Palazzo Madama
Torino
piazza Castello
011 4433501 FAX 011 4436917
WEB
Roberto Sambonet
dal 6/4/2008 al 5/7/2008
mar-dom 10-18, sab 10-20, chiuso lunedi
011 4433501

Segnalato da

Daniela Matteu




 
calendario eventi  :: 




6/4/2008

Roberto Sambonet

Palazzo Madama, Torino

Designer, Grafico, Artista (1924-1995). La mostra mira a dare il senso del percorso compiuto da Sambonet: le sue esperienze, i modelli di comportamento e i riferimenti culturali che hanno animato la sua analisi della realta'. Il disegno, la pittura, la grafica e il design come modalita' con cui egli reinterpreta cio' che percepisce. Un'esplorazione avventurosa, ma anche l'esempio di un rigore morale che investe e trascende la forma immediata delle cose. A cura di Enrico Morteo.


comunicato stampa

La mostra che si apre a Palazzo Madama fa parte del programma di Torino World Design Capital ed è un racconto aperto, fatto di relazioni, dialoghi, connessioni e di apparenti cortocircuiti, alla scoperta della personalità complessa e affascinante di un grande artista e designer, di un intellettuale oltre i canoni – possiamo dire – qual è stato Roberto Sambonet.

Pur avendo preso parte da protagonista a quasi tutte le situazioni più rappresentative della cultura del progetto industriale (commissario della Triennale, collaboratore de La Rinascente, animatore dell’ADI e del Compasso d’Oro, art director della prima Zodiac di Olivetti), Sambonet sfugge in effetti al consueto profilo del designer italiano: non è architetto e rivendica fortemente identità e formazione da artista; immerso da sempre nell’atmosfera della fabbrica, scopre il suo talento progettuale fuori dell’azienda di famiglia, durante una lunga permanenza in Brasile, ed elabora il proprio universo formale lontano della cultura figurativa dello spazio domestico, a partire da una metodica analisi strutturale della realtà, sganciandosi così da ogni remora banalmente funzionalista. Disegnatore compulsivo, cosmopolita, curioso per vocazione, è stato capace di una visione complessa, coniugando arte e gastronomia, cultura popolare e sintesi concettuali.

La mostra che si terrà a Palazzo Madama dall’8 aprile al 6 luglio, curata da Enrico Morteo, non mira tanto all’esaustività delle opere esposte – tantissime e in gran parte provenienti dall’archivio personale del maestro custodito dalla famiglia e da collezioni private – quanto a dare il senso del percorso compiuto da Sambonet: le sue esperienze, i modelli di comportamento e i riferimenti culturali che hanno dunque animato questa sua analisi della realtà.

Perché di questo si tratta: la complessa produzione, le molte invenzioni nell’ambito del design nascono da una sperimentazione costante di ciò che gli sta intorno: della realtà appunto, che viene studiata, smontata, destrutturata, indagata nelle geometrie nascoste “sotto la pelle” delle cose e, dunque, nella sua anatomia. Il disegno, la pittura, la grafica e il design non sono altro che i diversi modi in cui egli reinterpreta ciò che vede e percepisce: posti sullo stesso piano nella sua sperimentazione hanno una loro autonomia artistica e nel contempo fanno tutti parte di un unico processo creativo e di uno stesso progetto.

La prima sezione della mostra “Altri mondi: gli incontri, i viaggi, le collezioni, gli scritti”– ci introduce a questa visione, avvicinandoci allo sguardo di Sambonet e alla sua sensibilità.

In tal senso un aspetto importante della ricerca e della vita di questo artista sono proprio i viaggi. La scoperta dei luoghi si accompagna alla scoperta di culture e tradizioni differenti, di cibi e di sensazioni: è un’esperienza di cui egli lascia tracce attraverso disegni e dipinti, scritti, riflessioni. Dalla Svezia alla Cina, dall’Inghilterra alla Thailandia, dagli Stati Uniti al Messico, al Perù, all’India, Sambonet gira il mondo, accumula ricordi e oggetti: raccoglie bastoni da passeggio, cappelli, paglie, maschere, sassi. Oggetti che servirono a raccontare culture lontane in una serie di mostre allestite nei grandi magazzini La Rinascente.

Particolarmente importanti sono i suoi primi soggiorni brasiliani, tra il 1948 e il 1953. A San Paolo entra in contatto con Pietro Maria Bardi, fondatore e direttore del Museo d’Arte della città. Qui la sua ricerca pittorica si apre a nuovi interessi, a nuove curiosità. Aiuto regista durante le riprese del lungometraggio Magia Verde, percorre l’allora semisconosciuto stato di Bahia, dove forse per la prima volta Sambonet mette a fuoco il legame indissolubile che unisce gli oggetti ai luoghi, culture, persone. Sambonet si avvicina alla cultura india: ne studia le tecniche di tessitura e stampa dei tessuti, le produzioni di oggetti in paglia, le architetture, senza mai trascurare di registrare con il disegno i luoghi, i paesaggi, la natura in cui queste culture vivono e di cui sono parte. Di rientro a San Paolo dirige un corso di stampa per tessuti e ne disegna lui stesso. Coinvolto da Bardi nell’organizzazione della prima sfilata di moda brasilana, disegna abiti, sandali, cappelli che sfilano nelle sale del Museo. Prima di rientrare in Europa, allestisce una propria mostra personale in cui riassume in una serie di quadri e disegni le esperienze vissute.

