Castello di Rivara Centro d'Arte Contemporanea
Rivara (TO)
piazza Sillano, 2
0124 31122 FAX 0124 31122
WEB
Quattro mostre
dal 25/6/2008 al 26/7/2008
sab/dom 10.30-12.30, 15-18(tel. 0124 31122 per prenotare la visita)

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contemporary artpress




 
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25/6/2008

Quattro mostre

Castello di Rivara Centro d'Arte Contemporanea, Rivara (TO)

Il Castello di Rivara inaugura lo spazio dedicato alla collezione Progetto Museo d'Arte Italiana 1985-2008, accanto al Centro di Documentazione ed allo spazio espositivo delle Scuderie. E, in occasione del Congresso Mondiale di Architettura, si inaugura la mostra 'Architetture Sensibili', che riunisce, sotto un unico comune denominatore, alcuni promettenti artisti del panorama contemporaneo internazionale. Inoltre due personali di fotografia: Alessio Delfino, che presenta l'ultima serie intitolata Metamorphoseis e Bruno Locci con una seguenza di scatti dedicati agli anni '50.


comunicato stampa

Progetto Museo d’Arte Italiana 1985-2008-…
A cura di Franz Paludetto

Ci sono luoghi nei quali la storia sembra ripetersi quasi a svelare, attraverso la ripetizione, un destino assegnato non dal caso. Quando, nel 1985, arrivai per la prima volta al Castello di Rivara, non sapevo nulla del cenacolo di artisti, poi passati alla storia come “Scuola di Rivara”, che alla fine dell’Ottocento si era stabilito al Castello, intrecciando linee di ricerca e storie di vita diverse. Quando, a partire dall’estate di quell’anno, insieme ad Aldo Mondino, molti artisti hanno cominciato a frequentare questo luogo o a trasferirvisi per un periodo, si stava in qualche modo ricreando l’atmosfera di quella fortunata, fugace esperienza artistica: il confronto di posizioni differenti, il fermento culturale, il lavoro di recupero degli spazi, ancora una volta, in una coincidenza storica che si ripeteva con un carico straordinario di rimandi simbolici, esattamente cento anni dopo.

Dal 1985 ad oggi molti artisti importanti anche sul piano internazionale sono passati dal Castello di Rivara, trasferendovi il proprio studio per qualche tempo o semplicemente partecipando all’allestimento della loro mostra, lasciando sempre una traccia del loro passaggio: un lavoro nato in questi spazi, un biglietto, una fotografia, una storia rimasta nella memoria.
Oggi, per fermare questo pezzo di storia dell’Arte Italiana, e farlo procedere avanti nell’attualità, viene realizzato su un progetto nato alcuni anni fa, il Museo d’Arte Italiana, che trova sede nel Castello Medievale del Complesso di Rivara, recentemente riqualificato.
In mostra una collezione di lavori importanti perlopiù realizzati presso il Castello di Rivara, a partire dagli anni Ottanta.
Con l’inaugurazione di uno spazio dedicato alla collezione Progetto Museo d’Arte Italiana 1985-2008-…, accanto al Centro di Documentazione ed allo spazio espositivo delle Scuderie, dedicato alle mostre temporanee di Artisti internazionali, Il Castello di Rivara assume definitivamente una struttura di tipo museale, mettendo in relazione la propria collezione storica con gli spazi dedicati alle esposizioni temporanee, con la grande varietà di materiali fotografici e di volumi a diposizione della consultazione del pubblico.

Inaugurazione giovedì 26 giugno 2008 Ore 17.00

Fino al 27 luglio 2008
Orari: Sab/dom 10.30-12.30; 15.00-18.00
(telefonare al numero 0124 31122 per prenotare la visita)

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Metamorphoseis - Alessio Delfino
A cura di Franz Paludetto e Nicola Davide Angerame

