Marco Giusti, testo introduttivo al lavoro Audience di Marco Calò

Vai alla homepage di Prosecco e pop corn

10 di 11

Indice :

1 Scopri tutti gli appuntamenti e i contenuti speciali della rassegna

2 AGRODOLCE

3 SPECCHIO RIFLESSO

4 PELLICOLE

5 Introduzione al primo focus: AGRODOLCE

6 SORRIDI!

7 La fotografia è un elettrodomestico spettacolare

8 Terra di mezzo

9 Lo spettatore come cavia

10 Marco Giusti, testo introduttivo al lavoro Audience di Marco Calò

11 PUBBLICO DI MERDA!




Marco Calò,L'uomo tigre, Audience, 1996-1997

Per chi si produce televisione? Per chi si fabbricano le nostre immagini? Abbiamo veramente coscienza di chi ci guarderà e di come ci guarderà? In tanti anni di televisione fatta, vissuta, vista, credo di non aver mai pensato alla faccia del mio spettatore nell'attimo che guardava un programma. Dove stava, cosa faceva, cosa guardava. Eppure non esiste televisione senza lo spettatore. E la prima cosa che si fa la mattina dopo di ogni messa in onda è la conta auditel di quanti ti hanno visto. In percentuale, in numero.
Lo spettatore è il tuo giudice, il tuo killer, il tuo salvatore. Quanti spettacoli sono stati eliminati perché scendevano al 7, al 6 per cento. E tutti abbiamo sicuramente attivato qualche trucco per catturarlo , mentre sta cambiando canale, mentre vorrebbe andare al bagno, mentre si sta appisolando e ti tradisce, mentre mangi al tavolo cono moglie e figli e preferisce parlare di quel che ha fatto nella giornata che guardare quello che hai fatto. Eppure non me lo sono mai immaginato. Ho pensato, al massimo, al mio dovere morale, da soldatino di piombo, di fornire delle immagini , delle sensazioni, delle frasi che avessero un senso, un valore prima di tutto per me. Di sapere sempre, di avere coscienza di quello che mandavo in onda. Ma l'attimo meraviglioso della creazione del rapporto tra chi ha costruito un'immagine televisiva e tu che la guardi, beh... Eppure il massimo piacere per chi fa televisione, soprattutto televisione giornaliera cotta e mangiata, giornaliera, è proprio il chiudere un programma e rivedersi in onda dopo poche ore, pochi minuti. Solo allora seri veramente completamente autore e spettatore di quello che hai fatto.
Guardi le tue immagini da uno schermo della messa in onda della Rai, o da uno studio dove hai montato fino a quel momento. In qualche modo equivale all'attore sulla scena che guarda per un attimo il suo pubblico.
E vede cose che non pensava, e capisce i suoi errori, i suoi difetti. Ma già pensare a tuo padre, a tua madre, mentre guardano quello che hai fatto fa parte di un'altra situazione, estremamente privata, che per censura, forse personalissima, escludo in partenza.
Certo, noi stessi spettatori, abbiamo visto grandi eventi storici in tv mangiando, partite memorabili facendo l'amore, sciagurati talk show prima di andare a dormire. E come siamo noi stessi davanti alla tv ci riporta a qualcosa che, forse per me televisivo, svela troppo, è facilmente oscena. Perché proprio quell'attimo che separa quel che sto mandando in onda da tu spettatore che guardi, è qualcosa di così privato, di così personale che solo a pensare di rimetterlo in scena, nella sua realtà, non può che coinvolgere qualche complicazione artistica.
Ma forse è di questo che stiamo parlando.

Marco Giusti, 2000