Ex Convento di Santa Maria
Gonzaga (MN)

Jan Groover
dal 4/12/2000 al 28/1/2001

Segnalato da

Raffaella Cortese


approfondimenti

Jan Groover



 
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4/12/2000

Jan Groover

Ex Convento di Santa Maria, Gonzaga (MN)

Domenica e' avvenuta l'inaugurazione della prima retrospettiva italiana della fotografa americana. La mostra intende tracciare, con circa 70 opere, un percorso della sua ricerca dagli anni '70 ad oggi, privilegiando il tema della natura morta.


comunicato stampa

Fotografie dal 1973 al 1998.

La mostra della fotografa americana Jan Groover è la prima retrospettiva italiana dell'artista ed intende tracciare, con circa 70 opere, un percorso della sua ricerca dagli anni '70 ad oggi, privilegiando il tema della natura morta.

Jan Groover, dopo aver studiato pittura al Pratt Institute di Brooklyn, inizia a fotografare nel 1970. E' il periodo delle sequenze dei dittici o trittici di automobili e camion, ripresi con una macchina fotografica fissa, con lo scopo di analizzare le modificazioni del rapporto spazio-forma con il mutare dei fattori di tempo, velocità e distanza. Verso la fine degli anni settanta, Groover sentendosi costretta dentro le maglie della sua concettualità analitica, si dedica a nuovi soggetti. Nascono così le prime nature morte a colori di semplici utensili da cucina, verdure e frutti, assorbiti in una sorta di "tutto spazio", come lei stessa lo ha definito. E' il momento in cui l¹artista inizia anche un percorso di rivisitazione della storia dell'arte e della fotografia, con citazioni anche esplicite dei grandi fotografi americani.

Alla fine del 1979, mentre insegna fotografia alla State University di New York a Purchase, apprende dal fotografo Jed Devine la tecnica di stampa ottocentesca al platino-palladio, che le permette di ottenere anche con il bianco e nero una ricca gamma di sottili variazioni tonali. Le nature morte diventano più essenziali, con un numero limitato di oggetti, in uno spazio non più di cose ma costruito sempre più con le cose.

Nei primi anni ottanta l'artista interpreta anche il tema del nudo, interpretato con una prospettiva simile alla natura morta. Ricrea nelle posizioni di gambe e braccia tutte le possibili geometrie di vere e proprie architetture del corpo. Accanto a questo soggetto compaiono anche foto scattate in esterno, che riguardano il tema del paesaggio urbano. Facciate di palazzi, particolari architettonici, luoghi dell'ambiente metropolitano newyorchese vengono riscoperti attraverso una visione più intima e poetica, nonostante si possa ravvisare un intento quasi di denuncia nei confronti delle radicali trasformazioni del tessuto urbano della grande metropoli, dove dal '73 la Groover si trasferisce.

Le nature morte degli anni ottanta vedono invece un crescente interesse per composizioni complesse, con accostamenti di oggetti incongrui tra loro, ribaltamenti di scala e un particolare uso dell'artificio nei fondali costruiti appositamente e nell'uso di filtri e luci colorate per creare atmosfere più oniriche e surreali. E' questo il periodo di maggior adesione ad una visione pittorica della fotografia.

Agli inizi degli anni novanta, il trasferimento in Francia nella regione della Dordogna porta delle novità nella sua ricerca: l'orizzonte del suo sguardo si sofferma a riprendere lo spazio esterno del suo giardino, dove colloca ora le nature morte. Ad esse non fanno più da sfondo fondali artificiali ma alberi, cespugli di natura domestica con tende parasole, scale, seggiole e tavoli. La novità in queste nature morte in esterni consiste proprio nel fatto che assumono concettualmente la dimensione di vere e proprie installazioni.

Verso la fine degli anni '90 Jan Groover si dedica di nuovo alle più classiche opere in studio, che diventano più magiche e poetiche anche per la scelta di un preciso repertorio di oggetti (vecchi rubinetti e oggetti domestici usurati, accostati a foglie secche, a piccoli insetti morti oppure a stoffe come drappi serici o delicati velluti). Affiora una visione dolente, un sentimento di malinconia, di inquietudine che apre ad una disposizione più profondamente intima ed esistenziale. Nelle ultime opere del 1998 compare l'intuizione, o meglio la scoperta dell'esistere come semplice appartenenza al mondo della natura, una sorta di rispecchiamento incantato e stupito. L¹artista mette in campo più visibilmente la vita in piccoli esseri viventi, topolini ed uccellini, ripresi in angoli della sua casa quasi come un presagio di speranza.

Jan Groover, nata a Plainfield, New Jersey, nel 1943, attualmente vive e lavora in Francia. Nel corso della sua lunga attività l¹artista ha esposto in numerose gallerie internazionali di grande rilievo come la Sonnabend Gallery di Parigi e New York e musei prestigiosi quali il Metropolitan Museum of Art e il Museum of Modern Art di New York, che le ha dedicato nel 1987 un'importante retrospettiva accompagnata da un catalogo curato da Susan Kismaric. Nel 1993 viene pubblicata la monografia 'Jan Groover-Photographs', a cura di John Szarkowski. Il catalogo della mostra di Gonzaga è curato da Manuela Zanelli e contiene la traduzione di un testo del famoso critico e storico della fotografia John Szarkowski, tratto dal volume edito nel 1993.

Sede espositiva: Ex Convento di Santa Maria, Gonzaga (Mantova)
Ente promotore: Assessorato alla Cultura del Comune di Gonzaga
Orari: dal lunedì al venerdì 15-18, sabato e domenica 10 -12.30/15-19 e su appuntamento: Biblioteca di Gonzaga, tel. 037-658147

IN ARCHIVIO [4]
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