Gio' Marconi (vecchia sede)
Milano
via Tadino, 15
02 29404373 FAX 02 29405573
WEB
Dahlem, Skreber e Schifano
dal 3/6/2002 al 30/7/2002
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Segnalato da

Gio' Marconi




 
calendario eventi  :: 




3/6/2002

Dahlem, Skreber e Schifano

Gio' Marconi (vecchia sede), Milano

La galleria Gio' Marconi e' lieta di presentare al pubblico la mostra collettiva dei due artisti tedeschi Bjorn Dahlem e Dirk Skreber. Allo Studio Marconi, per Studio Marconi 1965/1991: 1969/70 Mario Schifano 'Paesaggi TV' e 1968/69 Mario Schifano 'Umano non umano'.


comunicato stampa

Björn Dahlem e Dirk Skreber
5 giugno - luglio 2002

Martedì 4 giugno la galleria Giò Marconi è lieta di presentare al pubblico la mostra collettiva dei due artisti tedeschi Björn Dahlem e Dirk Skreber.

Björn Dahlem, nato a Monaco nel 1974, attualmente vive e lavora a Berlino, fa molto spesso riferimento nei suoi lavori a fenomeni e teorie scientifiche, alla filosofia e alla psicologia.

Il titolo della sua nuova installazione, con tre televisori, tre videoregistratori e luci al neon, è "Orgasmodrom" il cui concetto si basa sulla conosciuta "teoria dell'energia orgonica" di Wilhelm Reich, uno psicanalista austriaco studente di Sigmund Freud. Già negli anni '20, Reich aveva formulato le prime ipotesi sull'esistenza di rilevanti interconnessioni tra psiche e corpo, e sulla necessità di un approccio psicoterapeutico che prendesse in considerazione anche i fattori somatici. In altre parole, questa identità funzionale tra psiche e soma poneva le premesse alla più articolata teoria dell' "energia orgonica" di Reich: la "repressione sessuale", provocando la nevrosi, sarebbe la causa dei maggiori disturbi fisici e mentali. L'energia orgonica avrebbe dato vita alle galassie e ai pianeti, così come agli organismi viventi. Secondo Reich, quindi, che a tale scopo costruì un "accumulatore orgonico", sarebbe possibile raccogliere tale "forza universale" e sfruttarla per la terapia anche delle più gravi malattie, come il cancro e la leucemia. .

La sua teoria fu rifiutata da Albert Einstein e da altri, ma divenne molto popolare tra gli hippies dell'America degli anni '60, gli anni appunto della rivoluzione sessuale. La sua teoria è stata anche ripresa da Woody Allen nel suo film del 1973 "The sleeper", in cui compare una strana macchina "orgasmodrom" in grado di riprodurre, in modo un po' ridicolo, l'atto sessuale.

Ciò che l'artista ritiene esteticamente interessante della teoria di Reich è il concetto di continuità di vita e morte, concreto ed ovvio, presente in una particella: la sua intenzione è quella di attirare e catturare nel suo lavoro questi "orgoni", facendone partecipe, in modo ironico, il suo pubblico. L'idea di vita include sempre l'idea di morte (i francesi chiamano l'orgasmo "le petite mort" ).

In questo modo il lavoro tratta l'idea di vita e morte, di energia e dell'oscuro nulla, di creatività e di distruzione.

Björn Dahlem, nato a Monaco nel 1974, vive e lavora a Berlino. Dal 1994 al 2000 ha studiato presso l'Accademia di Belle Arti di Düsseldorf. Nel 2001 ha partecipato alla collettiva "Future Land" presso lo
St ädtiches Museum Abteiberg a Mönchengladbach e a "Zero Gravity" presso la Kunstverein di Düsseldorf. Nel 2002 esporrà con una personale al The Modern Institute di Glasgow.

Il lavoro di Dirk Skreber, nato a Lubecca nel 1961, quando trasforma fotografie di giornali che ritraggono catastrofi, ad esempio alluvioni, in veri e propri dipinti e mostra vedute frontali di case vuote o iperrealistiche locomotive che vanno in velocità l'una contro l'altra, non è mai a sfondo personale.

Motivi come le catastrofi o la vita della bassa borghesia consentono di passare da uno stato d'animo oggettivo ad uno soggettivo: questo modo d'essere può significare una sorta di spazio vuoto, ovvero lo spazio necessario perché il contenuto dell'immagine sviluppi una propria ragion d'essere.

