La Nave - Parco Culturale Le Serre
Grugliasco (TO)
via Tiziano Lanza, 31
011 785573 FAX 011 4085679
WEB
Tre personali e una collettiva
dal 19/2/2009 al 14/3/2009
ven 15-19, sab e dom 10-13 e 15-19
336 355263

Segnalato da

Vittorio Amedeo Sacco




 
calendario eventi  :: 




19/2/2009

Tre personali e una collettiva

La Nave - Parco Culturale Le Serre, Grugliasco (TO)

In mostra le opere scultoree di Daniele Aletti, Daniela M. Guggisberg, Nino Ventura e una collettiva dal titolo 'Sguadi sulla materia' con lavori di Sandra Baruzzi, Maurizio Bellan, Massimo Berruti, Elisa Bona, Pino Coppola, Gio Curti, Dino Damiani, Roberto De Siena, Franca Del Col, e molti altri. A cura di Raquel Barriuso Diez e Vittorio Amedeo Sacco.


comunicato stampa

a cura di Raquel Barriuso Diez e Vittorio Amedeo Sacco

Arte/Arte Applicata/Artigianato artistico, giocano, ormai da tempo, la stessa partita che li vede profondamente coinvolti e collaboranti al fine di mostrare che esistono abiti differenti della medesima, ricca e sfaccettata cultura contemporanea. Le regole del gioco in ciascuno di questi settori cambiano, ma sono a volte comuni le “mosse", simili l’innovazione, la forza e l’incisivita' nel tessuto sociale. Nel punto di contatto, in cui si sfiorano questi saperi, sta il senso della cultura attuale; dal dialogo, dalla contaminazione nascono le ricerche piu' inusuali. Vetro, marmo, ferro e ceramica, sono le diverse facce della creativita'.

Dalle più sofisticate ricerche artistiche del nostro secolo, gli artisti presentati in questa mostra, hanno saputo elaborare una veloce dinamica dei linguaggi di rappresentazione, di cui le mutazioni di scala, le ironiche o ingannevoli presentazioni di funzioni sono espressione costante, dentro un gusto della “materia” che si rivela gioco creativo e ancora utile processo di identificazione. Le loro opere sviluppano, dentro un’immediatezza coinvolgente, una serie di spiazzamenti, di evidenza e di senso che si rivelano produttivi in quanto ci obbligano a un rapido gioco di distanziamenti e di confortanti riconoscimenti.

Con questa mostra, l'Amministrazione Comunale, vuole ancora una volta confermare il proprio impegno nella documentazione e proposizione di figure artistiche di riferimento nel panorama internazionale. L’oggetto artistico, l’oggetto di arte applicata e di design domestico assai spesso coincidono e questa mostra ne vuole mostrare le trasformazioni odierne.

Ciò che distingue il lavoro nel campo dell'arte e dell'arte applicata è l’attiva coniugazione tra la raffinata progettualità di artisti, rispettosa non solo delle tecniche e dei materiali ma della specificità di contesti e generi di produzione e un’invenzione creativa insieme liberata e ironicamente riflessiva. Sono gli sviluppi lineari di un inconfondibile disegno di per sé artisticamente concluso, ma anche parametro puntuale di riferimento di ogni successiva concreta materializzazione.

Nell’accostarsi alla cultura decorativa e tecnica delle comunità artigiane, gli artisti hanno compiuto, prima di tutto, una identificazione di materiali specifici e di altrettanto specifici linguaggi ornamentali e una messa in circuito di precise competenze. Artisti e artigiani hanno reso concreta l’utopia di una produzione artistica in grado di proiettarsi senza impaccio e titubanze in un secolo nuovo che non pare certo inclinare a nostalgiche compiacenze.

