Galleria Continua
San Gimignano (SI)
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Mona Hatoum - Jorge Macchi - Margherita Morgantin
dal 12/9/2009 al 6/11/2009
mart-sab 14-19

Segnalato da

Galleria Continua




 
calendario eventi  :: 




12/9/2009

Mona Hatoum - Jorge Macchi - Margherita Morgantin

Galleria Continua, San Gimignano (SI)

In Undercurrent (red) Mona Hatoum rivisita alcuni temi diventati emblematici nella sua pratica artistica dell'ultimo decennio e presenta una serie di opere che, partendo da oggetti di uso quotidiano, si trasformano in sculture inconsuete e inquietanti. La mostra di Jorge Macchi si articola intorno ad un gruppo di opere inedite -sculture, video, fotografie, disegni- appositamente realizzate per questa occasione. Il suo lavoro resiste a ogni tipo di esegesi. Piu' che seguire una progressione lineare, le sue opere si presentano come delle reti semantiche dense e intricate. La ricerca di Margherita Morgantin parte, invece, dall'osservazione e dalla descrizione delle cose o situazioni concrete, per aprirle ad una condizione interiore. La sua poetica si esprime attraverso fotografie, disegni e opere video spesso realizzate attraverso il susseguirsi di sequenze fotografiche, dissolvenze e sovrapposizioni.


comunicato stampa

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MONA HATOUM - Undercurrent (red)

Dopo la personale realizzata nel 2006 Galleria Continua ha l’onore di presentare Undercurrent (red), una nuova mostra di Mona Hatoum.
Con una carriera che abbraccia quasi un trentennio Mona Hatoum è un’artista di primo piano nel panorama artistico contemporaneo. L’identità culturale, il nomadismo geografico, la minaccia della guerra, il senso di precarietà esistenziale e di spaesamento, sono alla base dei lavori dell’artista anglo-palestinese.

In questa mostra Mona Hatoum rivisita alcuni temi diventati emblematici nella sua pratica artistica dell’ultimo decennio e presenta una serie di opere che, partendo da oggetti di uso quotidiano, si trasformano in sculture inconsuete e inquietanti.
Paravent (2008) una grattugia ingrandita fino a dimensioni surreali e architettoniche tanto da diventare un paravento e Dormiente (2008), una grattugia questa volta portata alle dimensioni di un letto che promette disagio e sofferenza, sono collocate sul palcoscenico della galleria. “Mona Hatoum prende di mira il luogo della domesticità e il concetto di casa, all’interno del quale fa entrare qualcosa di estraneo. Sono note le sue singolari sculture in cui ingigantisce innocui utensili da cucina – grattugie, scolapasta, tagliauova, tritaverdure… –, trasformandoli in mostri minacciosi se non addirittura in macchine da tortura. La maggior parte dei critici vi hanno visto la crudeltà celata nella routine o l’imposizione di una vita domestica; preferisco, invece, allinearmi a coloro che hanno imboccato la via ‘surreale’ che dal ready-made di Duchamp immette perturbazioni nel campo della fenomenalità”.
(Chiara Bertola, Interior Landscape, ed. Charta, 2009).

Le opere di Mona Hatoum non si mostrano mai rigide o cristallizzate, piuttosto aperte alla trasformazione come ad esempio Bukhara (maroon), un tradizionale tappeto orientale apparentemente in stato di disgregazione. Ampie parti di superficie sembrano logore o mangiate dai tarli, a uno sguardo più attento, si scopre però che le chiazze mancanti si congiungono a formare la mappa di un mondo nascosto. Ed ancora Undercurrent (red), un’opera del 2008, che l’artista pone al centro della platea e con la quale titola questa personale. Da un quadrato centrale, tessuto di cavi elettrici anziché di fili, un’ampia frangia serpeggia e si allunga sul pavimento ad invadere lo spazio. Ogni filo termina con una lampadina da 15 watt che silenziosamente si illumina e cambia di intensità, come un lento respiro che lascia preludere una malevola presenza sotto i nostri piedi.

