Sono contento di vedere così tanta gente qui stasera. Quando sono arrivato non c'era nessuno, e qualcuno mi ha detto: "Pensavo fossi famoso, perché non c'è nessuno?".
Fondamentalmente mostrerò delle diapositive, ne parlerò, ne parlerete voi, ne parleremo insieme, quindi potrete rivolgere domande in qualsiasi momento.
I miei studi iniziali non sono mai stati di fotografia, ho studiato pittura e scultura alla scuola di belle arti del Brooklyn Museum, e considero abbastanza ironico il fatto che la gente mi ritenga un buon fotografo. Non ho mai imparato a stampare. Quando mi chiedono come stampare le mie immagini non faccio richieste tecniche particolari, non chiedo un’alta qualità, chiedo solo che risultino brillanti. Ora vi mostrerò una panoramica cronologica dei miei lavori, partendo dal 1983 ad oggi.
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Questa si intitola Cabeza de vaca, cioè Testa di mucca, che era il nome di un esploratore spagnolo del XV secolo. Come vedete nei miei primi lavori c’è una disposizione che è simile a quella dei quadri; c’è uno sfondo, ci sono dei primi piani, è una cosa che considero molto tradizionale.
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Questa è del 1984 si intitola Inferno e paradiso. La figura che vedete sulla destra è il pittore Lyon Galan, politicamente impegnato e che senz’altro conoscerete. Per questo lavoro ho pensato all’opera di Galan che era incentrata sulle "vittime" e al mio lavoro che invece si rifà alla catarsi.
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Questa è del 1984 e s’intitola Arma di carne. Lui è un attore, Lawrence Fishburn (non so se lo conoscete ma è apparso in molti film). È molto famoso negli Stati Uniti.
Domanda: Riguardo alla prima immagine, la Testa di vacca, volevo sapere se l’occhio è stato spostato artificiosamente da te in modo tale che sembri stia guardando chi osserva il quadro?
Serrano: Sì in effetti l’ho spostato io, non solo ma l’ho dovuto anche ripulire perché era piuttosto sanguinolento. Ho piegato all’interno le ciglia perché erano troppo lunghe.
Domanda: Volevo sapere se c’è un motivo particolare per cui l’hai fatto.
Serrano: Intervengo sulle fotografie per renderle più belle possibili e perché penso alla gente che guarderà la fotografia.
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Questa si chiama Passione ed è del 1984. Sapete io ho ricevuto una forte educazione cattolica ed ho smesso di andare in chiesa all’età di tredici anni, non ho più preso in considerazione la mia educazione cattolica fino a vent’anni dopo, quando l’ho vista riaffiorare nel mio lavoro.
Ero solito andare da un macellaio, da un greco, e comprare un sacco di carne. Un giorno andai da lui dicendogli: "Ho bisogno di una capra per fotografarla, però non me la posso permettere intera".
Lui mi disse:
— Perché non te l’affitti?
— Cosa vuoi dire?
— Dammi venti dollari e domani me la riporti.
Il giorno dopo gliel’ho riportata, lui la stava riponendo ed io l’ho incalzato dicendogli:
— Ma come, non la controlli?
— Ma perché? è ancora buona.
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Sono molto intuitivo nel mio lavoro, di certo non sono un’intellettuale. Oltre che anti-fotografico il mio lavoro può essere giudicato anti-intellettualistico. Quando guardo i lavori di qualche anno fa, ancora oggi non so da dove siano venuti, da dove provenga l’ispirazione.
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Ci sono persone che si sentono frustrate perché essendo impegnate politicamente mi rimproverano di non essere un artista politico. Il mio ruolo, è quello di fare l’opera e non devo giustificarla né chiarirne il significato, questo spetta al pubblico. Ma talvolta la gente non è soddisfatta vorrebbe sentirsi dire in che modo reagire.
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Questa si chiama Croce di sangue è dell’86, si tratta di un recipiente di plexiglas che ho riempito di sangue. Era la prima volta che usavo il plexiglas nei miei lavori e vedrete come l’utilizzo di questo materiale cambia totalmente il lavoro.
