RICOGNIZIONE EUROPA
All'interno dell'infoteca si è
raccolta una selezione alquanto essenziale di materiali. Il senso
vorrebbe però essere quello di restituire un certo clima
internazionale: è il clima che si respira in situazioni
analoghe presso altri spazi espositivi, festival ed istituzioni
ospitanti attività legate ai nuovi dispositivi di creazione
dell'immagine, luoghi, che peraltro non è assolutamente
detto siano i più indicativi e realmente deputati a
sostanziare in tutta la sua necessaria parzialità il discorso
a seguire.
Ne esce una panoramica a volo d'uccello,
niente, cioè, a che fare con ipotesi di sistematicità
ed
esaustività, ma piuttosto una
veloce ricognizione con alcune rapaci picchiate laddove si è
'sentita' necessaria una sortita.
In primo luogo bisogna sottolineare
che il panorama mondiale è in fondo ben diverso da quello
alluso da certe mitologie nazionali. Il quadro dell'attività
editoriale rispecchia abbastanza bene la struttura di produzione
e diffusione delle nuove arti elettroniche.
Esso è all'estero, come in Italia,
discontinuo, trasversale e tutt'altro che abbondante.
Lo si restringerà comunque in
una dimensione europea, vuoi per la sua relativa 'alta densità',
vuoi per problemi reali di attendibilità.
Le aree geografiche che producono arte
elettronica coincidono grosso modo con le aree dei paesi
sviluppati del primo mondo. Oltre all'Europa
una notevole attività è sviluppata in Canada, in
Giappone, in Australia e, come un universo parallelo, negli
Stati Uniti. Iniziative abbastanza costanti provengono dal Brasile
e dall'Argentina. Qualche segnale comincia a giungere dal Marocco,
dalla Turchia, dall'India e dai paesi dell'Est europeo.
Una visione 'globale' dei fenomeni
implicherebbe la stesura di una enciclopedia. La comprensione
della natura dei sistemi culturali dei diversi paesi implica
di fatto considerazioni di vario genere.
Come si può verificare di seguito
le problematiche da affrontare per comprendere ciò che
sta
accadendo in questo settore sono tutt'altro
che semplici.
A partire dai centri di produzione.
In Italia mancano del tutto essendo stata la produzione
fondamentalmente delegata alla caparbietà
degli autori o di strutture produttive private nate e
cresciute per volontà dei medesimi.
In Europa esistono alcune centrali
primarie. Il CICV (Centro Internazionale di Creazione Video) di
MontbeliardBelfort in Francia, innanzitutto (per informazioni
http://www.cicv.fr). Rappresenta in qualche modo una struttura
esemplare. Un antico edificio adibito alla ricerca ospitante laboratori
attrezzati, usufruibili su singoli progetti approvati, sale
conferenze, spazi espositivi, una ricca
mediateca. Il centro produce (finanziando
oltre che fornendo ausilio tecnologico) ma anche diffonde cultura
e dibattito sia tramite l'attività convegnistica, sia quella
espositiva sia quella, infine, editoriale. In questo panorama
fondamentali sono le monografie, raccolte sotto una collana intitolata
'Chimaera', dedicate con una certa continuità a singoli
autori. E' un tipo di produzione editoriale che si discosta
decisivamente dalle pubblicazioni (cataloghi monografici, principalmente)
solitamente realizzati dai grandi centri museali.
Montevideo ad Amsterdam è nato
con funzioni analoghe anche se è operante principalmente
su scala nazionale. Montevideo ha laboratori produttivi, sale
espositive, una mediateca e fornisce in più, un servizio
distributivo molto efficace.
In Inghilterra ricordiamo la nascita,
piuttosto recente del LEA (London Electronic Arts), al cui capo
si assommano oltre alle attività di produzione e distribuzione
anche la realizzazione di un festival
internazionale (il Pandemonium, giunto
alla sua terza edizione) e la gestione di una buona mediateca.
