Galleria Vinciana
Milano
via Maroncelli, 13
02 29001116

Paolo Collini
dal 27/10/2008 al 12/1/2009
lunedi' - venerdi' 10-12.30 e 16-19

Segnalato da

Galleria Vinciana




 
calendario eventi  :: 




27/10/2008

Paolo Collini

Galleria Vinciana, Milano

Oltre la citta'. Scrive Luciana Schiroli: "La dialettica tra realta' e sogno trova anche in queste ultime opere una soluzione poetica che gia' aveva contraddistinto la produzione di un artista che aveva saputo rendere visibile l'invisibile" in una dimensione del quotidiano che si accosta al senso del divino. In mostra una ventina di tele anche di grande formato.


comunicato stampa

La Galleria Vinciana, attenta ai fermenti dell’arte contemporanea, da sempre impegnata in un’attività che unisce ai grandi nomi dell’arte le forze emergenti, presenta le nuove opere di Paolo Collini, confermatosi nel panorama dell’arte contemporanea come artista di talento e di indubbia carica poetica.

L’attività espositiva di Paolo Collini inizia con la prima personale a Milano nel 1970. E’ infatti nella città dove è nato che, durante gli studi liceali e la frequenza a Brera, comincia il suo rapporto con il mondo dell’arte che lo vede sin dagli esordi muoversi nell’universo del simbolico e del surreale. La sua visione, oniricamente naturalistica, è alimentata da suggestioni romantiche dove emergono nature archetipiche e simboli di bellezza immortale e dove spesso, su profonde acque, aleggiano emblematiche figure alate. Durante gli anni ottanta si avvicina al “citazionismo”: architetture misteriose, “mito” e il senso del “tempo sospeso” sono al centro della sua narrazione.

In seguito, il rapporto tra il vero e l’immaginario crea enigmi visivi e spaesamenti in spazi dove i confini tra memoria, realtà e sogno spesso indefinibili.

Oltre settanta le personali in Italia ed Europa, numerose le partecipazioni a manifestazioni d’arte pubbliche tra cui alla XLII Biennale di Venezia, invitato in “Arte e Alchimia “ da Arturo Schwarz. Tra le pubblicazioni dedicategli si ricordano le monografie: “Magie antelucane di Collini” di Riccardo Barletta (ed. Ghirlandina, Modena 1984), “L’enigma della nostalgia” di Mario De Micheli (ed. Mondadori, Milano 1991) e “Dimore dell’invisibile” di Luciano Caprile (ed. Vinciana, Milano 2000).

Scrive Luciana Schiroli in apertura al testo nel Catalogo: “La dialettica tra realtà e sogno trova anche in queste ultime opere sulla “Città” una soluzione poetica che già aveva contraddistinto la produzione di un artista che aveva saputo rendere visibile l’invisibile e che aveva dato alla dimensione del quotidiano, quale poteva essere una stanza o una finestra, la sua valenza di particolare contingente e temporale: un contingente e temporale che trovava la sua ragion d’essere proprio nell’accostamento al senso del divino”.

In mostra, alla Galleria Vinciana, una ventina di tele anche di grande formato

da Sesto Empirico:

“Allo stesso modo che i carboni accostandosi al fuoco diventano incandescenti, per mutazione e una volta lontani dal fuoco si spengono, così quella parte del mondo circostante accolta nei nostri corpi, distaccandosi dal resto, diviene quasi incapace d’intendere, mentre ricongiungendosi naturalmente attraverso il maggior numero di pori diventa omogenea al tutto. Questa ragione comune a tutti e divina, partecipando della quale acquistiamo la facoltà di ragionare, Eraclito la ritiene il criterio della verità”.

