Galleria d'arte Gradiva
Cosenza
via Minzoni, 29

Alfredo Granata
dal 21/11/2008 al 4/12/2008

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Alfredo Granata



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Alfredo Granata



 
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21/11/2008

Alfredo Granata

Galleria d'arte Gradiva, Cosenza

Obbedire, credere, combattere, comprendere. In questa mostra vi e' un tentativo di riappropriarsi di quel ruolo sociale e politico che apparteneva agli artisti e all'arte tout-court del secolo appena trascorso.


comunicato stampa

Dopo dieci anni dalla sua ultima mostra personale Alfredo Granata torna ad esporre a Cosenza nella galleria "La Gradiva" di Luciana Labrosciano. La mostra si avvale di un catalogo, edito da Pubblisfera, che documenta la genesi dei lavori esposti con contributi di : Claudio Angione (Artista), Simonetta Costanzo (Psicoanalista), Gianfranco Labrosciano (critico e storico dell'arte) ed inoltre dello stesso Alfredo Granata. In questa mostra vi è un tentativo di riappropriarsi di quel ruolo sociale e politico che apparteneva agli artisti e all'arte tout-court del secolo appena trascorso.

Gianfranco Labrosciano così scrive in catalogo: L'urlo terrificante dell'artista gettato,sbaragliato, direi, in questo duro mondo d'inamovibili relitti d'inquietudine, è quello di chi sbava sudore e furore, lo schifo di un dolore grave e troppo a lungo trattenuto nelle viscere, nelle budella e dentro l'anima. E' l'atto, il fatto terminale di un lungo processo di lotta e resistenza di chi sputa, vomita, espelle la fame di vita con la brama di morte, di distruzione e di disperazione. E' il fatto di una creatura celestiale divenuta bestiale, consumata e caduta, che esibisce le sue ferite mostrandosi nella sua intimità violenta, violentata e squarciata. E', in altri termini, la rivolta, una critica radicale che fa emergere un estremismo necessario e che superando la tradizione, l'abbraccio ossessivo e seducente della storia e della memoria s'immerge nel presente con tutta la forza dell'abbandono. I freni inibitori sono crollati, la volontà tende a fare dell'artista un espulso della vita e tutto, in Alfredo Granata, la coscienza di sè, il tempo contingente, la religione e la ragione, persino le abitudini, si macera e si stritola in un istante, un solo istante di pienezza in cui quell'urlo chiede riposo, una tregua, una qualche forma di pacificazione, sebbene rabbiosa, che giustifichi l'eternità .

Ecco, questo penso che sia, tanto per cominciare, quest'urlo presentato con la pratica condotta dell'arte, col suo agire, col suo manifestarsi e col suo comportamento. Si sente, osservando l'opera, una volontà di scatenamento, l'ansia di liberare la stratificazione di una situazione convulsa e lacerata a dispetto di una logica sempre più repressiva e di destabilizzare un ordine, un sistema costituito attraverso la rappresentazione di un malessere tanto trattenuto quanto dichiarato, tanto represso quanto urlato e manifestato fino all'indecenza, tanto lacerante e aggrovigliato quanto espressamente espunto. Per questo più che di politica, allora, parlerei di nausea, di aperta ribellione per sfinimento, di un conato incontenibile e uno scoppio strepitoso, di una brutale rottura e di un principio di suicidio, di sacrificio, penitenza, espiazione e purificazione. E' una sorta di solitudine inalienabile, una specie di condanna definitiva, lo specchio di un mondo senza uscita.

Ma è davvero così? Tutto sembrerebbe confermarlo. La Madonna rovesciata, sinistramente avvolta dal sigillante siliconico sembra resistere, col suo irreversibile invecchiamento, al suo stesso motto di sempre, che induce a credere. Gli aghi acuminati di reperti antropologici palesano l'estrema pietas di chi è da sempre costretto a obbedire senza rimedio. I calchi dei denti sono la sintesi, la smorfia e la resa di chi altro non ha fatto che combattere. Alla fine solo l'urlo rimane contro la grassezza enfatica della vita. Un urlo che nel prosieguo della rappresentazione diventa scopertamente quello dell'artista, di Alfredo intendo, come a specificare che era lui stesso a urlare nelle precedenti immagini, per chi ancora non lo avesse capito. Insomma, la narrazione fortemente personale e autobiografica di una crisi irreversibile e senza rimedio. Senonchè irrompe, nelle quinte di questo teatro inconsolabile, una sorta di devianza, di erranza intenzionale grazie alla quale s'intravvede una via, un sentiero praticabile di riscatto.

E'il verbo comprendere, l'azione possibile suggerita come pratica di reazione a quell'urlare di denti e di budella di chi è dovuto morire come genere per rinascere come Uomo, per ritrovare un moto di sintesi e un'impennata di speranza che gli consenta, alla fine, di continuare a esserci nonostante tutto, a duplicare la coscienza infelice nelle sue contraddizioni e continuare a vivere. Certo, è una lunga riflessione che presenta diverse sfaccettature e angolazioni, a cominciare dalle provocazioni e dalle risposte politiche che è capace di suscitare. Da questo punto di vista, anzi, è chiara la posizione dell' artista impegnato sul versante della coscienza collettiva e della sua azione come prolungata accettazione e comprensione dell'altro, del diverso ideologico, ed è come se nella stessa opera al tempo dell'arte si sostituisse, quasi per germinazione spontanea, un tempo della politica che recupera in vista del futuro le ragioni della storia, della collettività e della memoria.

Ed è sotto questa angolazione, forse, che va trovata la chiave di volta dell'intera opera, poichè Comprendere, allora, diventa una specie di manifesto, una prospettiva e un programma per la lettura della storia passata che ingloba prepotentemente quella presente e degli anni a venire. E' "L'apologia della storia" di Marc Bloch, direi per concludere, che si afferma prepotentemente come corollario dell'opera dell'artista che non si chiude per nulla, ma rifiuta e supera il suo stesso urlo egocentrico nell'azione intellettuale dell'amore o dell'amicizia e trova la strada maestra per immettersi, con tutte le correnti del suo fiume personale, comprese quelle della rivolta, nel grande mare della storia e dell'umanità .

Sul piano formale si tratta di un'opera intrigante che ha radici solide nell'avanguardia storica e nella vasta area della migliore sperimentazione e ricerca del secolo appena trascorso, e i riferimenti possono essere i più svariati. E' un'opera che reca come intrisa la realtà indissolubile del passato anche riguardo alla storia dell'arte. Ci sono i catrami di Burri,l'arroventata materia di un Kounellis e i terrificanti stravolgimenti di un Bacon, per intenderci,su queste raggelate pareti di amarezza che, come una grande e immensa texture, ripetono sine die quell'unico, Munchiano urlo intrattenibile. Ma soprattutto c'è lui, l'artista, che si fa carne e sangue del tempo, dell'attimo bloccato nel lampo di una macchina fotografica che gli consente sia di scendere nei gorghi paludosi e nei meandri melmosi della sua passività , che di emergere in superficie con tutta la forza catartica della sua umana, generosa fertilità .

Catalogo edito da Pubblisfera con testi di Claudio Angione, Simonetta Costanzo, Gianfranco Labrosciano, Alfredo Granata- consulenza e cura mostra: CHROMA artecontemporanea- Cosenza - chroma@tiscali.it

Galleria d'arte Gradiva
via Minzoni, 29 - Cosenza
Ingresso libero

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Alfredo Granata
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