Metamorphoseis è l’ultima serie fotografica inedita realizzata da Alessio Delfino. Si tratta di un work in progress formato da un nucleo di lavori fotografici che ritraggono modelle e donne comuni d’ogni nazionalità in un’identica posa. I loro corpi sono vestiti di un sottile strato d’oro. Le immagini sono stampate a grandezza naturale e installate al primo piano delle Scuderie del Castello di Rivara. La perizia tecnica di Delfino mira a trasformare la fotografia in un corpo solido. Una sfida impossibile che appartiene all’utopia personale dell’artista, il quale in questa serie, che potrebbe crescere all’infinito, ricrea un Pantheon personale, nominando le sue “creature” con i nomi delle Dee dell’Olimpo. Attraverso una performance silenziosa e privata, una sorta di rito d’iniziazione, Delfino dipinge interamente il corpo delle sue modelle, poi le fotografa. Questa mostra s’inaugura con una performance dal vivo che vede protagoniste alcune “dee”, a rimarcare un aspetto importante, che giustifica la presenza di sole donne nel lavoro di Delfino: il fatto che il fotografo si rifaccia nel suo lavoro al Femminino sacro, alla primogenitura del Femminile sul Maschile, e al fatto che le comunità primordiali fossero matriarcali e venerassero divinità femminili, come quelle della fertilità o della generazione. Questa mostra è un omaggio alla femminilità intesa come idea somma, come luogo del divino in generale, oltre che in particolare.

“Delfino – conclude il co-curatore della mostra Nicola Davide Angerame - è un fotografo che celebra il corpo femminile come icona, come una nuova forma simbolica capace di esprimere, attraverso il gioco serio di una nuova interpretazione del mito antico, alcuni aspetti dell’epoca attuale. Interessante la ripresa delle pluralità, di questa ripetizione della differenza che ripropone un’idea di paganesimo come insegnamento di tolleranza, d’apertura al diverso e come assorbimento culturale: ibridazione e proliferazione. Il primo impatto con il lavoro è violento a causa della serialità, L’intuizione di un momento detta a Delfino la posa definitiva, auratica, che assume l’intero suo mondo divino. Nelle immagini scompaiono i simboli, che siamo soliti attribuire alle singole divinità come anche ai santi cristiani, e ogni altro elemento connotativo che non sia la complessa semplicità del corpo. Superato il primo impatto, si nota che dietro la posa neutrale e rilassata delle dee si cela un sottile lavoro di studio dei differenti “tipi” fisici, e fisiognomici. Dietro ciascuno di questi “tipi divini”, resi immobili e dormienti dentro colate d’oro, s’intravedono mondi del tutto differenti: da quello armonico di Afrodite a quello violento di Era, passando per le docilità di Gea. La femminilità messa in scena da Alessio Delfino sembra ripetersi e invece si rigenera. Se, nella ripetizione è l’uguaglianza a giocare il ruolo portante, nella rigenerazione è la differenza ad essere protagonista. Questa sottile linea di demarcazione rappresenta forse il suo risultato di maggior interesse, non escluso un altro importante traguardo come quello della consistenza fisica delle immagini, capaci di catturare e riflettere luci, muscoli, fibre ed espressioni che sembrano far parte di un corpo sognante e immobile, eppure palpitante come se fosse percorso da una scarica onirica o in preda a tempeste interiori sopite dietro la luce silente e vagamente decadente dell’oro: come se dietro la statua potesse ancora ardere la vita ferina e selvaggia di divinità appartenute ad antichi miti, superati eppure ancora capaci di agire sulla nostra immaginazione e, forse, anche di segnalare una via culturale che si pensava perduta per sempre e che Delfino vorrebbe vivificare con una nuova ipotesi di lavoro e di riflessione”.

“Nel mio lavoro – dichiara Alessio Delfino - tento di azzerare la mia espressività d’interprete per rendere più visibile la ricchezza che ogni corpo racchiude in sé, nelle sue proporzioni. Ogni fisionomia è un carattere e ogni carattere è un profilo psicologico, una storia, un simbolo: in una parola un mito. Per questo ho deciso di dare a ciascuna delle mie “creature” un nome di divinità greca. Voglio riattivare sensi scomparsi ma anche giocare a nominare dee delle donne normali, impiegate, studentesse, casalinghe. La fotografia le nobilita e loro nobilitano la fotografia. A volte sono modelle bellissime, ma sono innanzitutto donne e in alcuni casi amiche. Si prestano a questo gioco serio, che nel breve intervallo di un servizio fotografico può trasformarsi in odio o diventare amore. Basta guardare le mie foto per capire chi ho amato e chi odiato, credo che sia evidente a tutti e ne ho quasi paura. Mi sento totalmente denudato in queste immagini che, dietro un’apparente neutralità, rivelano secondo me un’intensa emozionalità. Le ho concepite come un lavoro sul nudo anti erotico, uno studio dedicato al corpo e alla pelle, alle proporzioni e alle sensazioni che ogni singolo individuo suscita per il solo fatto di avere quel corpo lì e non un altro. La nostra identità passa soprattutto di là, ma non ce ne accorgiamo più perché oggi se non hai un corpo omologato alle misure folli della moda e della pubblicità ti senti inadeguato e pensi che quell’involucro di carne che circonda la tua anima non valga. Per le donne questa imposizione culturale, figlia di un approccio edonistico e consumistico, è ancora più drammatica”.

