Artepensiero
Milano
via Vecchio Politecnico, 5
02 76009863
WEB
William Xerra
dal 21/1/2008 al 19/2/2008
lun-ven 10-13 e 14-18.30, sab 15-19

Segnalato da

Stefania Morici



approfondimenti

William Xerra
Roberto Borghi



 
calendario eventi  :: 




21/1/2008

William Xerra

Artepensiero, Milano

Le idee non hanno significato. La mostra mette in luce il suo itinerario artistico, soffermandosi su due momenti significativi: il primo e' rappresentato dal ciclo del "Vive", il secondo e' costituito dal ciclo di "Io Mento", che Xerra ha iniziato verso la fine degli anni '90. Con queste opere dedicate al ruolo della menzogna, l'artista ha compiuto una personale ricerca sull'idea di verita'.


comunicato stampa

a cura di Roberto Borghi

“Le idee non hanno significato” è un titolo volutamente provocatorio. Per William Xerra il mondo dell’arte – e forse il mondo nella sua totalità – è ormai caratterizzato da una diffusione pervasiva di “idee” che pretendono di bastare a se stesse, senza porsi il problema di entrare in contatto con la realtà materiale, di acquisire una forma compiuta e di farsi carico di un significato. Questa situazione, scaturita allo stesso tempo da una deriva della situazione concettuale (di cui Xerra è stato peraltro un anomalo e rilevante protagonista) e da un abuso del linguaggio pubblicitario, può essere modificata se le idee “accettano di essere nutrite da un corpo”. Il titolo originario della mostra era infatti “Le idee non hanno significato (se non sono nutrite da un corpo)”, ma l’artista ha deciso di semplificarlo, di ridurlo alla prima parte dell’asserzione, per renderlo più immediato e più incisivo. Quando è “nutrita da un corpo”, cioè quando si impregna della misteriosa complessità dell’esistenza umana e tenta di esprimerla in una forma compiuta, l’intuizione artistica si smarca dalle presunte” idee” di cui è saturo il mondo della comunicazione acquisendo finalmente un significato.

La mostra di William Xerra presso Artepensiero mette in luce la sequenza di idee che hanno caratterizzato il suo itinerario artistico, soffermandosi su due dei suoi momenti più significativi.

Il primo momento è rappresentato dal ciclo del VIVE. Questa scritta, utilizzata in ambito tipografico per salvare un refuso, è presente in numerose opere che Xerra ha realizzato dai primi anni Settanta sino alla metà degli Ottanta. L’artista l’ha apposta su frammenti di storia dimenticata, come vecchi e deteriorati dipinti, cartoline d’epoca, insoliti arnesi della vita quotidiana del passato, per sottrarli all’oblio, reinvestirli di significato e trasformarli in opere d’arte.

Il secondo momento è costituito dal ciclo di IO MENTO, che Xerra ha iniziato verso la fine degli anni Novanta. Con questa serie di opere dedicate al ruolo della menzogna sia nei processi artistici sia nelle dinamiche della comunicazione mediatica, l’artista ha compiuto una propria personale ricerca sull’idea di verità. Il senso dell’autentico evocato dalle opere di Xerra scaturisce infatti dalla messa a nudo della falsità, da una spiazzante dichiarazione di menzogna che presuppone una paradossale sincerità.

Le idee di Xerra acquisiscono una forma compiuta grazie a una accurata elaborazione pittorica. Tutte le opere di questo artista, anche quelle realizzate nel suo periodo concettuale, sono infatti contraddistinte da una sottile eleganza, da una raffinata sovrapposizione di pittura e scrittura che genera un raro equilibrio formale.

In occasione della mostra di William Xerra, Artepensiero edita un volume a tiratura limitata di cui sono coautori lo stesso Xerra e Roberto Borghi. Il libro, intitolato “Non senza il dire”, è incentrato sul rapporto tra l’arte visiva e la poesia in Italia negli ultimi decenni. Nel volume sono presenti anche numerosi testi poetici dedicati al lavoro di William Xerra da Maurizio Cucchi, Valentino Zeichen, Luigi Ballerini, Paul Vangelisti, Lorenzo Morandotti, Davide Longfils e altri tra i più interessanti poeti degli ultimi anni.

La mostra di William Xerra è la prima di un ciclo curato da Roberto Borghi che Artepensiero dedica al risvolto letterario di quattro protagonisti della scena artistica degli anni Sessanta e Settanta.

William Xerra è nato a Firenze nel 1937. Vive e lavora a Ziano Piacentino. Ha tenuto la sua prima personale presso la galleria Digramma – Inga-Pin di Milano nel 1970. Tra le sue collettive segnaliamo: ”Venerezia”a Palazzo Grassi, Venezia nel 1978, Olympiad of Art presso la Galleria d’Arte Contemporanea di Seoul nel 1988, la Biennale di Venezia del 1993, e la mostra storica attualmente in corso al MART di Trento su “La parola nell’arte del Novecento”. Tra le sue recenti personali: quella tenuta al Centro Cultural Recoleta di Buenos Aires nel 2003, alla Chapelle Saint Jean Baptiste a Sainte Jeannet di Nizza nel 2005 e presso la libreria-galleria Derbylius di Milano nel 2007.

LA VERITA’ NON DETTA
William Xerra, da VIVE a IO MENTO

Il coraggio di chi mente non sta forse nel presumere che esista la verità? Utilizzo questa parola – verità – con la consapevolezza di poter suscitare equivoci: ma in tempi in cui viene scritta sempre più spesso con una minacciosa maiuscola, in cui troppe persone e istituzioni la brandiscono come se fosse una clava da far roteare sul capo dei nemici, in cui si ritornano a fare ataviche e sterili discussioni sul cosiddetto “relativismo”, gli equivoci non possono che risultare salutari e soprattutto non possono non essere innescati da un artista che dice IO MENTO.

