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Juliet Anno Numero 85 dic-gen '97



ALLAN KAPROW

intervista a cura di Francesco Bonazzi



Art magazine
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Allan Kaprow nasce ad Atlantic City (New Jersey) nel 1927 e trascorre la giovinezza a Tucson (Arizona). Studia alla High School of Music and Art di New York City e alla Columbia University dove si laurea con una tesi sullo studio alla lettura di Piet Mondrian ("Atudy in Seeing"). Studia pittura e storia dell'arte con Hans Hofmann Meyer Schapiro, e composizione musicale con John Cage.
Ha tenuto il suo primo Happening pubblico al Douglass College, New Jersey, nel 1957; nello stesso anno ne tiene un secondo, divenuto famoso, nella fattoria dello scultore George Segal. Questo termine viene pubblicato per la prima volta nel 1959 in un articolo scritto per Rutgers Anthologist, un capitolo del quale fu chiamato "Qualcosa che sta per accadere: un Happening".
I suoi "18 Happening in sei parti" ebbero luogo nell'ottobre 1959 alla Reuben Gallery di New York.
Ha tenuto numerose mostre personali e le sue pitture, sculture e collage sono nelle collezioni dei più importanti musei americani ed europei. Ha realizzato Happenings ed Environments patrocinati da gallerie private, musei ed istituzioni accademiche nelle principali città americane ed europee.
Kaprow ha pubblicato innumerevoli saggi ed è stato oggetto di numerosi studi. Il suo testo più importante "Assemblage, Environments and Happenings" è stato pubblicato da Harry N. Abrams inc., N.Y. nel 1966. Nel 1969 il Museum of Modern Art di New York pubblica il suo "Days off", un calendario di Happenings.
Kaprow ha insegnato a Rutgers, Pratt Institute, State University di New York a Stony Brook, ed è stato vice rettore del California Institute of Arts, Los Angeles e alla University of California, San Diego.
Dei principi dell'happining affermati da Kaprow ricordiamo i sette punti teorici:
"I) La linea tra arte e vita deve rimanere fluida, e la più indistinta possibile.
II) Pertanto la derivazione dei temi, dei materiali, delle azioni e la loro corrispondenza possono venire fuori da ogni posto o periodo fuori che dalle espressioni artistiche e dal loro ambiente e influsso.
III) La rappresentazione di un happening dovrebbe avvenire su parecchi spazi, talvolta mobili e mutevoli.
IV) Il tempo, di pari passo alle considerazioni sullo spazio, dovrebbe essere vario e discontinuo.
V) Gli happening dovrebbero essere rappresentati una sola volta.
VI) Il pubblico dovrebbe essere interamente eliminato.
VII) La composizione di un happening è eguale a quella di un assemblage e di un environment cioè è costituita di un certo collage di eventi in certe misure di tempo e in certe misure di spazio".


Molti ti considerano il padre dell'Happening ma tu preferisci definire il tuo lavoro coi termini "event" o "activity", perché?

- Innanzi tutto perché la parola Happening é stata molto commercializzata e poi perché è stata usata in contesti e mode così differenti che il mio lavoro è stato troppo spesso misconosciuto; così, lasciata perdere la parola Happening, ho preferito usare "event " o "activity ", termine quest'ultimo coniato da Michael Kirby. Ma, ben presto, tutte queste parole mi annoiarono e diventarono inutili così, in questo momento, non c'é una parola adatta per definire il mio lavoro ma forse, se un termine c'é, potrebbe essere "play".

"Rianimare l'esperienza vitale": é questo lo scopo delle "azioni"?

- Sia che si usi "activity" come termine generico e non solo in senso puramente artistico, posso decisamente affermare che quello non è affatto lo scopo dei miei Happening dove, in verità, non c'é meta.

In effetti alcuni Happening sono "senza un'esatta programmazione al fine di ottenere un risultato artistico": che peso ha, secondo te, il caso in questi "eventi"?

- Tutto il mio lavoro, dal '57, é stato realizzato in modo fluido, con tante possibilità senza uno specifico programma definitivo; e solo così trovo che esso sia diventato una cosa personale come dovrebbe essere il lavoro di ogni artista. Nell'Happening l'azione dello spettatore non é programmata così egli non é attore ma solo partecipante e può interpretare le cose come vuole, creativamente, personalmente. Io mi limito a mettere insieme una serie di eventi e lascio poi che ognuno agisca come vuole e così molte cose belle che non sono programmate accadono.