All’idea di paura e pericolo si riferisce anche Nature morte aux grenades (2006-2007): una collezione di colorati cristalli soffiati, plasmati come bombe a mano ed esposti su un carrello di gomma e ferro che evidenziano la contraddizione tra la natura seducente del materiale utilizzato e il pericolo sotteso.

Mona Hatoum nasce a Beirut da una famiglia palestinese nel 1952. Durante una breve visita a Londra nel 1975, lo scoppio della guerra civile in Libano le impedsce di tornare a casa e da quel momento vive a Londra. Oggi divide il suo tempo tra Londra e Berlino.

Già dalla metà degli anni Ottanta l’artista si afferma nel panorama artistico con performance e opere video che fanno del corpo l’espressione di una realtà divisa, in bilico tra tensioni e sopravvivenza, tra oppressione e controllo culturale e sociale. Dai primi anni Novanta il lavoro della Hatoum si concentra su installazioni di grandi dimensioni e sculture.

Le opere di Mona Hatoum sono state presentate nei più prestigiosi spazi espositivi di Europa, Stati Uniti, Canada e Australia. Con la mostra “The Entire World as a Foreign Land” Mona Hatoum inaugura nel 2000 la Tate Britain di Londra. Nel 2004 la più ampia e completa antologica mai realizzata sull’artista, viene presentata alla Hamburger Kunsthalle, la mostra viene successivamente ospitata al Kunstmuseum Bonn, al Magasin 3 Stockholm Konsthall e al Sydney Museum of Contemporary Art (2005). L’artista ha inoltre partecipato ad importanti mostre internazionali: nel 1995 alla 46ma Biennale di Venezia e alla 4ª Biennale Istanbul, nel 2002 a Documenta XI, nel 2005 è nuovamente presente alla Biennale di Venezia, nel 2006 prende parte alla 15ª Biennale di Sydney, nel 2007 alla 3ª Triennale di Auckland e all’8ª Biennale di Sharja. Tra le mostre personali più recenti ricordiamo Undercurrent per la XIII Biennale Donna a Palazzo Massari PAC di Ferrara (2008); Measures of Entanglement, UCCA, Pechino (2009) e Interior Landscape, presso la Fondazione Querini Stampalia di Venezia (2009), in corso fino al 20 settembre 2009.

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Following her solo exhibition in 2006, Galleria Continua is pleased to present Undercurrent (red), a show of new and recent works by Mona Hatoum.

Over the course of a career spanning over twenty five years, Hatoum has become a prominent artist in the contemporary art world. Cultural and geographic displacement, the threat of war and the sense of existential precariousness and disorientation are central topics in her work.

In this exhibition Hatoum revisits some of the themes that have become emblematic of her practice in the last decade, namely work that often draws on the everyday using recognizable objects that have been transformed into unfamiliar and disquieting sculptures. Paravent (2008) is based on a fold-out cheese grater scaled up to the size of a room divider, giving it surreal and architectural dimensions. Similarly, Dormiente (2008) is based on a grater with curved ends enlarged to the size of a bed that promises discomfort and pain.

“Hatoum tackles the domestic setting and the concept of home, bringing something foreign into it. She is perhaps most well known for her striking sculptures which reproduce innocuous kitchen utensils – graters, colanders, egg-slicers and vegetable choppers, for example – on a gigantic scale, turning them into threatening and monstrous objects if not instruments of torture. Most critics seem to interpret them as objects which point to the inherent cruelty in daily routine or in the imposition of domestic life. I, however, prefer to see them as belonging to a ‘surreal’ journey that begins with Duchamp’s ready mades and which brings perturbation into the field of phenomenality.”
(Chiara Bertola, Interior Landscape, Charta, 2009).