Due idee di verità si affiancano e talvolta si affrontano nella storia della cultura occidentale. La prima ha il suo referente linguistico nella parola greca alètheia, in cui l’a- che precede il verbo -lanthàno (“resto nascosto”) è intesa in senso privativo: da qui il concetto di verità come “non nascondimento”, come qualcosa di luminoso e terso, come quella “nozione chiara e distinta” di cartesiana memoria che è ancora parte del nostro universo semantico. La seconda è condensata nel termine ebraico ‘emèt, che significa innanzitutto “stabilità”, “fermezza”, in relazione a persone o a cose, mentre riferita a parole dette o scritte significa “verità” nel senso di “credibilità”, “affidabilità”, “veridicità”. Secondo la mentalità dell’uomo biblico, Dio è la verità poiché è “l’affidabile” per antonomasia, anche se le sue azioni sono circondate dall’oscurità e il suo volto è tutt’altro che terso. Nella prospettiva greca e poi cristiana, la verità è qualcosa che “si conosce”, in quella ebraica – e poi in un filone di pensiero che esula dai confini dell’ebraismo e accomuna i misticismi e le eresie di molte religioni – è qualcosa che “si fa”, che si pratica dando fiducia alle situazioni, alle persone, alle divinità che sono considerate degne di riceverla.

“Fare la verità” – la verità nella sua versione appunto non-cognitiva – non è forse anche il compito che, in un’ottica laica ma non scevra da un’idea del sacro, la cultura occidentale ha assegnato all’arte e alla poesia? Quel poiéin, quel verbo greco che significa proprio “fare” e che è radicato nella etimologia stessa di poesia, non ha come oggetto questa particolare idea di verità sperimentabile, realizzabile, “fattibile”?

Scrivendo IO MENTO, come fa nelle sue opere da più di un decennio a questa parte, William Xerra ci spinge a domandarci qual è la verità che sta negando. In realtà il binomio vero/falso, nella variante corretto/sbagliato, caratterizza il suo lavoro fin dalle origini: anche il ciclo del VIVE, iniziato nei primi anni Settanta, si sviluppa a partire da una rivalutazione dell’errore, da un riscatto virtuoso dello sbaglio. Nel lessico tipografico, VIVE è una sigla che si appone sulle bozze quando un elemento in precedenza cancellato viene poi ritenuto valido. Nelle opere realizzate durante gli anni Settanta e Ottanta, Xerra ha scritto VIVE su immagini o oggetti del passato ritenuti obsoleti, brutti e insignificanti, cioè sbagliati secondo i normali parametri di correttezza mnemonica, estetica e semantica. Applicando il criterio dell’arte e della poesia, l’errore può invece essere oggetto di ricordo, strumento di bellezza e fonte di significato: l’artista e il poeta infatti possono fare in modo che sia tale, possono esercitare una peculiare capacità demiurgica che consiste nell’individuare gli aspetti credibili della realtà, nello scorgere ciò che di veritiero e assurdamente trascurato ci circonda.

William Xerra ha scelto di dedicare un ciclo di lavori alla menzogna in un momento di totale crisi di credibilità dell’arte. A chi o a che cosa è possibile dare fiducia in un ambito in cui contano solo gli stratagemmi per ottenere consenso e viene accantonato qualsiasi bisogno di senso? Dire IO MENTO significa anzitutto inocularsi un vaccino, rendersi immuni dall’intossicazione da marketing e da strategie pubblicitarie che ammorba il mondo dell’arte. La dichiarazione di menzogna di Xerra è prima di tutto una laconica denuncia del fatto che il re è nudo, anche se indossa vestiti griffati e può vantare fatturati da capogiro. Da questo azzeramento di ogni domanda di senso, l’artista ha però tratto un’occasione di poesia: “IO MENTO – un manifesto”, pubblicato integralmente nelle pagine che seguono, è in primo luogo un poema, un testo dotato di una tensione lirica, di un carattere epico, di una metrica dal sapore liturgico che evoca il ritmo assertivo delle litanie.

Forse, per quanto concerne l’arte, la menzogna non si limita a caratterizzare l’oggetto di comunicazione ma è intrinseca al comunicare stesso: è questo almeno ciò che sembrano dire le opere nelle quali William Xerra scrive IO MENTO in lingue che spaziano dall’inglese, al greco moderno, allo swahili. L’impossibilità di non mentire facendo arte non comporta alcun atteggiamento nichilista, nessun abbandono alle innumerevoli tragedie di cartapesta che rappresentano l’altra e proverbiale faccia della stessa medaglia, il risvolto di una scena artistica sostanzialmente grottesca. La verità non detta, la verità che anzi non si può che non dire, è quel che resta di un’alètheia da operetta a cui nessuno ha mai creduto veramente, per quanto paradossale possa sembrare. L’altra idea di verità, invece, è ancora tutta da fare: iniziando magari dalla consapevolezza che anche il dire, soprattutto quando è poetico, non è altro che un fare. (Roberto Borghi)

ufficio stampa: Stefania Morici,
tel 348 0638585, stefania.morici@fastwebnet.it

inaugurazione martedì 22 gennaio ore 18.30

Artepensiero – eventi culturali,
Via del Vecchio Politecnico 5, Milano
da lunedì a venerdì 10-13 e 14-18.30, sabato 15-19
Ingresso libero

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