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Il primo intervento di Maddalena ha proposto una riflessione sul senso delle parole, di ciò che oggi viene considerato legittimo e legale e ciò che è considerato illegittimo, illegale; sul senso comune figlio di questi decenni, che ci porta a pensare che lecito sia ciò ce non disturba le istituzioni.
Così come sul concetto di bene comune, di come esso sia concreto, non astratto, e in quanto tale oggetto di una lotta specifica. Ha inoltre sottolineato come lavoratori dell'arte sia prima di tutto una lotta politica composta da teoria, azione e rapporto con la rete nazionale.

Paola chiede: Come si fa a essere radicali in arte? Come si ottiene il consenso, come si crea la percezione dell'arte come bene comune, soprattutto in coloro che si occupano di arte?

Emanuele risponde portando l'esempio della giornata spesa al Pac. Del fatto che il 3 abbiamo usato lo spazio del Pac in modo inedito e lo abbiamo aperto gratuitamente a tutti i visitatori. Di come questo sia un gesto politico, di rottura, di autodeterminazione. Del fatto che abbiamo creato questo nome “Padiglione di Arte Comune” e di come questo si porti dietro la possibilità di lavorare dentro a questo spazio senza che esso sia necessariamente spazio fisico ma luogo dotato di un suo senso, quello cioè costruito in questi mesi.
Cita anche un articolo uscito su e-flux che riflette sul termine occupazione, su come questo sia oggi ambivalente in quanto occupazione come azione politica dal carattere movimentistico e occupazione in senso lavorativo, applicazione del termine, questa, recente. Quindi la domanda è “Come rioccuparsi del valore prodotto dal nostro lavoro? Come attuare pratiche dove l'espropriazione del lavoro non sia messa in atto?
Abbiamo bisogno di capire che possiamo fare la differenza.

Anna si/ci chiede “Che cosa manca a milano?”. Sente la necessità di un riavvicinamento della società civile alla cultura, di uno spazio che interagisca con la cittadinanza, sviluppando un metodo ed una reale comunicazione. Pensa alla cultura come ad un servizio per la cittadinanza e propone anche gruppi di lavoro per capire come declinare il lavoro creativo in pratiche.

Aria propone l'esperienza dei 100autori, gruppo di operatori del cinema, come esempio di un processo molto legato alle specifiche esigenze di milano, che seppur nella specificità di settore si inserisce in una rete eterogenea, e di come questi guardino ai lavoratori dell'arte come gruppo strutturato
(la modalità che ci è riconosciuta è più visibile dall'esterno che dall'interno, ci è riconosciuta una pratica)
Forse, essere radicali è questo, Calarsi dentro una lotta che magari non è proprio la tua ma che ci assomiglia e fa parte di un percorso eterogeneo e multidisciplinare..

Piero?
Intervento corale?
Forse occupare significa questo: occupare il modo in cui l'istituzione governa la cultura, creare nuovi parametri.
Nuovi parametri sono quelli richiesti da tutte le categorie di lavoratori che si stanno mobilitando oggi. Allora forse il punto è questo, individuare il minimo comune denominatore di questa lotta.

Marcella racconta della giornata organizzata al Teatro Valle a Roma dedicata alla presentazione della rivista A.R.I.A. underground del gruppo Artisti Romani In Assemblea. Prima di tutto ci tiene a raccontare di essere stata colpita dalla gestione del teatro, dalla pulizia e dall’efficienza, dal senso di apertura e di vitalità dello spazio, e ci tiene a sottolineare come al di là di eventuali critiche, il Valle occupato è importante perché dimostra che è possibile autogestire un luogo rispettandone la sua storia e la sua funzione. Quello che Marcella ritiene premessa fondamentale quando parliamo del teatro Valle occupato è che ciò che si pensava impossibile, ovvero ciò che prima non c’era, attraverso l’autoorganizzazione e l’autodeterminazione è diventato possibile e reale, qualcosa quindi che non si può più ignorare, un precedente con cui bisogna confrontarsi. Inoltre aggiunge che i suoi amici romani ritengono all’unanimità che il teatro valle sia il luogo più interessante a Roma in questo momento!
Riguardo alle impressioni della giornata dedicata a A.R.I.A: siamo stati chiamati a intervenire alla assemblea pubblica coordinata da Alfredo Pirri su i temi emersi da i vari gruppi di lavoro di A.R. I. A. Bar , Museo, Scuola, Rivista. Quello che ha colpito Marcella è l’assenza di un disegno politico ovvero la spaccatura tra una dimensione politica e artistica. Parlando di Museo sono ignorati tutti i problemi relativi a come gli spazi pubblici sono stati gestiti in questi anni e alla possibilità di proporre nuovi modelli che non siano “occupare gli spazi dei bagni o delle finestre per possibili interventi” . Racconta inoltre come dopo l’intervento di Emanuele all’assemblea siano emerse contraddizioni tra il gruppo di Occupiamoci di Contemporaneo, A. R. I. A. e il la Consulta e di come in breve l’assemblea sia diventata molto più vivace!!