Mostra Collettiva: Uno sguardo sulla materia
Dorina Alexandrescu, Ionel Alexandrescu, Anna Banfi, Franca Baralis, Sandra Baruzzi, Maurizio Bellan , Massimo Berruti, Elisa Bona, Pino Coppola, Gio Curti, Dino Damiani, Roberto De Siena, Franca Del Col, Piero Della Betta, Roberto Di Giorgio, Soheila Dilfanian, Andrea Gambacorta, Michele Golia, Italo Gilardi, Riccardo Giraudo, Giuseppe Grosso, Manuela Incorvaia, Silvana Maltese, Riccardo Monachesi, Marina Monzeglio, Marina Paparà, Gianna Picca Garino, Vera Quaranta, Franco Roggero , Gabriella Rosso, Daniela Savio, Renza Laura Sciutto, Michelangelo Tallone, Mara Tonso, Silvio Vigliaturo, Carlo Zoli.

..........................

Daniele Aletti - Cielo aperto

"Calma e sangue freddo" sono le virtù di Daniele Aletti, l'eclettico artista scultore. Il temperamento delle sue opere è senz'altro forte, dinamico, basato su un desiderio di comunicazione, di contatto con il fruitore, con lo spettatore delle sue opere. Da perfetto astrattista, Aletti, trasferitosi da una decina d'anni nel cuneese dalla Svizzera, crede che il significato, per la vita stessa di un'opera sia una connessione che crea con chi la guarda e la interpreta secondo la sua sensibilità. Le opere di Aletti chiedono con forza un contatto: i marmi non devono essere fruiti con la sola vista, ma chiedono al braccio di allungarsi per consentire alla mano di tastarne l'incredibile morbidezza, l'accogliente calore, la sinuosità delle forme.

Aletti è in costante sperimentazione ed evoluzione, ama provare sempre nuove qualità di materia, scovando diversi marmi tentando filoni pittorici nuovi, libero da qualsiasi cliché, corrente o formalismo, convinto che la vera arte sia quella del vivere da cui l'espressività figurativa trae ispirazione. "Tutti abbiamo una creatività da esprimere", dichiara convinto Aletti: creatività da sperimentare nell'approccio con le opere dell'artista. L'artista ha davvero nelle mani la sapienza antica dello scultore che lavora "per via di levare" e che ha eletto la pietra a simbolo primigenio del legame stabile e duraturo tra l'uomo e la terra, oggi trasformatosi profondamente, se non addirittura scioltosi del tutto. Aletti opera su frammenti organici del mondo minerale, ne conserva i "segni" specifici della loro individualità materiale e vi intravede la possibilità di un'altra esistenza, quella speciale di "segni" comunicanti, con cui l'osservatore può entrare in rapporto sia visivo che tattile, esprimendone così compiutamente la bellezza delle superfici ora fluide e lustre, ora scabre e solcate da textures misteriose. Per Aletti l'oggetto non genera senso ma emozioni... l'oggetto non è simbolico ma affettuoso.

Si deve toccare, occorre entrare in relazione. Aletti dice: "mi piace l'idea di un contatto ravvicinato con la materia, per poi arrivare ad un'esperienza diversa che per appunto va oltre la forma (...) Essenziale credo sia il vuoto senza il quale la materia non è definibile. Il vuoto senza il quale la materia non è definibile. Il vuoto è anche l'unica cosa assoluta nella vita, tutto il resto credo sia relativo. Il vuoto non è niente di mostruoso, ma l'origine di tutto. Svuotare la propria mente porta a non mettere continuamente i propri pensieri al centro dell'attenzione". La stessa tecnica scultorea di Daniele è "a togliere" e quindi genera vuoto. E' dall'assenza di materia che si ottiene forma.

......................

