Diverse sedi
Milano
WEB
Alfredo Jaar
dal 1/10/2008 al 24/1/2009
Spazio Oberdan: tutti i giorni 10-19.30, mar-gio fino alle 22, chiuso il lunedi; Hangar Bicocca: tutti i giorni 11-19, giovedi 14.30-22, chiuso il lunedi
02 77406300
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Segnalato da

Ufficio stampa Provincia di Milano



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1/10/2008

Alfredo Jaar

Diverse sedi, Milano

It is Difficult. Ampia antologica dedicata all'artista cileno che rappresenta un percorso attraverso le sue opere piu' importanti, rappresentative di oltre vent'anni di lavoro. Le vicende e l'immagine dell'Africa e le sue relazioni con il mondo occidentale costituiscono il filo conduttore della sezione allestita allo Spazio Oberdan, mentre all'Hangar Bicocca sono visibili opere di forte impatto e di grande dimensione. I lavori dell'artista si concentrano in particolare su situazioni che la nostra coscienza tende a rimuovere e sulla retorica attraverso la quale i media manipolano e trasmettono le informazioni. La mostra e' affiancata dal progetto pubblico Questions Questions/ Domande Domande ideato per l'occasione e calibrato sulla citta' di Milano e sull'area circostante.


comunicato stampa

.......................english below

a cura di Gabi Scardi e Bartolomeo Pietromarchi

La mostra Alfredo Jaar - It is Difficult, è un’ampia antologica, promossa da Provincia di Milano e Fondazione Hangar Bicocca con la collaborazione di Regione Lombardia, di intenso significato politico e sociale e di forte impatto visivo ed emotivo dedicata all’artista cileno.

Artista, architetto di formazione e film-maker, Alfredo Jaar nasce nel 1956 in Cile e si forma durante la dittatura militare di Pinochet, producendo diversi lavori esplicitamente critici rispetto al regime. Si trasferisce nel 1982 a New York. Nei vent’anni successivi partecipa alle maggiori mostre e rassegne internazionali.
Nell’arco del suo percorso Alfredo Jaar instancabilmente si interroga su come l'arte possa interagire con il contesto sociale e politico più vasto; affronta temi di assoluta rilevanza, legati in molti casi a situazioni di urgenza umanitaria, di oppressione politica e di emarginazione sociale, di scarsa considerazione dei diritti umani e civili. Si concentra in particolare su situazioni che la nostra coscienza tende a rimuovere e sulla retorica attraverso la quale i media manipolano e trasmettono le informazioni. Con le vicende che tratta, l’artista si confronta direttamente dando voce e volto alle vittime e ai testimoni.
Jaar crede in una correlazione tra etica ed estetica, attribuisce fondamentale importanza a un ruolo attivo e socialmente responsabile della cultura e insiste sulla necessità di ribadire, attraverso l’energia creativa dell’arte, posizioni etiche, anche fortemente critiche, di fronte a temi difficili e a fatti gravi come ingiustizie, genocidi, emergenze umanitarie.
Nelle sue opere, sempre improntate a estrema perfezione formale, adotta linguaggi e strumenti diversi, dalla scultura all’installazione, dal video alla fotografia, al light box fino ad opere di dimensioni ambientali.
La mostra, realizzata in stretta collaborazione con l'artista, rappresenta un percorso attraverso le sue opere più importanti, rappresentative di oltre vent’anni di lavoro.
Una mostra importante, che farà riflettere, discutere, e consentirà al pubblico di conoscere l’opera di un grande maestro contemporaneo.

Le vicende e l'immagine dell’Africa e le sue relazioni con il mondo occidentale costituiscono il filo conduttore della sezione di mostra allestita allo Spazio Oberdan. Jaar ha infatti dedicato diverse delle sue serie più importanti alla situazione di paesi africani come il Ruanda, l’Angola, la Nigeria. Vero e proprio punto di svolta nel suo percorso è The Ruanda Project: ventuno lavori eseguiti tra il 1994 e il 2000 in cui Jaar dà voce e volto alle vittime e ai testimoni del genocidio di massa avvenuto in Ruanda.
Di questo ciclo saranno presenti allo Spazio Oberdan cinque opere: The eyes of Gutete Emerita (1996), Embrace (1995), Field, Road and Cloud (1997), Epilogue (1998), Untitled (Newsweek) (1994).