Ferdinando rileva come la pratica dei lavoratori dell'arte sia generata da due parti, una sociale che allaccia e trattiene relazioni e una di lotta che scopre anche facce, parole e linguaggi. Le due, simbiotiche non si possono scindere. Questa pratica è infatti, fatta di corpi cui appartiene una metodologia che deve essere strutturata sia attorno al legame profondo che unisce i lavoratori dell'arte con il movimento e la situazione politica sia dalla natura stessa di “lavoratori dell’arte”. 

Masu racconta dell'esperienza in atto a giarre, dove è stato occupato, anche da lui, uno stadio per il polo, edificato a partire dal 1985 e mai ultimato, e che domenica ha visto giocare la prima partita di polo, quella che aspetta da 25 anni, fatta di cavalli di cartone, e molti cittadini che usano questo spazio in modo assolutamente non legato alla delega. In questo tipo di pratiche, dice, dobbiamo inserirci, è questo il linguaggio che dobbiamo masticare. Dove la pratica è anche visibilità, che non significa pubblicità, significa costruzione pubblica di una nuova identità.
Che si può fare in tanti modi, fra cui partecipare ad un dialogo con le istituzioni, che può voler dire frequentare massivamente i tavoli di lavoro di boeri, o come è successo a giarre, mandare comunicazione al comune che dice “se entro 30 giorni non avremo risposta procederemo in questo modo” ed a fronte del silenzio è nata l'occupazione dello stadio.

Anna sottolinea ancora come il punto sia l'obbiettivo che ti poni. Come questo determini pratiche, intese come azione e teoria.

Daria racconta come uno dei punti fermi per cui è entrata nei lavoratori dell'arte sia determinato da ciò che “lavoratori dell'arte è e ciò che non è”, non è il luogo dove portare le proprie personali frustrazioni, non è terapia di gruppo, non è la mia pratica curatoriale che porto avanti professionalmente. E' politica, è una lotta, è resistenza e proposizione.
Il Pac è un risultato che ha legittimato le nostre parole. Ha determinato il nostro posizionamento consentendoci di essere riconosciuti interlocutori validi per realtà quali il valle, il sale, così come i metalmeccanici, i lavoratori dell'esselunga, gli operai che occupano le fabbriche, i 100autori.. etc
Ora sarebbe un errore abbassare il tiro, bisogna fare come il pac, di più e meglio. Ricordandoci che va rispettato questo processo che è in atto da tempo, e che il nostro interlocutore non sono le istituzioni, ma è la cittadinanza.

Piero: Occorre forse riscoprire il valore del lavoro. Forse può essere utile portare le nostre pratiche professionali dentro ai lavoratori dell'arte.

Paola: Se è vero, come mi sembra di capire, che le nostre sono pratiche radicali, allora forse questo terreno sgombro che nasce dal fare un passo indietro è quello già occupato, anche dalle nostre professionalità. Allora forse si può rendere visibile, mostrare ciò che si sta facendo. Appoggiandosi però ad una teoria, ad una lucida ricerca di contenuto e linguaggio.

Ulisse: Quando ho letto i primi documenti dei lavoratori dell'arte sono rimasto impressionato dalla vicinanza che ho sentito con le mie urgenze, le mie necessità, anche se io non sono un lavoratore dell'arte. Credo che la sfida sia non rappresentare solo se stessi, ma rapportarsi alla contingenza economica e politica, alle esigenze di vita, alle aspirazioni comuni. Comuni di tutti i lavoratori. Quindi guardare alle definizioni giuridiche e contrattuali. Chiedersi quali sono oggi per noi i beni comuni, concretamente, riflettere sulla gestione di servizi. Con l'obbiettivo di riappropriarci della ricchezza che ci è stata sottratta. Per esempio si potrebbe pensare di creare, come lavoratori dell'arte un gruppo di sostegno agli altri gruppi che stanno facendo lotta politica, attraverso gli strumenti e le competenze proprie.

