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19/12/2008

Speranze & Dubbi

Dome City Center, Beirut

L'Istituto Italiano di Cultura a Beirut e la Fondazione Merz di Torino presentano il progetto che coinvolge 8 artisti italiani e 8 libanesi in una mostra in due tempi. L'esposizione propone momenti di riflessione sulla condizione di precarieta' nei confronti del futuro, che dalla condizione politica del Libano si estende alla condizione esistenziale di una generazione. La scelta degli artisti e' avvenuta a partire da una consonanza di temi e linguaggi.


comunicato stampa

a cura di Costantino D’Orazio

L’Istituto Italiano di Cultura a Beirut e la Fondazione Merz di Torino sono lieti di presentare la mostra “Speranze & Dubbi”, progetto a cura di Costantino D’Orazio che coinvolge otto italiani e otto artisti libanesi in una mostra che si svolgerà a Beirut e a Torino.

L’esposizione punta alla costruzione di un ponte ideale tra la scena artistica italiane e libanese, attraverso le opere di alcuni artisti contemporanei che propongono visioni del mondo accomunate dal medesimo atteggiamento interrogativo. Malgrado le vicende storiche dei due paesi siano così diverse, tra Italia e Libano esiste un comune sentire in tutti gli ambiti della creatività. Gli artisti libanesi hanno sempre mostrato una naturale proiezione verso i linguaggi del Mediterraneo occidentale e, allo stesso tempo, gli artisti italiani condividono con i colleghi libanesi una simile attitudine nella descrizione della precarietà del mondo attuale.

Il Libano, uno dei paesi più vivaci e interessanti del Mediterraneo, oggi non può permettersi il lusso di fare programmi a lunga scadenza e vive in una costante condizione di incertezza. Questa situazione, in cui il dubbio è lo stato d’animo più frequente, accomuna il Libano ad una intera generazione di artisti, che su scala globale sono animati dallo stesso sguardo interrogativo verso il futuro. La domanda più frequente degli artisti riguarda non tanto la politica, quanto la possibilità di rappresentare il mondo contemporaneo, riassumerlo in una immagine e trovarne le chiavi di lettura. La mostra “Speranze e Dubbi” vuole proporre alcuni momenti di riflessione sulla condizione di precarietà e incertezza nei confronti del futuro, che dalla condizione politica del Libano si estende alla condizione esistenziale di una generazione.

Il progetto nasce da un contesto in evoluzione costante, come il Libano, in cui è impossibile prevedere gli sviluppi e impossibile fermare il movimento di crescita. Beirut rinasce continuamente dalle proprie ceneri, il popolo libanese dopo ogni evento bellico riprende sempre dal punto in cui si è fermato. E’ evidente però che la condizione umana rimanga sempre fluida e incerta, ricca di potenzialità che non riescono a trovare il tempo per esprimersi. Lo stesso vale per i giovani artisti contemporanei, che si muovono in un mondo ricco di sollecitazioni ed urgenze, dove un’opera d’arte deve essere pronta a confrontarsi con il contesto globale. Non esiste più una tendenza dominante, è sempre più difficile riferire il lavoro di un artista ad una tradizione culturale e soprattutto nessuno può prevedere in quale direzione si muoveranno gli artisti nel prossimo futuro, né chi di quelli oggi attivi potrà essere ancora riconosciuto tra molti anni. Beirut come l’Arte Contemporanea è un flusso di energia in costante cerca di futuro.

GLI ARTISTI E LE SEDI
Elisabetta Benassi, Ginou Choueiri, Elisabetta Di Maggio, Michael Fliri, Francesco Gennari Pascal Hachem, Lina Hakim, Joanne Issa, Zena el Khalil, Marzia Migliora, Randa Mirza Giuseppe Pietroniro, Luisa Rabbia, Marwan Rechmaoui, Rima Saab, Andrea Salvino.

Se l’arte libanese negli ultimi trent’anni è stata il riflesso continuo della difficile e incerta condizione politica e sociale del Paese, facendo della guerra l’argomento prediletto dagli artisti, nelle opere delle ultime generazioni è possibile leggere una relazione più matura con questo soggetto, che viene trattato con maggiore distacco, fino a coinvolgere l’ironia. I protagonisti della mostra, che hanno iniziato a lavorare negli anni Novanta e Duemila, hanno vissuto appieno gli anni della pace e della ricostruzione, che ha permesso loro di sviluppare uno sguardo più disincantato e aperto agli stimoli globali. Il loro problema fondamentale oggi rimane la scarsità di occasioni per mostrare il loro lavoro sulla scena internazionale.

