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Anna Di Prospero
dal 15/3/2008 al 12/4/2008
solo su appuntamento

Segnalato da

Silvia Sfrecola Romani



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Anna Di Prospero



 
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15/3/2008

Anna Di Prospero

Casa Del Critico, Velletri (RM)

Attraverso la fotografia, l'artista rivisita le fiabe, rilegge le situazioni anche piu' banali, rendendole straordinarie. Le scene sono costruite in un gioco di equilibri spaziali, luministici e cromatici.


comunicato stampa

I lavori di Anna Di Prospero, in arte “Di P’Anna”, pseudonimo adolescenzialmente ineccepibile, sono come le fiabe che si raccontano ai bambini: c’è bisogno di molta immaginazione per riuscire a vedere qualcosa, con la mente più che con gli occhi. Sono come la scopa che diventa cavallo se in groppa ha un piccolo cavaliere pronto a liberare la sua mamma-principessa. Eppure ci credi. La fotografia di partenza è solo il “C’era una volta..” poi tutto il resto viene da sé. E se non viene, “basta un poco di zucchero e la pillola va giù!”. Il riferimento a Mary Poppins non è casuale.

“Marypoppineschi” sono i lavori di Anna, fatti solo per chi è pronto a fare un salto nel disegno tracciato con un gessetto per terra ed a ballare con i pinguini, volteggiando su cavalli di legno. Non lasciatevi ingannare però dal primo approccio che potrebbe essere fuorviante: di elementare ed ingenuo c’è ben poco. L’abito di Cappuccetto Rosso ricorda inequivocabilmente il segnale di divieto di transito. Il bosco non è cupo ma quel non so che di inquietante deriva dalla presenza di tre soli che fanno capolino tra gli alberi. Soli che diventano addirittura quattro in The dawn of the swan mentre altrettante creature procedono nascoste dietro a grandi quadri di ballerine.

Cindarella dorme serena tra le sue zucche ma ce n’è una che impunemente le copre il volto mentre la siepe arcigna di rose sfiorite (più spine che fiori) lede l’apparente atmosfera incantata della scena. Sono questi i piccoli dettagli con cui Anna ri-visita le fiabe, ri-legge le situazioni anche più banali, rendendole straordinarie (non nel senso abusato del termine ma letteralmente di fuori dal comune, anomalo, inaspettato). Le scene sono costruite in maniera ineccepibile, in un gioco curatissimo di equilibri spaziali, luministici e cromatici, fatto di sfumature, impercettibili e sottili ma ingegnose ed acute. Che si fotografi o che si faccia fotografare non è importante perché nel ruolo di regista, scenografa, direttore della fotografia, costumista, attrice c’è solo lei.

A guardarla sembra la versione italiana di Amélie, con quel suo modo di fare delizioso e irresistibile, fuori dal tempo, scanzonato e sbarazzino ma nel suo lavoro Anna è razionale, perfezionista, cerebrale. Con la luce Anna ha un rapporto speciale: luce atmosferica, calda e avvolgente (Les Impression, The promenade) o, per contro, pierfrancescana, ovvero tutta mentale, assoluta, ferma (La cura, Primo amore, Vertigo). Una luce sempre e comunque immobile come l’acqua della piscina di Incurable, luce artificiale, sintetica, mai naturale, mai vibrante, mai pulsante, che niente lascia al caso, ma tutto evidenzia senza mai svelare. Evidenziare e non svelare dunque, rendere nitido e non spiegare, mostrare e non dire.

L’atmosfera onirica e visionaria prende spesso la via dell’ironia, non pungente ma sagace, della metafora, non banale ma brillante, mai quella dell’incubo: inquietante come il vento dell’est che annuncia l’arrivo straordinario di Mary Poppins (Sta cambiando il vento) o favolosa come quella che si respira nel mondo di Amélie (Le Fabuleux Destin d'Anna): la giovane cameriera di un Caffé di Montmartre disarmante nella sua inattaccabile decisione di voler rendere felici gli altri. Così quando Anna dice di avere “un baule segreto pieno di vestiti e ispirazioni” tocca davvero fidarsi: è la scatola di vecchie cianfrusaglie che Amélie trova per caso sotto una mattonella e che decide di restituire al suo legittimo proprietario. Anna ci sta rendendo partecipi del contenuto di quel suo baule. Si può crederci o no.

Inaugurazione ore 18

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