Dniela M. Guggisberg

La vita di Daniela è trascorsa prima in Svizzera e più recentemente nelle terre di Langa che le permettono di meglio cogliere la vastità della percezione. Nella Langa c’è una creatività diversa, più libera, più ampia, meno razionale, più istintiva. E’ come se i due aspetti di questi luoghi si scontrassero e si armonizzassero nelle sue sculture. Da un lato la luce più severa e i profili maestosi delle montagne, che inducono a forme più dure e angolose, dall'altro lato i contorni ondulati delle colline, la luce dorata e pacifica delle vigne che suggeriscono forme più piene e plastiche, maggiore morbidezza. Da un lato la sua scultura comunica al tempo stesso una sensazione di forza, di solidità, dall’altra una infinita leggerezza. Il tutto in un perfetto dinamico equilibrio. Le due tesi si fronteggiano con espressioni differenti eppure complementari tra loro.

Le modalità vivono in una situazione compenetrante per cui nessuna delle due preesiste all’altra. Le connessioni, le relazioni sono molteplici e immediate, tuttavia la presentazione non propone la comparazione tra diversi punti di vista, ne, tanto meno, la loro differenziazione, ma si propone di trasmettere la sensazione, la coscienza della complessità, non la sua conoscenza. Tra questi opposti l’opera di Daniela appare in un concretarsi plastico, immersa in una atmosfera magica, misteriosa, avvolta dal silenzio. Da una parte le opere che affrontano per intero la tradizione della scultura, all’interno della cultura di forme e materiali, dall’altra opere che si misurano con l’esterno attraverso una relazione di forma e di volumi che scandiscono lo spazio. In entrambi la scultura si muove con sottili oscillazioni, con una costante capacità di compenetrarsi con l’esterno senza falsi mimetismi.

Prevale in assoluto l’idea della costruzione e del sistema di relazioni tra gli elementi, nel tentativo di superare lo stallo di un’opera retoricamente frammentaria. Sfumando le forme, Daniela non ottiene, come ci si potrebbe attendere, di accentuare il carattere di blocco pesante del materiale, ma una generale alleggerimento della pesante fisicità della scultura. Il lento materializzarsi della forma nello spazio, tipica della scultura in marmo, scandisce il senso della ricerca di Daniela Madeleine Guggisberg. Daniela opera all’insegna di una continua, inesausta, coerente pulizia dei volumi in una sorta di indagine intorno alla qualità e all’interiore energia della materia. La sua abilità le consente di scolpire il pensiero nella pietra, di trasformare la materia in linguaggio, di tradurre il sentimento in messaggio tridimensionale. Nella superficie levigata, nella purezza delle forme, nell’irreale tenerezza del materiale, la sua è scultura di idee e meditazione.

Nelle sue sculture si ravvisa un clima di sottile spiritualità, un andamento di serena pacatezza. Si può dunque affermare che le opere di Daniela sono figlie della sua anima, sono intimo affresco che esprime sentimento e sensazioni. Certe forme rimangono lì come puri elementi segnaletici del procedere, o come intense autocitazioni e come tali tessono una rete stimolante di rapporti. In altre forme il suo stile realistico è solo apparenza o gesto. La natura non è riprodotta, ma evocata. Sono grandi razze che odorano di mare, sono grandi ali di guizzi trattenuti. Sono grandi rocce che odorano di salmastro, sono grandi steli che profumano di fiori. Sono steli opachi di fiori inaccessibili. In queste forme, l’atto scultoreo, gestuale, spesso allentato o ampliato per scolpire lo spazio, si concentra di nuovo, si precisa. Quasi minuziosamente. Daniela usa la materia come memoria e come racconto: le razze, le rocce, i fiori diventano carattere di impronta e di traccia fossile, a metà strada tra le tradizione figurale e l’arte astratta, anche per l’asciuttezza della materia.

.......................