Marcella Concorda pienamente con quanto detto da Ulisse e aggiunge che il punto fondamentale è proprio uscire dalle sovrastrutture di settore, bisogna uscire, aprirsi, lavorare sulla stessa linea economica degli altri settori. Come creare nuovi modelli economici che possano aprire nuovi spazi di libertà e dare vita a nuove realtà, nuove comunità fuori dalle consuete logiche corporative, competitive e asfittiche tipiche del sistema dell’arte in Italia ? è da questo tipo di domande che bisogna partire.

Franz: Mi sono piaciuti molto un paio di concetti emersi stasera, uno è questa possibilità, questo spazio che si crea facendo un passo avanti e poi un passo indietro. Voglio farvi una proposta: potremmo occupare per un giorno il centro stampa del Comune per costruire una pubblicazione nostra.

Ferdinando: Dobbiamo creare un'assemblea attiva, delegare a gruppi di persone compiti, avere la forza di essere rappresentati anche da parole diverse, da persone diverse.

Marcella propone di poter organizzare a Brera un incontro con Valerio e magari via Skype con Aria sul tema dell’autoformazione per cercare di attivare all’interno dell’accademia un gruppo di lavoro sul tema della formazione artistica.

A questo punto, su stimolo di Francesca cominciamo, tutti, a discutere sulla struttura stessa del gruppo, su come rendere l'intero processo pubblico, sulla difficoltà di rispettarne la coerenza e i contenuti rendendolo inclusivo e di come evitare dinamiche di esclusione. Assodato che c'è l'interesse ad occuparsi di stabilire una metodologia e dinamiche realmente pubbliche, che si mostrano in corso d'opera ci salutiamo con la promessa di lavorare a possibilità e proposte nelle prossime settimane per ottenere questo risultato.
Fra le criticità:
-l'essere inclusivi e condividere posizioni, testi.. etc con tutti coloro che ci mettono il corpo e la faccia
-la necessità di avere una linea condivisa, chiara, dove pratica e teoria si sposino
-il capire che “lavoratori dell'arte” è un processo politico che ha una sua propria pratica e che essere inclusivi non significa discutere ogni volta della sua natura, ma significa rispettare il processo in corso tutelandolo e consentendogli di andare avanti e non fare passi indietro
-la necessità di avere un luogo di riferimento (fisico e mentale:bar, sito web, arcibellezza) e diverse attività, con tempi e livelli diversi (ludiche, settimanali, bisettimanali) ma che siano dichiarate quindi accessibili a chi ne ha la volontà
-la sovrastima o sottostima dell'assemblea pubblica, inteso come strumento (quindi costituente, di consenso, di confronto)
-l'importanza di metterci il corpo e la faccia così come solide basi teoriche
-la necessità di lavorare sulla costruzione di un linguaggio comune ed in un ottica di proposizione, costituente, non cinica e non di critica negativa
-la questione tempo cioè rendersi conto che il tiro è alto e dedicarsi a questa cosa significa anche spenderci 5 ore al giorno, valutare la reale intenzione di spendersi per questo
-la necessità di fare autocritica e di avere delle regole: il che significa ad esempio che se l'assemblea decide qualcosa non può essere rimesso in discussione dopo 2 giorni da chi in assemblea non c'era, e che rispettare il processo significa anche mettersi in ascolto e capire se è questo il processo che mi assomiglia e quindi entrarvi con consapevolezza
-La questione dei tempi e dei luoghi è fondamentale: per esempio un tempo di inizio e un tempo di fine dell’assemblea ; Stabilire e diffondere a tutti l’appuntamento assembleare almeno una settimana prima.
-Come evitare che ci sia un gruppo con relazioni più forti, che si vede spesso e che dia l’impressione di organizzare tutto? la proposta di Anna di dividersi in tavoli di lavoro su tematiche precise può aprire nuove possibilità nuove relazioni e nuove aperture.

-Fra le proposte emerse:
-un rizomatico sito web, che sia autonomo e dedicato ai lavoratori dell'arte (con parti dedicate a tutti gli altri lavoratori e cittadini), dove raccogliere contenuti e proposte, condividere testi in corso d'opera, esplicitare gli appuntamenti, da pensarsi come uno spazio sia fisico che mentale.
-Creare un appuntamento fisso assembleare ogni due settimane (arcibellezza? Alternative?)
-Creare un appuntamento fisso settimanale più informale, che potrebbe essere ospitato da un bar o simili (proposte sul dove?)
-Altro?