Fondazione Stelline
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Sironi. Gli anni '40 e '50
dal 27/2/2008 al 21/6/2008
martedi' - domenica 10-20, chiuso lunedi'
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27/2/2008

Sironi. Gli anni '40 e '50

Fondazione Stelline, Milano

Dal crollo dell'ideologia agli anni dell'Apocalisse. 50 opere per ripercorrere l'ultima stagione creativa di una tra le figure piu' importanti dell'arte del 900. Una diversa concezione dell'esistenza si manifesta in un periodo storico e personale particolarmente difficile, nel quale Sironi crea paesaggi urbani, una serie di figure inginocchiate e tele ispirate a temi sacri. Il grande pittore di architetture conclude la sua ricerca con la visione di un crollo metafisico.


comunicato stampa

Dal 29 febbraio al 25 maggio 2008, la Sala del Collezionista della Fondazione Stelline di Milano ospiterà un’importante esposizione dedicata a Mario Sironi (1885-1961), uno dei maestri indiscussi dell’arte italiana e internazionale del ‘900.
La mostra, curata da Claudia Gian Ferrari ed Elena Pontiggia, è stata ideata dal comitato scientifico comprendente oltre alle due curatrici, Jean Clair e Andrea Sironi, nipote dell’artista, e ha ricevuto il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Lombardia, della Provincia di Milano e del Comune di Milano.
L’esposizione indaga gli ultimi anni di vita di Mario Sironi, trascorsi in solitudine tra la disperazione per il suicidio della figlia diciottenne e lo smarrimento per il fallimento di tutte le sue convinzioni politiche e artistiche. Verranno esposti cinquanta dipinti, scelti tra i più significativi e appartenenti alle più importanti collezioni pubbliche e private, tra cui la Pinacoteca di Brera e le Civiche Raccolte d’Arte di Milano, il Mart di Trento e Rovereto, i Musei Vaticani di Roma, la Pinacoteca Comunale di Forlì, la Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata, il Museo Rimoldi di Cortina d’Ampezzo.

In questi anni Sironi esprime, in una serie di opere intensissime, un’immagine della realtà opposta a quella della giovinezza e della maturità. Negli ultimi dieci o vent’anni di lavoro il grande maestro ha, infatti, rinnovato radicalmente il proprio linguaggio, dando vita a nuove forme e a una nuova visione del mondo.

È una diversa concezione dell’esistenza che si manifesta in un periodo storico e personale particolarmente difficile, ma nel quale Sironi crea ancora capolavori, raccolti per la prima volta insieme nella Sala del Collezionista, tra cui i paesaggi urbani degli anni Quaranta (Paesaggio urbano della Pinacoteca di Brera, due Paesaggi urbani delle Civiche Raccolte d’Arte di Milano e Il gasometro del Mart), la drammatica serie delle figure inginocchiate (La penitente del Mart). Viene inoltre esposta, dopo decenni, la fondamentale Periferia del 1942; una serie di tele ispirate a temi sacri (L’Apologo dei Musei Vaticani), i paesaggi (tra cui il Paesaggio con albero del Museo Rimoldi e il suggestivo Tre cime di Lavaredo), e le composizioni ultime.

Nelle immagini di Sironi che si accavallano in questo giro di anni dolorosi e angosciati, emerge forte un sentimento eroico e al tempo stesso dolente, che costruisce strazianti visioni interiori con ombre cariche di quei neri profondi - come il nero della sua angoscia - inquietanti nella grandiosa austera gravità dei paesaggi lacerati e dei nudi scarni ed essenziali, che emergono dalle tenebre più cupe, e ancora composizioni multiple, mediate dalla costruzione delle composizioni murali, che paiono esplodere con forza centripeta a gridare l’ansia del suo vivere.
Infatti, se nella sua stagione novecentista aveva raffigurato un’immagine dell’uomo drammatica ma propositiva, come artefice e costruttore, ora invece dipinge uomini murati nella pietra, sipari di rocce impenetrabili, sagome immobilizzate.

Così il più grande pittore di architetture del nostro secolo conclude la sua ricerca con la visione di un crollo metafisico, di un terremoto universale. È una distruzione irreversibile, che colpisce non tanto la natura, quanto l’uomo. L’architetto che progettava città e si confrontava con la grande superficie nell’esperienza monumentale, lascia posto a figure minime che, tra le poche rocce non disfatte, assistono in silenzio alla rovina.