ALTRO e OLTRE di Luciana Schiroli

La dialettica tra realtà e sogno trova anche in queste ultime opere sulla “Città” una soluzione poetica che già aveva contraddistinto la produzione di un artista che aveva saputo rendere visibile l’invisibile e che aveva dato alla dimensione del quotidiano, quale poteva essere una stanza o una finestra, la sua valenza di particolare contingente e temporale: un contingente e temporale che trovava la sua ragion d’essere proprio nell’accostamento al senso del divino.
Si è parlato di sogno, di utopia: ma forse si tratta solo di un modo di intendere il reale, di considerarlo frammento di una verità totale che, quando si manifesta nelle coordinate spaziali e temporali, sempre perfetta non è.
Una dialettica- si diceva- tra la parte e il tutto, tra il frammento e l’essere, quale si svela a noi piccoli uomini attraverso i canali della percezione e soprattutto dell’intuizione.
Se nella percezione, il dato esteriore entra attraverso gli organi di senso, quali gli occhi, il tatto, l’udito e così via, per arrivare alle corde del cuore, l’intuizione parte dal di dentro, in un processo che sembra non avere un termine preciso e netto.
Intuizione attraverso il cuore e la mente di una globalità dell’esistere che, senza rinnegare il dato fisico, senza togliere nulla alla prosaicità pur bella -a dire il vero- del quotidiano, comprende anche altro e oltre.
La dimensione filosofica non è certo estranea al Collini, che indubbiamente ricorda la perfezione di una sfera parmenidea, che tutto tiene secondo ordine e giustizia: ma al tempo, Collini avverte la pressione urgente dell’esistenza temporale che vede lui e noi, gli altri, vivere nelle metropoli, in spazi apparentemente asettici, che ci vede percorrere le strade che quotidianamente logoriamo di giorno e di notte, sotto lo sguardo luminoso di alti lampioni di città e periferia.
Nell’opera non ci sono gli avanzi del nostro vivere, non ci sono i rifiuti della nostra civiltà piena di benessere e di contraddizioni.
Quello che appare è una città sorprendentemente pulita, liberata da tutte queste scorie accessorie che distolgono dall’essenza del tutto.
Assente anche l’uomo: ma- come si diceva- la dialettica di Collini, che oscilla tra pieno e vuoto, tra assente e presente, altro non è che accostamento tra il particolare e l’universale, senza nessun riferimento al tema dell’assurdo tanto caro a Ionesco. E’ vero che l’assenza a volte è più presente della presenza e che le sedie di Ionesco, per quanto vuote, sono le protagoniste assolute di un atto teatrale, ma qui in Collini, l’assenza è presenza di un’entità superiore all’uomo, di un afflato sospeso che sta a mezz’aria, svelandosi a guisa di polvere in alcune partiture che adombrano, senza per altro celarlo, parte dello spazio pittorico.
Anche l’artista, il pittore, sta fuori dalla sua tela, che diventa luogo di svelamenti e apparizioni fulminee e durature.
Un’atmosfera sospesa, magica si direbbe, che diventa nel colore sempre calibratissimo, campitura geometrica perfetta, raffinata fuga prospettica, luce radente e poeticamente allusiva, traduzione seppur limitata di ben altra perfezione che comunque trova nel rapporto e nel numero la sua espressione: si pensi alla divina proporzione presente nelle forme arboree, nel non ti scordar di me, ad esempio.
Un esempio appunto di un quotidiano che, per quanto effimero, mutevole, vive per questa proporzione non certo umana che lo innerva, anzi che lo ha fatto nascere e sviluppare.
L’assoluto rigore prospettico-formale, che si traduce in spazialità immota e quasi matematica, non esclude la presenza di una zona d’ombra, di un sipario: come non pensare alla sottile polvere di uno strumento musicale di Baschenis, simbolo di un tempo che corre e che lascia il segno, ma che significa anche che non sempre la dimensione del divino è così visibile e sfacciata.
C’è una sorta di velo, quasi velo di pudore, che s’intromette tra l’occhio umano e ciò che sta oltre: forse è il caso di capire che siamo piccoli uomini, dotati di grandi capacità, d’accordo, ma in questo momento è il caso di abbassare la testa e gli occhi.
Che succeda quel che deve succedere.

Luciana Schiroli

Inaugurazione martedì 28 ottobre ore 18

Galleria Vinciana
via Pietro Maroncelli, 13 - 20124 Milano
Orari: da lunedì a venerdì 10-12.30 / 16–19

IN ARCHIVIO [5]
Mimmo Germana'
dal 19/4/2010 al 30/5/2010

Attiva la tua LINEA DIRETTA con questa sede