Sempre a Londra bisogna ricordare inoltre
la presenza dell'ICA, istituto storico e celeberrimo per il
suo precoce impegno (dagli anni Sessanta) nei terreni della contaminazione
linguistica e tecnologica.
ICA possiede attività molto
ramificate e una di queste è specificatamente impegnata
sul fronte delle arti elettroniche, anche in questo caso, producendo,
distribuendo, coordinando attività espositive e convegnistiche.
Negli ultimi tre casi l'attività
editoriale è piuttosto ristretta, funzionale alle attività,
realizzando cataloghi ragionati per i materiali distribuiti
e prodotti, singole monografie su esposizioni, l'ormai consueto
sito Web per presenziare sulla rete.
Ma il quadro produttivo è più
complesso. Fino a qui abbiamo ricordato l'esistenza di alcune
istituzioni fortemente specializzate. Ma come già accennato
queste rappresentano una eccezione e non una norma. La norma
vuole piuttosto l'incontro sporadico interdisciplinare. La vita
dell'arte elettronica si situa in realtà negli interstizi
di molti circuiti: televisivi e cinematografici, innanzitutto,
museali ed universitari in quel pulviscolo di grandi e piccole
istituzioni (pubbliche e private) che privilegiano, nel loro
statuto, l'attenzione per ricerca ed innovazione indifferentemente
dalle loro caratteristiche e dai livelli di attuazione.
Esistono dunque felici esempi di attività
produttiva promossa da televisioni (valga per tutte la politica
di Channel 4 in Inghilterra) e, legate ad essa, quella di alcune
case di produzione private. Ma le
televisioni rappresentano nella maggior
parte dei casi uno sbocco distributivo più che un partner.
Manca qui lo spazio per ragionare decentemente
sul sistema radiotelevisivo internazionale, si può solo
per accenno constatare che comunque la sperimentazione audiovisiva
trova sempre e comunque notevoli difficoltà di inserimento
nelle dinamiche di costituzione di un palinsesto televisivo. Il
risultato è che le televisioni tendono a produrre solo
laddove la produzione si confronta con la dimensione dei 'formati',
dentro o fuori dalla logica della serializzazione.
Su questa strada nascono operazioni
come 'El Arte del Video', un ciclo di una ventina di puntate
pensate per la televisione spagnola
e realizzate assemblando materiali storici e corti spezzoni,
commissionati appositamente ai grandi
nomi del panorama internazionale, impaginati con logica spiccatamente
televisiva in un 'format' che sicuramente pare voglia ammiccare
ad un target giovanile (la serie è peraltro interamente
consultabile presso l'archivio del Medialogo a Milano).
In Italia sono ben noti, con tutti
i loro pregi e limiti, i due esempi (attuali) di 'Fuori Orario'
e 'Mediamente', formato 'fuori formato' e randomico, il primo,
piuttosto tradizionale (come filosofia di fondo e non per contenuto
ed impaginazione) il secondo.
Comunque sia i due casi sono da evidenziare,
trattandosi di trasmissioni 'ospitanti' frammenti o
presentazioni e, più raramente,
opere intere, nate da contesti più strettamente sperimentali.
Ma per tornare in Europa il caso più
celebre di contenitore è quello costituito da Arte, canale
monotematico francotedesco, il
cui statuto contempla proprio la promozione della conoscenza dei
fenomeni culturali contemporanei tra i quali vanno annoverate
anche le produzioni autoriali,
artistiche, sperimentali.
Arte è meta di pellegrinaggio
necessario, assieme a Channel 4, per chi produce e cerca uno sbocco
televisivo. Ma anche in questo caso si tratta di una singolarissima
eccezione anche nel più ampio panorama nordeuropeo.
