I quadri di Bayter prendono i colori freddi della notte illuminati del primo albore. In mostra le vedute dei luoghi piu' cari all'artista Genova, Stoccolma, Venezia, Parigi, una serie di disegni su carta e un'installazione sonora.
a cura di Emanuele Beluffi
La galleria Nuovospazio Arte Contemporanea presenta la personale del giovane pittore Federico Romero Bayter (Santa
Fè De Bogotà, Colombia; 1981). "Amanecer", "alba". I quadri di Bayter prendono i colori freddi della notte
illuminandosi del primo albore. Viaggi per immagini improntati a una lettura intima del Sublime romantico, questi
nuovi paesaggi rappresentano le visioni di chi ha fatto della pittura il proprio mestiere. Accoglieranno il visitatore le
vedute dei luoghi più cari a Bayter, Genova, Stoccolma, Venezia, Parigi, una serie di disegni su pregiata carta a mano
custoditi cassetti d'antica fattura e un'installazione sonora.
Il punto, innanzitutto. Il segno d'interpunzione all'interno del titolo è un vezzo dal riferimento
illustre. Fu battezzato Nachtwachen. Von Bonaventura (Notturni. Di Bonaventura), agli albori
del Romanticismo, quel libretto redatto in forma di taccuino in cui si narravano le
peregrinazioni notturne del guardiano Kreuzgang che, armato di picca e corno, perlustrava la
città avvolta nelle tenebre assistendo ai suoi incredibili scenari di vita e di morte. Del tutto
inutile che cerchiate la succitata operetta letteraria nella libreria in centro: la più recente delle
uniche due edizioni italiane esistenti sul globo terracqueo risale al 1984. L'anonimo autore dei
Notturni, il misterioso Bonaventura, restò senza volto per lungo tempo e il suo libro non
conobbe fortuna, puntellato com'era di abominii e imbeccate ciniche. Ma fu l'epitome, per
quanto parziale, di una sensibilità “classica”, tipica della temperie romantica e degli spiriti ad
essa affini, fossero pittori, filosofi o scrittori. In vero la scrittura fu l'espressione che per certi
versi li accomunò tutti, quando consegnarono alle pagine di un diario le annotazioni dei loro
viaggi. Si veda il Taccuino italiano Schopenhauer, dove la descrizione dei luoghi era
immancabilmente rimpiazzata dalle riflessioni personali del filosofo scrittore. In fin del conto, il
suo taccuino era solo un pretesto per continuare a parlar di sé.
Ma torniamo al punto, della situazione e del titolo della mostra. Amanecer "alba".
Amaneceres. De Bayter è un inciso che isola i due termini della relazione, come Notturni. Di
Bonaventura. Denota un'immagine - l'alba - fissandola come un quadro sussistente. E dopo il
punto la completa riferendola all'autore, unico individuato e singolo. Al quale, diversamente
dall'autore dei Notturni, che dovette assicurarsi dagli strali moralistici dei borghesucci
dell'epoca, non corre l'obbligo di celarsi dietro a uno pseudonimo. I quadri di Bayter respirano
la luce del primo albore crepuscolare e garba pensare che partecipino dell'attitudine dei
Notturni esprimendone in certo senso l'afflato. Cionondimeno, essi rappresentano un tributo
alla meraviglia della visione, tralasciando quelle espettorazioni di crudo cinismo che
contraddistinsero le veglie del guardiano notturno Kreuzgang.
Il punto della situazione è tutto qui: come disse il Giusti, «il fare un libro è meno che niente/se
il libro fatto non rifà la gente». E fare un libro è come fare un quadro. Encomiabile poi, che il
facitor di quadri sortisca l'effetto del facitor di libri.
I “notturni” di Bayter sono taccuini molto speciali. Anche lui, come il giovane Schopenhauer
(che all'epoca del Taccuino italiano più o meno suo coetaneo), ha viaggiato molto. E di
artisti viaggiatori si trova gran copia, soprattutto nell'Ottocento. Era il fascino esercitato dallo
spettacolo naturale e l'ansia del meraviglioso, a muoverli. Non disgiuntamente da quel senso
del sublime caratterizzò il climax romantico dell'epoca. E furono in molti a consegnare alle
pagine di un diario i sommovimenti del loro animo.