The eyes of Gutete Emerita: opera cardine della serie; innumerevoli diapositive accumulate su un tavolo luminoso presentano un’unica immagine, gli occhi di una donna che ha assistito al massacro della propria famiglia. Embrace: video in cui due ragazzini visti di spalle si danno forza stringendosi in un abbraccio mentre assistono ad un episodio precluso alla nostra vista.
Field, Road and Cloud: tre lightbox con fotografie di splendidi paesaggi africani cui sono abbinate piccole mappe disegnate e annotate a mano; la natura lussureggiante stride con gli appunti di Jaar sugli efferati massacri avvenuti nei luoghi medesimi.
Epilogue: la labile immagine proiettata del volto dolente di una anziana donna ruandese si ritrae e riaffiora continuamente evocando i meccanismi della memoria, inalienabile e inafferrabile al contempo.

Segue, sempre allo Spazio Oberdan, una serie di opere dedicate alla retorica dei media, i media works: Untitled (Newsweek) (1994), From Time to Time (2006), Searching for Africa in LIFE (1996), Greed (2007). Sono lavori che testimoniano come i media più importanti decisero di ignorare, per lunghi mesi, la strage di esseri umani che nel frattempo si compiva in Africa.
Untitled (Newsweek): ancora parte di The Rwanda Project, presenta diciassette copertine dell’omonimo settimanale pubblicate dal 6 aprile al 1° agosto: il tempo occorso a Newsweek per decidere di dedicare spazio al massacro del Ruanda, cento giorni circa durante i quali, complice la paralisi delle forze internazionali, morì un milione di Tutsi.
From Time to Time: nove copertine di TIME presentano immagini legate al clichè occidentale che tende a considerare l’Africa solo dal punto di vista paesaggistico, con animali selvaggi e catastrofi naturali; solo l’ultima delle copertine presenta la situazione reale della Somalia.

Searching for Africa in LIFE: copertine di sessanta annate della celebre rivista, nelle quali il soggetto “Africa” viene preso in considerazione raramente, ed è sempre trattato in modo esotico.
Greed: sulla copertina di “Businees Week” l’avidità e lo sfruttamento che riducono la popolazione africana in una situazione drammatica sono rappresentati attraverso l’ìimmagine di una tigre feroce. Titolo emblematico del servizio è Può l’ingordigia salvare l’Africa?

In mostra allo Spazio Oberdan anche Geography=War (1991): sei light box con mappe segnate da traiettorie sul fronte e immagini dell’Italia e della Nigeria nascoste sul retro; una serie di specchi sul muro retrostante riflette le immagini e racconta i drammatici effetti del trasporto illegale di rifiuti tossici dall’Italia ai paesi del Terzo Mondo.
An Atlas of Clouds (2006) è composto da sei fotografie di nuvole che imperturbabili attraversano i cieli di altrettanti paesi africani in cui Jaar ha lavorato.

Nel film Muxima (2005), che chiude la mostra, Jaar raccontata con poetica dolcezza come l’umanità continui sempre, anche nelle più ardue situazioni, a vivere e a sentire. Girato in una Angola che cerca di riprendersi dalla guerra, Muxima - significa cuore - è una sorta di poema visivo e sonoro: la musica, sei versioni di un canto popolare locale, alterna momenti malinconici a ritmi più vivaci, accompagnando immagini che rivelano a un tempo la ricchezza del paese, le tracce della storia passata e il presente di speranza.

All’Hangar Bicocca saranno visibili opere di forte impatto e di grande dimensione. Si comincia con A Logo for America, un progetto del 1987 di parole e immagini sul significato della geografia, realizzato per un edificio di Times Square a New York: Jaar ha prodotto un intervento animato proiettato ogni sei minuti, circondato dalle consuete pubblicità di prodotti, creando una sorta di aritmia nelle insistenti pulsazioni della cultura commerciale. Segue una delle installazioni più importanti di Jaar,The Sound of Silence del 2006: una grande scatola al cui interno c’è uno schermo e all’esterno una parete di neon. Per entrarvi occorre attendere che l’apposito segnale rosso diventi verde. Si assiste quindi a un video di otto minuti dove su schermo nero scorrono delle frasi in bianco con la storia del fotografo sudafricano Kevin Carter, autore di una foto scioccante realizzata in Sudan nel 1993, dove una bambina denutrita e prossima alla morte arranca a quattro zampe, scortata da un avvoltoio che attende la sua fine. Carter ha vinto il Premio Pulitzer per questa immagine che ha fatto il giro del mondo, ma pochi mesi dopo si è tolto la vita, oppresso dalle accuse di aver preferito realizzare la sua foto, piuttosto che aiutare la bambina a sopravvivere. Un momento prima che compaia la foto si viene accecati da due potenti flash. “I media sono diventati un business come un altro” - dice Jaar - facendoci riflettere sulla nostra responsabilità di consumatori.