Può accadere che nell'Happening vi sia un aspetto terapeutico, tu che ne pensi?

- In effetti, pur non essendoci l'intenzione di un aspetto terapeutico può accadere che lo spettatore sia molto influenzato emotivamente, ma ciò dipende da un fattore puramente soggettivo in quanto può anche accadere che lo spettatore rimanga del tutto indifferente.

Robert Withman ha scritto che "il tempo é qualcosa di materiale", come consideri tu il tempo dell'"evento"?

- All'inizio del mio lavoro, si usavano materiali tradizionali come carta, pittura, legno, sassi ecc. e io tentai di dire che, oltre a quelli convenzionali, c'erano altri materiali come il tempo, un materiale con cui allora lavoravo; e così anch'io parlavo del tempo come di un materiale artistico. Ma negli ultimi trent'anni non mi sono più interessato all'identificazione di arte e non arte, di materiale e non materiale perché, per me, tutto è un organismo come la vita stessa e così non volli più categorizzare nulla né materiali né arte.

Kazuo Shiraga, del gruppo Gutai, già nel '55 usava il corpo come mezzo d'espressione: in cosa differisce la filosofia Gutai dalla tua?

- É difficile per me rispondere perché non sono un esperto di filosofia Gutai; però l'esempio di Shiraga é un bell'esempio che ci consente di capire molte cose. Shiraga fu influenzato da due forti tradizioni filosofiche: il filone Zen giapponese in cui é importante sia il momento di ogni azione che ogni pensiero, poiché il momento é la realtà.(a questo proposito importante fu l'azione veloce che Shiraga fece in un cortile in mezzo al fango) e l'altro filone importato dall'Ovest, in particolar modo mi riferisco a Jackson Pollock "Action painting". Così Shiraga ha fatto un Action painting col suo corpo come fece Pollock con il suo corpo; ma la differenza era che, mentre il primo stava in mezzo al fango, il secondo stava in mezzo alla pittura: due cose diverse per un prodotto diverso. Inoltre il lavoro di Pollock è rimasto in un museo perché fu dipinto e creato per essere esposto mentre il fango di Shiraga si asciugò, lui fece una doccia, e l'impronta fangosa che si materializzò durò nel tempo ma senza l'intenzione di essere duratura. Di quest'Happening si conservano, però, le chiacchiere, la storia e le foto perché questo è il nostro modo di preservare "il momento", un modo di dire: questo è successo nel passato! L'immagine che ci resta di Shiraga è un artista che sorride sempre, un monaco Zen un po' ingrassato che fa pittura "painting" e usò le azioni come un trampolino di lancio. Io, un tempo, usai invece gli Happening per fare poi ancora più Happening!

Ti sei mai trovato in sintonia con lo spirito Zen?

- Io penso che lo spirito Zen sia uno spirito fittizio perché ogni persona, perfino nell'Est dove nacque, lo definisce in modo diverso; e poi ci sono molti filoni Zen; allora é meglio chiedermi cos'é lo spirito Zen americano a cui mi interesso. Io trovo che questa disciplina sia un modo di vivere coscienziosamente in questo mondo moderno; non che io voglia una realtà alternativa, più alta, più pura ma questo mondo fatto di aeroplani, lavoro, matrimoni, bambini, ecc. è il tipo più interessante di Zen per poter vivere gli attimi, le azioni e le responsabilità di ogni giorno più completamente e più chiaramente possibile. E questo non é facile!

George Maciunas, in un suo schema, definisce i padri della Conceptual Art in questa successione genealogica: Duchamp, John Cage (1952), Allan Kaprow (1958) e Fluxus (1961). Fondamentalmente, ti trovi d'accordo con questa schematizzazione?

