Galleria Michela Rizzo
Venezia
Calle degli Albanesi, 4254
041 5223186
WEB
Barry X Ball
dal 15/6/2007 al 14/9/2007
Martedi' 10-12.30 16.30-19.30, da mercoledi' a sabato 16.30-19.30

Segnalato da

Galleria Michela Rizzo




 
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15/6/2007

Barry X Ball

Galleria Michela Rizzo, Venezia

Portatrice di una singolare diversita', la scultura dell'artista comunica le impronte culturali tradizionali, moderate e modulate da un accento tecnologico che abbisogna di computer, penna ottica, muscoli forti, intelligenza trasversale. I suoi titoli sono lunghi, a volte lunghissimi, e nell'abbondare delle parole piu' che nella resa finale dell'opera spesso si cela il significato intrinseco del lavoro.


comunicato stampa

Personale

L'esercizio della differenza attraverso l'opera d'arte diventa, in alcuni alti e fortunati casi, una maniera esistenziale di rafforzare la vita mediante la qualità. Occorre trovare dei riferimenti ed elaborarli fino a renderli propri, attraverso sguardi obliqui e una masticazione praticata da mandibole fortissime ed allenate, per valicare il senso della soglia, dell'impossibile ed accedere a un linguaggio enunciato ed espresso con rigore nel lavoro artistico. Sostenere poi un gioco essenzialmente linguistico sul passato producendo l'opera contemporanea è frutto sicuramente di studio, ma è figlio dell'idea e dell'ossessione.

Barry X Ball possiede ciò che in termini manieristici è definita 'sprezzatura'. Dal verbo 'sprezzare', derivato dal latino expretiare (ex – pretium, stima), letteralmente significa disprezzare ed è stato usato nel senso del compiere qualcosa con disinvoltura esagerata, ovvero noncuranza. Tuttavia nel Libro del Cortegiano, il conte Baldesar Castiglione la intende come massima grazia e spesso verrà poi ricondotta all'ambito semantico relativo al concetto aristotelico di ironia (eroneia). Nel Manierismo per 'sprezzatura' non si intende solo l'idea – idea di una leggerezza simulata che si fa depositaria di un'immagine prodotta con apparente aisance mentre nasconde fatica e artificio – ma l'ossessione dell'idea.
Barry X Ball possiede l'ossessione dell'idea.

Di questo artista americano si può facilmente dire che è legato all'amore per le statue antiche, greche e romane, passando per il Rinascimento, Leonardo, Michelangelo e Bernini, Barocco e Rococò. A Canova, attraverso i vari filoni neoclassici in voga nella prima metà dell'Ottocento fino ad arrivare all'École des Beaux-Arts, poi Rodin per giungere a Brancusi, passando attraverso gli influssi orientali.

Ad un certo punto la scultura è stata legata al criterio valutativo ancora affidato al virtuosismo e alla destrezza professionale. Con il Novecento si affida all'idea. Quando Arturo Martini, parlando della sofferenza in cui si trovava il suo linguaggio artistico, disse "scultura lingua morta", non poteva ancora ipotizzare quel filone futuro della scultura contemporanea che si distingue ora con atteggiamenti nuovi filtrati dalla ricerca tecnologica e mescolati alla sapienza del passato artistico, della storia dell'arte, della citazione, della memoria. E dell'ironia.
In questo spazio di confine, quello poi in cui il cammino delle diverse arti frequenta di continuo il bilico della soglia, si impone l'arte di Barry X Ball.

Portatrice di una singolare diversità, la scultura di Barry X Ball comunica le impronte culturali tradizionali, moderate e modulate da un accento tecnologico che abbisogna di computer, penna ottica, muscoli forti, intelligenza trasversale. I suoi titoli sono lunghi, a volte lunghissimi e nell'abbondare delle loro parole più che nella resa finale dell'opera spesso si cela il significato intrinseco del lavoro. Marmo italiano o californiano, fondi oro, siano essi bizantini o giapponesi, onice iraniano traslucido, colle siliconate, i motivi black and white figli dell'antico gotico pisano, le tecniche di restauro, si assommano con precisione da archivista per costituire opere destinate a rimanere nel tempo, non solo per la loro massiccia fisicità, ma per un'organicità e forza di contenuto che si crea di rado nel rutilante mondo dell'arte contemporanea. Barry X Ball smagnetizza in tal modo il nastro della storia dell'arte, inscatola il tempo facendolo galleggiare, nella potenza del marmo, sulla superficie del presente.

Nella prima metà degli anni novanta Ball produceva un lavoro differente. Poi, insoddisfatto del 'sistema', sceglie una strada più personale ed apparentemente conformista cimentandosi nella vecchia capacità artigianale di lavorare la pietra. E lo fa divenendo membro fondatore della "Digital Stone Project", ovvero operando un processo ellenistico e rinascimentale sommato alla più alta forma di tecnologia scultorea. Sebbene sempre tentato di occupare cesure ed infinite partizioni linguistiche, lo scultore americano afferma la realtà fisica dello spazio tridimensionale offerto dalla corposità e dalle forme solide della materia e si spinge in modo tale da farlo armonizzare con lo spazio naturale e le linee della figura.