L’opera seguente Untitled (Water) del 1990 presenta sei light boxes con scorci di mare nella Baia dell’Incontro di Hong Kong, dove, durante gli anni Ottanta, approdavano gli esuli vietnamiti alla ricerca di un’esistenza migliore e che venivano invece arrestati e imprigionati. Di fronte a questi scorci marini, trenta specchi riflettono i volti di questi esuli disperati.
Segue un’altra installazione di grande impatto: Lament of the Images (Version 1), presentata nel 2002 a Documenta 11 (Kassel) che denuncia, con la lettura di tre testi seguiti dall’esperienza di una luce accecante emessa da un grande schermo bianco, una cecità metaforica ovvero “l’impossibilità di vedere la realtà al di fuori dei media”, l’indisponibilità delle immagini, il loro sequestro e la loro completa gestione da parte dei poteri pubblici e privati.

Geography=war è invece una installazione del 1991, che fa anch’essa riferimento alll’episodio dei rifiuti tossici tra Italia e Nigeria, con vari bidoni neri contenenti del liquido scuro su cui si affacciano scatole luminose da cui ci guardano volti di bambini e contadini africani, a testimonianza dell’emergenza umanitaria che l’azione illegale italiana provocò. Introduction to a distant world è un video del 1985 che presenta due tipi di documenti contrastanti: da un lato una alternanza di primi piani sui volti dei minatori, i loro gesti, i loro passi cadenzati e di piani allargati sul lavoro in miniera, dall’altro inserti muti con l’indicazione del prezzo dell’oro nelle diverse sedi delle borse di tutto il mondo. Out of Balance è una installazione del 1989 che riguarda il mondo dei minatori in Brasile: sei cassoni luminosi oblunghi sono appoggiati a diverse altezze sui quattro muri di una sala, su ciascuna di queste “finestre” appare il viso sporco di fango di un minatore. Ogni ritratto è come confinato in un angolo del fondale luminoso bianco che occupa la maggior parte dello spazio: ogni volto emerge dalla luce come segnale e ci allontana dalla abituale visione senza sforzo, aiutandoci invece a cogliere il reale significato di ciò che vediamo.

E infine nel Cubo dell’Hangar Bicocca, uno straordinario spazio quadrato con una cupola circolare da cui passa la luce solare, sarà posata l’installazione Emergencia del 1998, una sorta di piscina nera e liquida, da cui a poco a poco emerge la forma inconfondibile delll’Africa, per tornare a riflettere - e soprattutto ad agire - sull’emergenza sociale e umanitaria del continente nero.

La mostra Alfredo Jaar - It is Difficult sarà affiancata dal progetto pubblico Questions Questions/ Domande Domande ideato per l’occasione, calibrato sulla città di Milano e sull’area circostante, che si avvale della collaborazione di IGP Decaux e di MBA Group.
Tra i maggiori rappresentanti di una pratica dell’arte critica, legata alle possibilità di una trasformazione responsabile della società, Jaar si interroga sull'impegno dell'arte e della cultura, sulla loro prontezza nell'interagire con il contesto sociale e politico più vasto e nel rispondere alle istanze fondamentali della contemporaneità.

Il progetto pubblico prende la forma variegata di uno spazio collettivo di confronto a più voci sul senso del fare cultura sentendosi parte di un’epoca e di una collettività. In particolare si articolerà in un’affissione pubblica che, adottando modalità e supporti della pubblicità, insinuerà invece nella città una serie di domande su “cos’è la cultura”. Domande relative al ruolo della cultura nella società attuale verranno inoltre proposte al pubblico tramite altri mezzi di comunicazione mediatica e saranno alla base di una serie di incontri pubblici nonché di un convegno internazionale (il 21 gennaio 2009 al Teatro Litta) che riunirà figure autorevoli di studiosi e di esperti in campi diversi del sapere. Partendo dal presupposto che l’arte coltivi sensibilità critica e rapporto con la politica, l’artista mira dunque ad attivare un dibattito sul ruolo della cultura sia in quanto espressione del tempo che viviamo in tutta la sua complessità, le sue diversità, e le sue urgenze, sia come vero e proprio agente di trasformazione e motore di sviluppo sociale.