Completano la mostra, due importanti video dedicati alle metamorfosi. I corpi delle dee si fondono l’uno nell’altro senza soluzione di continuità come se le identità delle singole divinità fossero infine una sola mutevole, metamorfica ed eterna natura. Il tempo si dilata e lo spettatore perde l’orientamento. Quello che vede è un corpo liquido che vibra, pulsa, respira e cambia di forma costantemente, tanto lentamente da risultare impercettibile il suo muoversi. “Volevo creare un corpo inesistente – spiega Delfino – o tanti corpi impossibili, risultati d’innesti dolci, impercettibili, come quando in agricoltura si creano nuovi biotipi per talea. Per me queste figure hanno un qualcosa di auratico, di misterico. Mi fanno pensare alle stagioni, al tempo che scorre e che ritorna. A una danza dei fiori. Ho voluto creare una mutazione genetica, una sorta di “Olimpo ogm”, se vuoi”.

http://www.alessiodelfino.com

Inaugurazione Giovedì 26 giugno 2008
A partire dalle ore 17.00

Orari: Sab/dom 10.30-12.30; 15.00-18.00
(telefonare al num. 0124 31122 per prenotare la visita)

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"Potreste venire domenica pomeriggio a prendere un bicchierino da noi" 1950-1973 - Bruno Locci
A cura di Franz Paludetto

QUELLI SI' CHE ERANO GLI ANNI
della guerra di Corea, dell'anticomunismo internazionale, del grande Scelba, degli zuccherini alle classi lavoratrici, del terrore dell'invasione russa, di Truman, dell'Italia piena di speranze rappresentata da 440 ditte alla Fiera Internazionale di Chicago (agosto 1950), delle perquisizioni della polizia nelle case degli iscritti alla C.G.I.L. e al. P.C.I., di uno dei tanti divorzi di Betty Hutton, della bellissima Patricia Neal (“Cuore solitario” e “Le foglie d'oro”), della dura e cocciuta ripresa della Germania, della seconda maternità della Elisabetta d'Inghilterra, in cui Kubler vinceva il Tour de France, del grande peronismo, del lancio dell'esperanto, dell'assassinio del presidente del Partito. Comunista Belga Julien Lahaut, della saponetta Cadum, del vitello di 1a scelta a L. 1.316 al Kg., dell'olio di oliva a L. 528 al Kg., del parmigiano a L. 1.598, di quel bel figliolo di Robert Taylor, dell'arte di Morlotti, De Chirico, Rosai, Savinio, Reggiani, Guidi, Carrà, Campigli, Tosi, del dollaro à 691 Lire, del franco svizzero a 158 Lire, dei 300.000 pellegrini alla grotta di Betlemme (Natale 1951), di Pio XII, della 5ilvana Mangano (<
Ed è proprio di questi anni '50 italiani che le fotografie rispolverate da Bruno Locci: Signore e Signori, qui si dà inizio al gioco.
Questi Signore e Signori, colti nella loro anonima quotidianità, nella loro imbecillità, nei loro piccoli miti, nel loro medio-piccolo benessere borghese sembrano essere più che mai decisi ad ignorare il loro tempo in nome di un'allegria (solo formalmente diversa da quella che si ostenta ancor oggi) che in modo fin troppo evidente può sembrarci grottesca e ridicola.

