Flavio Costantini nasce a Roma nel 1926. Sembra che come primo quadro abbia dipinto una sogliola: ma tutto finisce lì. In seguito non è certo attratto dalla natura morta del Caravaggio o dalla merenda di Bonnard. La sua occhiata sul mondo è secca e rapida come una rivoltellata: decoratore di fatti visionario e raffinato, perfetto ricostruttore di ambienti e dettagli che fanno da cornice alle azioni dell’anarchia in Europa, ce li restituisce in pittura ai confini della paranoia ossessiva. Preciso come un costruttore navale, come Eiffel immaginoso e monumentale, bravo a disegnare intercapedini e architetture meccaniche o murarie, i suoi bulloni di sostegno o i lampioni floreali sembrano già contenere pacchi di detonatori, pugnali e bombe a mano.
Flavio Costantini nasce a Roma nel 1926. Sembra che come primo quadro abbia dipinto una sogliola:
ma tutto finisce lì. In seguito non è certo attratto dalla natura morta del Caravaggio o dalla merenda di
Bonnard. La sua occhiata sul mondo è secca e rapida come una rivoltellata: decoratore di fatti
visionario e raffinato, perfetto ricostruttore di ambienti e dettagli che fanno da cornice alle azioni
dell’anarchia in Europa, ce li restituisce in pittura ai confini della paranoia ossessiva. Preciso come un
costruttore navale, come Eiffel immaginoso e monumentale, bravo a disegnare intercapedini e
architetture meccaniche o murarie, i suoi bulloni di sostegno o i lampioni floreali sembrano giÃ
contenere pacchi di detonatori, pugnali e bombe a mano.
A proposito: le mani dei suoi protagonisti, sempre sproporzionatamente rilevanti hanno, al posto delle
vene regolamentari, fili di ferro, anzi tondini di ferro, logiche armi per chi tutto ha fatto e farà con le
mani. L’afflitta umanità esaltata che, per amor dell’ideale, non esita ad affrontare la morte, ha queste
mani smisurate sempre aggrappate come zappe o tenaglie allo sportello di una carrozza reale in corsa,
o nell’anticamera di un alberghetto reso glaciale dal tipo di funereo drappeggio prediletto dall’artista.
Tappezzerie o mani di vernice da scannatoio, ambienti nei quali il sangue fa parte dell’arredo. Un
buon getto d’acqua e tutto tornerà livido e agghiacciante come prima del delitto.
Per quanto tragico possa sembrare il racconto delle sue gesta, voglio ricopiare, in suo omaggio, un
frammento di Marcel Proust da Albertine scomparsa: "A partire da una data età , i nostri ricordi sono
tanto incrociati gli uni con gli altri che la cosa cui si pensa, il libro che si legge, non hanno quasi più
importanza. Abbiamo messo ovunque qualcosa di noi, tutto è fecondo, tutto è pericoloso ed è
possibile compiere scoperte altrettanto preziose nei pensieri di Pascal come nel foglietto pubblicitario
di una saponetta".
Flavio vive a Rapallo in un edificio esternamente anonimo. Ma dentro casa, abbandonato il comodo
salotto borghese, si arriva ad un posto di blocco di due o tre metri quadri interamente occupato da
micidiali collezioni di riviste illustrate francesi e italiane dell’inizio del secolo. L’unico per il quale
senta e provi un brivido minimo e massimo. Lì dentro c’è il letto e lo studio. Le sue prigioni sono a
pochi metri dalla riva del mare, a un passo dalla gente che sta in vacanza e prende il sole e corre sui
gommoni nel golfo dei poeti, tra Rapallo e Portofino, mentre Costantini, immerso in una temperatura
da ibernato, vive la sua vita ignorato e ignorante se sia bello o brutto avere rapporti con l’umanità .
Tappato tra quei muri che stanno tra la biblioteca di un vecchio carcere e la piccola tipografia
sotterranea di un gruppetto anarchico in esilio, deglutisce, con il caffè del mattino, la ricostruzione dei
delitti e dei loro moventi. "Pugnale, o mio pugnale, hai fatto una gran mossa, hai messo un presidente
in una fossa; pugnali come te ce ne vorria una schiera, in testa all’anarchia e alla bandiera".
Come un subacqueo intuisce la preda poco distante, egli fulmina con il suo regolo calcolatore la fetta
di mondo che lo riguarda; come un drogato fiuta, fra le migliaia di valige che partono e arrivano in un
aeroporto, il pacchetto giusto. Egli non sa che decine di telecamere hanno già inquadrato le sue mosse
e, di lì a poco, qualcuno piomberà su di lui per arrestarlo e toglierlo di mezzo. Questo capitano di
lungo corso che non ha mai nuotato perché non sa nuotare, che vive estate e inverno ricoperto di
maglie e sciarponi di lana, che non risponde al telefono perché i viventi lo disturbano con i loro rumori
molesti e modesti, è l’innamorato e mai rassegnato costruttore e progettista di ambienti e situazioni
assolutamente prese dalla storia.
Come nel famoso quadro di Catilina e Cicerone uno di fronte all’altro al Senato di Roma il pittore
aveva fissato nella nostra memoria di studenti le bianche toghe, lo sdegno, le accuse tra i due grandi
personaggi, così il ridotto di un teatro, l’interno di un ristorante, il balcone di una stazione ferroviaria,
il lettino di contenzione sul quale giace Cafiero, sono le uniche drammatiche visioni, gli unici poemi di
un mondo che chiameremo poetico perché Costantini lo ha inventato. Il quadro di Ravachol in galera,
uno dei più belli di questa nuova raccolta, è già un classico del suo modo di raccontarci la prospettiva
della cognizione del dolore. Costantini è riuscito a far volare il suo dolcissimo spirito dentro e fuori
della prigione, come se a lui soltanto fosse permesso entrare e uscire con tutti i documenti che gli
mancavano. Adesso che li ha trovati li tiene ben stretti fra le dita.
Giorgio Soavi
A cura di
Arturo Schwarz
Con
Fausto Rocchi e Cristina Taverna
Allestimento di Sergio Noberini
Catalogo
Electa
Con il contributo di
Benasedo Spa