Da ciò ne deriva una nuova realtà, i cui confini non sono facilmente riconoscibili, una realtà che non è ambigua, anche se nel momento stesso in cui fa la sua comparsa sembra subito scomparire, ma non è neppure contraddittoria, è seria e un po' lontana. Nei suoi dipinti Skreber si confronta con situazioni e spazi (catastrofi, vita borghese) che sono instabili, ma non ambigui: rappresentano piuttosto una categoria estetica, la cui identità crea una atmosfera minacciosa, imprevedibile. In genere le immagini di catastrofi naturali e di attacchi terroristici che ci propongono giornali e televisioni sono estremamente realistiche, non lasciano dubbi sull'entità e gravità degli eventi: più l'immagine è brutale, più il suo significato ci appare chiaro, convincente. Forma e contenuto coincidono in questi casi. Skreber ribalta questo concetto: tanto meno la gravità viene messa in evidenza tanto più neutrale la situazione ci appare, sebbene si tratti solo di una calma apparente: questo stato di neutralità in realtà assume toni minacciosi ancor più di un attacco dichiarato. Si crea un'atmosfera ambigua che crea assolute inquietudini e disagi. In tal senso i suoi dipinti sono provocatori e molto indipendenti. Molto spesso la realtà che ci descrive Skreber nei suoi dipinti ci appare come se fosse presa a prestito, in continuo mutamento: non è possibile considerarla una simulazione di qualcosa di reale o virtuale; un mondo di fantasia o di ricordi; un universo di oggetti o di idee e scelte: il suo approccio a diverse forme di realtà e modi di vita rende il lavoro di Skreber di grande attualità.

Dirk Skreber, nato a Lubecca nel 1961, vive e lavora a Düsseldorf. Ha studiato all'Accademia di Belle Arti di Düsseldorf e dal 1994-95 ha ottenuto l'incarico di insegnante presso l'Accademia di Belle Arti di Karlsruhe. Nel 2000 ha ricevuto il Premio della Galleria Nazionale per giovani artisti presso l'Hamburger Bahnhof a Berlino. Nel corso del 2001 ha partecipato alla "Wirklichkeit in der zeitgenössischen Malerei", alla Städtische Galerie di Delmenhorst. Nel 2002 ha esposto con una personale alla Kunstverein Freiburg.

Inaugurazione martedì 4 giugno 2002 dalle 18 alle 21

Durata della mostra:
dal 5 giugno 2002 a fine luglio

orario: 10-13, 16-19.30 lunedì-venerdì
___________

"STUDIO MARCONI 1965/1991"

1969/70 Mario Schifano "Paesaggi TV"
1968/69 Mario Schifano "Umano non umano"

Questa mostra è la prima di un ciclo che intende riproporre alcuni artisti, opere e periodi esposti allo Studio Marconi dal 1965 al 1991.
Questa scelta nasce dal desiderio di Giorgio Marconi di, ripercorrendo la storia della sua galleria e degli artisti che hanno collaborato con lui, portare a conoscenza sia di quelli che non videro le mostre all'epoca, sia alle nuove generazioni le opere e i periodi dell'attività degli artisti allora presentati.

Mario Schifano è sempre stato attratto dalle immagini proposte dai mezzi di comunicazione di massa e soprattutto il cinema e la TV.
A Roma dalla fine del 1969 e ad Ansedonia fino alla fine dell'estate 1970, lavorò alla realizzazione di questo ciclo di opere"Paesaggi TV" che furono esposte per la prima volta allo Studio Marconi nel dicembre del 1970.
In occasione della mostra "Paesaggi TV" sarà presentato il film di Mario Schifano "Umano non umano", primo lungometraggio in 35 mm realizzato dall'artista nel 1967/68 e prodotto da Ettore Rosboch e Anita Pallemberg.