All'indirizzo
http://www.alfredojaar.net/questions.questions
puoi rispondere alle domande di Jaar

La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Edizioni Corraini, con saggi di Gabi Scardi, Bartolomeo Pietromarchi, Paul Gilroy, Paolo Fabbri, schede a cura di Nicole Schweizer.

L’artista terrà una lecture pubblica il 4 ottobre alle ore 11 presso lo Spazio Oberdan, in occasione della Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI.

Informazioni al pubblico:
Spazio Oberdan, tel. 02 77406300/6302;
http://www.provincia.milano.it/cultura

Hangar Bicocca, tel. 02 853531764;
http://www.hangarbicocca.it

Ufficio stampa mostra:
Lucia Crespi, tel. 02 89415532/02 89401645; lucia@luciacrespi.it
Ufficio stampa Provincia di Milano/Cultura: tel. 02 77406358/59/88;
p.merisio@provincia.milano.it; m.piccardi@provincia.milano.it

Inaugurazione giovedi 2 ottobre 2008 dalle 18

Spazio Oberdan
Viale Vittorio Veneto 2, Milano – dal 3 ottobre 2008 al 25 gennaio 2009
orari: tutti i giorni 10-19.30, martedì e giovedì fino alle 22, chiuso il lunedì
Hangar Bicocca
Via Chiese 2, Milano – dal 3 ottobre 2008 all’11 gennaio 2009
tutti i giorni 11-19, giovedì 14.30-22, chiuso il lunedì

Biglietto Spazio Oberdan o Hangar Bicocca: intero 4 euro, ridotto 2,50 euro
Biglietto unico: intero 6 euro, ridotto 3 euro

Sono previste visite guidate: per le scuole e gratuite per il pubblico adulto allo Spazio Oberdan
(info: didattica@provincia.milano.it);
gratuite per le scuole all’Hangar Bicocca (info: lab@hangarbicocca.it).


..................................english

It is Difficult

Curated by Gabi Scardi and Bartolomeo Pietromarchi

The exhibition It is difficult, promoted by Provincia di Milano and Fondazione Hangar Bicocca with the collaboration of Regione Lombardia, is an extensive anthology of great social/political import and intense visual/emotional impact dedicated to Chilean artist Alfredo Jaar.

An architect by training, since become both artist and film maker, Alfredo Jaar was born in Chile in 1956, growing up during the military dictatorship of Pinochet, where he produced numerous works explicitly critical of the regime. In 1982, he moved to New York and for the next two decades participated in major international exhibitions.
Over the course of his career, Alfredo Jaar has tirelessly investigated the ways that art can interact with the broader social and political context, addressing issues of great topical relevance, largely focusing on events of humanitarian urgency, political oppression, social marginalization, and human and civil rights abuse. He concentrates particularly on situations that the public conscience tends to ignore, and on the rhetoric with which the media manipulates and filters information. The artist gets directly involved with those issues, giving voices and faces to the victims and witnesses.

Jaar believes in a correlation between ethics and esthetics. He attributes fundamental importance to the active and socially responsible role of culture and insists on the need to reiterate, through the creative energy of art, ethical positions that are not afraid to be openly critical in addressing such difficult arguments as injustice, genocide and humanitarian emergency. His works, invariably marked by an extreme formal perfection, incorporate different languages and media, from sculpture and installation to video, photography and light boxes.
The exhibition, organized in close collaboration with the artist, revisits his most significant and representative works of the past twenty years.
It is an important exhibition, one that invites visitors to familiarize with the work of a great contemporary master, while inciting us to think, reflect and debate.

