Galleria Carla Sozzani
Milano
corso Como, 10
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WEB
Superarchitettura
dal 13/4/2007 al 28/4/2007
martedì – venerdì - sabato - domenica, ore 10.30 – 19.30; mercoledì – giovedì, ore 10.30 – 21; lunedì, ore 15.30 – 19.30

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13/4/2007

Superarchitettura

Galleria Carla Sozzani, Milano

Archizoom e Superstudio. La mostra e' una fedele riproposizione di quella organizzata nel 1966 alla galleria Jolly 2 di Pistoia. I prototipi di arredamento presentati diventano teoria di una nuova concezione radicale del design, non piu' solo paradigma funzionale, ma categoria assertiva di una visione del mondo.


comunicato stampa

Archizoom e Superstudio

La mostra “Superarchitettura”, organizzata nel 1966 alla galleria Jolly 2 di Pistoia, ha rappresentato uno dei momenti fondativi del Radical Design italiano, un movimento capace di unire le suggestioni della Pop art con le dinamiche della produzione di massa, contaminando il tutto con una vena parodistica esplicitata sin dal suo manifesto: “La Superarchitettura è l’architettura della superproduzione, del superconsumo, della superinduzione al consumo, del supermarket, del superman, della benzina super”.1

Riproposta oggi in una fedele ricostruzione, curata dal Centro Studi Poltronova in occasione dei 50 anni di attività dell’azienda, l’esposizione mantiene inalterata la sua freschezza e la sua carica innovativa, capace, all’epoca, di fissare le coordinate programmatiche del nuovo design italiano. Il design “d’evasione” non è solamente un divertissement creativo, ma uno strumento per scardinare alcune aspettative culturali e sociali legate alla produzione dotandole di un potenziale emotivo che diventa licenza poetica del fare.

I prototipi di arredamento presentati diventano così teoria di una nuova concezione del design, non più solo paradigma funzionale dell’interazione uomo/materiale, ma categoria assertiva di una visione del mondo modificabile attraverso nuove forme. Da questa concezione deriva un uso del colore e delle dimensioni fuori scala capace di indicare un approccio innovativo, da un punto di vista concettuale, alla definizione del proprio ruolo professionale e creativo. Radicale è proprio l’idea di sovvertire regole e finalità fino a quel momento acquisite, ripensando le basi teoriche della progettazione.

L’esposizione “Superarchitettura” viene allestita il 4 dicembre 1966 a Pistoia da Archizoom e Superstudio, appena un mese dopo l’alluvione che sconvolge Firenze. I due gruppi, nati nel clima della contestazione universitaria alla Facoltà di Architettura di Firenze, sviluppano negli anni successivi un importante percorso che comprende sia la realizzazione di oggetti di design sia la produzione di importanti progetti teorici sulla città, primi tra tutti la No-Stop City (Archizoom Associati, 1969) e il Monumento Continuo (Superstudio, 1969).

Archizoom esprime una spiccata volontà di distaccarsi dal design tradizionale attraverso il rovesciamento delle convenzioni, la promozione dell’oggetto a feticcio, l’esaltazione del kitsch come espressione di contestazione estetica e ideologica. Superstudio promuove l’idea di una nuova architettura basata sul rifiuto delle imposizioni della produzione a favore di una valenza onirica e simbolica, in grado di inserirsi ideologicamente nel paesaggio.

Nel 1973 Archizoom e Superstudio fondano con altri gruppi, tra cui UFO, Pettena e 9999, la Global Tools, definita un “laboratorio permanente di creatività collettiva”. Negli anni Ottanta alcuni degli esponenti del Radical Design partecipano alla fondazione di Alchimia e Memphis, che incontrano un apprezzamento ampio e diffuso.

Vista dalla prospettiva odierna, la stagione creativa che si inaugura con “Superarchitettura” anticipa alcune istanze della controcultura della fine degli anni Sessanta, della quale assomma molte tematiche: il collettivo, l’ironia, la rottura con la tradizione, l’immaginazione al potere.

