Scaramuzza Arte contemporanea
Lecce
via Libertini, 70
329 7325036
WEB
Bruno Barillari
dal 20/3/2015 al 4/4/2015
tutti i giorni 10.30-13 e 16:30-20:30
339 4487602

Segnalato da

Antonietta Fulvio




 
calendario eventi  :: 




20/3/2015

Bruno Barillari

Scaramuzza Arte contemporanea , Lecce

OBJ. Gli oggetti fotografati da Barillari si animano dietro il mirino della sua fotocamera per raccontare nuove storie, sfogliando tra le pagine di ricordi condivisibili.


comunicato stampa

a cura di Roberto Mutti

Si terrà dal 21 marzo al 5 aprile 2015 la mostra fotografica personale di Bruno Barillari allestita nelle sale della Galleria Scaramuzza a Lecce, in via Libertini, 70. Vernissage, con le bollicine di champagne Bruno Paillard, sabato 21 marzo ore 19. La presentazione sarà a cura di Roberto Mutti direttore di Kairòs magazine, docente presso l’Istituto italiano di fotografia e l’Accademia del Teatro alla Scala di Milano e collaboratore del quotidiano “La Repubblica” e del critico d’arte Toti Carpentieri.

“.OBJ” il titolo emblematico rimanda alle iniziali del termine oggetto, (dal lat. mediev. obiectum, neutro sostantivato di obiectus, part. pass. di obicĕre) che, per definizione, significa «porre innanzi»; propr. «ciò che è posto innanzi (al pensiero o alla vista)».
È uno sguardo poetico quello di Bruno Barillari che, per questo progetto espositivo, ha scelto il fascino della pellicola in bianco e nero, quasi dimenticata nell’era digitale e la magia che avviene nella camera oscura. Nelle inquadrature sono finiti gli oggetti, spesso disseminati negli angoli più nascosti delle nostre case e delle nostre vite, spiega lo stesso fotografo: “gli oggetti si ripongono davanti ai nostri occhi e ai nostri pensieri e quando li guardiamo con l’anima o li tocchiamo con la pelle ci trasmettono quantità sufficienti di emozioni da farci crescere in un istante o rimanere bambini per tutta la vita”.

Gli oggetti fotografati da Bruno Barillari si animano dietro il mirino della sua fotocamera per raccontare nuove storie, sfogliando tra le pagine di ricordi condivisibili perché è questo ciò che accade quando l’immagine diventa poesia: l’oggetto ritratto nella completezza della sua forma diventa, attingendo dalla terminologia linguistica, significante e significato. Idea, talvolta sogno. Il pensiero va oltre ciò che vede. E ci si ritrova dentro le emozioni, le forme e si comprende il valore della bellezza. E sentiamo che tutto questo appartiene anche un po’ a noi. Così l’accostamento di tre semplici chiavi rimanda al concetto di famiglia come gli ingranaggi di un meccanismo, rintracciato tra gli oggetti conservati “da un padre, figlio a sua volta di chi era cresciuto nell’officina del nonno”, diventano metafora della vita stessa che gira come su ruote dentate incastrando situazioni che si ripetono all’infinito. Gioie e dolori, attese e sogni… di generazione in generazione. Una rosa tra le pieghe di un foglio incartocciato rinvia ai petali di rosa che c’è capitato, almeno una volta, di racchiudere tra le pagine di un libro insieme al pensiero più intimo e segreto. Una biglia in bilico, l’ombra di una sedia ottenuta piegando la gabbietta ferma tappo di una bottiglia di spumante o ancora una lumaca con la sua conchiglia fatta di spago perché il filo dei ricordi serve a tessere i giorni della nostra vita. In fondo potremmo mai fare a meno dei ricordi? Come asseriva Italo Calvino “la vita è un insieme d’avvenimenti di cui l’ultimo potrebbe anche cambiare il senso di tutto l’insieme, non perché conti di più dei precedenti ma perché inclusi in una vita gli avvenimenti si dispongono in un ordine che non è cronologico, ma risponde a un’architettura interna”. Un’architettura costruita sulle immagini, magari di oggetti, che ci aiutano a non dimenticare.

Il punto prima delle lettere OBJ è quasi un rimando all’estensione jpg, che solitamente indica un file di immagine, ma non è il caso delle foto in mostra che sono state realizzate in analogico. E, novità assoluta, la stampa delle foto che è stata realizzata da Andrea Mosso (fotografo nonché fondatore dell’associazione CAMERAOSCURA e docente di tecniche antiche presso l’Isci di Roma) mediante la tecnica di stampa AMOS, da lui brevettata e presentata da poco in Italia. Una tecnica che consiste nel trasferimento chimico degli inchiostri da una matrice ottenuta digitalmente su di un nuovo supporto, in questo caso su un pannello di legno preparato con specifici intonaci. Un procedimento caratterizzato dall’artigianalità di una fase del suo processo e il posizionamento manuale della matrice rende la stampa unica e irripetibile. Il catalogo, pubblicato in tiratura limitata per i tipi de Il Raggio Verde edizioni, è impreziosito dai testi di Roberto Mutti e di Toti Carpentieri.