The events and imagery of Africa and their relation to the Western world constitute the guiding thread of the section of the show featured at Spazio Oberdan. It is to Africa that Jaar has dedicated several of his most important series, particularly Rwanda, Angola and Nigeria. A major landmark in his artistic career is The Rwanda Project: 21 works created between 1994 and 2000 in which Jaar gives voices and faces to the victims and witnesses of the mass genocide that took place there.
Spazio Oberdan will host five works from this cycle: The Eyes of Gutete Emerita (1996), Embrace (1995), Field, Road and Cloud (1997), Epilogue (1998) and Untitled (Newsweek) (1994).
The Eyes of Gutete Emerita: central work from this series, wherein innumerable slides assembled on a light table compose a single image – the eyes of a woman who witnessed the massacre of her own family.
Embrace: video in which two children seen from behind comfort each other in an embrace while witnessing an episode outside our view.

Field, Road and Cloud: three lightboxes with photographs of magnificent African landscapes paired with handmade, annotated maps; natural beauty clashes with Jaar’s notes on the terrible massacres that took place in those same locations.
Epilogue: a projected image of the pain-stricken face of an elderly Rwandan woman in continuous transformation evokes the mechanisms of memory, at once inalienable and ineffable.
Also at Spazio Oberdan, a series of works dedicated to media rhetoric: Untitled (Newsweek) (1994), From Time to Time (2006), Searching for Africa in LIFE (1996), Greed (2007) investigate how mainstream media chose to ignore, for many long months, the mass murder that was taking place at that time in Africa.
Untitled (Newsweek): part of The Rwanda Project, this piece consists of 17 covers of the weekly news magazine published between April 6 and August 1, the amount of time it took Newsweek to decide to dedicate space to the massacre in Rwanda – 100 days during which one million Tutsis died before the paralyzed gaze of international forces.
From Time to Time: 9 covers of TIME magazine present images perpetuating the Western cliché that tends to only see Africa from an scenic point of view, with wild animals and natural catastrophes; only the last cover presents the real situation in Somalia.
Searching for Africa in LIFE: covers of the famous magazine spanning 60 years, where the subject of Africa is rarely featured, and always treated in the same exotic way.
Greed: a cover of Business Week magazine reveals the greed and exploitation that have reduced the populations of Africa to their present dramatic situation in the form of an image of a ferocious tiger and the emblematic title “Can Greed Save Africa?”
Again at Spazio Oberdan, the piece titled Geography=War (1991): 6 light boxes with maps marked with trajectories on the front and images of Italy and Nigeria hidden on the back; a series of mirrors on the wall behind reflects those hidden images and recounts the dramatic effects of the illegal export of toxic waste from Italy to Third World countries.
An Atlas of Clouds (2006) is composed of 6 photographs of clouds imperturbably traversing the skies of the 6 African countries in which Jaar has worked.
With the film Muxima (2005), which closes the exhibition, Jaar recounts with poetic tenderness how humanity always strives, even in the most extreme circumstances, to live and to feel. Filmed in an Angola struggling to recover from the war, Muxima – which means ‘heart’ – is a sort of visual and aural poem where the music, consisting of 6 variations on a popular local song, alternates moments of melancholy with lively rhythms, accompanying images that reveal the country’s richness, its past dreams and present hopes.

Hangar Bicocca hosts large-scale, high-impact works, beginning with A Logo for America, a project from 1987 using words and images to examine the meaning of geography. Realized for a building in New York’s Times Square, it is an animated projection that runs on a 6-minute cycle, surrounded by the ubiquitous advertising to create a sort of arrhythmia in the steady pulse of commercial culture. This is followed by one of Jaar’s most important installations, The Sound of Silence from 2006: a large box with an exterior wall of neon, inside of which is a screen. To enter, one must wait for the signal to turn from red to green. Once inside, an 8-minute video of white text on a black screen tells the story of South African photographer Kevin Carter, author of a shocking photo taken in Sudan in 1993 depicting a malnourished little girl who crawls, barely alive, on her hands and knees while a vulture stands by waiting for her to die. Carter won the Pulitzer Prize for this now famous image, but took his own life just a few months later, devastated by accusations of having preferred to shoot the photo rather than help the little girl. In the video, just before the photo appears on the screen, the viewer is blinded by two powerful flashes. “The media has become a business like any other”, says Jaar, inviting us to reflect on our responsibility as consumers.
The next work, Untitled (Water) from 1990, consists of 6 light boxes with views of the Hong Kong bay where, during the ‘80s, Vietnamese refugees used to arrive by boat in search of a better life but were instead arrested and imprisoned. Incorporated into these marine views are 30 mirrors that reflect the faces of the desperate refugees. This is followed by another powerful installation, Lament of the Images (Version 1), first presented in 2002 at Documenta 11 in Kassel. It is a condemnation, in the form of three texts interspersed with bursts of blinding light from a large white screen, of the metaphorical blindness that comes from “the impossibility of seeing reality beyond the media”, the intractability of images and their sequestration and total control by the powers-that-be, both public and private.