Bayter non fa eccezione. Ma codesti suoi quadri rappresentano viaggi per immagini improntati
a una lettura personale del Sublime romantico. E, al pari del Taccuino Schopenhauer, che
tutto fu tranne che un taccuino, vanno al di là della narrazione. Sono quadri figurativi non
narrativi. Più che una reminiscenza, i “taccuini” di Bayter rasentano la devozione per ciò che
egli vede. Non un omaggio a ciò-che-vi-è (le bottiglie di Giorgio Morandi, le cicche di sigaretta
di Gianfranco Ferroni), ma il riconoscimento di un campo ridotto egualmente privato: le sue
città, Stoccolma, Venezia, Parigi e l'amatissima Genova. Colte nel momento in cui i colori
freddi della notte si illuminano del primo albore. Viaggi, non di immagini ma per immagini,
sorta d'un transitarvi attraverso. Vedute che riflettono il contesto storico in cui Bayter si trova
a vivere - pensate agli esiti che avrebbero raggiunto Turner, Constable, Friedrich se avessero
potuto spostarsi celermente come oggi.
Heri dicebamus, il fascino del visibile. Il lavoro di Bayter introduce in questa occasione un
elemento di forte novità rispetto al recente passato, preservando al contempo la continuità
dello stile. Riconoscibile e personalissimo. Egli traspone su tela la sua visione magnificante del
paesaggio, un'impressione privata del Sublime romantico che in questa fase del percorso
creativo lo affratella a uno dei pittori cui si sente più legato, Joseph Turner. I quadri di Genova,
Stoccolma, Parigi e Venezia possono - nel senso che hanno la possibilità di - raffigurare
qualsiasi posto perché rappresentano un sentimento per dir così "senza vestiti", il Sublime che
i pittori e i filosofi dell'età Romantica identificavano nella potenza della dismisura e che nella
poetica di Bayter prende la forma di quello che ci piace chiamare il "magnificante".
Si tratta del
medesimo concetto: lo Pseudo Longino autore del trattato Del Sublime descrisse come
«l'eco di una grande anima» e Immanuel Kant lo tematizzò come l'espressione della possibilità
di oltrepassare la finitezza umana. Il sublime era essenzialmente un piacere misto a dispiacere.
Dalla tonalità affettiva negativa, perchè poneva l'uomo di fronte alla sua finitezza pur
testimoniandone la destinazione ultrasensibile. E sebbene nella poetica di Bayter il piacere
occasionato dal sentimento del "magnificante" sortisca una tonalità affettiva positiva, aliena
com'è dalle scorribande nella metafisiche, pur tuttavia l'appercezione di detto piacere si
accompagna al riconoscimento di una teoria della pittura che va al di là della categoria
puramente stilistica. Il Sublime che germina in questa sorta di privacy si esprime
così attraverso la personalissima categoria estetica del "magnificante", impressione esercitata
dal mondo sul cuore di un vedutista della contemporaneità che ogni tanto vorrebbe sentirsi
come quei pittori che viaggiavano col taccuino in mano e lo sguardo pronto ad accogliere le
magnificenze della visione.
Perché raffigurare un paesaggio alla luce del primo crepuscolo? O alla sera? Perché il soggetto
è sfuggente e certi accadimenti succedono solo di notte. E l'acqua, che rappresenta un po'
l'elemento portante della produzione di Bayter, è lo specchio su cui si rifrange il colore freddo
della tenebra, che in uno di questi quadri va a definire una sorta di amanecer . L'acqua
è l'elemento che investe di sé le opere anche fisicamente: la pioggia prosegue i disegni di
Bayter, esposti al precipitare casuale delle innumerevoli gocce che rovesciandosi sulle pregiate
carte a mano d'India e Sicilia formano inediti pigmenti e macchie di colore. Il caso, non il
pittore che ad esso s'affida, incide qui i propri segni. E' il riconoscimento della natura come
elemento di disturbo: Bayter perde volontariamente il controllo della tecnica per consentire
l'intrusione della vita là fuori nei quadri. (Anche) questo è il mestiere della pittura. E così
s'intende la tecnica, nata per esser distrutta ogni tanto: ad esempio facendo asciugare i
pennelli per poi raschiare la superficie segno per segno, strutturando il film pittorico attraverso
questi "graffi". Bayter disegna col pennello. Perché il disegno è il fondamento della pittura.
Gliel'ho sentito ripetere anch'io in occasione dei frequenti incontri a Zena, che i più grandi
pittori sono anche grandi disegnatori. (Testo critico di Emanuele Beluffi)
Catalogo in galleria
inaugurazione 14 Novembre 2009, 18.30
Nuovospazio arte contemporanea
via Calzolai, 24 - Piacenza
Orari di apertura: lunedì - sabato 10-12.30 e 16-19.30
pomeriggio e domenica su appuntamento
Ingresso libero