La libertà di movimento concessagli in Brasile dal suo status di ospite straniero gli consente di vivere una esperienza di straordinaria intensità. Ottenuto il permesso di visitare i reparti di un ospedale psichiatrico, Sambonet conduce una sua personale ricognizione nei terreni della malattia mentale. I suoi disegni registrano con straordinaria precisione i tratti del disagio psichico e umano. I volti che disegna nel manicomio di Jaquerì, poi raccolti nel volume Della Pazzia (Milano 1977), non sono solo un catalogo di patologie: i suoi ritratti sono un viaggio di umana partecipazione, uno scavo nelle pieghe della malattia e della sofferenza.

Una sofferenza che appartiene a noi tutti, anche se cerchiamo di nasconderla dietro la maschera della normalità. Non a caso, proprio ai ritratti è dedicata la seconda sezione della mostra – “Il volto come paradigma di un percorso analitico”. Non solo i volti di Jaquerì, ma una rassegna dedicata ad un genere che accompagnò l’intera vita di Sambonet.Veloci caricature in punta di penna, acquerelli di studio, veri e propri ritratti ad olio: tutti capaci di andare al di là del volto e mostrare pensieri, emozioni, sentimenti. Volti come paesaggi, accomunati da un’identica qualità dello sguardo, dalla stessa capacità di arrivare alle strutture nascoste delle cose. Non importa se ad essere osservato è un sasso raccolto in Liguria (Sasso ligure, 1978) o il viso di un amico (Giancarlo Ortelli, china su carta), se ad essere scomposto è il volto di un anonimo viaggiatore della metropolitana (olio su tela, 1964) o la struttura nascosta del pensiero (china su carta, 1961).

La terza e la quarta sezione sono strettamente connesse: il processo creativo e produttivo appare delineato con chiarezza, laddove si comprende che l’osservazione analitica della realtà si traduce ora in disegni e dipinti, ora in oggetti, e che i disegni spesso sono comunque momenti aurorali della progettazione di alcuni pezzi di design, senza stacchi o cesure. E infatti gli oggetti di Sabonet sono carichi si storie, di citazioni, di culture. Ci sono delle tematiche ricorrenti nella ricerca dell’artista vercellese: la luce, il mare, la natura. Sambonet li guarda e li studia, alla ricerca di quelle strutture che ne governano la forma mutevole, geometrie del divenire celate sotto l’apparente complessità del reale. Così studia la luce nelle sue rifrazioni, nelle geometrie che produce, nelle leggi fisiche che la regolano; e il mare – nel corso delle sue lunghe crociere in barca a vela – lo smonta, osservandone i movimenti, la sequenzialità delle onde, il loro ritmo, le increspature, le forme geometriche che l’acqua disegna. Forme latenti che egli fa riemergere nei tantissimi disegni, negli acquarelli, nella grafica – anello di congiunzione tra l’artista e il designer – e poi negli oggetti; così come fa con le conchiglie, i pesci, i paesaggi, le costruzioni e le architetture umane.

Allora non è azzardato affiancare alle chine che analizzano le geometrie dei riflessi sul mare, i triangoli in acciaio che Sambonet progetta per l’azienda di famiglia o quelli in cristallo disegnati per Baccarat nel ’57; o ai quattro studi di onda in matita colorata, del 1966, alcuni portaceneri realizzati nel ’71: perché l’idea, la memoria di partenza è la medesima; non sono i disegni strettamente correlati all’oggetto, pensati in funzione del prodotto, ma sono parte del processo interpretativo della realtà. Nei vasi della serie Préhistoire (1975) in cristallo Baccarat – scientifica indagine sul rapporto fra vuoto e pieno, declinato attraverso il tema della semisfera trasparente – così come nella Bol à caviar (1971) sempre per Baccarat, vi è tutta la sua ricerca sulla possibilità di costruire volumi usando solo la luce; la sequenza di pentole Center Line (1965) è una teoria sull’uso dello spazio,ma anche un omaggio alle geometrie di Sonia Dalaunay; nei famosissimi bicchieri Empilage (1971) c’è la ricerca della regola, la consapevolezza che ogni cosa è parte di altre e di uno stesso universo.

Nella dimensione del progetto tutto trova un nuovo significato: l’antico e il moderno, Rinascimento e Bauhaus, Alvar Aalto e la foresta tropicale. Per Sambonet nulla è mera citazione, ma diventa materiale con cui costruire una nuova realtà. Del resto egli era solito affermare che dentro la natura, dentro le strutture degli steli delle piante si possono trovare i modelli e le soluzioni del design o che il suo progettare una tavola per la Ginori o la Baccarat era come progettare un quartiere, fare architettura. Così, parlando della sua Pesciera (1957), forse il suo progetto più celebre, esposta nei musei di tutto il mondo, egli affermava: “ la pesciera nasce dallo studio della natura, non come imitazione ma come esempio per andare oltre”. Una esplorazione avventurosa, ma anche l’esempio di un rigore morale che investe e trascende la forma immediata delle cose.

Ufficio Stampa
FONDAZIONE TORINO MUSEI
GAM - Palazzo Madama - Borgo Medievale - Museo d'Arte Orientale - Artissima Via Magenta, 31 10128 Torino
tel. 011 4429523 fax. 011 4452550
e-mail: daniela.matteu@fondazionetorinomusei.it

Anteprima per la stampa: lunedì 7 aprile ore 12

Palazzo Madama
Piazza Castello, Torino
Orario: martedì-domenica 10-18, sabato 10-20, chiuso lunedì.
La biglietteria chiude un’ora prima
Ingressi: euro 7,50 ridotto 6,00

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