Officina delle Arti
Reggio Emilia
via Brigata Reggio, 29
0522 703317 FAX

Sandra Moss
dal 10/10/2008 al 1/11/2008
gio-dom 17 - 23

Segnalato da

Edoardo Di Mauro



approfondimenti

Sandra Moss
Edoardo Di Mauro



 
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10/10/2008

Sandra Moss

Officina delle Arti, Reggio Emilia

I lavori si presentano come aniconici, ma il riferimento all'universo naturale, le esplosioni di luce, le increspature ed il ritmo che l'artista impartisce alle sue immagini fanno balenare anche il dato figurativo e non consentono l'inquadramento delle opere in recinti angusti.


comunicato stampa

La possibilità di creare mondi paralleli va di pari con l’aspirazione a dotare essi di un’anima, plasmandoli con il soffio primordiale della creazione, sostituendosi a Dio come era già intento dell’uomo rinascimentale. L’arte non può quindi che fornire un importante contributo al dibattito vigente sulla dialettica organico/inorganico e su quello artificio/natura. Ai giorni nostri i termini della questione e gli elementi dialettici sono rinvenibili all’interno di un diffuso tentativo di ricostruire una identità individuale, sottraendola alla dispersione cui pare destinata dai molteplici effetti dell’innovazione tecnologica ; che si manifesta con le apparenze di un Giano bifronte in grado, da un lato, di migliorare la qualità della vita ed aumentare il tempo libero a disposizione, elementi che già Aristotele dichiarava necessari ad un innalzamento del livello culturale del singolo, dall’altro causa di una riduzione dell’esistenza alle esigenze prioritarie dell’immagine, le uniche in grado di certificare, nel flusso caotico della comunicazione, un attestato di identità.

La scena attuale, caratterizzata da una estetizzazione diffusa della società è stata efficacemente stigmatizzata dal filosofo francese Yves Michaud con il suo recente saggio “L’arte allo stato gassoso”, dove si evidenzia come il mondo è ormai straordinariamente bello ed alle opere d’arte si sostituiscono le esperienze, con l’effetto artistico a prevalere sul tradizionale oggetto. Il lavoro di Sandra Moss si indirizza verso una volontà di umanizzazione del dato visivo dell’opera. In un’epoca dove l’arte spesso ricerca il confronto con il reale nella sua pura e cruda esistenza, nell’immanenza del suo essere presenza concreta, senza alcuna mediazione concettuale ed ancor meno simbolica, generando angoscia e trauma e conseguentemente disgusto, la Moss, avvalendosi di una tecnica assolutamente attuale, cerca e riesce a dare nuova attualità alla tradizionale categoria estetica del sublime, nel suo caso inteso come confronto e dialogo con l’universo biomorfico.

D’altra parte, se si emendano i fenomeni eclatanti dell’arte che fa dello shock visivo la sua ragion d’essere con casi, peraltro interessanti dal punto di vista estetico, come quelli di Hirst e Koons, ormai ascrivibili al mondo dello star system artistico, figlio di quella finanza speculativa che proprio in questi giorni è preda di traumi e convulsioni, l’universo autentico delle arti, ormai sempre più tra loro integrate, segue percorsi non necessariamente univoci ed omologati. In una società “liquida” come da definizione del sociologo Bauman, dove si vive un eterno presente contraddistinto per paradosso da una mobilità in cui il cambiamento non è più un passaggio ma lo strumento stesso dell’esistere gli artisti, e gli operatori visivi in genere, devono assumersi la responsabilità di dotare di senso il qui ed ora, adoperando spunti e tracce colti con prontezza dal presente.

Questo stato d’animo è ben colto da Sandra Moss, il cui lavoro è in grado di coniugare antiche ed eterne suggestioni con un’immagine viva e coinvolgente in grado di stupire il fruitore e di ammaliarlo in maniera ipnotica senza ricorrere a scorciatoie formali fatte di puro sensazionalismo. Nell’ampia personale presso l’Officina delle Arti di Reggio Emilia gli spettatori visiteranno una mostra allestita in maniera articolata e suddivisa in sezioni intitolate rispettivamente “Antiche ere e nuove eternità”, “Origini”, “Sulle rive del Lete” e “Immersion series”. Si tratta di una serie di oli trattati su tela e di raffinati carboncini che trattano lo stesso dato iconografico. I lavori della Moss si presentano come sostanzialmente aniconici, ma il riferimento preciso all’universo naturale, il vorticismo della visione, le esplosioni di luce , le increspature ed il ritmo che l’artista impartisce alle sue immagini fanno balenare anche il dato figurativo e comunque non consentono, e questo è un bene, l’inquadramento delle opere entro recinti angusti.

Quello che colpisce di questi lavori è, tra le molte altre cose, la loro estrema attualità pur in presenza di una iconografia volutamente inattuale ed ispirata a temi che certo non indugiano nella cronaca quotidiana. Per parlare dell’oggi, di quel presente cui facevo cenno prima, non è necessario ricorrere al richiamo, talvolta banale, del quotidiano che spesso si tramuta in scontato sociologismo. Sandra Moss riesce a farlo efficacemente ricorrendo a temi archetipi e , ciò nonostante, quanto mai contemporanei, perché riferiti alla condizione umana in relazione al proprio tempo ed all’universo naturale che ci circonda e che, oggi come allora, tende a sovrastarci. L’artista ridefinisce, con le sue opere, una categoria fondamentale per la storia dell’estetica come quella del sublime riportandolo alla sua originaria etimologia, sia quella di Baumgarten riferita alla sensorialità, che quella di Kant il quale definiva come sublime lo stato d’animo determinato dalla visione di una potenza naturale al culmine della sua manifestazione.
Edoardo Di Mauro, settembre 2008.

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