Hatoum’s works are never rigid or crystallized. They seem to be open to transformation as, for example, in Bukhara (maroon), a traditional oriental carpet that looks as if it is in a state of disintegration as large patches of the weave appear to have been moth-eaten or somehow worn-out. On second glance one can see that the apparently random patches come together to form a recessed world map. The same potential for change can be seen in Undercurrent (red) 2008, the largest piece in the exhibition. It occupies the entire stalls area of the gallery and lends its title to this show. Out of the central square of loosely woven red, cloth-covered electric cable, a long fringe snakes across the floor, each strand ending in a 15-watt light bulb that quietly brightens and dims at a slow ‘breathing’ pace, hinting at a malevolent presence underfoot.

Notions of threat are similarly referred to in a recent sculpture entitled Nature morte aux grenades, 2006-2007. A collection of colourful crystal blown into the shape of hand grenades are displayed on a steel and rubber trolley, setting up a contradiction between the seductiveness of the material and a subtext of danger.

Mona Hatoum was born into a Palestinian family in Beirut in 1952. While on a short visit to London in 1975, the outbreak of the civil war in Lebanon prevented her returning so she remained in London ever since. She now divides her time between London and Berlin.

By the mid-80s Hatoum had already established herself on the art scene with performances and video works in which the body was the expression of a divided reality, oppression and cultural and social control. By the early 90s Hatoum’s work became more focused on large-scale installations and sculptures.

The artist has held solo exhibitions in numerous museums in Europe, the United States, Canada and Australia. Her exhibition The Entire World as a Foreign Land was the inaugural show for the launch of Tate Britain in 2000. In 2004, the most extensive survey of her work was organised by Hamburger Kunsthalle, and travelled to the Kunstmuseum Bonn, Magasin 3 Stockholm Konsthall and the Sydney Museum of Contemporary Art (2005). She has also participated in several important international exhibitions, namely the 46th Venice Biennale and the 4th Istanbul Biennial in 1995; Documenta XI in 2002; the 51st Venice Biennale in 2005, the 15th Biennale of Sydney in 2006; the 3rd Auckland Triennial and the 8th Sharjah Biennale in 2007 and in 2008, the XIII Biennale Donna at Palazzo Massari PAC in Ferrara was devoted to a solo exhibition by the artist. Recent exhibitions include Measures of Entanglement, UCCA, Beijing (2009) and Interior Landscape, which is currently showing at the Fondazione Querini Stampalia in Venice and runs till the 20th of September 2009.
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JORGE MACCHI - Rendez vous

Galleria Continua è lieta di ospitare nei suoi spazi espositivi Rendez vous, la nuova personale di uno degli artisti di maggior rilievo del panorama artistico latino americano, Jorge Macchi. La mostra si articola intorno ad un gruppo di opere inedite -sculture, video, fotografie, disegni -appositamente realizzate per questa occasione espositiva.

Il lavoro di Jorge Macchi resiste a ogni tipo di esegesi. Più che seguire una progressione lineare, le sue opere si presentano come delle reti semantiche dense e intricate. L’informazione è una conoscenza che viene da ogni luogo e non finisce in nessun posto. L’artista utilizza spesso i giornali, paradigmi degli archivi informativi basati su dei fatti. Al di là della semplice informazione, gli scritti e la poesia svolgono un ruolo importante all’interno del suo lavoro così come la musica che, anche in questa mostra, si palesa come linguaggio formale completo nell’opera video 12 short songs.

Le opere di Jorge Macchi nascono anche dall’aneddoto, dal caso, dalla vita di tutti i giorni. I segni sono silenziosamente scomposti e poi ricomposti secondo un processo di “s-familiarità”. Per l’artista, più l’oggetto è semplice e pulito, più potrà contenere dei riferimenti e più la sua relazione con noi sarà personale e sentimentale. Questa “strategia dell’obliquo” e un acuto senso dell’umorismo nero sono dei tratti tipici del suo lavoro.

