Galleria Zamenhof
Milano
via Zamenhof, 11
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WEB
Quattro mostre
dal 9/6/2009 al 20/6/2009
merc-dom 15-19

Segnalato da

Davide Corsetti




 
calendario eventi  :: 




9/6/2009

Quattro mostre

Galleria Zamenhof, Milano

Virgilio Patarini e' il curatore di 4 mostre contemporanee. In programma la personale di Bruno De Santi "Geometrie visibili", due diverse collettive (''La stanza di Ofelia'' e ''Post-dripping'') e una mostra sulla produzione del gruppo artistico Polo Positivo.


comunicato stampa

Polo Positivo ''Exibition''

Mercoledì 10 giugno 2009 alle ore 18:30 presso la galleria Zamenhof, in via Zamenhof 11, a Milano, nella “Sala Fontana” inaugura la mostra tematica “Exibition” con opere a sei mani del gruppo Polo Positivo, formato dagli artisti: Simona Corbetta, Paolo Negretti, Elena Redaelli;

Il gruppo Polo Positivo formato dai giovani artisti d’area comasca Simona Corbetta, Paolo Negretti ed Elena Redaelli presenta per la prima volta le sue eleganti e suggestive opere polimateriche a sei mani in una sorta di manifesto del lavoro di ricerca e della direzione di questa neonata e riuscita partnership. Ispirate a generi o a brani musicali le opere del polo positivo si pongono di fronte all’espressione artistica con una decisa volontà di esprimere una sorta di inno all’emozione ed alla “positività” nei confronti dell’atto artistico e creativo.

La tematica ispiratrice e lo spunto di queste opere possono in qualche modo richiamare l’idea Kandinskijana di elaborazione dell’opera su di uno spunto musicale benché si distacchino decisamente dall’aspetto espressivo e dal percorso intellettuale del maestro russo, in favore di una ricerca autonoma orientata verso la poetica della materia.

Se infatti il tema può avere reminiscenze Kandinskijane, la resa formale e l’aspetto morfologico dei lavori tendono invece ad esprimersi attraverso il linguaggio dell’Informale (con chiari riferimenti a Burri in particolare), componendosi di materie extrapittoriche che a loro volta, con il loro stesso ingombro, determinano la superficie e la struttura delle opere. Sotto questi rispetti, è interessante osservare il processo di elaborazione e di composizione di questi lavori da parte di ognuno dei tre protagonisti della loro creazione, un processo che viene messo in opera in modo simile a quello botteghe degli artisti medioevali, e cioè con un apporto di competenze ed elementi diversi che si stratificano l’uno sull’altro completandosi a vicenda. In questo senso ogni lavoro si compone di un supporto in plexiglas modellato tramite combustione ed elaborato con elementi metallici, sabbie o elementi minerali da Corbetta; sul quale in un secondo momento, Negretti interviene applicando i numerosi strati dei suoi veli di pellicola plastificata, aggiungendo all’opera la profondità e le suggestive variazioni della sua tavolozza cromatica; per giungere infine all’espressiva forma tridimensionale e spesso aggettante degl’intrecci e dei fili di Redaelli che completano la composizione facendo scaturire dai delicati suggerimenti delle materie dei primi due un segno deciso e delineato che, dando corpo a guizzanti assoli, aumenta l’intensità di queste emozionanti sinfonie di viva materia.
Davide Corsetti

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Valentina Carrera, Emilio Gualandris, Virgilio Patarini - “La stanza di Ofelia”

a cura di Virgilio Patarini

Mercoledì 10 giugno 2009 alle ore 18:30 presso la galleria Zamenhof, in via Zamenhof 11, a Milano, nella “Sala Rothko” inaugura la mostra tematica “La stanza di Ofelia” con opere degli artisti: Valentina Carrera, Emilio Gualandris, Virgilio Patarini; a cura di Virgilio Patarini.