Archizoom:
Andrea Branzi
Gilberto Corretti
Paolo Deganello
Massimo Morozzi
Dario Bartolini
Lucia Bartolini

Superstudio:
Adolfo Natalini
Cristiano Toraldo di Francia
Piero Frassinelli
Alessandro Magris
Roberto Magris

Memorie Alluvionali

La notte fra il 3 e il 4 novembre 1966 l’Arno, memore della tradizione pagana che attribuisce ai fiumi anima bizzarra e furore divini, decise di uscire con violenza dal suo alveo sommergendo dalla sorgente alla foce per intero la sua valle di melma, liquami e nafta uscita dalle cisterne dei bruciatori domestici e Firenze fu una città alluvionata. “Alluvionate” era allora un termine comunemente riservato alle valli del Polesine le quali, un anno sì e l’altro no, subivano questa sorte che veniva avvertita dalla maggioranza degli italiani solo per il risibile aumento imposto dai governi del tempo sui biglietti del cinema e sul litro di benzina, da poco diventata “super”.

Scene di paesi galleggianti su maestose pozzanghere, senza moto ondoso e ferme come specchi di cristallo appena increspati dalle barche degli sfollati e soccorritori, si potevano vedere nei cinegiornali proiettati nei cinema del tempo e nelle vicende di Peppone e Don Camillo dai set ambientati in anonimi paesi della Bassa Padana. Ma un fiume, maestoso come il Rio delle Amazzoni, che attraversava di brutto una città, e una città come Firenze, non si era mai visto, a memoria d’uomo vivo almeno, visto che le cronache ammonivano che lo straordinario fatto si ripeteva con puntigliosa regolarità ogni cento anni.

Un incredulo sbigottimento fu il sentimento di quello sparuto drappello di cittadini che abitando in collina e alzatisi di buonora poterono contemplare lo spettacolo dal piazzale Michelangelo sotto una pioggia ancora battente, nonostante l’impareggiabile risultato raggiunto. Poi, ritiratesi le acque come nel mar Rosso biblico, i fiorentini rifugiatisi ai primi piani, i più fortunati, ai terzi e sui tetti i più sfortunati, poterono scendere di nuovo nelle strade dove il fiume testimoniava la sua creatività, citando tutte le avanguardie artistiche del tempo, in un’incredibile performance impastata di fango, carcasse d’auto e rifiuti d’ogni genere.

I fiorentini non furono da meno e insieme ai primi e risibili colpi di pala per liberarsi dalla mefitica melma comparvero nelle vetrine fangose dei negozi, le merci sconciate ammucchiate davanti nella strada, cartelli che temperavano la rabbia e la disperazione nel sarcasmo delle battute di spirito: “Liquidasi tutto”, “Alluvio pesce del diluvio” (affisso a un barattolo di vetro dove in acqua poco pulita nuotava un pesce d’Arno) e via dicendo.

La mostra della “Superarchitettura” è stata pensata discussa e costruita in questo paesaggio umano e urbano e non a caso ha debuttato appena un mese dopo a Pistoia, città che, data la geografia del luogo, non fu investita dalla bizzarria dell’Arno che le scorre incassato a valle a rispettabile distanza. I protagonisti di questa vicenda, allora tra i venti e ventisette anni, già “giovani adulti” secondo il metro generazionale del tempo, l’hanno vissuta nel clima e nelle emozioni straordinarie di una città che a sua volta viveva un’esperienza straordinaria, come più tardi scrisse Arata Isozaki1 che, con acume orientale sensibile alle trame psicologiche del genius loci, vide i due eventi sottilmente intrecciati.

La “Superarchitettura” era ambientata nella galleria d’arte Jolly 2 al numero diciassette di via san Bartolomeo, un sottosuolo di due stanze cui si accedeva da ripidi scalini direttamente dalla strada più in alto. Lo gestiva il signor Nerozzi, alias “Puppino”, un simpatico venditore di pesce fresco che riceveva direttamente gli artisti al mercato, dietro il banco ingombro di persici e calamari. Da lui sono passate quasi tutte le leve della Pop art giovanile pistoiese, affollata di talenti allora in erba. Un imbuto d’ingresso, il cui compito principale era quello di distrarre lo spettatore dalla modestia del luogo, era decorato a nubi e raggi di sole che scaturivano da una stretta apertura nella quale era inquadrato un prisma decorato a strisce ondulate sul quale spiccava il logo della Superarchitettura.

