Studio Dabbeni
Lugano
corso Pestalozzi 1
+41 091 9232980 FAX +41 091 9231211
WEB
Due Mostre
dal 16/9/2008 al 24/10/2008
mart-ven 9.30-2 / 14.30-18.30, sabato 09.30-12 / 14.30-17; chiuso domenica e lunedi

Segnalato da

Stefano Boccalini



 
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16/9/2008

Due Mostre

Studio Dabbeni, Lugano

In "Economia Politica / Geografie Umane" Stefano Boccalini ha scelto di utilizzare mappe, carte geografiche del mondo, dei singoli continenti, degli stati, e le ha sottoposte a un procedimento per cui la carta appare stropicciata, con i confini tra Paesi non percepibili nitidamente. Gabriele Basilico presenta fotografie dal ciclo "Milano. Ritratti di fabbriche, 1978-1980", che costituiscono il suo esordio come fotografo di architettura.


comunicato stampa

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Stefano Boccalini

A cura di Adelina von Fürstenberg

Stefano Boccalini è nato a Milano nel 1963, dove vive e lavora. Fin dall!inizio, si è distinto per progetti e interventi di “Arte pubblica”: un!arte caratterizzata da un forte e convinto impegno personale nel sociale. A partire dal 2001 si è dedicato ad una serie di progetti basati sul coinvolgimento degli abitanti del quartiere Isola di Milano, un!area interessata da una sensibile trasformazione urbanistica e dove egli stesso vive. Uno di questi lavori è Stone Island: “è uno dei progetti che in questi cinque anni ho attivato all!interno e con l!aiuto del quartiere .... È un lavoro che vuole recuperare la memoria di un territorio attraverso la testimonianza diretta dei suoi abitanti, quelli più anziani, quelli che da più tempo vivono all!Isola e magari ora sono marginalizzati: non per guardare al passato come possibile momento da ricostruire, ma per coinvolgere ognuno di loro attivamente nel processo di cambiamento. La storia collettiva, le storie personali non rivestono l!ultima funzione in un reale progetto di trasformazione”.

Da questa esperienza l!artista ha tratto delle stampe lambda: ritratti intensi di questi anziani, protagonisti almeno per una volta; attualmente queste immagini sono esposte alla XV Quadriennale d!Arte di Roma. Fondamentale, nella costruzione di un lavoro, per Boccalini è la collaborazione tra persone: egli afferma di aver cercato subito un legame con gli abitanti, in ognuno dei posti in cui ha deciso di intraprendere un progetto. Uno di questi luoghi è Serravalle Pistoiese, dove ha creato un archivio pubblico, partendo dai materiali privati delle persone che abitano in paese: foto di matrimoni, comunioni, feste locali, partite di calcio, ecc. che hanno costituito un “Album di famiglia”. La famiglia a cui si riferisce Boccalini è una famiglia allargata costituita da chi appartiene alla comunità dell!antico borgo medievale, che ha concesso le proprie memorie all!archivio.

L!artista ha presentato i suoi lavori in alcune mostre internazionali tra cui: “Donna Donne” a cura di Adelina von Fürstenberg (Palazzo Strozzi, Firenze, 2005; Sesc Paulista, Sao Paulo do brasil, 2007; Musée de Carouge, Genève, 2003), “Fragments d!un discurs italien”, Musée d!art Moderne e Contemporain Mamco, Genève, a cura di Christian Bernard, 2003.

Nei lavori che presenta allo Studio Dabbeni, Stefano Boccalini rinuncia al rapporto diretto con la comunità, ma non smette di condurre la propria riflessione su problematiche di carattere antropologico e sociale che si estendono, in Economia Politica/ Geografie Umane, a una dimensione politica. L!artista ha scelto di utilizzare mappe, carte geografiche del mondo, dei singoli continenti, degli stati. Le ha sottoposte a un procedimento per cui la carta appare stropicciata, con i confini tra Paesi non percepibili nitidamente. Questo a indicare che la sua riflessione è estesa ad una dimensione mondiale, in cui i confini geografici perdono d!importanza. Su queste mappe Boccalini, in relazione, in questo caso, ai singoli stati, riporta i dati drammatici della vendita delle armi da parte dei relativi paesi e il numero dei morti in guerra. In questi lavori non più quindi il rapporto diretto con una comunità ma “problematiche che ci riguardano tutti”: questo il legame con i precedenti lavori, secondo la spiegazione fornita dall!artista.