Questo scenario è quello che
porta alla fine molti giovani sperimentatori (spesso anche provenienti
da comparti formativi tradizionali come le Accademie di Belle
Arti) a provare ad inserirsi direttamente nei nodi produttivi
delle televisioni commerciali (sempre in cerca di nuovi formatitarget
e relativi espedienti linguistici, intendendo con commerciali
evidentemente anche i canali musicali come MTV, Videomusic,
...) o di stato (più chiuse in forma corporativa).Vi è
insomma una vasta gamma di
produzione televisiva che nasconde
alle sue spalle storie e 'profili biografici' sicuramente degne
di attenzione. Ma questo è un altro discorso...
Per tornare all'editoria un settore
che si può situare a cavallo tra produzione autoriale e
sistema di diffusione di massa è sicuramente quello dello
homevideo e delle videoriviste.
Tentativo inaugurato storicamente da
Infermental, fondata venti anni or sono dai coniugi Bódy,
ha
trovato lungo questi decenni svariati
approcci. Attualmente la videorivista più nota ed
attiva è Zapp Magazine, prodotta in Olanda ma costituita
da una redazione policentrica (Parigi, New York, Londra, etc.).
Zapp Magazine, a differenza però di Infermental, parte
da uno sguardo più limitato al settore delle arti visive
(con i suoi circuiti ed i suoi social events); la presenza di
videocreazioni è cioè
limitata ad una certa area produttiva
e buona parte dei servizi sono costituiti da documentazione di
performances, installazioni o esposizioni di natura più
tradizionale.
A Digione, legata alla struttura espositiva
del Consortium è nata da poco (siamo al secondo numero)
Prime Time di concezione analoga e non lontana da Zapp Magazine,
con uno sguardo assai rivolto verso l'arte contemporanea in
senso stretto.
In Italia alcuni anni fa Alberto Callari
e Carlo Isola provarono ad avviare una videozine non
documentativa, con un palinsesto cioè
di opere a canale singolo (con un tentativo editoriale e
distributivo legato all'editore Castelvecchi):
Lores. L'esperimento, di qualità, durò tuttavia
poco tanto a dimostrare quanto sia difficile questo tipo di
operazione. Se ne conserva comunque una fresca memoria.
Più stabile appare invece il
tentativo di alcune etichette di realizzare vere e proprie collane
homevideo dedicate alla produzione
autoriale.
Lasciando da parte le collane cinematografiche
di qualità prodotte dalle Major (Private Eye per prima,
prodotta dalla Columbia) segnaliamo per estensione di catalogo
e permanenza storica sui mercati internazionali Editions A'
Voir, sempre olandese, e 235 Media di Colonia.
Due cataloghi che offrono una cinquantina
di titoli ognuna a prezzi se non di mercato sicuramente al di
sotto dei listini collezionistici.
Ma l'investimento nonindustriale
evidentemente riversato in queste imprese fa sì che anche
questo
tentativo di confronto con un più
largo target abbia incontrato non poche difficoltà, rimanendo
comunque oggetto di una ristretta nicchia di distributori e
di acquirenti.
Travasando dal sistema audiovisivo
di tipo similindustriale al circuito culturale dobbiamo
affrontare il
capitolo dei festival.
Il Festival nasce dal contesto industriale
come vetrina delle nuove produzioni. Ha peraltro acquisito
negli ultimi trent'anni notevoli sfumature.
I festival di cui si parlerà poco hanno a che fare con
il contesto
di origine.
Vi sono in Europa e nel mondo festival
con tagli tematici molto diversi che vanno dalle produzioni
cinematografiche autoriali allo specifico
dei supporti magnetici sino ad arrivare agli attuali meeting
dedicati alla multimedialità
(nel senso più letterale di coinvolgimento di media diversificati,
dal video
al cdrom, alle tattics televisions,
etc.).
Fra questi ultimi dobbiamo segnalare
il Prix Ars Electronica di Linz essendo operante proprio sulla
diversificazione dei media da ormai
più di dieci anni. Rappresenta in Europa un appuntamento
centrale
scostandosi dal francese Imagina (che
è fondamentalmente una grande vetrina merceologica) e da
altre iniziative consimili. I cataloghi
di Linz sono un buon strumento per la conoscenza della storia
degli ultimi dieci anni nel campo della
sperimentazione delle nuove tecnologie. Linz ha inoltre il vantaggio
di essere uno dei pochi festival a
produrre nuove installazioni o progetti comunque pensati ad hoc.