- Gli schemi della storia dell'arte nell'Ovest fanno nascere una cosa dall'altra (e va bene), ma poi sono sempre alla ricerca del primo che é sempre il migliore e si chiedono: "eri tu il primo happener ?" Chi se ne frega! Sì, fui io il primo ad essere pubblicizzato, ma ciò non significa nulla. Il mio primo Happening è stato fatto nella classe di John Cage nel 1957 e non nel 1958, cioè un anno prima di quanto dice lo schema; Black Martin College ha ospitato Cage come insegnante nel 1951 e non nel 1952, ancora una volta un anno prima! A Wiesbaden, dove ci fu un grande incontro degli artisti Fluxus, andai anch'io, incontrai tutti i miei amici, mi divertii molto ma io non feci mai parte del Fluxus. E poi dire dei nomi, che senso ha? Reinhardt, ad esempio, non era l'unico minimalista; ce n'erano altri, incluso Manzoni; é troppo difficile nominare solo un artista poiché i circoli artistici, a quel tempo, erano grandi. Sì, Cage non era l'unico e nemmeno Duchamp, ci sono tanti altri (incluso Picabia e il Bahuaus) che fecero parte dello spirito minimalista e concettualista, era tutto mescolato, era vero internazionalismo. E tutto questo si può chiamare "Intermedia" ed è giusto dire "inter" e non "multi" proprio come Dick Higgins usava il prefisso "inter".
Si, questo complicato processo è davvero un "Intermedia" a differenza, per esempio, di Wagner o Verdi che si possono definire "multimedia" perché in loro tutto é combinato insieme: musica, poesia, danza ecc. George Maciunas, invece, con il suo schema, ci vuol dare un 'organizzazione di potere lineare con se stesso al vertice per far vedere che era lui il primo; ma ciò che ne risulta é solo uno schema un po' confuso che nessuno capì fino in fondo e che nessuno tutt'oggi segue: rimane una cosa curiosa e niente di più. Vorrei provare io a puntualizzare uno sviluppo organico internazionale di una parte dell'Avanguardia come Fluxus e Happening usando la parola "Intermedia" e credo che Dick sarà d'accordo con me! Questo termine é molto importante e viene usato anche oggi da molte persone, anche se non sempre troppo chiaramente e coscienziosamente perché talvolta viene ancora confuso con la parola "multimedia".

Spesso, più o meno correttamente, l'Happening viene associato a Fluxus: secondo te, quali sono o non sono i punti di contatto?

-Io penso che, per alcune persone, l'Happening sia molto vicino a Fluxus; per esempio, tutti i miei amici erano nel filone Fluxus, Happening e Gutai internazionale. Alcuni happener, come Red Grooms o Withman, invece, erano consapevoli dell'esistenza di Fluxus ma non erano interessati a fare amicizia per paura di cambiare idea e così il loro contatto con il grande mondo rimase decisamente limitato; erano meno intensi di me perché io ero interessato per esempio a Knizak, agli altri, a Fluxus, all'intera situazione. Io penso che ogni artista debba guardarsi attorno per vedere il suo rapporto con gli altri artisti, gruppi, movimenti. E dire, come tanti dicono, che gli Happening erano soltanto arte visuale e Fluxus soltanto letteratura e musica é una semplificazione estrema non vera: questa scena é piatta mentre la vita non é così. Come il raffreddore contagia altrettanto fa l'arte: "Intermedia" era una malattia contagiosa a quel tempo!

E la "Body Art" si può ricondurre all'Happening?

- Non mi piacciono gli schemi piatti, genealogici perché spesso non sono veritieri; però, un'influenza incidentale ci fu. Per esempio, le femministe, con la Body Art, furono suggestionate dagli Happening; Carolee Schneeman fu influenzata chiaramente dai primi grandi progetti degli Happening, convertendo poi questo interesse in programmi femministi, il che fu molto diverso dal mio lavoro che non era programmatico ma astratto. Così anche la Body Art, presentata da Carolee Schneemann, influenzò altre femministe e fu come una malattia contagiosa che si stava diffondendo. Non ci furono influenze dirette ma piuttosto una serie di premesse. Nel passato non si potevano fare molte cose che oggi sono invece permesse, ad esempio fare arte spazzando un pavimento, fare arte anche con la scopa e cominciare a seguire queste innovazioni: così fu l'influenza dell'Happening.

Come vedi le compagnie di ballo d'avanguardia (come quella di Merce Cuningham) che tanto sono state influenzate dagli "Eventi"?

- Sì, Merce Cuningham fu forse influenzato dagli Happening e io ammiro molto il suo lavoro che però viene essenzialmente dal Balletto Moderno. Questa, insieme con Martha Graham, è una danza bellissima ma tradizionale perché gli inframmezzi della vita di ogni giorno, a differenza degli Happening, sono pochi. Merce è un meraviglioso formalista! Ricordo, una volta, di aver visto, nel mezzo della danza, una grande pittura di Rauschenberg, sul palcoscenico, con molti colori e la musica di Satie: Merce Cuningham si era seduto sul bordo del palcoscenico e, con le gambe alzate, si tirò su lentamente, a suon di musica, le maniche della camicia! Fece solo questo, ma io dovetti aspettare altri sette anni per avere un'esperienza così meravigliosa. Merce è un bellissimo danzatore che compone, con tutto il suo corpo di ballo, un quadro e, in generale, utilizza alcuni movimenti per incrementare la complessità di questo quadro; non fa azioni nella vita di ogni giorno ma sul palcoscenico e carica questi gesti di nuovi significati creando quasi una pittura.

