad impatto dell’immagine, oppure tendono ad indagare ambiti del sociale e del politico o relativi la sfera relazionale. In Italia, fino a quella data, l’ambito di ricerca piu' significativo e' quello relativo alla video installazione, intesa come costruzione di architetture dell’immagine in cui il video si integra come elemento correlato con personalita' di rilievo quali Fabrizio Plessi, Studio Azzurro e Maurizio Camerani. Diverso il caso, in particolare negli anni ’90, della ricerca video vera e propria. La produzione di quegli anni, il cui decorso ha segnato una profonda crisi del sistema artistico italiano che solo adesso inizia lentamente a risollevarsi, e' stata a mio avviso piuttosto deprimente, impigliata nelle pastoie di un neo concettuale banale ed assolutamente autoreferenziale. La situazione muta decisamente registro nel decennio in corso. Come ho avuto modo di notare in una rassegna curata presso la Fusion Art Gallery la scorsa primavera, intitolata “L’immagine reincantata" le tecnologie immateriali ci hanno definitivamente fatto varcare l’ingresso nella civilta' dell’immagine, in cui si assiste ad una ripresa di valori magici e rituali che collegano la nostra epoca ad un passato premoderno, con la ricomparsa di antichi archetipi ed una nuova dimensione comunitaria dove l’individuo vive attraverso lo sguardo e le leggi degli altri.

La fotografia, l’immagine digitale, il video non vengono piu' adoperati in un’ottica di appiattimento sul reale ma per condurre l’interiorita' dell’autore a stabilire un rapporto empatico con l’esterno in una dimensione dominata dalla volonta' di narrare e di evidenziare l’aspetto simbolico di quanto e' al tempo stesso dentro e fuori di noi, privilegiando la poetica del frammento come elemento atto a gettar luce sulla complessita' del reale. In quella rassegna non poteva mancare la presenza di Francesca Maranetto Gay, un’autrice che reputo, stante la mia conoscenza abbastanza allargata del panorama italiano, tra le piu' interessanti ed originali, nell’ambito di questo atteggiamento di nuova consapevolezza nell’impiego del video e delle tecnologie correlate. All’interno di questa importante personale presso il nuovo spazio espositivo dell’Associazione Culturale Azimut,proprio di fronte al Municipio di Torino, frutto del suo successo, nell’estate 2005, dell’importante premio “Io espongo" dedicato all’arte dell’ultima generazione, la Gay proporra' una ampia e qualificata selezione della sua produzione degli ultimi due anni.

Come ho avuto modo di evidenziare nella presentazione del suo lavoro all’interno della sezione video dell’ultima edizione della Biennale d’Arte Moderna e Contemporanea del Piemonte, tuttora in corso presso Villa Giulia a Verbania, approcciare il lavoro di Francesca Maranetto Gay significa entrare all’interno di un percorso visivo di pari in grado di stimolare la percezione del fruitore tramite la fascinazione di un’immagine articolata ed espressa con grande fantasia, utilizzando in pieno tutte le possibilita' del mezzo, e di porre la propria dimensione interiore a stabilire un rapporto empatico e di reciproco interscambio con la poetica dell’artista, penetrare all’interno della magia dell’immagine fino a diventarne protagonisti e non inerti spettatori. La Gay da vita ad installazioni visive complesse pur nella loro immediata ricettivita', costruendo una articolata architettura dell’immagine dove la ripresa video si sposa al ritmo incalzante o talvolta ipnotico delle musiche raccolte ed assemblate dall’artista o da lei stessa prodotte. Le sue sono immagini quasi sempre in movimento ed in divenire, spesso ispirate alla dinamica del viaggio e del movimento inteso come continuo superamento di una dimensione di stasi e di inerzia del pensiero, dove protagonisti della scena sono la dimensione interiore ed il trascendente nell’accezione del dialogo con l’altro da se' o della contemplazione del paesaggio nel suo scorrere e divenire, od ancora della ricerca sul corpo, suo o di altri, con uno scandaglio atto a porne in risalto l’autentica predisposizione psicologica con la luce, intesa in una dimensione metafisica e comunque religiosa, a fungere da prioritario collante linguistico.

Una narrazione evocativa e simbolica che rappresenta efficacemente la nuova frontiera del linguaggio video, vicino a quell’uso rivoluzionario in grado di rappresentare la dinamica degli stati d’animo preconizzato dalle avanguardie storiche, e capace di sfidare il cinema stabilendo con esso un rapporto alla pari e non piu' ancillare, fuoriuscendo definitivamente da un impiego meramente documentario, quanto di piu' distante dalla scialba poetica sociologizzante degli anni ’90 italiani. Una esperienza, quindi, in grado di eccitare i sensi e, al tempo stesso, predisporre alla riflessione. L’artista si esprime con efficacia sia nella dimensione della ripresa video di pari esternata in corto e mediometraggi che estrapolando con abilita' e senso di sintesi da questi ultimi frames riprodotti sotto forma di box-ligthes o di stampe, efficaci “parti per il tutto". Ed entrambi questi aspetti del suo lavoro saranno, come opportuno, rappresentati in mostra. Su video proiettore si alterneranno tre delle principali sue produzioni, che si avvarranno anche di stimolati introduzioni teoriche dell’artista stessa.

Si tratta di “delirio +" , una sorta di percorso dialettico e di viaggio tra “interno" ed “esterno", tra la dimensione “mondana" e quella dell’intimita' familiare e della tradizione, di “stanza 310", che indaga sulla relazione e sull’empatia tra un’uomo ed una donna, visti come esemplari della condizione umana, che dialogano su temi come quelli della vita e della morte giungendo tramite la riflessione ad una condizione di pace e consapevolezza interiore, e poi il mediometraggio “FwF_4AlwaisWorkinPro", un autentico bombardamento di immagini e suoni che alterna ritmicamente frenetiche accelerate alternate con passaggi maggiormente quieti e riflessivi, basato sulla ciclicita' e sul movimento costante, dove il suono gioca un ruolo fondamentale, un lavoro che rappresenta una ideale “summa" della poetica di Francesca Maranetto Gay.

Nelle varie postazioni monitor saranno proiettate altre produzioni, tra cui cito l’interessante e recente “Videopoesia" un lavoro ancora centrato sul tema del viaggio, dove diversi e separati momenti di vita e di cammino personale vengono posti in relazione tra loro tramite il movimento unificante del treno che scorre sulle rotaie, in una accezione fortemente concettualizzata, ed altri lavori maggiormente se non esclusivamente aniconici centrati sul dialogo pulsante tra suono ed immagine con risultati di grande fascinazione visiva e, come gia' detto, sull’allestimento di light-boxes e stampe di singoli frammenti visivi di grande efficacia. Una personale ampia e completa, in grado di dimostrare in pieno la potenzialita' di un lavoro che costituira', per chi ancora non lo conosce, una autentica avventura dei sensi, del cuore e della mente. Edoardo Di Mauro, novembre 2006.

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