La mostra presenta un omaggio alla figura della dolce Ofelia, personaggio shakespeariano di incomparabile bellezza tragica, attraverso le opere di tre artisti che, pure nelle loro differenze stilistiche, tematiche ed espressive, riscoprono, attraverso il simbolo del fiore, frammenti poetici della nostra umanità celati dietro questa straordinaria figura. Sì perché non è da sottovalutare il sottile rapporto tra realtà e rappresentazione ben visibile nella storia magistralmente scritta da Shakespeare, nella quale Ofelia di fronte ad un Amleto che dipinge su di sé l’immagine del pazzo, non essendo più in grado di distinguerne la realtà dalla rappresentazione, disegna a sua volta la pazzia su di sé. E se è vero che il teatro e le arti sono specchi della realtà, in questo gioco a rincorrersi tra normalità e pazzia, tra libertà e vincolo, tra essere e non essere, l’arte e la pittura possono talvolta aprirci una più ampia prospettiva della natura delle cose, suggerendoci quanto la rappresentazione della realtà possa intuire il vero senso che vi è al di là della realtà stessa.

In questo senso, l’esposizione ci accompagna attraverso un’estetica ed una tematica basata sul simbolo del fiore, appoggiandosi a quanto descritto nella scena tragica d’Ofelia nell’Amleto: “…il capo adorno di strane ghirlande 
di ranuncoli, ortiche, margherite
 e di quei lunghi fiori color porpora 
che i licenziosi poeti bucolici
 designano con più corrivo nome…”

poiché d’un fiore tra i fiori si parla, quando si parla d’Ofelia e del suo delicato cuore. E così dunque si parla d’Ofelia in questa “stanza” a lei dedicata, in cui le composizioni fotografiche di Valentina Carrera ritraendo un’Ofelia immersa nell’acqua del ruscello che ne rubò il respiro, ne rimandano l’immagine di una bellezza congelata in un attimo d’estasi e liberazione, di un unico ed infinito momento di pace assoluta; seguendo poi nella pittura di Emilio Gualandris, nella quale immagini di fiori dal taglio decisamente realistico vengono affiancate e contaminate da oggetti e scritte in una soluzione compositiva e formale che sembra voler riportare quell’attimo di passione ed amore ai giorni nostri gettando un ponte tra immagini e sensazioni antiche e l’estetica della grafica di composizioni decisamente attuali; arrivando poi alle opere di Virgilio Patarini, che contaminando matericità alla fautrier a combine-paintings di reminiscenza rauschenberghiana danno forma all’intima traccia dell’uomo simbolicamente rappresentata da un giardino di muti fiori, la cui essenza viva e pulsante, rinchiusa in un’epidermide di cemento urla il proprio silenzioso eppur assordante anelito di vita e di speranza.
Davide Corsetti

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Bruno De Santi “Geometrie variabili”

a cura di Virgilio Patarini

Mercoledì 10 giugno 2009 alle ore 18:30 presso la galleria Zamenhof, in via Zamenhof 11, a Milano, nella “Sala Vedova” inaugura la mostra personale di Bruno De Santi “Geometrie variabili” a cura di Virgilio Patarini.

Con questa serie di opere recenti, Bruno De Santi si riallaccia ad una fase antica e primigenia della sua pluriennale ricerca pittorica, riprendendo con sfacciata nonchalance un discorso lasciato in sospeso trent’anni orsono. Come se Ulisse di ritorno ad Itaca dicesse a Penelope: “passata bene la giornata?” Segno che per un artista il trascorrere del tempo è un fatto del tutto opinabile, soggettivo, effimero.

Così, Bruno De Santi ha ripreso a costruire i suoi reticoli di linee, le sue campiture di colore à plat, tutte giocate su scarti e intervalli tonali: i dedali di stanze triangolari in cui scompone la superficie rettangolare o quadrata della tela esaltandone la bidimensionalità ed attribuendo all’azione pittorica compiti di spiccata, controllatissima razionalità. La stesura del colore è compatta, meticolosa, misurata, senza nulla concedere alla gestualità: simula la perfezione della macchina. Pur mediando da Mondrian l’approccio di assoluta astrazione, De Santi evita sistematicamente di allineare le sue composizioni sugli assi cartesiani, per privilegiare il gioco dinamico di diagonali, usando il triangolo (anziché il quadrato) come modulo compositivo, come unità di misura. Talvolta l’articolazione dei triangoli dà vita a strutture spiraliformi che ricordano labirinti, oppure rose, reticolati, piramidi sezionate, tagli di luce prodotti da un gioco incrociato di fari… ma non credo che ci sia mai nessuna vera intenzione di rappresentazione neppur vagamente icastica, realistica. Ciò che conta è l’equilibrio (o il disequilibrio) che deriva dal gioco sapiente di giustapposizioni o contrapposizioni di triangoli colorati, spesso dipinti tono su tono: il modo in cui tale gioco cattura l’attenzione, intrappola lo sguardo del fruitore. Poco importa se si tratta di un gioco apparentemente semplice, elementare, fatto di poco o di niente, solo linee e colore piatto… (Ma davvero è così semplice? O si tratta piuttosto di quella “difficilissima facilità” di cui parlava l’Ariosto, così ardua da conquistare?). Quello che conta è che il meccanismo scatti, affinché una parte dell’anima del fruitore possa rimanere impigliata in queste trappole di colore, in questi labirinti astratti, mentali, come sospesa fuori dal tempo, partecipe di una dimensione astrale, ideale, eterna, che sarebbe piaciuta a Platone. Amen.
Virgilio Patarini

