Pianissimo Contemporary Art
Milano
via Ventura, 6
02 2154514
WEB
Alessandro Dal Pont
dal 20/9/2007 al 2/11/2007
Tue - Sat 3 -7 pm

Segnalato da

Pianissimo



approfondimenti

Alessandro Dal Pont



 
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20/9/2007

Alessandro Dal Pont

Pianissimo Contemporary Art, Milano

Un'unica e complessa installazione costituita da sette sculture raffiguranti le teste di altrettanti Samurai. L'artista prosegue la sua originale esplorazione di grandi topoi contemporanei, questa volta immergendosi nell'antico Hagakure - il venerabile codice dei samurai - per riemergere nelle acque del piu' attuale oceano manga.


comunicato stampa

La poltrona occidentale orientale

Per la sua seconda mostra personale presso la galleria Pianissimo, Alessandro Dal Pont presenta un’unica e complessa installazionecostituita da sette sculture raffiguranti le teste di altrettanti Samurai (2007). Dopo le ventidue sculture della monumentale Mickey Mouse Club March (2005) e i quattro gruppi scultorei di Interior Design (2006), l’artista prosegue la sua originale esplorazione di grandi topoi contemporanei, questa volta immergendosi nell’antico Hagakure - il venerabile codice dei samurai - per riemergere nelle acque del più attuale oceano manga. Come sempre in Dal Pont, anche in questo nuovo ciclo “pop” dalla notevole ricercatezza formale fanno da contrappunto una complessità semantica e una sofisticazione linguistica tali da investire il soggetto “samurai” di problematiche altre, prima fra tutte quella di una sua rilettura metaforicamente e letteralmente poliedrica, e non ultima quella di una simbolica messa in crisi della scultura attraverso i suoi stessi elementi costitutivi.

Ognuna delle sette teste, infatti, è ottenuta dalla compenetrazione di due cubi diversamente orientati. Le molteplici sfaccettature dei volti, rintracciabili nei piani generati dall’incastro dei cubi, coincidono con l’assemblaggio di altrettanti solidi di marmo, legno e plastica. Materiali classici della scultura i primi due, più “superflat”, per contrasto, l’ultima. Posti di fronte alle sette teste, sette grovigli di neon (altro materiale topico della scultura) delineano uno scintillante sciabolare di spade, quasi che i samurai ferissero e insieme perissero sotto i colpi di invisibili fendenti, autori impersonali delle loro incerte fisionomie. Attraversoquesti tagli chirurgici le venature tipiche di marmi, legni e plastiche varie svelano una materia palpitante sotto la pelle, ma anche le rughe di una fronte aggrottata e le trame di barba e capelli.

Monumento funebre ironicamente vitale, questi cavalieri decapitati testimoniano il simultaneo attuarsi di creazione e disfacimento, e abbozzano con le loro maschere mortuarie una sorta di sceneggiatura eroica dell’esistenza; ancora, sette totem che cesellano il freeze-frame di un film esistenziale, di cui un epitaffio critico, infine, potrebbe sintetizzare: “Un calembour sulla scultura che ha per tema se stessa e il suo infausto destino. Una farsa chiamata Arte in cui il duello tra costruzione e decostruzione si riflette nella dialettica di tradizione e innovazione, intrecciando una trama che ne procrastini la fine”. Del resto, per la nostra vita reale timorosa del finale di partita – e che il samurai, immolandosi ad un codice impersonale, s’illudeva di fronteggiare – l’arte e l’industria dello spettacolo nel suo complesso, attraverso i generi più violenti, approntano continui finali salvifici, o consolatori o illusori ma sempre efficaci nell’esorcizzare la (mala)sorte attraverso la sua (magica)rappresentazione: di qui il proliferare di feticci, fantocci e simulacri vari, mai reali ancorché realistici, che agitano film, fumetti, e cartoni animati, e anche molta arte contemporanea.

Più che gli improbabili zombie, i vivi morenti e i morti stecchiti. Non è un caso che molti dei personaggi effigiati in questi sette “capi solitari” sono presi in prestito da quel capolavoro del cinema dell’usato che è Kill Bill, canovaccio truculento di vecchie trame e nuove ispirazioni quali il tema della vendetta implacabile e gli odierni videogiochi. Curiosamente, sia in Kill Bill che nei samurai di Dal Pont - come del resto in tutti i prodotti del genere - il contrassegno autentico della morte non sta tanto nei macabri soggetti rappresentati, innocui perchè ineluttabilmente finti, quanto sembra rientrare in sordina nella pratica “post” dei linguaggi contemporanei, che si scontrano con l’ineludibilità di deposito e riciclaggio in quanto ceneri marcescenti dalle quali attingere per poter rinascere.

Per Dal Pont vale quello che è stato detto di Tarantino, cioè di uno cresciuto masticando rifiuti come fossero il pane della Bibbia, e sui quali ha costruito un magistero di nefandezze. Ma in Dal Pont un eclettismo dei temi, il piglio critico europeo e una vigile attitudine metalinguistica lo allontanano dal cannibalismo spensierato del regista americano, per avvicinarlo piuttosto al lucido distacco di un Kubrick, sia pure sotto l’egida di Hollywood. I suoi samurai si nutrono certamente di una buona dose di cultura fumettistica, immaginario trash e citazione, come del resto molti altri suoi lavori, ma il linguaggio è quello sapiente della scultura e c’è riflessione, che si avvale anche in questo caso della contaminazione felice tra cultura high e cultura low per l’investigazione sagace di temi importanti, come è stato per la potenza americana (2005), per la pornografia (2006) e, ora, per la formulazione di un’originale “poltrona” occidentale-orientale.

A distanza di quasi due secoli dal celebre “divano” di Goethe, le idealizzazioni esotiche da salotto hanno ceduto i fasti alla postazione solitaria davanti allo schermo mentre - fuori – oriente e occidente sono parecchio cambiati. L’attuale fenomeno di una loro osmosi di tipo estetico - quasi unicamente in riferimento ad immaginari bellicosi continuamente plasmati dai reciproci contraccolpi “colonialistici” - è prodotto a tavolino e sembra prefigurare un pubblico contemporaneo affamato di saghe cavalleresche. Col risultato che un universo fantastico mitologico ibrido palleggiato da entrambe le parti sembra suggerire la richiesta, su scala planetaria, di un antidoto per ansie di tipo adolescenziale, se non proprio paranoidi. In sintonia col sincretismo medievaleggiante tratteggiato, questa ricognizione in scultura fa il suo punto della situazione da un divano aggiornato. Buona visione.

Immagine: Interior Design, 2006 Installation view, Pianissimo, Milano
Courtesy Galleria Pianissimo

Inaugurazione: venerdi 21 settembre 2007 alle 19

Pianissimo
via Ventura 5, Milano
Ingresso libero

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