Superato l’imbuto ci si trovava di fronte a una serie d’oggetti costruiti e dipinti dai protagonisti in un paio di settimane di frenetica attività: una chaise-longue, una cassa acustica collegata a un’improbabile scatola giradischi, una cassettiera con decori luminosi, un contenitore cubico, due sedili a onde che, dirimpetto l’uno all’altro, riempivano per intero la seconda stanza e una serie di solidi floreali di cartone tagliati trasversalmente ad angolature diverse e colorati vivacemente.

Supersonik, Per Aspera, La mucca, Superonda erano i nomi dati per caso o per intenzione ad alcuni degli oggetti in mostra; non tutti erano stati realizzati per l’occasione, alcuni provenivano da altre intenzioni e occasioni ma tutti scaturivano da una miscela esplosiva nella quale si temperavano improvvisazione, spregiudicatezza giovanile, ironia, spirito ludico, senso e consapevolezza critica dei tempi vissuti.

Quarant’anni dopo quell’evento ricco d’acqua e di spregiudicatezza, in tempi che per curioso contrappasso lamentano carenza mondiale di risorse idriche, ma ci auguriamo non di spregiudicatezza, il Centro Studi Poltronova ha ricostruito nella Galleria Carla Sozzani di Milano la mostra “Superarchitettura” di Pistoia basandosi sui pochi documenti rimasti, fra i quali non ci sono né abbozzi né disegni in scala, perché molti pezzi furono tracciati direttamente al vivo, ma solo foto in bianco e nero e diapositive a colori, e sulla memorie dei protagonisti, purtroppo poco utili per ricavarne misure o proporzioni certe degli oggetti esposti.


Abbiamo utilizzato quindi tecniche fotogrammetriche di ricostruzione lavorando sulle immagini e ricavando le misure da particolari affidabili, come le piastrelle dei pavimenti sui quali gli oggetti erano esposti o altri particolari certi dai quali fosse possibile ricavare, con raffronti e interpolazioni, le dimensioni degli oggetti stessi.
Nell’esecuzione degli oggetti abbiamo utilizzato tecniche artigianali e manodopera giovanile non specializzata per mantenere lo spirito di quei “giovani adulti” neolaureati ai quali non mancavano le idee e lo spirito d’iniziativa ma sicuramente difettavano esperienze e malizie tecnologiche, confidando che la fresca inesperienza giovanile e la speranza di futuro, il sale della Superarchitettura del 1966, siano presenti anche nella Superarchitettura del 2007.
ARCHIZOOM ASSOCIATI
Curatore per il Centro Studi Poltronova
della ricostruzione della mostra “Superarchitettura”

POLTRONOVA: 50 ANNI DI STORIA

Ettore Sottsass Junior, Gae Aulenti, Elena e Massimo Vignelli,
Giovanni Michelucci, Paolo Portoghesi, Angelo Mangiarotti,
Archizoom, Superstudio, Hans Hollein,
Prospero Rasulo, Ron Arad, Nigel Coates…
Questi nomi fanno tutti parte di una storia, una storia molto lunga, che inizia alla fine degli anni Cinquanta e continua ancora oggi: la storia di Poltronova. Questa storia nasce nella campagna toscana, dove non si arriva per caso ma per determinazione, seguendo la strada che si snoda tra campi e paesi. Nasce dall’entusiasmo, da incontri fortunati tra personaggi fuori dalla norma.

Fondata nel 1957, l’azienda acquista ben presto un’immagine d’avanguardia grazie alla direzione artistica di Ettore Sottsass, figura originalissima di designer, architetto, ceramista e intellettuale, che in quindici anni firma per Poltronova più di 50 progetti. Sottsass porta nel campo dell’arredamento l’uso del colore, e un alfabeto di nuovi materiali e nuovi spessori, come nel progetto dei Superbox: armadi con grandi basi, rivestiti in laminato plastico a righe come segnali stradali o distributori di benzina.

Presto, la creatività di Sottsass incontra quella dei nuovi gruppi radicali, Archizoom e Superstudio, che realizzano nel 1966 a Pistoia “Superarchitettura”, mostra-manifesto del Design Radicale italiano. Dai prototipi esposti, in legno e cartone, nasce il divano Superonda del gruppo Archizoom, in poliuretano espanso - uno dei primi esempi di mobili destrutturati, che apre la strada a nuovi modi di vivere il paesaggio domestico - e le lampade Passiflora e Gherpe del Superstudio, figurazioni pop, in plastica colorata.