Questi pagliacci domestici di un tempo che fu una sessantina di anni fa, che recitavano per gli amici in quelle riunioni di tutte giovani coppie quando il matrimonio era ancora una gran cosa, che avevano una radio grande come un mobile, che portavano pantaloni larghi in alto e stretti in basso, che si spogliavano per pochi intimi mostrando mutande fin sopra l'ombelico, che portavano il reggiseno e il tailleur sono i•grandi personaggi del primo «capitolo» della rassegna di Locci degli anni '50.
Il lavoro di Locci mostra una vita privata colta in immagini frammentarie, in sentimenti costruiti dopo, ma che forse erano proprio quelli, immagini banali e, tutto sommato, squallide, ma forse… il potere significante può anche nascere dai contrasti.
Ilaria Bignamini

Inaugurazione giovedì 26 giugno dalle 17 in avanti

Orari di visita: Sab/Dom 10.30-12.30 ; 15.00 - 18.00
(chiamare il numero 0124 31122 per prenotare la visita)

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Architetture sensibili -A cura di Linda Giusti

In occasione del Congresso Mondiale di Architettura, in calendario a Torino nella prima settimana di luglio, il Castello di Rivara inaugurerà il 26 giugno 2008 : “Architetture Sensibili”, riunendo, sotto un unico comune denominatore, alcuni promettenti artisti del panorama contemporaneo internazionale, provenienti dalle maggiori gallerie italiane.
Nomi noti e giovani esordienti, accomunati dalla medesima traccia narrativa: “Urban Landscape” o, in senso più ampio e quindi più liberamente interpretabile, “Architettura”, attraverso linguaggi che ne seguono liberamente le linee guida concettuali, segniche, materiche, ma da un punto di vista squisitamente artistico.
Sensibilità visive, sensibilità tattili, sensibilità sonore e percettive di edifici e palazzi abbandonati, di centri e piazze solitarie, di città e metropoli sconfinate, di orizzonti lunari, di immagini che si rincorrono, di forme che si allineano, si intrecciano, si spezzano e si riannodano in infinite sperimentazioni cromatiche e musicali.
Nelle luminose sale neobarocche del Castello il percorso espositivo si snoda attraverso un dialogo aperto tra le diverse discipline artistiche, dalla pittura alla scultura, dalla fotografia alle più ardite installazioni, che concorrono insieme a progettare un unico ordito, un solo disegno architettonico che dall’idea conduce alla realizzazione, dall’ombra alla luce, dal caos all’ordine, dall’incompiutezza alla perfezione.
Lo spettatore può tentare idealmente di unirne i punti virtuali. Risultato?
Una fragile struttura di impercettibili coscienze umane, tanto più “sensibile” quanto più alienante si rivela il suo involucro portante.
Linda Giusti

Massimiliano Alioto, Carlo Bernardini - Barbara DePonti, Mauro Biffaro, Enzo Bodinizzo, Gabriele Buga Buratti, Alessandro Busci, Carlo Cane, Karina Chechik, Andrea Chiesi, Nando Crippa, Gabriele Coi, Giacomo Costa, Steven Criqui, Domenico David, Stefania Di Marco, Gilberto Di Stazio, Pino Falcone, Manuel Felisi, Paolo Fiorentino, Luca Gaddini, Enzo Gagliardino, Daniele Galliano, Fabio Giampietro, Javier Gil, Alessandro Giusberti, Carlo Gloria, Andrea Gnocchi, Enzo Guaricci, Stefan Hoenerloh, Giovanni La Cognata, Marco Longo, Luca Matti, Marco Memeo, Nicola Nannini, Davide Oddenino, Tommaso Ottieri, Alessandro Papetti, Rudy Pulcinelli, Alejandro Quincoces, Mauro Reggio, Andrea Santarlasci, Miha Strukelj, Maurizio Taioli, Gosia Turzeniecka, Paolo Zaniboni.

In collaborazione con: Allegretti Arte Contemporanea –Torino, Antonio Battaglia-Milano, Casa D'Arte San Lorenzo – Milano/San Miniato, Eleonora D'Andrea Contemporanea– Prato, Fabbrica Eos – Milano, Frittelli Arte Contemporanea– Firenze, Forni – Milano/Bologna, Gagliardi Art System – Torino, In Arco – Torino, Italian Factory – Milano, Milly Pozzi Arte Contemporanea – Como, Rubin – Milano, Studio Legale - Roma/Caserta, Sergio Tossi – Firenze.

Ufficio stampa:
info@castellodirivara.it – Tel/fax 0124 31122
http://www.castellodirivara.it

Castello di Rivara-Centro d’Arte Contemporanea
Piazza Sillano, 2 Rivara (TO)
Inaugurazione: Giovedì 26 giugno 2008 dalle ore 17.00
Orari: Sab/dom 10.30-12.30; 15.00-18.00
(telefonare al num. 0124 31122 per prenotare la visita)
ingresso libero

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