Per questo il progetto “Speranze & Dubbi” vuole offrire una reale possibilità di scambio tra gli artisti di due paesi mediterranei, invitando gli Italiani a scoprire uno dei contesti più interessanti del Medioriente, vittima ancora di stereotipi, e permettendo ai Libanesi di godere di uno dei palcoscenici dell’arte contemporanea più attivi d’Europa, la città di Torino. Sia in Italia che in Libano, lo spazio espositivo prescelto è estremamente significativo. A Beirut la mostra si terrà presso il Dome City Center, un ex cinema in rovina occupato dai cecchini durante la guerra civile, mentre a Torino le opere dialogheranno con le installazioni di Mario e Marisa Merz, esposte all’interno di un ex stabilimento della Lancia. In entrambi i casi, le città offriranno una cornice di grande intensità.
La scelta degli artisti è avvenuta a partire da una certa consonanza di temi e linguaggi, che permetterà di accostare, come in ideali duetti, le loro opere.

Andrea Salvino dipinge le contestazioni degli anni Settanta con l’eleganza demodè della pennellata divisionista, mentre Rima Saab ritrae i muri di Beirut, sui quali si leggono i segni della guerra civile, come paesaggi impressionisti. Elisabetta Benassi ha registrato con sottile ironia il verso spiazzante di un corvo che ha imparato ad imitare i rumori di una officina meccanica, mentre Pascal Hachem ha costruito un meccanismo di martelli che colpiscono senza sosta i muri dello spazio espositivo, mettendo in scena l’azione di distruzione/ricostruzione che ha caratterizzato Beirut negli ultimi anni. Se Marwan Rechmaoui presenta una pianta di Beirut intarsiata in un tappeto di gomma nera, che permetterà al pubblico di riconoscere i quartieri e le strade della capitale riprodotti grazie ad approfondita ricerca storica, Giuseppe Pietroniro raccoglie la suggestione della mappa urbanistica per trasformarla in un lavoro interattivo, dove i visitatori potranno indicare il luogo nel quale abitano. Sia Zena el Khalil che Elisabetta Di Maggio invaderanno lo spazio con le loro installazioni, che sfrutteranno l’intera altezza del Dome City Center. Khalil collocherà centinaia di soldati giocattolo, resi innocui e allegri attraverso il colore rosa shocking, mentre per contrasto Di Maggio sospenderà le sue carte bianche, delicatamente intarsiate in forme astratte, vagamente ispirate all’arte orientale. Francesco Gennari e Ginou Choueiri giocano in modo sottile con la vita e la morte, in opere che raccontano il destino dell’uomo come parte di un ciclo naturale. L’albero stabilizzato di Gennari è un cipresso al quale è stata tolta la linfa, che rimane per sempre verde e “vivo” grazie ad un liquido artificiale, eppure però deve stare steso come un cadavere perché privo di radici.
L’assenza di terra e di nutrimento farà “morire” anche i ritratti di persone che Choueiri stampa sul centinaia di patate, costruendo un ricco catalogo di espressioni ed emozioni. Una certa attenzione al mondo femminile contraddistingue il lavoro di Marzia Migliora e Joanne Issa, La Migliora presenta una serie di 33 disegni in cui costruisce situazioni di gioco e precarietà, mentre di Issa sono in mostra tre ritratti di giovani ragazze che appaiono dal folto di una selva come inquiete ninfe moderne.

Il lavoro sulla materia accomuna le ricerche di Lina Hakim e Luisa Rabbia. Della giovane libanese sarà esposta una scultura costituita da cassetti della memoria, nei quali ritrovare i segni di un destino che lega le persone alle vicende storiche del Libano, la Rabbia invece presenta una scultura a parete in ceramica dipinta, in cui la forma di un albero diventa lo spunto per riflettere sul passaggio del tempo e della memoria.

Infine l’assurdo è il contesto nel quale si muovono Michael Fliri e Randa Mirza. Mirza apre una finestra sul paesaggio in trasformazione di Beirut, divisa le rovine e i novi grattacieli che sorgono sul lungomare. Fliri invece parte dal proprio autoritratto per riflettere in modo ironico sulle numerose maschere che la vita ci impone, con le quali non sempre riusciamo a convivere.

La mostra si avvale del contributo di alcune aziende libanesi: la Banque Libano-Francaise, Magrabi Optical e la collaborazione tecnica dell’Hotel Monroe e di Solidere.

Info: 5 Sensi tel. +39.0697616618 - email: info@5sensi.net
Fondazione Merz tel +39. 011 19719437 - email: info@fondazionemerz.org
Istituto Italiano di Cultura Tel. +961 1 749801 - email: iicbeirut@esteri.it

dal 20 al 23 Dicembre 2008
Dome City Center Martyr's Square Beirut
dal 22 gennaio al 1 marzo 2009
Fondazione Merz via Limone, 24 Torino

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