Sull’onda della creatività visionaria degli anni Sessanta Poltronova ospita nei suoi spazi, sperduti tra colline e vigneti, eventi memorabili, come il reading di Allen Ginsberg, che richiama folle di giovani accorsi per vedere uno dei protagonisti della beat generation che recita le sue poesie… E’ in questo clima di grande vivacità intellettuale che nascono la poltrona Mies, il divano Safari e la lampada Sanremo degli Archizoom Associati, il divano Sofo e la serie Luxor del Superstudio, i Mobili Grigi di Ettore Sottsass.

Con Poltronova collaborano anche Gae Aulenti, Giovanni Michelucci, Angelo Mangiarotti, Elena e Massimo Vignelli, Paolo Portoghesi: tutti designer che rappresentano tendenze progettuali diverse. Inoltre ci sono gli artisti: Max Ernst, Mario Ceroli, Gino Marotta, Ugo Nespolo e Gianni Ruffi. Metterli insieme, in un unico catalogo, è la novità e la forza dell’azienda: in un momento in cui il design è ancora interpretato come una cultura unitaria, il catalogo Poltronova è invece fatto di singoli prodotti, fortemente caratterizzati, ognuno con una sua storia da raccontare.

Quando, nel 1972, Emilio Ambasz organizza “Italy: The New Domestic Landscape”, grande mostra sul design italiano al MOMA di New York, Poltronova partecipa con una selezione di ben 11 oggetti della sua produzione, presentandosi come un fenomeno di grande impatto e conquistando, anche sullo scenario internazionale, il riconoscimento dovuto. I mobili esposti vanno dallo specchio Ultrafragola di Ettore Sottsass al dondolo Sgarsul di Gae Aulenti: oggetti molto diversi tra loro, ma tutti riconosciuti come portatori di quelle caratteristiche di innovazione, originalità o critica sociale che portano a guardare al design italiano come a un fenomeno unico e straordinario. Poltronova è un’azienda toscana: partendo da una grande tradizione artigiana e mantenendola come punto di forza si configura come luogo di ricerca e sperimentazione di nuove forme, nuovi materiali, nuovi linguaggi.

Oggi nel catalogo Poltronova sono presenti oggetti senza tempo, icone del design italiano nel mondo, come il guantone Joe, ironico e spaesante fuoriscala, progettato da De Pas, D’Urbino e Lomazzi nel 1971 con materiali e tecnologie innovative. Grazie al suo primato nella produzione di carattere sperimentale e alle garanzia dei nomi che vi hanno collaborato e vi collaborano, Poltronova è un punto di riferimento per chi si avvicina con curiosità e interesse al fenomeno del design italiano.

Sono già cinque anni che la nuova proprietà dell’azienda collabora con i protagonisti di questa storia, per continuare a rappresentare, insieme, il mondo contemporaneo. Nel 2005 è stato creato il Centro Studi Poltronova, centro di ricerca e documentazione: la storia e il know-how dell’azienda sono il punto di partenza per l’elaborazione di nuovi scenari. Il Centro Studi svolge attività didattica, collaborando attivamente con scuole e università, per trasmettere il modo sperimentale di fare design che caratterizza la produzione Poltronova. Parte integrante del Centro Studi è l’Archivio Storico Poltronova, che custodisce disegni, fotografie, cataloghi e progetti che vanno dalla nascita dell’azienda fino ad oggi.

Oggi, per festeggiare i 50 anni di Poltronova, abbiamo voluto ricreare lo spazio straordinario della Superarchitettura, motore propulsivo di energia creativa, nato dal talento visionario dei nostri carissimi “ragazzi prodigio” Archizoom e Superstudio.
Francesca Balena Arista

Inaugurazione 14 aprile 2007

Galleria Carla Sozzani
corso Como, 10 - Milano
Orario: martedì – venerdì - sabato - domenica, ore 10.30 – 19.30; mercoledì – giovedì, ore 10.30 – 21; lunedì, ore 15.30 – 19.30
Ingresso libero

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Massimo Giacon e Barbara Radice
dal 1/12/2015 al 1/12/2015

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