Si connota dunque come un importante
sbocco produttivo. Di taglio analogo, ma con non meno modeste
ambizioni ma minore ricchezza di risorse è Artifices,
a SaintDenis, periferia di Parigi, frutto del lavoro di
uno specifico dipartimento universitario (che coinvolge pertanto
anche in grande parte studenti) e che si organizza ogni due
anni. La manifestazione ha un taglio specificatamente teorico
e di riflessione, a
partire da una serie serrata di incontri,
per continuare con il catalogo, una monografia (con opere inedite)
di un artista e uno spazio di aggiornamento informato e rigoroso
(http://www.labart.univparis8.fr).
Su questa scia molti festival del pianeta
hanno deciso una riconversione: il Videofest di Berlino è
solo l'ultimo.
Esula da questo scritto riflettere
su tale evoluzione. Per chi non l'abbia seguita ricordiamo comunque
che il Videofest di Berlino nasce negli anni Ottanta come appuntamento
specifico dedicato alla produzione elettronica (che in quegli
anni era costituita principalmente da videoopere per visione
in monocanale, da videoinstallazioni e dai primi esempi di grafica
sintetica bi o tridimensionale prodotta con i computer).
Si è parlato a tale proposito
in questi anni di un piccolo esodo da parte dei 'videoartisti'
verso i nuovi terreni della interazione e della comunicazione
di rete. La scelta di riconversione operata dai festival storici
diviene, seguendo questa voce, obbligata.
I cataloghi di questi festival risultano
essere ad ogni modo, se bene allineati, un patrimonio informativo
essenziale anche qualora non esprimano la cura scientifica sviluppata
per esempio nei cataloghi della Rassegna Internazionale del
Video d'Autore di Taormina (purtroppo soppressa recentemente per
non ben motivate ragioni) organizzata e diretta da Valentina
Valentini o ad altre rassegne e monografiche
impegnate principalmente sul piano
di una seria analisi e sistematizzazione storica. Tra questi repertori
'effimeri' dobbiamo anche ricordare
quello prodotto dal World Wide Video Festival di Den Haag, da
quest'anno trasferito ad Amsterdam,
quello del Viper di Lucerna, quello del festival di HerouvilleSaint
Clair nel nord ovest della Francia alla sua undicesima edizione,
quello del festival di Osnabrüch e altri ancora.
Fra gli altri festival o rassegne di
un certo peso la settimana di Saint Gervais a Ginevra, quello
di Clermont Ferrand nel centro della Francia, Videoformes, che
pubblica inoltre un'ottima rivista trimestrale (Turbulences Vidéo)
che accompagna il festival come catalogo in un suo numero, o quello
ancora organizzato annualmente dal CICV (di cui sopra, sospeso
però da alcuni anni e riconvertitosi per ora in Festival
della Creazione Multimedia On Line).
Il panorama è ovviamente più
saturo. Decine sono i festival minori che non si citano; vuoi
perché di traccia cartacea poca ne lasciano (scelta non
necessariamente opinabile), vuoi per la loro natura più
spiccatamente cinematografica (natura che esige il corto, l'iper,
il magnetico e quanto altro quali forme minori, e minorate,
dei prodotti dell'industria cinematografica standardizzata), vuoi
per reale localismo nella portata d'azione.
I festival rappresentano un ottimo
punto conoscitivo. Peraltro, però, non producono, limitandosi
a presentare il frutto delle più disparate politiche
e provenienze.
Fuori dal sistema industriale audiovisivo
la produzione è sostenuta da alcuni centri culturali e
museali.
Escludendo quelli nettamente specializzati,
già ricordati all'inizio del presente panorama, ci si avvicina
in questo modo al circuito delle arti visive.