Geography=war is an installation from 1991 which, like the version at Spazio Oberdan refers to Italy’s dumping of toxic waste in Nigeria, this time using numerous black barrels filled with a dark liquid juxtaposed with light boxes bearing the faces of African farmers and children who appear to look upon the humanitarian emergency caused by Italy’s illegal practices. Introduction to a Distant World is a video from 1985 that presents two contrasting types of documents: on one side, close-ups of miners - their faces, their gestures, their cadenced stride – alternating with wide shots depicting work in the mines; on the other side, mute inserts with indications of the price of gold from the world’s various stock exchanges. Out of Balance is an installation from 1989 that addresses the world of Brazilian miners: 6 oblong light boxes are positioned at different heights on the wall, with each of these “windows” showing the mud-streaked face of a miner. Each portrait is confined to a corner of the luminous white background that occupies the majority of the space, such that the faces emerge from the light like signals, displacing us from our habitually passive gaze, helping us to grasp the real meaning of what we are looking at.
Lastly, in the space of Hangar Bicocca known as the Cube, an extraordinary cubic volume with a circular cupola open to the sunlight, is the installation Emergencia of 1998, a sort of black pool from which the unmistakable form of Africa gradually emerges, the artist’s moving invitation to reflect – and above all to act – on the social and humanitarian emergencies of the Dark Continent.

Alfredo Jaar’s exhibition It is difficult will be accompanied by a public project entitled Questions Questions / Domande Domande, conceived expressly for the occasion and calibrated to the city of Milan and its environs in collaboration with IGP Decaux and MBA Group.
As one of the major practitioners of socially critical art aimed at the responsible transformation of society, Jaar asks penetrating questions about art and culture, about their commitment and readiness to interact with the broader social and political context and their ability to respond to the fundamental issues of contemporary existence.
The public project takes the polyvalent form of a collective space where myriad voices can debate the meaning of “making culture”, feeling themselves part of an epoch and a community. Specifically, it will be a series of public billboards which, by adopting the language and strategies of advertising, will insinuate themselves into the city, asking questions about “what is culture”. Further questions relative to the role of culture in society will be proposed through other media vehicles, and will provide the basis for a series of public meetings as well as an international symposium (January 21st, 2009, Teatro Litta) that will bring together scholars and experts from a variety of fields of knowledge. Parting from the premise that art cultivates critical sensitivity and political awareness, the artist aims to incite a debate on the role of culture as both an expression of our own time in all its complexity, diversity and urgency, and as an authentic agent of transformation, an engine of social development.

The artist will give a public lecture on October 4 at 11 am at Spazio Oberdan, in concomitance with the Giornata del Contemporaneo promoted by AMACI.

The exhibition is accompanied by a catalog published by Edizioni Corraini, with essays by Gabi Scardi, Bartolomeo Pietromarchi, Paul Gilroy and Paolo Fabbri; entries curated by Nicole Schweizer.

Alfredo Jaar’s exhibition It is Difficult is realized with the technical collaboration of Gemmo (for the production of “Sound of Silence” and “Lament of the Images”) and The Family events

Opening 2nd october 2008

Spazio Oberdan
Viale Vittorio Veneto 2, Milano - dal 3 ottobre 2008 al 25 gennaio 2009
Hours: 10 am - 7:30 pm, Tuesday and Thursday until 10 pm, closed on Monday
Hangar Bicocca
Via Chiese 2, Milano - dal 3 ottobre 2008 all'11 gennaio 2009
Hours: 11am-7pm, thursday 14.30-22, closed on mondey
Ticket Spazio Oberdan or Hangar Bicocca: 4 euro (2.50 students and seniors)
Ticket for both venues: 6 euro (3.00 students and seniors)

Guided tours of the show are provided as follows: tours for schools and free tours for adults at Spazio Oberdan (info: didattica@provincia.milano.it); free tours for schools at Hangar Bicocca (info: lab@hangarbicocca.it).

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