Appartamento privato di Giorgio Guidi
Milano
via Brioschi, 26

Giorgio Guidi
dal 22/9/2010 al 3/10/2010
su appuntamento
349 2800618
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Short Visit




 
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22/9/2010

Giorgio Guidi

Appartamento privato di Giorgio Guidi, Milano

Up to my neck (..in you). Personale nell'ambito di 'Short Visit'. Il lavoro di Guidi analizza i percorsi che spontaneamente si creano intorno a se' e usa differenti linguaggi a seconda di cio' che lo circonda. Dopo l'acquisizione metabolica comincia un percorso di riassemblaggio dei frammenti di relazione che gli corrispondono, seguendo un processo di caduta nella memoria.


comunicato stampa

A cura di Paola Gallio e Davide Tomaiuolo

Il caso è una variabile fuori dal controllo della ragione umana. Il caso è una variabile impazzita in cui si incappa e per cui gli eventi mutano in qualcosa di inatteso e paurosamente incomprensibile. Gli avvenimenti si susseguono secondo un nesso di causalità prevalentemente logica tranne quando è il caso a determinarne un cambiamento. I sistemi sociali sono infatti definiti da una serie di contingenze e di relazioni talvolta pilotate dal caso, che si possono quindi definire irrazionali.

Il lavoro di Giorgio Guidi analizza i percorsi che spontaneamente si creano intorno a se, e usa differenti linguaggi a seconda di ciò che lo circonda. Dopo l’acquisizione metabolica comincia un percorso di riassemblaggio dei frammenti di relazione che gli corrispondono, seguendo un processo di caduta nella memoria.

L’analisi del sistema che regola le relazioni acquista, per stesura e processo mentale, una serie di dati che tradotti in immagini ripercorrono la struttura di sintesi del processo mnemonico. Lo script che rimane nella memoria subisce sovrascritture continue, tanto da non avere una reale attinenza con gli avvenimenti iniziali; la ricostruzione subisce una caduta drastica nell’asse cartesiano incrociato tra ricordo e tempo, creando una forte curva in discesa. Il tentativo di racchiudere in un oggetto una rappresentazione capace di restituire un sistema di relazioni dà come risultato un linguaggio dislessico, che si svincola dalla logica causale.

La ricostruzione oggettuale riconduce i fatti nella loro frammentarietà, restituendo nel loro insieme il ricordo della relazione tra esterno, interno, cose e persone specifiche. La sintesi di ogni elemento che costituisce la relazione, costruisce per addizione didascalica un oggetto complesso che ne descrive l’accaduto.

“Mayhem - De Mysteriis Dom Sathanas (Century 1993). I Mayhem sono considerati i padrini della scena Black Metal europea. Nato nel 1984 ad Oslo, il gruppo era composto dal cantante e chitarrista Oystein Aersith, che cambiò il proprio nome in Destructor e, poi, in Euronymous, dal batterista Manheim e dal bassista Necrobutcher. La storia dei Mayhem fu constellata da eventi terribili. Dead, il nuovo vocalist, si suicidò nel 1991; Hellhammer, il batterista che sostituì Manheim, si fece una collana con i frammenti del cranio di Dead, mentre Euronymous cucinò e si cibò dei pezzi del suo cervello. Una cosa che non gli portò fortuna. Il 10 Agosto 1993, l'ex bassista del gruppo Grishnackh (fondatore dei Burzum), uccise con 23 coltellate Euronymous, reo di essere più maligno di lui....”.
Da I 50 dischi più maledetti della storia, di Numetallero, forum korn.it, 2007.

Intervista a Giorgio Guidi

S.V.: Nella storia dell’arte la bottega era il luogo d’apprendistato dove applicare le diverse tecniche e discipline. Nel tempo si evolve nella forma di atelier: luogo architettonicamente studiato per accogliere il lavoro del pittore e dello scultore. Nella contemporaneità é sempre più raro individuare degli spazi preposti ad ospitare la pratica artistica. In che modo hai identificato quello che hai scelto come studio e perché esiste ancora l’esigenza di avere uno spazio prescelto dove produrre?