Si rammenta innanzitutto che solo una
piccola parte di tali istituzioni (i musei, le gallerie, le fondazioni,
appunto) sono aperte ed hanno competenze e mezzi, per affrontare
la presentazione se non la produzione,
di opere che utilizzino dispositivi
tecnologici.
Il che screma enormemente il panorama
se non ci si riferisce piuttosto a quelle istituzioni che sono
in
un certo modo 'costrette' dallo scenario
contemporaneo ad ospitare talune 'installazioni' se non altro
perché negli ultimi tre anni
è piuttosto comune e diffuso, tra le nuove generazioni
di artisti visivi
(per ragioni ed esigenze svariatissime,
vuoi linguistiche, di poetica, di mercato, di moda e quant'altro)
il cimentarsi con linguaggi e tecniche
audiovisuali.
In questo novero si potrebbero anche
inserire le tre grandi manifestazioni internazionali dedicate
alla
produzione visiva: Biennale di Venezia,
Documenta di Kassel, Biennale del Whitney di New York che
compilano, pur da punti di vista ben
precisi ed articolati, liste di autori nell'intento di 'rappresentare'
la contemporaneità nel loro
specifico (non dimenticando strutture più "lontane"
ma egualmente interessanti come la Biennale di Kwanju in Corea,
di Sidney o il caso di Lione, che ha proprio recentemente centrato
la
sua attenzione sulle relazioni, con
un'ampia e interessante sezione storica, fra arte e nuove tecnologie).
Caso a parte è costituito da
Auto Reverse peraltro esposizione temporanea, tenutasi al Magasin
di Grenoble giunto alla sua seconda edizione (la prima fu a
Ginevra) che è riuscita in qualche modo, incentrandosi
sui dispositivi, a segnare decisamente una tacca nella storia
tra approccio creativo e tecnologie e saldando
parzialmente una cesura generazionale
che rischia tuttora di manifestare effetti non del tutto positivi.
Nel panorama mondiale dei grandi centri
culturali spicca per statuto il Musée National d'Art Moderne
presso il Centre Georges Pompidou di Parigi, in particolare
la sezione Nouveaux Média. Oltre alla straordinaria e
esaustiva collezione di video a canale singolo (sempre consultabile
dal pubblico durante l'apertura del Museo), alla duratura politica
di acquisizioni di installazioni 'multimedia' per la collezione,
è da sottolinearne l'attività produttiva (da Gary
Hill a Mona Hatoum, da Chris Marker, con il di imminente uscita
CDROM Immemory e opere in passato, a recentemente Tony
Oursler, Johan Grimonprez). Il Centre Georges Pompidou, a parte
ciò, ospita con notevole assiduità esposizioni con
installazioni ed opere di autori legati alla ricerca nell'audiovisuale
e spicca in Europa assieme al Reina Sofia di Madrid che
organizza fra l'altro periodicamente una puntuale Settimana
del video, con ricco catalogo per costanza e pertinenza
degli
interventi (è a queste due strutture
che si deve, con la presentazione della monografia a Madrid e
poi in Svizzera il Reina Sofia, con un'esposizione a taglio
tematico il CGP, la proposizione esaustiva in Europa
dell'opera di Bruce Nauman).
La presenza di mediateche all'interno
dei grandi centri culturali è fortunatamente ormai cosa
acquisita. Collezioni estese e singole produzioni monografiche
hanno in questo modo la possibilità di essere preservate
da una nemesi quasi inevitabile (i supporti audiovisivi possiedono
tutti una paradossale natura estremamente precaria). Ben più
drammatico è il panorama nazionale. Con un Palazzo dei
Diamanti ridotto ai minimi
termini, un archivio della Biennale
che sta svanendo per oblio magnetico, un Museo Pecci velocemente
riconvertito, l'assenza di almeno un'altra grande istituzione
nazionale aperta a tali aspetti, ben poche restano le possibilità
di visione e studio.