I suoi ritratti di pietra abbisognano di una procedura minuziosa e lunghissima. I soggetti, necessariamente personaggi che ruotano intorno al mondo dell'arte, si devono sottoporre ad un'estenuante seduta durante la quale viene costituito il calco di gesso. Il provino consiste anche in molti scatti fotografici del volto, del cranio, dei particolari della testa che l'artista userà per l'iperrealista e fedele composizione dei ritocchi finali. Il salto temporale avviene quando il calco viene passato sullo schermo del computer mediante uno scanner tridimensionale che crea una matrice positiva virtuale. A questo punto l'artista può operare delle manipolazioni strecciando la figura con un elastico ipotetico per delle alterazioni che spesso vengono esplicitate nel titolo stesso dell'opera. Un file a controllo numerico dà la prima sgrezzatura alla forma di pietra, una macchina tarata con precisione che per prima lavora il marmo. Marmo scelto con cura dall'artista che ne decide la grandezza del blocco e il verso delle venature, determinanti per il risultato finale. Dopo il primo modellino interviene la manualità con un lavoro di pulizia che dura mesi. La pietra scelta da Ball ha milioni di anni e concettualmente il tempo e la storia geologica del materiale si integrano con il "senso della durata" che sta a fondamento dell'opera.

La storia dell'arte conosce a memoria elementi e componenti dell'opera di Ball, ma ciò che nasce dall'assemblaggio di tutti questi fattori è qualcosa di completamente nuovo. La scala dimensionale a volte resta fedele al modello, altre si rimpicciolisce. Nel caso del ritratto dell'amico-artista Matthew Barney la scultura marmorea raffigura questi in un atteggiamento serio e serafico mentre l'autoritratto, posizionato a comporre una sorta di giano bifronte, nuca con nuca, è un Barry X Ball urlante a significare lo sforzo prodotto e la corsa sfrenata nella quale è impegnato per realizzare il lavoro. Il carattere dei personaggi riprodotti penetra liberamente nell'opera divenendone uno degli elementi fondamentali. Il materiale usato, onice messicano, aggregato di lapislazzuli, marmo pakistano, così come l'uso della maniera rococò piuttosto che vittoriana dialogano con il soggetto rappresentato, la posa adottata o la scelta di tendere la pietra come una striscia tesa da un elastico. La datazione dell'opera occupa sempre uno spazio di tempo che va dai 3 agli 8 anni, vista l'enorme mole di lavoro che sta dietro la realizzazione di ogni singolo pezzo.

La processualità concettuale che traspare dalla lettura attenta del lavoro dell'artista newyorkese si esplicita non solo nel corpo dell'opera – intesa come blocco di pietra – ma anche nel meccanismo di svuotamento, di sottrazione della materia e nelle numerose soluzioni tecniche di supporto. Ball estende qualitativamente i ritratti trattando la superficie dei volti come panneggi su drappi neoclassici o incidendo la superficie – con minuzia da miniaturista – fino a renderla simile a elmi medioevali o scudi di guerrieri mediorientali. Altre volte applica una dissociazione operando leggerezza nella concretezza, attraverso una sorta di risucchio della materia che giace come carne corrosa, bucata dalle venature e dai fori del marmo, sindone al contrario, parte indispensabile all'apparire, ma come negata alla pesantezza originaria. I supporti delle opere sono pali dorati a pavimento e conficcati nel collo, giavellotti che pendono dal soffitto e trapassano il cranio, intarsi istoriati di motivi rinascimentali e barocchi e rococò e neoclassici che rendono il marmo lavorato come volante e galleggiante.

Perversamente eleganti, le sculture di Ball, malgrado la complessità e l'ingegnosità dei rapporti formali e l'abbagliante varietà dei materiali, raggiungono una straordinaria unità d'impatto e possibilità liberatorie di espansione. Queste strutture agiscono con grande vigore sullo spettatore e sul suo ambiente spaziale. Nel caso di A Profusion of loss, installazione a parete costituita da 55 elementi ed elaborata tra il 1993 e il 1995, Ball affronta un'altra citazione prendendo come correlazione la Battaglia di Anghiari di Peter Paul Rubens. Se nella poetica dell'artista ricorre spesso il numero 5, mutuato dai cinque punti di riferimento rintracciabili nell'uomo vitruviano di Leonardo da Vinci, in questo polittico a parete gli undici punti gravitazionali sono costituiti dai 7 cavalieri e i 4 cavalli del disegno.

Le cornici d'argento, con richiami a differenti stili artistici, richiudono un marmo a strisce bianche e nere. Tale pietra non è costituita da un semplice assemblaggio seriale di fogli di chiaro e scuro, ma nasce come un blocco unico incollato e poi tagliato dall'artista, come nel caso di tutti gli altri lavori formati da questo materiale. Il motivo rigato prende spunto dal gotico pisano e dalle strisce usate dai restauratori per segnare le parti mancanti dei dipinti. Ritmo che ricorre anche in 17 18 19 20, opera nella quale oltre il motivo coloristico, il rimando formale è la scalinata del Campidoglio architettata da Michelangelo Buonarroti nell'omonimo palazzo romano che dialoga con una doppia X, giocando così anche sul nome di Barry X Ball.

Scultore di straordinaria fantasia concettuale Ball si orienta anche nella pratica fotografica, con gli stessi soggetti ricorrenti nei lavori tridimensionali o con il suo autoritratto piegato ad un'anamorfosi e ad una triplice visibilità dell'immagine. Dotate di un'estetica strutturale ed una forma emblematica, le opere di Ball sono cariche di tensione, illusionismo, enfasi, ironia. Il design barocco, l'abilità tecnologica, la manualità esasperata e maniacale, tese al prodotto lucido e perfettamente finito, riportano a quell'ossessione dell'idea così connaturata con la poetica, l'inclinazione artistica, culturale e di atteggiamento caratteriale di questo potente e singolare artista contemporaneo.
(Martina Cavallarin, 2007)

Inaugurazione: sabato 16 giugno alle 18.30

Galleria Michela Rizzo
Calle degli Albanesi 4254 - Venezia
Orari: martedi' 10-12.30 16.30-19.30, da mercoledi' a sabato 16.30-19.30
Ingresso libero

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