Bruno Barillari nasce a Galatina, Lecce il 3 aprile del 1973. Eredita la passione per la fotografia insieme ad una Rolleiflex biottica GX 2,8 nel 1987. A pochi esami dalla laurea in Economia e Commercio a Parma si diploma invece, nel 1997, all’Istituto Italiano di Fotografia di Milano “preferendo lavorare con la luce che vivere di riflesso…” Dedica il tempo libero alla ricerca, nell’accezione pura del termine. Odiando le etichette, soprattutto nel suo settore, ama considerarsi semplicemente un uomo che scatta fotografie. Tra le ultime esposizioni lo scorso novembre ha esposto a Parigi nell’ambito del fotofever al Carrousel du Louvre. Le sue foto sono pubblicate dalle più prestigiose riviste tra le quali Vogue, AD, Sposabella, Dove, Times e quotidiani tra cui il Corriere della Sera, La Gazzetta del Mezzogiorno, Il Sole 24 Ore.

Estratto dal catalogo:
L’IMPREVEDIBILE VITALITÀ DEGLI OGGETTI
di ROBERTO MUTTI
Misurarsi con gli oggetti è, per un fotografo, una vera e propria arte perché non si trova di fronte alla complessità di un paesaggio di cui cogliere l’armonia, all’imprevedibilità di un istante da fermare nella sua unicità, al mistero che emana da ogni corpo, alle mille espressioni che un volto sa trasmettere. Il confronto si svolge, invece, nello spazio definito di uno studio dove i movimenti sono volutamente lenti perché frutto di una lunga riflessione e l’esito è simile a una sfida: quella di conferire a un oggetto la vitalità che il senso comune gli nega.

La ricerca condotta da Bruno Barillari si sviluppa a partire da alcune condizioni imprescindibili: la sicura padronanza della tecnica, la conoscenza critica di quanto è stato fatto nel passato e la capacità di lasciare il campo aperto all’inventiva. Ciò che subito colpisce osservando queste immagini è la capacità di realizzare un percorso espressivo che, pur mantenendo la riconoscibilità di uno stile, ha l’innegabile pregio di scegliere ogni volta soluzioni non ripetitive. Ricorrendo al linguaggio usato in campo musicale, verrebbe da dire che Barillari realizza una serie di variazioni sul tema: lo fa con la sicurezza del professionista abituato a dare soluzioni personali ai lavori commissionati e con la leggerezza del creativo che sa osservare ogni aspetto della realtà per restituircelo in forme inaspettate e sorprendenti. Pur inducendo l’osservatore a soffermarsi sulla bellezza dei suoi soggetti che la ripresa in banco ottico esalta nei più minuti dettagli, il fotografo ci suggerisce di guardare oltre per scoprire altri aspetti. Così l’immagine della biglia trasmette quel senso di piacevolezza dato dall’attenta composizione mentre in altri casi – la scarpa riempita di champagne, la vecchia sedia del dentista, la famigliola impersonificata da tre antiche chiavi – a dominare è l’ironia. Talvolta gli oggetti diventano simboli e per crearli basta un poco di carta leggera appallottolata attorno a un fiore, in altri casi ci si trova di fronte a metafore della vita: la composizione di grossi chiodi è insieme rassicurante e minacciosa (blindano la nostra tranquillità o la rendono vana?), lo spaccato di un meccanismo con gli ingranaggi si incastrano alla perfezione evoca un senso di armonica sicurezza.

Misurarsi con gli oggetti è un modo per metterli al centro di un immaginario teatro e non è un caso se in molte lingue recitare, suonare e giocare sono sinonimi. Il fotografo questa dimensione la coglie proprio ponendosi di fronte ai giocattoli degli adulti che si incantano di fronte a meccanismi resi mobili da una molla e sanno manipolare una gabbietta di un tappo di champagne per farle assumere le sembianze di una seggiola. Poi Bruno Barillari ci aggiunge una luce e crea un’ombra che si allunga netta e scura sul bianco dello sfondo. Ed è allora che si scopre il perché può essere un errore considerare inanimati gli oggetti. Almeno in fotografia.

Inaugurazione sabato 21 marzo ore 19

Scaramuzza Arte contemporanea
via Libertini, 70 Lecce
tutti i giorni 10.30-13 e 16:30-20:30
ingresso libero

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