Il catalogo Electa, che accompagna la mostra, propone nuovi contributi critici di Claudia Gian Ferrari (un’originale lettura della figurazione di Sironi attraverso l’analisi dei suoi testi e intime lettere), di Elena Pontiggia (Sironi. L’ultimo ventennio), di Lorella Giudici (Sironi e il santuario di Oropa) e un’importante riflessione di Jean Clair su uno dei suoi artisti preferiti (nella mostra Les réalismes da lui organizzata al Centre Pompidou di Parigi nel 1981 riservò ampio spazio alla sua avventura culturale e artistica dedicandogli anche la copertina del catalogo).
Il saggio Sironi. L’ultimo ventennio, inoltre, presenta una capillare ricostruzione degli ultimi suoi vent’anni di vita e di attività, condotta su materiali d’epoca e in diversi archivi, che ha portato a scoprire nuovi drammatici particolari sulle sua vita e nuovi dati sulla sua partecipazione al mondo dell’arte, oltre ad alcuni suoi scritti inediti e significative e sconosciute sue dichiarazioni di poetica artistica.

Note Biografiche
Mario Sironi nasce a Sassari nel 1885, da Enrico, ingegnere e architetto comasco, e Giulia Villa, fiorentina. E’ il secondo di sei figli. Nel 1886 si trasferisce con la famiglia a Roma. Nel 1898, a tredici anni, rimane orfano di padre. Compie intanto gli studi tecnici e nel 1902 si iscrive alla facoltà di ingegneria, che abbandona l’anno dopo per una crisi depressiva. Frequenta invece la Scuola libera del nudo di via Ripetta e lo studio di Balla, diventando amico di Boccioni, Severini e altri artisti. Con Boccioni compie un viaggio a Parigi nel 1906. Due anni dopo si reca in Germania, dove ritornerà nel 1910-1911. Intanto, nonostante le ricorrenti crisi nervose, inizia a dedicarsi all’illustrazione.
Nel 1913 aderisce al futurismo, dandone un’interpretazione soprattutto volumetrica. Nel 1915 si trasferisce per breve tempo a Milano. Allo scoppio della guerra si arruola nel Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti. Congedato nel 1919, si sposa a Roma con Matilde Fabbrini, con cui era fidanzato dal 1915. La coppia, che avrà due figlie (Aglae, nel 1921, e Rossana, nel 1929), si separerà nel 1932 e l’artista si legherà per un lungo periodo a Mimì Costa.
Sempre nel 1919-1920 Sironi dipinge i primi paesaggi urbani. Al futurismo, e alla successiva stagione metafisica, subentra quello che lui stesso, nel manifesto Contro tutti i ritorni in pittura (1920), definisce «costruzionismo»: la volontà di concepire il quadro ­come un’architettura. La sua pittura si orienta verso forme potenti e sintetiche, di ispirazione classica, segnate però da una drammaticità moderna. Margherita Sarfatti ne parla sul «Popolo d’Italia»: è l’inizio di un sodalizio critico che si protrae tutta la vita. Fin dal 1919, intanto, l’artista aderisce al fascismo. Dal 1921 disegna illustrazioni per il “Popolo d’Italia”, con cui collabora fino al 1942 (dal 1927 anche come critico d’arte). Nel 1922 è tra i fondatori del Novecento Italiano. Col gruppo, animato dalla Sarfatti e sostenitore di una “moderna classicità”, espone in tutte le principali rassegne in Italia e all’estero, difendendone le ragioni quando, nel 1931-1933, viene colpito da accese polemiche. Negli anni trenta, peraltro, Sironi si concentra soprattutto sulla pittura murale, divenendo il maggior teorico e artefice del ritorno alla decorazione classica. Pubblica il Manifesto della pittura murale, firmato anche da Campigli, Funi e Carrà (1933), ed esegue numerose opere monumentali. Nel 1943 aderisce alla Repubblica di Salò. Dopo il 25 aprile sta per essere fucilato dai partigiani, ma si salva grazie all’intervento di Gianni Rodari. Il crollo dei suoi ideali politici e l’angoscia per la morte della figlia Rossana, che si uccide giovanissima nel 1948, lasciano però un segno nella sua pittura, in cui la tensione costruttiva si lascia incrinare da un senso di frammentarietà. Non partecipa più, polemicamente, alle Biennali di Venezia, ma continua a esporre in Italia (Triennale di Milano, 1951; Quadriennale di Roma, 1955) e all’estero. Muore a Milano nel 1961.

Immagine: Railway Yard, 1952, olio su tela, 34,5x50 cm, collezione privata

Catalogo Electa

Visite guidate, visite-conferenza, visite gioco per bambini
Prenotazioni OPERA d’ARTE / tel. 02.45487395; fax 02.45487401 info@operadartemilano.it

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Conferenza stampa: Giovedi' 28 Febbraio, ore 12
Inaugurazione: Giovedi' 28 Febbraio, ore 18,30

Fondazione Stelline
corso Magenta 61 Milano
ORARIO: martedì – domenica, 10 – 20 (chiuso il lunedì)
BIGLIETTI: intero € 6; ridotto € 4;
gruppi € 3; scuole € 2
Prenotazioni / 899666805* / www.vivaticket.it
(*servizio a pagamento senza diritto di prevendita)

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