Spazio d'Arte Fischetti
Bernalda (MT)
Corso Italia 13
0835 540208

Silvio Craia
dal 1/8/2008 al 29/9/2008

Segnalato da

Salvatore Sebaste



approfondimenti

Silvio Craia



 
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1/8/2008

Silvio Craia

Spazio d'Arte Fischetti, Bernalda (MT)

In nome degli angeli ribelli. Personale di pittura dedicata ad Osvaldo Licini nel centenario della sua morte. L'artista infatti, ha realizzato opere che, in quanto a spirito, sono intensamente liciniane: nei suoi rapidi segni colorati vergati da gesti altrettanto veloci, c'e' la sintesi massima delle amalasunte, degli olandesi volanti e degli angeli ribelli.


comunicato stampa

Il 2 agosto alle ore 19,30 sarà inaugurata la mostra di Silvio Craia presso la Pinacoteca Comunale di Arte Contemporanea di Bernalda (Matera) “Spazio Fischetti” dedicata a Licini nel centenario della sua morte.
Interverranno: Francesco Renna Sindaco, Dino Paradiso Assessore alla Cultura, Salvatore Sebaste direttore della Pinacoteca, cordinerà Rocco Brancati Giornalista RAI.

Titolo della mostra: IN NOME DEGLI ANGELI RIBELLI
Quante volte ho scritto e detto che l’artista è come lo sciamano. Perché sa mettersi in contatto con energie che appartengono a dimensioni altre, poste al di fuori di quella logica che noi – stupidi e presuntuosi razionali – crediamo sia la qualità mi­gliore degli uomini. Ma quando mai! Quanti freni, quante limitazioni essa por­ta con sé: questa cosa non è logica, ti fa dire, quindi non è possibile, non esiste. Poveri esseri razionali che non conoscono (o sarebbe più giusto dire “non conosciamo”?) l’ebbrezza che danno la fantasia, il paradosso, la follia, tutto ciò che porta via, su verso l’alto, lontano dalle strettoie della logica.

Silvio Craia è un personaggio paradossale, perché è creativo, perché è a-logico, perché è folle (nel senso che le civiltà arcaiche e classiche davano alla parola: folle era colui che era stato toccato, folgorato, da­gli dei). Dunque Craia è uno sciamano. Così ha voluto compiere un’azione che allo sciamanesimo si riporta: quella non di vivere, ma di rivivere, esperienze, emozioni, sentimenti, di un’altra persona che oggi non c’è più e che, artista anch’essa, era pure uno sciamano. Uno sciamano del cielo, il re del­le Amalassunte (lune), degli angeli ribelli, degli olandesi volanti, l’errante, l’erotico, l’eretico; ma anche uno scia­mano del delicato e struggente leopardiano paesaggio delle Marche.
Stiamo parlando di Osval­do Licini, uno dei più grani artisti mondiali del XX secolo, l’inventore (assieme allo spagnolo Joan Mirò, sia pure con altri intenti e con altre modalità) del segno autosignificante che si fa alta poesia. Un Leopardi visivo, per intenderci. Ebbe­ne Craia ha deciso di trascorrere quindici giorni im­merso nei luoghi fisici, in quelli visivi, ma anche in quelli mentali e sentimentali del grande Licini. Nel suo paese natale, Monte Vidon Corrado, nella sua casa, nella piazzetta che attraversava, nei vicoli in cui transitava, Craia ha respirato la stessa aria che respirava il Maestro e, soprattutto, ha come captato le energie misteriose che sono rimaste impregnate nelle sue tracce materiali: tutto ciò è stato possibile perché le personalità che si sono così poste in sintonia erano (anzi, sono) due artisti, due coscienze libere, due poeti del segno, due cantori della ribellione dell’anima.

Praticamente è come s’egli avesse agito da ponte sul quale far transitare la natura poetica dell’invenzione liciniana per trasmetterla agli astanti: scolari, popolazione civile, artisti, intellettuali. Un’esperienza straordinariamente efficace che ha toccato i cuori e risvegliato le fantasie di coloro che vi hanno preso parte.

Craia era – come me – molto amico di un altro im­portante pittore marchigiano scomparso: Sante Mona­che­si. Anch’egli estroso, pa­radossale, border-line si direbbe oggi in quest’epoca in cui se non ti esprimi con qualche parola in inglese ti considerano un illetterato (e magari conosci il latino e il greco antico, ma vuoi mettere l’inglese!). Ebbene Mo­na­chesi, più di mezzo secolo fa, annunciò di voler fare causa al Comune di Roma che lo aveva sfrattato da un palazzo patrizio (di proprietà pubblica) nel quale aveva allestito il suo atelier: nelle stesse stanze in cui aveva lavorato, nel Seicento, il Ca­valier d’Arpino, al secolo Giuseppe Cesari, maestro del Caravaggio. “Mandarmi via da questi luoghi mi rovinerà la carriera”, sosteneva Monachesi, “perché qui sono ispirato dall’anima dell’antico pittore”.
Al di là della trovata pubblicitaria (così tutti la considerarono) chissà se, in fon­do, il buon vecchio Sante una qualche ragione non la avesse. Anch’egli era uno sciamano; anch’egli, come Craia, era un neo-dadaista; anch’egli, come Craia e Li­cini, era un poeta del segno e del colore immediati ed anche dell’azione.

Durante l’esaltante espe­rienza di Monte Vidon Cor­rado, Silvio Craia ha realizzato opere che, in quanto a spirito, sono intensamente liciniane: nei suoi rapidi segni colorati vergati da gesti altrettanto veloci, c’è la sintesi massima delle amalasunte, degli olandesi volanti e degli angeli ribelli. Ribelli come le anime di questi magici cantori delle bellezze paesaggistiche mar­chigiane che attraverso i versi (Leopardi) o i segni-colore (Licini, Craia) salgono ad altezze vertiginose, verso dimensioni cosmiche. Armando Ginesi

Inaugurazione 2 agosto alle ore 19,30

Spazio d'Arte Fischetti
Corso Italia 13 - Bernalda (MT) Basilicata
ingresso libero

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Silvio Craia
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