12_11_2014 - Che prospettive per le azioni collettive?

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Indice :

1 Now happening at the Design Biennale

2 3_11_2014 - Cos'è il futuro Oggi?

3 5_11_2014 - Quale futuro per gli spazi pubblici?

4 12_11_2014 - Che prospettive per le azioni collettive?

5 22_11_2014 - Il futuro dell'artigianato è in città?

6 1_12_2014 - Quale Biennale?

7 20_02_2015 - Quale eredità?


Ogni mercoledì alla Galata Greek School, Broadcast Department dalle 17:00 alle 19:00 hanno luogo i 'Talk to us' Panels, incontri con i designer ospiti, gli organizzatori e i professionisti della manifestazione per confrontarsi su differenti visioni del futuro, guidati da main topics e domande chiave.


Mercoledì sera Meriç Öner ha moderato la discussione tra i membri di Institute of Creative Minds, Architecture for all – herkes için Mimarlık, Fala Atelier e Rotor rispetto al tema "The future of...Collective Actions".
Non ho potuto seguire l'incontro dall'inizio, ma al mio arrivo ho constatato come la presentazione dei progetti avesse lasciato presto spazio al confronto tra ospiti e pubblico. I designer hanno illustrato i propri lavori in un'ora scarsa, prediligendo invece il confronto con gli spettatori, in controtendenza rispetto alla conduzione classica della Public Talk; questo rovesciamento di equilibri ha smosso l'ambiente e segnato l'effettivo inizio del Panel.

Nell'ora precedente si è visto come il comune interesse nel contatto con la dimensione pubblica è stato declinato dai designer in progettualità molto differenti tra loro.
L'Institute of Creative Minds, network di professionisti di base a Istanbul, ha presentato il progetto Gastronomika ospitato negli spazi di SALT Beyoğlu, che ha posto la provocatoria domanda "höşmerim, the Turkish cheese dessert, can be as cool as cheesecake?" creando workshop culinari e talk sulla cultura culinaria anatolica per discutere con il pubblico, coinvolto in prima persona, delle derive della cucina standardizzata nell'epoca globale (http://yaraticifikirlerenstitusu.com/).
Fala Atelier è per sua natura dinamico: nei diversi progetti il gruppo di lavoro si espande o contrae accogliendo specialità e punti di vista differenti, sotto la guida dei fondatori Filipe Magalhães e Ana Luisa Soares. Il giovane collettivo portoghese approccia la dimensione pubblica a tutto tondo: per loro stessa ammissione la piazza virtuale della rete è fondamentale per la concezione e concretizzazione di nuovi progetti. Il network di collaboratori viene alimentato e sostenuto grazie ai principali social, mantenendo il sito come vetrina principale costantemente aggiornata (http://www.falaatelier.com/).
Il gruppo di Architecture for all – herkes için Mimarlık ha partecipato ai moti di Gezi Park e continua il suo percorso stressando la qualità della progettazione collettiva, considerata capace di portare alternative alla progettazione 'up to bottom' istituzionale e rinnovare i contenuti per una pertinenza maggiore alle urgenze locali (http://herkesicinmimarlik.org/).
Rotor è un collettivo formato da industrial designer e architetti interessati a mettere in discussione, attraverso progetti pratici, le convenzioni sui cicli di produzione ed uso dei materiali di costruzione, un approccio che si estende all'etica progettuale, dove si punta all'annullamento di ruoli predefiniti a favore di una ridistribuzione flessibile di poteri e responsabilità a seconda delle necessità del momento (http://rotordb.org/).