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Fiammetta Pancera, Giuseppe De Michele, Italo Mazzei, Roberto Lorenzini - “Post-dripping”

a cura di Virgilio Patarini

Mercoledì 10 giugno 2009 alle ore 18:30 presso la galleria Zamenhof, in via Zamenhof 11, a Milano, nella “Spazio Burri” inaugura la mostra tematica “Post-dripping” con opere degli artisti: Fiammetta Pancera, Giuseppe De Michele, Italo Mazzei, Roberto Lorenzini.

Cercando oltre ciò che il dripping ha lasciato come eredità, i quattro artisti presenti in questa mostra presentano la loro personale poetica e sensibilità nei confronti dello stile scoperto da Pollock negli anni ’50, rileggendolo e cercando di approfondirne l’aspetto formale e le possibilità compositive. Attraverso la peculiare ricerca di ognuno di loro infatti, il dripping cambia aspetto, si contamina con la matericità di diversi elementi compositivi o conquista le dimensioni spaziali proliferando su diverse superfici fino a conquistare una sorta tridimensionalità. Decisivo quindi diventa il rapporto con la calligrafia del segno e del gesto pittorico che a seconda dei casi troviamo più o meno rarefatto, così come la sua disposizione e la sua struttura compositiva sulla superficie dell’oggetto su cui si sviluppa l’azione pittorica, poiché conquistando le dimensioni tridimensionali di spazi ed oggetti, alcune delle opere in questione possono considerarsi bassorilievi, combine-paintings, o vere e proprie sculture.

E di sculture o quadri tridimensionali si può parlare riguardo le opere di Lorenzini e De Michele, il cui reticolo pittorico, articolando a sua volta una sorta di bassorilievo, ricopre superfici di oggetti inseriti in oggetti-supporti tridimensionali osservabili su più i lati ed angolazioni in una sorta di combine-paintings che strizza l’occhio a Duhamp, Rauschenberg ed in alcuni casi ad Isgrò; più simili a bassorilievi invece sono le opere di Pancera che costruendo spazi geometrici e monocromi di campiture di colore à plat, a loro volta compartimentati e costruiti quasi sempre con l’applicazione di una tela aggettante sulla superficie della tela di fondo, li invade con un dripping controllato, spesso monoscromo composto da pochi ma decisi elementi, tesi a sottolineare più le eleganti sinuosità delle linee e delle forme del gesto, che non alla violenza istintiva e rapida che solitamente caratterizza il dripping più classico; un’istintività ed una rapidità che si ritrovano invece in Mazzei, che orienta la sua indagine verso la contaminazione e la dialettica della pittura eseguita sia in dripping, che formando colature che generando macchie multicromatiche con le asperità, le rugosità, le geometriche strutture di materie extrapittoriche come reti metalliche, gesso, sabbie, che modificano forma, percorso, direzione e deposito del pigmento e della pittura sulla superficie dell’opera. Sono quindi composizioni queste che non si fermano a replicare un dripping di sessant’anni fa, ma si sforzano di indagarlo, di reinterpretarlo, di rileggerlo e di esprimerlo sotto una forma che possa ridisegnarsi nel contesto attuale ed evolversi in chiave contemporanea.
Davide Corsetti

Inaugurazione di tutte le mostre 10 giugno ore 18.30

Galleria Zamenhof
via Zamenhof, 11 - Milano
Orario: dal mer. alla dom. dalle ore 15 alle 19
Ingresso libero

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