Jorge Macchi ama suggerire nelle sue opere l’esistenza di un mondo parallelo al nostro, nascosto sotto il velo della banalità: la realtà è elusiva. L’artista è interessato dalla ricreazione di una realtà parallela e il suo lavoro è un’elegia in onore dell’assenza di un’unica visione del mondo. L’incontro tra oggetti e materiali produce nell’opera di Macchi nuove letture della vita quotidiana. Emblematica, in questo senso, Rendez vous, l’opera che dà anche il titolo a questa mostra: un vecchio armadio di legno è precariamente collocato sullo specchio al termine della prima rampa di scale della galleria. I due specchi si incontrano attivando inaspettate riflessioni.

Jorge Macchi mostra un chiaro interesse per i margini, i confini, i cocci, tutto quanto è caduto dietro di noi. Nel suo universo tutto è in transito, tutto è precario. Niente è mai permanente. Le sue opere fanno eco alle assenze, vere padrone delle scene, forti come delle presenze. È un artista della perdita e della nostalgia. I segni di una memoria collettiva, assortiti di connotazioni, sono utilizzati da Jorge Macchi per sviluppare la sua “Caverna”, la sua visione personale del mondo contemporaneo. I ricordi sono frammentati, proprio come le realtà o le immagini. Con lui, l’atmosfera acquisisce un non so che di metafisico, una misteriosa tranquillità, serietà o calma. La verità emozionale vi sembra solida come una verità scientifica e le sue immagini sono tutte delle storie che lo ossessionano. Senza alcun dubbio, la sua opera è una finzione che medita sulla comunicazione e sull’aldilà del linguaggio, patria dell’indicibile.

Jorge Macchi nasce a Buenos Aires nel 1963, città dove vive e lavora.
Macchi è uno degli artisti argentini più in vista tra quelli venuti alla ribalta nel corso degli anni ’90. Nel 1993, trasloca a Parigi, dando inizio a un periodo di cinque anni durante il quale viaggia in tutta Europa, partecipando a numerose residenze artistiche, tra queste Rotterdam, Amsterdam e Londra. Nel 1998, Jorge Macchi ritorna a Buenos Aires. Nel 2005, le sue opere sono esposte alla Biennale di Venezia, dopo essere stato scelto come rappresentante dell’Argentina. Le sue opere sono state inoltre esposte in occasione delle Biennali de La Avana, di San Paolo e di Istanbul, nonché presso il Credac di Ivry-sur-Seine, il 10Neuf, Centro Regionale d'Arte Contemporanea di Montbéliard, il MUHKA di Anversa, il Walker Art Center di Minneapolis, lo Sculpture Center di New York, il MUCA di Roma, ecc.

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Galleria Continua is pleased to present Rendez vous, the latest solo show by Jorge Macchi, one of the leading artists on the Latin American art scene. The exhibition is organized around a previously unshown group of works – sculptures, videos, photographs and drawings, produced specifically for this exhibition.

Macchi’s work resists any form of exegesis. Rather than following a linear progression, his works appear as dense and intricate semantic networks. Information is knowledge that comes from everywhere and ends nowhere. The artist often draws on newspapers, paradigms of information archives based on facts. Over and above the simple information content, the writings and poetry play an important role in his work, as does music, which in this exhibition once again appears, in the video piece 12 short songs, to be a complete formal language.

Macchi’s works are also conceived from anecdote, chance and everyday life. Signs are silently broken down and then pieced together again according to a process of ‘de-familiarization’. In the artist’s view, the simpler and cleaner the object, the more it is capable of containing references and the more its relationship with us will be personal and sentimental. This ‘oblique strategy’ and a sharp sense of black humour are characteristic of his work.

In his works Macchi likes to suggest the existence of a world parallel to our own, hidden beneath a surface of banality – reality is elusive. The artist is interested in recreating a parallel reality, and his work is an elegy to the absence of a single vision of the world. The encounter between objects and materials in his work stimulates new readings of everyday life. Rendez vous, which is also the title of the show, is emblematic in this sense: an old wooden wardrobe is positioned precariously on a mirror at the end of the first flight of steps in the gallery. The wardrobe mirror and the gallery mirror meet, producing unexpected reflections.