Mario Schifano nato il 20 settembre 1934 a Homs in Libia è scomparso a Roma nel gennaio 1998.
La critica comincia ad interessarsi del suo lavoro in occasione della mostra "5 pittori-Roma '60" alla Galleria La Salita di Roma dove espone dei monocromi insieme a Angeli, Festa, Lo Savio e Uncini.
Analizzando i monocromi del 1960-61, Maurizio Calvesi nota che "non avevano l'anemia di un'operazione intellettuale, al contrario tutta la pregnanza di un gesto vitale" e "questo azzeramento, questo niente, un niente che conteneva un progetto di tutto".
Sempre Calvesi ribadisce nel 1966 che il "quadro vuoto da cui partiva Schifano fa pensare alla classica tabula rasa. Le forme schematiche di Schifano si andavano sempre più precisando come campo; le tele orlate da contorni rettangolari ad angoli smussati somigliavano ad uno schermo preparato a ricevere, o ad un video appena acceso, che stia riscaldandosi ... Intanto (inizi del '62) l'immagine positiva cominciava a realizzarsi, ad imprimersi, come per frammenti o per sillabe, nel campo...Scritte ricalcate dalla pubblicità dell'Esso o della "Coca Cola". Anche Maurizio Fagiolo nel 1966 nel catalogo della mostra "Rapporto 60" parla dei quadri fino al 1962 intesi come "campo fotografico" sul quale "cominciano ad affiorare la segnaletica e i brani disfatti di paesaggio urbano". Arturo Carlo Quintavalle a Parma nel 1974 nel catalogo della mostra "Mario Schifano" torna sul concetto di quadro come schermo, "luogo di proiezione" di lettere, segni, icone, estendendone il significato a "una specie di luogo della memoria".
Schifano opera per cicli tematici: i "paesaggi anemici", la rivisitazione della storia dell'arte
con i lavori dedicati al futurismo. Riprende le immagini offerte dai mezzi di comunicazione di massa come la segnaletica, la cartellonistica pubblicitaria, il cinema, i programmi televisivi, patrimonio collettivo mediandole con la ripresa fotografica, la proiezione su tela e l'intervento pittorico.
Nel 1967 presenta allo Studio Marconi il lungometraggio Anna Carini vista in agosto dalle farfalle. Seguiranno altri film come Satellite e Umano non umano del 1968, quest'ultimo ora riproposto in visione in galleria.
Le prime esperienze cinematografiche di Schifano, Reflex e Round Trip sono del 1963-64, a cui segue nel 1967 Serata che "è una sorta di Blob ante litteram ... Schifano ricrea così una specie di nuovo e frammentario palinsesto televisivo..."(Miriam Cagnor in "Cine-Critica" ott-dic.1998). Costanti del suo cinema sono l'elaborazione pittorica e una naturale propensione per la frammentarietà. Tra pittura e cinema sembra esserci un'identità di metodo. A questo proposito, Quintavalle dice che Schifano "costruisce un racconto della memoria...dove si intersecano immagini viste, immagini mediate dalla serie dei media, stratificazioni con durata diversa, improvvise associazioni, connessioni visive...I films di Schifano puntano alla totale contemporaneità ed hanno un ritmo snodantesi come sistema di visioni allucinatamente oniriche intersecate o in associata successione.
Dalla fine del 1968 ai primi anni '70, Schifano comincia a riportare le immagini video direttamente su tela emulsionata, isolandole dal ritmo narrativo delle sequenze cui appartengono e riproponendole con tocchi di colore alla nitro in funzione estraniante. Risale a questo momento la serie dei "Paesaggi TV" per la cui realizzazione le mediazioni tecniche divengono più numerose.
Quintavalle analizzando complessivamente il fenomeno distingue l'evento, la sua trascrizione televisiva, la ripresa fotografica o cinematografica dell'artista, la stampa su tela emulsionata, l'intervento pittorico. A questo proposito Schifano ha detto: "Il processo è lungo ed elaborato. Ma solo così riesco ad ottenere quegli effetti di realismo e di visionarietà che rincorro con l'immaginazione." e "sceglievo l'immagine, era un paesaggio anche quello: il paesaggio che entra dentro casa, che ti vizia di più, quello che ti trovi dentro senza saperlo. Naturalmente ciò che mi interessava non era la cultura della TV, ma la cultura dell'immagine della televisione."
Nel 1974 l'Università di Parma gli dedica una vasta antologica curata da Arturo Carlo Quintavalle che consente, per la prima volta, di leggere per intero la sua avventura pittorica e di definirne le linee importanti.
E' presente alle edizioni della Biennale di Venezia del 1978, 1982 e 1984.
Nel 1990 il Palazzo delle Esposizioni di Roma gli allestice una rassegna intitolata "Divulgare" e nel 2001-2 la Galleria Comunale d'Arte Moderna e Comunale di Roma gli dedica una una grande mostra, "Mario Schifano Tutto".

Inaugurazione mostra e proiezione film martedì 4 giugno 2002 ore 18

Immagine:
Mario Schifano, "Paesaggio TV", 1970, riporto fotografico colorato su tela emulsionata, cm 114x145

Ufficio stampa: Cristina Pariset tel 02-4812584 fax 02-4812486 pariset@planet.it

durata mostra: 5 giugno - 19 luglio 2002

orario: 10-13, 16-19.30 lunedì-venerdì

La proiezione del film "Umano non umano" avrà luogo alle h 18.
Il film sarà proiettato per tutta la durata della mostra tutti i giorni alle h 18.
Per proiezioni in orari diversi si prega di telefonare in galleria.

Giò Marconi
Via Tadino 15
I-20124 Milano
tel. +39/0229404373
fax. +39/0229405573

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