Egli evidenzia come i dati che ci vengono forniti dai media rimangano il più delle volte astratti, come le stesse notizie, da cui siamo bombardati, vengano difficilmente trattenute e si disperdano. Di questi numeri egli ha quindi voluto offrire una visualizzazione precisa; non sono netti i contorni ma il numero è sempre chiaramente leggibile, tanto che saltano all!occhio alcuni dei contrasti e delle situazioni politiche che connotano la realtà odierna. In contrasto con la vacuità di tante esperienze artistiche che ci attraversano, Stefano Boccalini compie una riflessione profonda sulla drammaticità di un sistema, di cui ci offre una visione personale e inedita.

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Gabriele Basilico

Lo Studio Dabbeni presenta la sua seconda mostra personale del fotografo Gabriele Basilico, in cui viene riproposto il corpus di opere dell!artista intitolato “Milano. Ritratti di fabbriche, 1978-1980”, un documento importante per comprendere pienamente la fotografia di architettura in Italia. Le fotografie presentate costituiscono, infatti, l!esordio di Basilico come fotografo d!architettura, dopo un breve momento iniziale in cui si era dedicato alla fotografia di reportage. In queste immagini l!artista sceglie di sottolineare l!identità industriale di Milano, la sua città. Secondo la definizione del fotografo, si tratta di veri “ritratti”. Infatti l!autore paragona spesso la città a un organismo vivente: “… Ci sono edifici che grazie alla sapienza di chi li ha progettati e alla visione di chi li fotografa, svelano una forma antropomorfa. Nelle architetture sono nascosti occhi, nasi, orecchie, labbra, volti che aspettano la parola …”(1985). Di questo organismo egli si sente parte: “… La città è un organismo che respira e si espande sopra di noi come un mantello protettivo che ci abbraccia e ci confonde allo stesso tempo. Questa città mi appartiene e io appartengo a lei, quasi io fossi un frammento fluttuante dentro il suo immenso corpo…”(1999).

L'artista, nel puntare l!obiettivo verso questi oggetti industriali, ne sottolinea il silenzio: privi della presenza di persone come in una condizione di sospensione del tempo. Il suo vuole essere un ritratto di questo corpus, il paesaggio contemporaneo, che nel pensiero del fotografo è dotato di vita autonoma, ma soprattutto è capace di suscitare in chi guarda un!emozione intensa, degli affetti veri. Basilico percorre questo paesaggio attraverso lo sguardo rigoroso dell!obbiettivo fotografico: in tal modo egli tenta di comprenderlo, e allo stesso tempo di sondarne i limiti. Riprende una Milano in cui l!architettura si presenta, filtrata dalla luce, in modo scenografico e monumentale.

Le immagini nascono attraverso “un!operazione di astrazione, di isolamento, di assenza”(1992). Si potrebbe scorgere un riferimento alle fotografie di Berndt e Hilla Becher, nell!essenzialità, nella descrizione oggettiva, nel recupero dell!architettura industriale, e nell!attribuire dignità estetica al mondo produttivo. Ma Basilico alla fine non si lascia sedurre fino in fondo dalla serialità e catalogazione sistematica presente nell!opera dei grandi maestri tedeschi. Il fotografo afferma che per lui gli accostamenti delle singole immagini avvengono anche e soprattutto per un principio di “familiarità”. Se si deve trovare un riferimento nella purezza di forma e nella luce che sottolinea la plasticità degli edifici, il richiamo ci riporta alla stagione della pittura Metafisica, in particolare all!opera di Mario Sironi. In“Ritratti di fabbriche”, vi è un rapporto affettivo con la cultura dell!industria, che ha dominato tutto il Novecento e che ora volge al termine, e che egli vive con la commozione e la coscienza di una cosa perduta.

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Stefano Boccalini was born in Milan in 1963, where he lives and works. Since the beginning of his career he has distinguished himself for his “Public Art” projects and interventions: art that is characterised by a strong personal commitment towards social issues. Since 2001 he has dedicated himself to a series of projects based on the participation of the inhabitants of Milan!s Isola quarter, an area that has undergone considerable urban transformation and where he currently lives. One of these works is Stone Island: “This is one of the projects that in the last five years I have activated inside and with the help of the neighbourhood… It is a work about recovering the memory of a district through the direct testimony of its inhabitants, the oldest ones, who have lived in the area for the longest time and who, perhaps, are now marginalised: not in order to look towards the past for a possible reconstruction, but to involve everyone actively in the process of change. Certainly, collective history and personal stories do not take on an unimportant function in an effective transformational project”. Out of this experience the artist has made lambda prints: intense portraits of these elderly people, protagonists at last; currently these images are exhibited at the XV Quadriennale d!Arte in Rome.