Se le grandi strutture sottovalutano
il problema vi sono però molte strutture 'minori' che se
ne prendono parzialmente carico. In Italia con il Medialogo
ed il suo archivio, nonché quello del Premio Riccione TTVV
e quello, non ultimo, del Museo Laboratorio di Arte Contemporanea
di Roma.
All'estero con alcune altre istituzioni
molto attente come il Saint GervaisGenlock di Ginevra, che
possiede un cospicuo archivio, organizza settimanalmente rassegne
ed esposizioni, organizza un festival annuale e
pubblica, infine, degli ottimi cataloghi.
O come V2 a Rotterdam, una organizzazione
privata, che realizza con un taglio molto più rischioso
(puntando sul decisivamente inedito) le medesime attività
di Genlock.
O ancora, l'Accademia per le Arti ed
i Nuovi Media (ZKM) di Karlsruhe, che sta procedendo all'allestimento
di un museo dedicato specificatamente alle installazioni utilizzanti
dispositivi tecnologici.
Il pulviscolo, nel settore arti visive
è assai più fine ed impalpabile. Condizione necessaria,
subendo questo certi flussi epocali, che qualche cosa hanno
anche a che spartire con le mode culturali, dovendo e volendo
riflettere nei migliori dei casi, la complessità di un'area
le cui regole non sono più state scritte da alcuno da
ormai molti anni.
Spostandoci in ultimo sulla produzione
editoriale nel senso più stretto vogliamo ricordare la
presenza di
una serie di riviste (cartacee, ma
spesso realizzate in variante Web). Anche in questo caso il margine
discrezionale a disposizione è
enorme. Il campo potrebbe toccare le riviste dedicate all'arte
contemporanea, come quelle nate in contesti cinematografici;
potrebbe sfociare nel campo delle filosofie e della storia, come
in quello della massmediologia e della società; frammenti
isolati sono rintracciabili in riviste commerciali o meno di
settore, dalla pubblicità alla televisione, dalla musica
(pop e non solo) all'intrattenimento. Ed anche in questo caso
si restringerà invece il campo a riviste il cui sguardo,
pur nella estrema specificità, rispecchi piuttosto un
atteggiamento ampio e quantomeno eterodosso.
Come la francese Trafic che da anni
riflette nel modo più 'aperto' possibile su di un ampio
raggio di questioni legate alla produzione di immaginimovimento
contribuendo in questo modo alla realizzazione di una sorta
di filosofia della visione.
Vi sono riviste nate specificatamente
sui problemi di rapporto tra arti e tecnologie, il cui taglio
è
necessariamente aperto, accogliendo
l'analisi sull'opera di singoli autori, come riflessioni ad ampio
respiro di ordine storico, filosofico, fenomenologico. Tra di
esse, pur con atteggiamenti diversi portiamo l'olandese Medimatic
(ottimamente rappresentata anche su Web), la statunitense Leonardo,
la francese Nov'Art.
Ultima produzione editoriale presente,
come compendio pratico di quanto in parte esposto sopra, la guida
internazionale dedicata alle arti elettroniche (non solo visive
ma anche acustiche) prodotta dalla francese Chaos edizioni.
In essa, per ulteriori approfondimenti, si trova un ampio indirizzario
tematico esteso a
tutto il pianeta.
Si chiede in qualche modo scusa per
la difficoltà e le complicazioni che questo schema riflette.
Il tono o gli intenti non sono di denuncia, non ci si pone a
priori l'obbiettivo di colmare lacune o vuoti, né tantomeno
di lasciarsi a considerazioni più o meno critiche. Ma
è necessario ricordare che l'oggetto di tale schema è
estremamente ambiguo, polimorfo e sfuggente e si deve altresì
sottolineare che non rientra nel compito assegnato sciogliere
o chiarire tale ambiguità senza occupare uno spazio necessario
che non sia quello strettamente informativo.
Note: 1 Si indica
l'ultimo numero della rivista pubblicato alla data dell'esposizione.
|