La discussione col pubblico è partita da alcuni interrogativi propri delle differenti ricerche: qual'è il ruolo dell'individualità nella progettazione collettiva? Quale impronta dare al processo stesso, ed è necessario farlo? In quale modo il processo può generare una effettiva 'mente collettiva'? Come raggiungere il proprio obiettivo senza perdere il focus e senza generare più problemi che azioni utili? In ultimo, è effettivamente necessario porre un obiettivo o è più giusto lasciare che ogni processo si autodefinisca nei suoi meccanismi ed esiti?
Il confronto è stato decisamente movimentato; i secondi di sospensione per la traduzione in real-time e le interpretazioni condivise di frasi altrimenti intraducibili non hanno pregiudicato la chiarezza della comunicazione.
Il neonato 'gruppo di discussione' ha proposto dei punti chiave a parziale soluzione dei precedenti interrogativi, tentando di fornire delle 'linee guida' per l'azione collettiva. Il punto di partenza, forse non così scontato è l'effettiva necessità di un intervento: l'azione deve nascere da una 'scintilla locale' e conseguentemente venire coordinata da chi vive il luogo, con l'ambizione di formare un'entità organica in cui abilità locali e contributi estemporanei contribuiscano a prolungare l'impatto dell'iniziativa. In questa prospettiva, l'apporto del professionista deve necessariamente rientrare nell'ottica del 'noi', aprendo l'abitudine progettuale personale alla contaminazione e alla condivisione delle responsabilità; un punto importante soprattutto per Rotor e Architecture for all, che hanno sottolineato durante tutto il dibattito come "every partecipant is creating 'we', hence is not superior to the community". Un altro punto critico ha riguardato le aspettative rispetto all'azione: dalla discussione è apparso chiaro come "the community is the decision maker, raising issues and providing with opportunities; given this, every process defines itself, depending on the people involved and the resources available"; i designer con questa affermazione hanno voluto promuovere un approccio progettuale fluido, il cui funzionamento organico si basi sul confronto continuo tra le parti coinvolte nell'azione e che non sminuisca il valore di un impatto estemporaneo.

Queste premesse hanno portato in modo naturale a un riesame degli eventi di Gezi Park, che ha visto l'organizzazione spontanea di gruppi eterogenei di cittadini attivi nel costruire strutture provvisorie per le esigenze della vita di piazza, produzioni poi documentate da Architecture for all nel progetto 'Occupy Gezi architecture' esposto qui in Biennale. Gli stessi membri del collettivo hanno concluso l'incontro con una riflessione sulla necessità di una 'etica progettuale' degli spazi pubblici nel contesto nazionale, animato da una realtà edilizia freneticamente attiva ma poco attenta ai contenuti dei nuovi ambienti e delle architetture moderne, risultando in una "production without clear purposes" che non considera le problematiche culturali, sociali e relazionali connesse alla definizione e alterazione dei luoghi.
Tale analisi acquista particolare importanza pensando alla realtà urbana di Istanbul, una metropoli da quasi quindici milioni di abitanti la cui maggioranza vive la propria quotidianità tra gli stratificati complessi abitativi, gli uffici e i poli commerciali delle zone popolari, lontano dal fascino dei monumenti di epoca ottomana e dal glamour dei principali distretti occidentali e orientali che affacciano sul Bosforo. Gli enormi distretti che si sviluppano alle spalle della città storica aprono alla vista un orizzonte indifferenziato di alture, affollate da sequenze di palazzine condominiali e imponenti edifici che ospitano punti vendita per grandi marche o uffici di grandi società locali, un paesaggio animato dall'intenso scorrere del traffico nelle grandi arterie stradali e dal denso sciame di pedoni in transito.

Questa vasta ma ipercompattata dimensione urbana è il risultato delle politiche di sfruttamento del suolo in risposta alla massiva immigrazione che ha caratterizzato la storia recente della città e che ne ha definito aspetto e mole odierni. La temporanea presenza di designer stranieri affini all'architettura potrebbe rappresentare quindi un'occasione per avvicinare differenti sguardi a questo complesso paesaggio urbano, sociale e culturale, alimentando la produzione di scenari progettuali altri in dialogo con i residenti e aprendo nuove prospettive sulla lettura e l'esperienza dello spazio pubblico quotidiano popolare a Istanbul.
Rimane da capire quanti degli ospiti della Biennale abbiano effettivamente intenzione di esplorare e comprendere tale territorio, al di là dell'affinità teorica ed etica dimostrata in questa Public Talk alla Galata Greek School.

Elena Malara


Le altre sezioni: 

Interviews 
http://www.undo.net/it/my/TasarimBienali2014/305/832

Impressions from the city 
http://www.undo.net/it/my/TasarimBienali2014/304/831

Ulteriori informazioni su Istanbul Design Biennial
http://www.undo.net/it/mostra/182795


Fotografie dell'autrice dove non altrimenti specificato.




Gastronomika - foto di Oğulcan Ekiz



Gastronomika - foto di Oğulcan Ekiz



Gastronomika - foto di Oğulcan Ekiz



Architecture for all - Occupy Gezi Architecture