Pianissimo Contemporary Art
Milano
via Ventura, 6
02 2154514
WEB
Deconstructing Frank
dal 17/1/2007 al 20/3/2007
Da martedi' a sabato dalle 15 alle 19

Segnalato da

Pianissimo Contemporary Art




 
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17/1/2007

Deconstructing Frank

Pianissimo Contemporary Art, Milano

Ian Burns, Ingo Gerken e Luigi Rizzo. Comune denominatore dell'opera dei tre artisti e' la volonta' di decostruire lo statuto fenomenologico della rappresentazione, di investigare le varie problematiche inerenti l’immagine e di "smontare" la sua stessa messa-in-scena.


comunicato stampa

Ian Burns, Ingo Gerken e Luigi Rizzo

Pianissimo e' lieta di presentare il lavoro di Ian Burns, Ingo Gerken e Luigi Rizzo, residenti rispettivamente negli USA, in Germania e in Italia e nati curiosamente nello stesso anno, il 1971. La mostra costituisce anche per questo l'occasione di un puntuale rendez-vous, unitamente al fatto che le loro ricerche artistiche, seppure distanti sul piano geografico, evidenziano rispetto alle attitudini un comune denominatore: la volonta', da parte dei tre artisti, di decostruire lo statuto fenomenologico della rappresentazione, di investigare le varie problematiche inerenti l'immagine e di "smontare" la sua stessa messa-in-scena.

Deconstructing Frank (Frankenstein "a pezzi" in italiano) e' il titolo per definire questo comune atteggiamento di fronte a quel "tavolo operatorio" che rappresenta per loro l'opera d'arte.

Ian Burns focalizza la sua attenzione sulla natura stessa della fruizione in relazione ad un generico e fantasmatico screen, inteso come fondamentale cornice della visione e ricettacolo dell'informazione, nell'era della globalizzazione. Attraverso l'utilizzo di congegni low-tech sapientemente orchestrati all'interno delle sue sculture- quinte, l'artista allestisce delle rappresentazioni teatrali che simulano, dietro lo schermo-sipario, immagini digitali, frames, pubblicita', videogiochi e quant'altro sia riconducibile all'universo fugace dei flussi informatici e televisivi. L'illuminazione, l'angolazione dell'inquadratura e tutti gli altri elementi della narrazione per immagini adoperati sinergicamente concorrono alla simulazione dell'esperienza visiva (e soggettiva) caratteristica dello spettatore moderno, di fronte al proliferare caotico e frammentato dei messaggi visivi che la societa' contemporanea incessantemente si scambia. In questo senso, Burns mette in scena non tanto la Societa' dello spettacolo, quanto lo Spettacolo della societa'. Gli screens posticci di Burns alludono, infatti, ai palcoscenici virtuali in cui si interfacciano spettacolo e spettatore, al Teatro simbolico del loro reciproco dis-orientamento. Estremo approdo di un teatro impegnato, dando corpo all'immateriale Burns critica lo spettatore e il suo estatico abbandono, lo invita ad una rinnovata consapevolezza, piu' fisiologica e quindi reale rispetto alla sua evanescente soggettivita' di homo videns.

Ingo Gerken opera lungo il percorso di deriva della rappresentazione, che si tratti di installazioni site-specific, oggetti o immagini bidimensionali i suoi costrutti evidenziano spesso un carattere fortemente processuale. L'universo formale dell'artista si presenta perforato e sfilacciato, dalle sue maglie sembrano filtrare forze disgreganti e molti suoi lavori appaiono indefiniti o passibili di ulteriori cambiamenti. Gerken e' dialettico: i suoi interventi fotografici si strutturano tra sintesi e decostruzione; alterne de-materializzazioni dello spazio reale e dell'immaginario caratterizzano le sue installazioni ambientali; l'uso combinato di figure retoriche come la metafora e la metonimia e' tipico in molti suoi oggetti. Come, ad esempio, nel lavoro in mostra intitolato Boys don't cry e costituito da una sedia in plastica sulla quale stanno appoggiati due bastoni di legno, parzialmente spezzati e piegati a mo' di ginocchia. I colpi inferti ai due bastoni rappresentano il prezzo da pagare per la loro tras- figurazione in gambe, e suggellano il corpo umano in quanto ferito (il titolo, infatti, e' rivolto a dei ragazzi e sembra esortarli all'accettazione matura della nostra vulnerabilita'). Rievocati Pinocchio e l'Alchimia, Gerken non dimentica Frankenstein quando, per animare cio' che e' inerte, utilizza uno s-montaggio delle parti.

Luigi Rizzo utilizza il linguaggio video in modo versatile, a seconda del progetto da realizzare il suo immaginario si avvale di competenze e conoscenze tecniche diversificate, tali da permettergli un approccio duttile e ogni volta circostanziato. Il suo retroterra privilegiato e' costituito, da una parte, da una grande attenzione verso l'elemento architettonico in senso lato, nel senso cioe' della costruzione spazio-filmica del set e della accurata installazione dei lavori nelle sedi espositive; e, dall'altra, da una predilezione per il sampling, per l'utilizzo di materiale pre-confezionato, da "scartare" e ri- confezionare, in parte o per intero o tramite un montaggio differente. Ne e' un esempio la videoproiezione presente in mostra, ottenuta dalla sovrapposizione del filmato di una gara di rally sul filmato di un'orchestra di jazz. Si assiste ad una sorta di ri-configurazione temporale di due girati d'epoca. La musica costituisce ora la colonna sonora della gara, e poi sembra ritrovare, all'interno del sottostante filmato del quartetto di Bill Evans, il suo "calco" originale. Strano caso di ellissi temporali incrociate, le peripezie di un famoso rally viceversa smarriscono, in quanto "eseguite" dalle evoluzioni musicali della band, il loro carattere storico-documentaristico. Questo semplice accostamento neutralizza l'identita' dei due filmati: sono entrambi di-versi, letteralmente. Ma allora, cosa stiamo guardando? Vero filo conduttore di molti suoi lavori realizzati con materiale d'archivio, anche in questo caso il re-mixaggio di immagine e sonoro costituisce quel nodo semantico straniante che Rizzo non scioglie, ma evolve in matassa.

Opening: giovedi' 18 gennaio 2007 h.18

pianissimo Via Ventura 5 20134 Milano
da martedi' a sabato dalle 15 alle 19

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