Nella tua serie di environments, precedenti al '57, c'erano cinque magnetofoni che diffondevano suoni elettronici; da allora, la musica è stata importante nei tuoi Happening?

- Non credo che lo sia stata direttamente ma forse, come spiegavo prima, fu una "premessa nell'aria". Per esempio, un mio amico del cuore è Max Neuhaus; io fui molto interessato alle sue installazioni sonore sulle strade e posso dire che influenzò moltissimo il mio interesse anche se credo che Max sia stato poco presente nel mio lavoro. In realtà è molto complesso e interessante come le cose si sviluppano e si trasformano senza movimenti semplici e lineari.

Nell'Happening parole e discorsi entrano più come significato logico o come materiale sonoro?

- Entrambi.

Joseph Beuys scrisse che "un'opera è tanto più notevole quanto meno la si comprende... L'arte non è fatta per essere compresa". Ti trovi d'accordo con questo pensiero?

- No affatto, non sono d'accordo. E' solo un vecchio detto. Nella tradizione del Modernismo si è sempre detto che più incomprensibili sono le opere tanto più sono moderne e migliori; però queste non sono le mie idee perché non è questa la realtà. Ma la questione della comprensibilità è difficile poiché è meglio parlare di situazioni particolari piuttosto che fare una generalizzazione astratta. Ad esempio, si può dire che il cubismo analitico è difficile da capire sia per gli artisti che per il pubblico mentre il cubismo sintetico è più facile perché le immagini sono più chiare. L'arte, talvolta, può divenire comprensibile col tempo. Ma qui non parliamo di decisioni collettive di artisti che dicono: "noi vogliamo essere incomprensibili!" Nessuno dice così. Questa è una finzione degli scrittori di manifesti; è un discorso da professori. Per me, più è comprensibile, più è moderno!

È più importante "la vita che andiamo vivendo" o l'arte?

- È una questione divertente; ma mi piace tutto: non è possibile scegliere.

Passato, presente, futuro: in quale dimensione credi maggiormente e perché?

- L'attenzione ci dice che il presente si lascia godere; ma l'intelletto ci dice che, due secondi fa, c'era un passato e ci sarà, in due secondi, anche un futuro. Così, come tutti noi sappiamo, il passato e il futuro sono tutti contenuti consciamente nel presente. Se non c'è coscienza la questione non è valida, ma se c'è coscienza ogni momento è il presente. È una questione filosofica molto difficile da definire nel contesto del nostro lavoro. Nel momento in cui faccio un Happening non penso al passato, al presente, al futuro: non ne sono interessato, talvolta non sono cosciente dell'importanza.

Le tue opere, dagli anni Settanta, esposte nello spazio dell'Archivio Francesco Conz sono una sorta di narrazione per immagini, mentre le fotografie scattate da Fabrizio Garghetti e Wolfgang Träger sembrano dare una parte fondamentale all'immagine. Vuoi spiegare, brevemente, questo fenomeno?

- Queste immagini dominano gli eventi che rimangono tali senza nessuna diretta connessione. Le esibizioni sono correttamente dominate da qualcosa che viene esposto in mostra. Quando io faccio un'azione, un Happening o un evento voglio che venga recepito ciò che di visivo rimane.
Noi non conserviamo le immagini perché ciò non è conforme alle nostre intenzioni; qui l'intento deve essere "instaurare un contatto con ciò che viene rappresentato", così le immagini (il solo nostro modo di preservare gli Happening) sono sicuramente importanti ma mai quanto gli eventi stessi.

Quali sono i tuoi progetti per l'immediato futuro?

- Di prendere l'aereo domani mattina!

Che cos'è, per te, il "fare arte" e chi è, per te, l'artista?

- Fare arte vuol dire non fare arte. Il mio lavoro consiste nel giocare; a volte gioco con le nuvole nel cielo: questo è fare arte!
Voi date all'arte una qualità più alta, io no. Per me, arte sperimentale è dimenticare l'arte (non rigettarla) perché io non penso all'arte ma alla vita vissuta coscientemente (non come routine). La vita è fare attenzione alla vita: non avrò successo ogni volta, ma almeno ci provo!