Anatomia del Paesaggio. In mostra un nutrito numero di opere, olio su tela di grandi e piccole dimensioni della sua piu' recente produzione. Nei suoi dipinti il colore e' materia che si compone nello spazio steso con una pratica continua e costante. A cura di Antonio Arevalo.
A cura di Antonio Arevalo
Pallavicini è un pittore vero, uno dei pochi contemporanei a credere
seriamente e con grande responsabilità alla forma quadro. La sua
pittura ha attinto in alcuni momenti all'espressionismo tedesco di
Baselitz ma anche all'astrattismo americano di Rothko, mai alla
ricerca di uno stile, ma al contrario nei suoi quadri si ritrova la
più fresca e potente libertà stilistica in una continua ricerca del
sorprendente attraverso però le lezioni dei più grandi maestri della
pittura da Tiziano a Rembrandt.
Il colore nelle sue tele è materia che si compone nello spazio dato
con sapienza e con una pratica continua e costante.
In mostra sono presenti un nutrito numero di opere, olio su tela di
grandi e piccole dimensioni, della sua più recente produzione, riunite
sotto il tema del paesaggio.
Occuparsi di un tema così controverso spesso relegato solo alla
pittura di maniera, paesaggista, o nel più fortunato dei casi,
rinchiuso nel Romanticismo storico è una sfida che affronta e rilancia
nel migliore dei modi.
Nel caso di queste opere infatti il tema non è una scusa o un
argomento, ma è l'opera stessa. Queste tele non rappresentano nessun
paesaggio ma sono della stessa natura del paesaggio, è il colore che
come materia si organizza in paesaggio, così com'è lo sguardo ad
organizzare la natura in paesaggio, unisce la potenza espressiva
dell'astrattismo ad un tema e lavora in controsenso lasciando che in
alcuni momenti sia il paesaggio a rivelare la natura intrinseca della
pittura e in altri la pittura a rivelare la natura del paesaggio. In
questo gioco di rivelazioni Pallavicini, ci permette di intravedere
una lezione di pittura, una soluzione futura.
Il paesaggio non è il tema generale della sua pittura, è, solo in
questa occasione, la dimostrazione che la pittura è in grado di
affrontare quasi analiticamente qualunque argomento, e che la sua
specifica potenzialità è inesauribile.
Certo bisogna riconoscere il tema del paesaggio si presta
all'individuazione di questa potenzialità vicina solamente alla
poesia, perché questo tema che cosi generosamente è stato trattato
nella sua estetica filosofica racchiude l'elemento "Natura" e il suo
diretto rapporto con "l'essere Umano".
Così se, nel suo scritto "Paesaggio, uomo e natura nell'età moderna"
per il filosofo Joachim Ritter il "Paesaggio è natura che si rivela
esteticamente a chi la osserva e la contempla con sentimento. […]una
visione in sé compiuta, sentita come unità autosufficiente, ma
intrecciata tuttavia con qualcosa di infinitamente più esteso,
fluttuante, compreso nei limiti che non esistono per il sentimento –
proprio di uno stato più profondo- dell'unità divina, della totalità
naturale". Quindi la natura diventa paesaggio solo quando l'uomo si
rivolge ad essa senza uno scopo pratico, dunque nasce da una
contemplazione sentimentale della natura. Allora il poeta, il pittore,
l'artista in generale è capace, grazie al sentimento, di estrapolare
quella particolarità dalla totalità della natura, che forma il
paesaggio. Anche Baudelaire diceva "Davanti al paesaggio gli occhi
dell'anima colgono ciò che gli occhi non possono cogliere" e questo ci
riporta a quel problema che Breton nella sua "Antologia dello humour
nero" individua nell'opera di Kafka, ovvero "…quello dell'oscura
necessità naturale, in quanto essa si contrappone alla necessità umana
o logica, rendendo chimerica ogni aspirazione profonda alla libertà."
E se il sogno ha fornito a Kafka una "soluzione provvisoria" la
pittura allo stesso modo nella sua bidimensionalità fissa è in grado
di offrirci la stessa soluzione e anche in maniera più definitiva,
perché anche qui " Gli "oggetti" che popolano questi luoghi non sono
più estranei all'uomo, la loro presenza è giustificabile senza cercane
la logica, così percepiti (e dipinti) come fossero illuminati
dall'inconscio gli "oggetti" diventano percorribili interiormente..."
tutto sulla stessa tela e su uno stesso piano. È con questa
prospettiva che dobbiamo guardare all'opera di Pallavicini perché egli
è consapevole che qualunque sia il tema, la pittura rimane lo
strumento che colma la distanza tra l'Uomo e le cose del mondo, tra il
mondo e la sua rappresentazione, che può affrontare il rapporto tra lo
spazio e il tempo inscrivendosi sempre nella contemporaneità che
caratterizza ogni società in relazione a questo rapporto.
La mostra " Anatomia del paesaggio…". Presentata dall'Istituto
Italiano di Buenos Aires presso il Centro Cultural Borges di Buenos
Aires a cura di Antonio Arévalo è la prima grande personale dedicata a
Nicolàs Pallavicini.
Inaugurazione 13 dicembre 2007
Centro Cultural Borges
Viamonte esq. San Martin, Buenos Aires
ingresso libero