G.G.: Considero di grande importanza lo spazio in cui progetto e produco la mia ricerca, basata su un processo che attinge dalla realtà. In studio conduco la fase iniziale di quasi tutti i lavori, cioè documentazione e ricerca: solitamente proseguo intromettendomi in situazione reale ed infine ritorno nel mio spazio dove, in maniera molto intima, rielaboro e formalizzo il tutto. Uso lo spazio per incanalare le idee ed organizzarle, immagazzino i dati e li rendo plausibili. Mi piace che questo spazio esista e che sia versatile, ma non ambiguo; posso infatti tranquillamente vivere in studio per giorni o settimane, in quanto c'è tutto quello che serve, ma non è una casa. Per quanto riguarda poi l'importanza di possedere un atelier, credo che questa nasca dal desiderio di lavorare in un luogo che dia buone possibilità di scambio e che sia l'elemento basilare per radicare la presenza degli artisti in questa città. Il lato oscuro resta la natura economica della gestione degli spazi adibiti a studio, che ne rende difficile la sopravvivenza e quindi destina spesso il tutto ad una breve vita.

S.V.: Per l’artista, lo studio è il luogo di produzione di lavori creati all’interno dello spazio ma pensati per vivere altrove. Chiedendoti un progetto in site specific e inducendoti così ad un meccanismo processuale insolito, s’innesca un diverso modo di percepire fisicamente lo spazio in cui operi?

G.G.: No, il risultato del mio lavoro consiste nella produzione di elementi che assumono l'aspetto di resti, e mettono in relazione persone, oggetti e luoghi. Ogni cosa che produco deve funzionare in diversi spazi. In certi casi è possibile che al variare dello spazio il tutto assuma aspetti leggermente diversi, che non per forza stravolgano il lavoro, ma ne adattino la percezione, il carattere ed il linguaggio: è come stare a New York e parlare inglese e poco dopo stare e Milano e parlare italiano.

Oltretutto considero lo spazio in cui opero come aperto e frequentabile assiduamente, dal tono molto informale, che permetta a chi é interessato di seguire la presenza -in questo caso mia- sul territorio: vorrei che in una certa misura ogni studio lo fosse. Infatti, nel momento della produzione “pura” del lavoro, per quanto non sia mai lontano dal sistema del mercato e delle pubbliche relazioni su cui si basa il mondo dell'arte, la paura del plagio non dovrebbe attanagliare gli artisti come fossero dei pubblicitari. Anche per scongiurare l'idea di essere soltanto un prodotto concepito in segretezza e presentato dopo un'attenta indagine di mercato.

S.V.: Lo studio visit è solitamente un momento privato di confronto, il nostro tentativo è di invertire tale pratica passando da “salotto” a “vetrina”. Short Visit diventa un’esposizione pubblica di una dimensione intima. Il modello dello studio visit in una forma più accessibile può ridurre la difficoltà psicologica d’accesso che spesso si riscontra nei luoghi in cui l’arte si esplicita?

G.G.: Rispondo dicendo che non vedo l'ora che la vostra mappa di studios sia completa per portare semplicemente una visione reale, di chi lavora in questa città ed in questo settore. Io stesso in diversi anni di frequentazione di questo sistema e della città di Milano ho visitato - escludendo short-visit - solo altri due studi d'artista.

Si ringraziano per il supporto Studio A, Bizarre Collective.
Si ringrazia Dario Sbrana per il concept grafico

Info:
http://www.shortvisit.it - email: info@shortvisit.it
T 349 2800618 / 349 4275107
C.so di Porta Ticinese 64, 20123 - Milano

Inaugurazione 23 Settembre 2010 ore 18:30

Via Brioschi 26 , 20136 Milano
Dal 24 settembre al 4 ottobre 2010
Ingresso libero su appuntamento

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Giorgio Guidi
dal 22/9/2010 al 3/10/2010

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