Macchi clearly shows an interest for margins, endings and fragments, what has fallen behind us. In his universe, everything is in transit, precarious. Nothing is ever permanent. His pieces reflect absences which order the scenes as strongly as each presence. He is an artist of loss and nostalgia. Signs of a collective memory increased by connotations were used by the artist to develop Cavern, his personal vision of the contemporary world. The souvenirs are fragmented, on the same level as reality and images. For him, the atmosphere acquires something metaphysical, a mysterious tranquillity, seriousness or calmness. The emotional truth seems as solid as a scientific truth, and his images are many stories which haunt him. Without a doubt, his work is fiction that ponders over communication and the hereafter of language, the inexpressible proportion.

Jorge Macchi was born in 1963 in Buenos Aires, where he lives and works. He is one of the most prominent members of the generation of Argentine artists that emerged in the 90s. In 1993 he moved to Paris, the start of a five-year period during which he travelled all over Europe, participating in residencies, amongst other places, in Rotterdam, Amsterdam and London. In 1998, Macchi returned to Buenos Aires. In 2005 he represented Argentina at the Venice Biennale. His work has also been shown at the biennials of Havana, Sao Paolo and Istanbul, at Le Creac in Ivry-sur-Seine, at 10Neuf, the Regional Contemporary Art Centre in Montbéliard, at the MUHKA in Antwerp, the Walker Art Center in Minneapolis, the New York Sculpture Center and the MUCA in Rome.

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MARGHERITA MORGANTIN

Galleria Continua è lieta di presentare una nuova mostra personale di Margherita Morgantin, una delle più interessanti rappresentanti del panorama artistico italiano degli ultimi anni.

La ricerca dell’artista veneziana parte dall’osservazione e dalla descrizione delle cose o situazioni concrete, per aprirle ad una condizione interiore. La sua poetica si esprime attraverso fotografie, disegni e opere video anche queste spesso realizzate attraverso il susseguirsi di sequenze fotografiche, dissolvenze e sovrapposizioni. Pause e silenzi attraversano le sue opere mettendo così lo spettatore in condizione di ricostruire le parti mancati attivando, inoltre, quella capacità immaginativa che offre nuove possibilità e nuove visioni.

Untitled (2009), la grande installazione che Margherita Morgantin presenta all’interno di questa personale, sembra far riferimento alla condizione del naufragio e alla possibilità, sempre e comunque, di poter riemerge. “Rifletto ancora sulla sicurezza, il controllo, l’autocontrollo, il colore, la geometria e dio, e la parte dei miei pensieri che non conosco razionalmente è sempre la maggiore, la tensione che si crea per questo è uno dei materiali fondamentali della mia ricerca” dichiara Margherita Morgantin e prosegue “Poi ci sono i salvagenti arancioni, che con la propria forma specifica, che rimanda alla forma di un corpo e insieme alla sua assenza, smentiscono la geometria pura del cubo”.

In un testo di recente pubblicazione la critica d’arte Emanuela De Cecco commenta così l’opera: “Questo lavoro è la risultante di un incontro/scontro che parte dall’assunzione di un modello forte attraverso l’impiego di un segno appartenente ad un altro universo ma altrettanto fortemente connotato. Ancora, si intravede lo spazio per tornare a pensare ad una possibile ulteriore articolazione del rapporto tra assoggettamento e venire al mondo del soggetto, passaggio, sempre in relazione al pensiero della Butler, necessario per continuare a dire. I salvagenti, tanti, rimandano alla sopravvivenza, ad una salvezza terrena non intesa come fatto individuale ma riferita ad una collettività. Potrebbe essere metafora di una condizione esistenziale che potenzialmente ci riguarda tutti ma, tenendo conto degli effettivi indizi messi in campo, un riferimento direttamente politico, sarebbe riduttivo: Margherita Morgantin, come detto in apertura, non orienta l’interpretazione chiudendo su una lettura univoca. Piuttosto ci sono elementi per pensare che questo lavoro partecipi di una eredità riconosciuta per reinventarla dall’interno. E’ qui che la scelta è politica, in questo senso una lettura politica concentrata sull’oggetto salvagente sarebbe riduttiva”.