Nino Ventura

A quale tempo appartengono le opere di Nino Ventura? La domanda potrà sembrare ovvia, ma certamente non altrettanto scontate possono essere le considerazioni che dovrebbero indirizzarci ad un tentativo di risposta. La nostra modernità ci ha abituato, ai limiti dell’afasia indotta, al brutto ed alla celebrazione delle immondizie del mondo ed appare assai raro, ancorché in linea con i valori della nostra secolare tradizione, che possano esistere artisti (pittori e scultori) con un’espressività così fortemente indirizzata all’evocazione, sognata e sognante, della Bellezza e dell’”altrove”. Ventura sogna. E realizza compiutamente i suoi sogni in sculture dal forte potere evocativo, figlie di un’espressività che poco o nulla si cura degli pseudovalori imposti da un sistema (estetico, filosofico e qualt’altro) che ha elevato la cosiddetta creatività a dogma imprescindibile, a scapito della creazione artistica vera e propria.

Cosa pensare davanti alla primitiva bellezza delle sue sculture, a quelle fusioni “a cera persa” che già nella nobiltà dell’antica tecnica, di un “fare” desueto e apparentemente anacronistico nell’epoca del “ready made” e della virtualità, ci appaiono (e sottolineo appaiono) quanto di più concettualmente lontano dalla facilità immediata cui siamo tristemente indotti? Opere, che in parallelo, risultano piene di contaminazioni culturali, fino al limite dell’istallazione, con quel bisogno rituale che le ravviva e dà loro senso oltre la forma, anche solo nel “semplice” gesto di riempirne le membra con elementi naturali (fuoco, terra, aria, acqua). Non è forse di Beuys, quindi della nostra modernità più concettosa, l’elevamento del gesto ad opera d’arte? Tutto questo in Ventura avviene in maniera naturale, poetica, mai meramente concettuale o concettosa, appunto, ma anzi asservita ad un’evocazione poetica che non necessita di alessandrinismi critici per rivelarsi all’occhio (e al cuore) dell’osservatore.

Anche nella citazione, nel continuo riferirsi a materiali e immagini della sua (e nostra) tradizione, il compiacimento, o la sudditanza formale che dir si voglia, appare lontana da qualunque sterile manierismo o tentazione semplicistica. Il viaggio nel tempo avviene in maniera vivacemente espressiva, al punto da poter accostare solidità ed ordine classico alla studiata casualità dei graffiti, alla severa ma leggera ieraticità di forme e figure che in quel modo escono dal tempo, dal nostro tempo, per riportarci emotivamente nell’altrove più impossibile. La contraddizione evidente è anche significata dalla complessa simbologia, che solo ad uno sguardo più attento si rivela come foriera di una creatività tutt’altro che semplice da decifrare. Opere, dunque, che parlano. Tanto al semplice osservatore quanto allo sguardo più raffinato.

E che comunque, nel loro affascinante mistero, scatenano un’irrefrenabile potere seduttivo. L’arte è anche questo: saper “raccontare” l’invisibile anche solo ad un semplice sguardo, evocando immagini ed emozioni che in nulla hanno a che fare con la realtà più immediata. La Bellezza non è lo sterile ospizio di decoratori sbagliati di tempo, ma lo strumento primiero per schiuderci le porte di altri mondi ed altre realtà. Invisibili nell’odierno quotidiano, ma altrettanto presenti a tutti coloro che sanno osservare e lasciarsi trasportare oltre i confini del visibile. La domanda iniziale rimane così finalmente senza risposta. Il tempo di Ventura è il non tempo del sogno e della Bellezza. Sfuggente, seduttivo, evocativo e mai definitivo. E’ un tempo-senza- tempo, nel quale gli opposti coincidono e l’impossibile si realizza, conciliando opposti altrimenti impossibili da far coincidere.

Info:
e-mail: arte.contemporanea@fastwebnet.it tel. 336 355263 – 348 5821603

Inaugurazione venerdì 20 febbraio 2009 ore 19

Galleria La Nave
Parco Culturale Le Serre, Grugliasco TO
Orari:
Venerdì dalle 15 alle 19
Sabato e Domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19

IN ARCHIVIO [8]
Panoramas and People
dal 26/10/2012 al 23/11/2012

Attiva la tua LINEA DIRETTA con questa sede