L'esposizione si compone di una serie di opere su tela. La pittura di Montesano sembra capitare da lontano, ed e' scandita da una considerazione meravigliosa dell'umanita', in una visuale incantata del mondo. La personale e' a cura di Fabio Migliorati.
a cura di Fabio Migliorati
L’arte contemporanea "da Biennale di Venezia" sarà alla Next Art Gallery, dal 28
marzo. L’artista si chiama Gian Marco Montesano, e la Galleria
dei fratelli Macrì presenta un esempio della sua quarantennale opera pittorica,
nella propria sede aretina – fino al 10 maggio.
Il dipingere di Montesano sembra capitare da lontano, guidato da un cosciente
giudizio d’irrilevanza rivolto all’arte: luogo proprio del nonsenso,
ambito interessato, di leggerezza; che non può ambire alla serietà della soluzione
politica (pensata e praticata). Montesano usa l’arte come
applicazione di un’«estetica del tempo», per rivelare, quasi confessare una
condizione socioculturale ferita, senza tuttavia la pretesa di
soccorrerla e curarla: a celarne, anzi, le cicatrici, dietro le bende convenzionali
di sogni imperfetti, abortiti o decaduti, ormai sfumati, ancorché
belli di plastico indugio. La sua intenzione ricalca i passi di un apporto
descrittivo sobrio, denso, per poi staccarsene, abbandonandolo con
indifferenza, fino a diventare qualcos’altro. Percepire e far percepire l’esistenza,
sicché, come figlia e madre della storia, come possibilità,
è lo scopo che egli insegue: una vita possibile, appunto, perché unica, e unica
perché vissuta. Montesano sfrutta, quindi, l’arte, per rendere
manifeste le reazioni al suo passaggio; la sua è una pittura che si confronta
inutilmente con la fotografia: una pittura che ha commesso l’errore
di accettare, con quella, una sfida già vinta in partenza – duello inopportuno,
inutile, perché la compiutezza del vero non collimerà mai con la
profondità del reale.
Un autore, Montesano, sempre sui passi delle cose, dietro le mosse di eventi
consueti o straordinari, preso a celebrare (con flessibile freddezza)
l’ambiguità di una tragedia o l’intensità di un dramma: recitando scene dalla durata
indefinita, ricostruite con fissità coraggiosa. Tutto è
reso, infatti, per via di una voce che sussurri presenza, purché da lontano.
La pittura di Montesano è scandita dalla considerazione meravigliosa dell’umanità,
in una visuale incantata del mondo: all’orizzonte di una
bellezza sana che deve non di meno fare i conti con la propria identità. Il tempo si
sporge in un silenzio distante, chiuso, perfino finto; e
l’indole di certi riferimenti è senz’altro romantica, pur adulando i dettami
postmoderni di un capire «per immagini»: simulacro di sequenze
disinvolte, al tacco di una vita consunta, tatuata di umanità. Il linguaggio non
potrebbe essere arduo, ermetico, senza andare contro i principi
dell’artista; non è causa di spessore ma sintomo: evocato da una tecnica imperfetta,
mai troppo raffinata né zelante, eppure sempre sufficiente
per informare (con fatti, oggetti, personaggi, natura). La premura dell’attualità,
secondo lui, è quella del diritto-dovere di conoscenza, nella
storia, per crescere sul rischio del nonsenso esistenziale.
L’opera d’arte diventa, infondo, l’evidenza di scelte mai incompiute, restituendo la
realtà del mondo mediante un’immagine delle sue
immagini...
Arte come pittorico film: prima e dopo la storia!
Sabato 28 marzo alle ore 18:00 cocktail d'inaugurazione
Next Art Gallery
via della Bicchieraia 20 - Arezzo
Ingresso libero