La natura e gli elementi atmosferici sono spesso luogo di indagine e soggetti della ricerca di Margherita Morgantin. I paesaggi raccontati dall’artista non sono solo registrazioni dello sguardo, esprimono piuttosto un rapporto sincronico tra esperienze personali e funzioni tecniche, come nel video Air Drawing (2009) che compone questo percorso espositivo. Il montaggio è costituito da una serie di sequenze ricavate dai rilevamenti termografici che rendono visibili gli effetti del vento sul terreno. Gli spostamenti del vento producono disegni sul paesaggio: bianche le correnti calde, nere le correnti fredde; turbolenze e vortici si prestano ad essere letti come rilevazioni di carattere emotivo evidenziando la capacità dell’artista di unire mente e cuore, visione artistica e influenza scientifica.
Il vento torna ad essere protagonista nell’inedita installazione che Margherita Morgantin colloca nel giardino della galleria.

Margherita Morgantin è nata a Venezia nel 1971, si è laureata in Architettura, dipartimento di Fisica Tecnica, all’istituto Universitario di Architettura di Venezia, vive e lavora a Milano, Venezia, Palermo. Tra le principali mostre personali ricordiamo: Palermo_zen (white rainbow), a cura di H.Marsala, quartiere ZEN 2, Palermo (2009); Download-now #4, Fondazione Olivetti, Roma, a cura di F.Comisso (2005); Codice Sorgente, Galleria Continua, San Gimignano (2004); Baggage identification tag, a cura di D.Bigi, Casa Musumeci Greco, Roma (2004); Spazio Aperto, Galleria d’Arte Moderna, Bologna, con Davide Tranciana, a cura di C.Bertola (2003); Arte all'Arte 7, progetto del Teatro dei Leggieri di S.Gimignano, Palazzo delle Papesse, Siena (2002). Molte le mostre collettive realizzate in Italia e all’estero, tra queste segnaliamo: Piove dentro a l’alta fantasia, Museo Marino Marini, Firenze (2007); D’ombra, a cura di L.Vergine, Compton Verney Art Museum, Warwickshire e MAN, Nuoro (2007); Videoreport Italia 2004-05, Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Monfalcone (2006); Biennale Donna, a cura di E.De Cecco, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, Ferrara (2006); Il potere delle donne/The Power of Women, Galleria Civica di arte contemporanea, Trento (2006); Con altri occhi, a cura di K.Anguelova, R.Pinto, Palazzo della Ragione, Milano (2005); Aperto per lavori in corso, a cura di di F.Pasini, PAC, Milano (2005); Alineamenti, a cura di L.Aiello, S.Risaliti, Trinitateskirche, Köln (2005); Sweet taboo, a cura di R.Pinto, Kompleksi-Goldi, Tirana, Albania Tirana Biennale 3 episode II (2005); Empowerment, a cura di M.Scotini, Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce, Villa Mombrini, Genova (2004).

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Galleria Continua is pleased to present a new solo show by Margherita Morgantin, one of the most interesting representatives of the Italian art scene in recent years.

The Venetian’s artist practice starts with the observation and description of concrete things or situations, before moving on to explore an interior condition. Her poetics is expressed through photographs, drawings and video works, which are also often realized by means of a succession of photographic sequences, fade outs and superimpositions. Her works are punctuated by pauses and silences, placing the viewer in a position to piece together the missing pieces and also to activate an imaginative capacity that offers new possibilities and perspectives.

Untitled (2009), the large-scale installation shown by Morgantin in this solo exhibition, seems to refer to a state of shipwreck and failure but also, invariably, to the possibility of re-emerging again. “Once again I dwell on security, control, self-control, colour, geometry and god, and the thoughts that I cannot rationally grasp are still the majority. The tension created by this is one of the fundamental materials of my practice,” comments Morgantin. And she continues: “Then there are the orange lifejackets, which, with their specific shape, simultaneously reference the form of a body and its absence. They deny the pure geometry of the cube.”