For Boccalini, collaboration between people is fundamental in the creation of a work: he claims to have tried to create a bond from the start with the inhabitants in all of the places where he has decided to undertake a project. One of these places is Serravalle Pistoiese, where he created a public archive, starting from personal effects of the people living in the town: photographs of marriages, first communions, local celebrations, football games, etc. that constituted a “Family Album”. The family that Boccalini is referring to is the extended family made up of those who belong to the medieval village, who handed over their personal memories to the archive. The artist has presented his work in various international exhibitions, among them are: “Donna Donne” curated by Adelina von Fürstenberg (Palazzo Strozzi, Florence, 2005; Sesc Paulista, Sao Paulo, Brazil, 2007; Musée de Carouge, Geneva, 2003), “Fragments d!un discurs italien”, Musée d!art Moderne e Contemporain Mamco, Geneva, curated by Christian Bernard, 2003.

In the works presented at Studio Dabbeni, Stefano Boccalini renounces the direct relationship with the community, yet continues his reflections about problems of an anthropological nature that extend, in Political Economy/Human Geographies, into a political dimension. The artist has decided to use maps and geographic plans of the world, of single continents, and of nations. He has treated them with a process that leaves the paper creased so that the borders between countries are no longer clearly perceptible. This demonstrates that his reflection can be extended to a worldwide dimension in which geographical confines are no longer important. Onto these maps, Boccalini has transferred, in relation to, in this case, the individual nations, the dramatic figures regarding the sale of arms and the number of war deaths in each country. In these works, then, there is no longer a direct relationship with a community but “problems that concern us all”: this is the link to his previous works, according to the explanation given by the artist.

He points out how, more often than not, the data that is supplied by the media remains abstract, as do the same news accounts, which we are bombarded by, that are rarely retained and become dispersed. Hence, he has chosen to offer these numbers in a visually precise way; the borders are not clear but the numbers are always clearly legible so that your eye is drawn to some of the conflicts and political situations that connote present reality. Contrasting the vacuity of many of the artistic experience that we come across, Stefano Boccalini carries out a deep reflection on the dramatic reality of a system, of which he offers a personal and original vision.

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Studio Dabbeni is presenting a personal exhibition by photographer Gabriele Basilico for the second time. The exhibition re-proposes the artist!s corpus entitled “Milan. Portraits of Factories, 1978-1980”, an important document for fully understanding architectural photography in Italy. In reality, the photographs in the show represent Basilico!s debut as an architectural photographer after a brief initial period in which he dedicated himself to photo reportage. In these images the artist has chosen to emphasise the industrial identity of Milan, his city. According to the photographer!s definition, they are true “portraits”. In fact, the artist often compares the city with a living organism: “…There are buildings that, thanks to the talent of their designers and to the vision of the person photographing them, reveal an anthropomorphic form. Hidden within the architecture, eyes, noses, ears, lips, and entire faces that await the faculty of the word can be found….” (1985).

Moreover, he feels that he is part of this organism: “…The city is an organism that breathes and expands above us like a protective cape that embraces us and confounds us at the same time. This city belongs to me and I belong to it, almost as if I were a fragment of it fluctuating inside its immense body…” (1999). In directing his lens towards these industrial subjects, the artist emphasises their silence: lacking the presence of people, they exist in a state of suspended time. His intention is to create a portrait of this corpus–the contemporary landscape–which in the photographer!s mind has a life of its own, a landscape that is capable above all of provoking in the viewer an intense emotion, real attachment. Basilico travels through this terrain through the rigorous eye of the photographic lens: in so doing he tries to understand it and at the same time to test its limits. He photographs a city in which the architecture presents itself, filtered by the light, in a scenographic and monumental way. The images are created through “an operation of abstraction, of isolation, of absence” (1992).

A connection to Berndt and Hilla Becher is recognisable, in the essential quality, in the objective description, in the reuse of industrial architecture, and in the attribution of aesthetic dignity to the world of production. But, ultimately Basilico is not totally seduced by the seriality and the systematic cataloguing found in the works of the great German masters. The photographer maintains that for him the placement of the single images comes about mostly due to a principle of “familiarity”. Looking a reference with regard to the purity of the form and light that emphasises the plasticity of the buildings, the period of Metaphysical painting, and specifically the work of Mario Sironi are recalled. In “Portraits of Factories” an affectionate relationship with the industrial culture that dominated the Twentieth Century and that is now coming to an end is perceived, which Basilico experiences with the emotions and the consciousness of something now lost.

Inaugurazione: mercoledì 17 settembre 2008 ore 18

Studio Dabbeni
Corso Pestalozzi 1 - Lugano
Da martedì a venerdì ore 09.30-12 / 14.30-18.30, sabato ore 9.30-12 / 14.30-17 domenica e lunedì chiuso
Ingresso libero

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