In a recently published essay, art critic Emanuela De Cecco affirms: “This work is the result of an encounter/clash which starts from the assumption of a strong model through the use of a sign pertaining to another, equally strongly connotated universe. Moreover, one can glimpse the space for thinking once again in terms of a possible further articulation of the relation between subjection and the coming into being of the subject, a step, also in relation to the thinking of Butler, necessary for being able to carry on expressing oneself. The lifejackets, lots of them, refer to survival, to an earthly salvation understood not as an individual fact but as something regarding a collectivity. It might be the metaphor of an existential condition that potentially concerns us all, but, bearing in mind the clues that are actually presented, a directly political reference would be reductive. Margherita Morgantin, as I said at the beginning, does not orient interpretation, closing down on a single reading. Rather, there are reasons for thinking that this work participates in an acknowledged legacy so as to reinvent it from within. This is where the choice is political, and it is in this sense that a political reading focusing on the lifejacket as object would be reductive.”

Nature and meteorological phenomena are often dwelt upon by Morgantin in her work. The landscapes evoked by the artist are not just recordings of what the eye sees. Instead, they express a synchronic relationship between personal experiences and technical functions, as in the video Air Drawing (2009) featured in this exhibition. It comprises a series of sequences taken from thermographic surveys which make the effects of wind on land visible. Wind movements produce drawings on the landscape: hot currents are white, cold currents are black. Turbulence and vortexes lend themselves to being read as emotional traces, evidencing the artist’s ability to bring together mind and heart, artistic vision and scientific influence. Wind is also the protagonist of the previously unshown installation set up by Morgantin in the garden of the gallery.

Margherita Morgantin was born in Venice in 1971. She graduated in Architecture from the Department of Technical Physics at the University Institute of Architecture in Venice. She lives and works in Milan, Venice and Palermo. Major solo shows include: Palermo_zen (white rainbow), curated by H. Marsala, ZEN 2 neighbourhood, Palermo (2009); Download-now #4, Fondazione Olivetti, Rome, curated by F. Comisso (2005); Codice Sorgente, Galleria Continua, San Gimignano (2004); Baggage identification tag, curated by D. Bigi, Casa Musumeci Greco, Rome (2004); Spazio Aperto, Galleria d’Arte Moderna, Bologna, with Davide Tranciana, curated by C. Bertola (2003); Arte all'Arte 7, project for the Teatro dei Leggieri of San Gimignano, Palazzo delle Papesse, Siena (2002). She has also contributed to many group shows in Italy and abroad, including Piove dentro a l’alta fantasia, Museo Marino Marini, Florence (2007); D’ombra, curated by L. Vergine, Compton Verney Art Museum, Warwickshire (UK) and MAN, Nuoro (2007); Videoreport Italia 2004-05, Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Monfalcone (2006); Biennale Donna, curated by E. De Cecco, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, Ferrara (2006); Il potere delle donne/The Power of Women, Galleria Civica di arte contemporanea, Trento (2006); Con altri occhi, curated by K. Anguelova and R. Pinto, Palazzo della Ragione, Milan (2005); Aperto per lavori in corso, curated by F. Pasini, PAC, Milan (2005); Alineamenti, curated by L. Aiello, S. Risaliti, Trinitateskirche, Köln (2005); Sweet taboo, curated by R. Pinto, Kompleksi-Goldi, Tirana, Albania Tirana Biennale 3 episode II (2005); Empowerment, curated by M. Scotini, Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce, Villa Mombrini, Genoa (2004).

For further information about the exhibition and for photographic material:
Press office – Silvia Pichini, tel. 347 4536136, e-mail press@galleriacontinua.com

Immagine: Mona Hatoum

Inaugurazione domenica 13 settembre 2009 dalle 11 alle 19

Galleria Continua
via Arco dei Becci 1, San Gimignano (SI)
orari: da martedì a sabato, 14-19
ingresso libero

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Marcelo Cidade
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