Quest’immagine è stata ripresa due mesi dopo e s’intitola Milk-Blood —Latte /Sangue. E’ molto importante per me perché è la prima che ho realizzato con dei liquidi.
Domanda: Volevo sapere se Croce di sangue era stato davvero riempito di sangue e in caso affermativo quale fosse il significato, che cosa voleva esprimere.
Serrano: C’è stato un momento in cui ho deciso di usare sangue, è stato il periodo in cui compravo molta carne per i miei lavori, quindi effettivamente già lavoravo con il sangue così ho deciso di utilizzarlo direttamente.
Domanda: Visto e considerato che il sangue è il sostituto della carne morta, per te lavorare con la carne cosa significa?
Serrano: Sono stato influenzato dalla visita del curatore del New Museum, Bill Hollender. La sua mostra si chiamava False e parlava della falsa pittura.. Dopo quell’incontro ho cominciato a pensare di poter realizzare della finta pittura, utilizzando sangue e latte. All’inizio ero un pittore frustrato e utilizzando i fluidi nelle mie fotografie è come se avessi sostituito la pittura rimanendo cosciente del fatto che tutto ciò avrebbe assunto una valenza simbolica aggiuntiva.
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Il lavoro con i fluidi è essenzialmente anti-fotografico, perché la fotografia ha sempre a che fare con la profondità, con la prospettiva, mentre in questo caso ho ottenuto un effetto di "piattezza", più vicino a quello della pittura. In questo modo sono riuscito a ottenere con la fotografia un puro effetto di luce e colore più o meno pari alla pittura astratta, ondeggiando tra la pittura geometrica e l’espressionismo astratto.
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Questo si chiama Flusso di sangue. In questo caso un recipiente è stato riempito di latte e poi vi è stato versato del sangue.
Domanda: Dopo Croce di sangue, tu hai costruito delle specie di modelli prima di fare le fotografie, in plexiglass dicevi. È una procedura che hanno usato anche altri artisti, la stessa Cindy Sherman oppure John Casebere. Non hai mai pensato di esporre gli oggetti invece della fotografia?
Serrano: Non ho mai pensato di esporre oggetti. Io come ho già detto ho studiato pittura, quindi all’inizio pensavo solo di dipingere o di scolpire, quando poi però ho cominciato a vivere con una donna che aveva una macchina fotografica ho cominciato ad usare la fotografia. Mi sono dato delle imposizioni o delle autolimitazioni se preferite, ossia di dedicarmi alla fotografia e gli oggetti sono solo una parte del lavoro fotografico finale.
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Questo come vedete è un recipiente circolare riempito di sangue su uno sfondo giallo, fotografato dall’alto. Si chiama Cerchio di sangue.
E’ un esempio di composizione tridimensionale che ho appiattito con la fotografia rendendola bidimensionale.
Domanda: Nel presentare una fotografia anziché oggetti si tocca il discorso della veicolazione. Con la fotografia puoi avere una maggiore possibilità di circolazione rispetto a quello che si può avere con gli oggetti?
Serrano: Credo che intenda "diffusione" in termini di riproducibilità. In effetti ho sempre pensato di raggiungere una fascia di pubblico più larga possibile, però non avevo mai pensato in questi termini alla possibilità di utilizzare fotografie e non oggetti. In ogni caso spero sempre di raggiungere un vasto pubblico, anche un pubblico popolare.
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Quando mi chiedono perché ho cominciato ad usare urina, rispondo — immagina se avessi continuato ad usare latte e sangue. Avrei avuto solamente immagini rosse e bianche, avevo bisogno di usare un terzo colore.
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Questo è il famoso Cristo. È dell’87. A questo punto ero passato da una fase astratta ad una fase figurativa. Per me è stato logico riunire in quest’immagine le due differenti direzioni che avevo seguito fino a quel momento, ossia il lavoro con i fluidi ed il lavoro religioso che avevo svolto in precedenza. Questa foto è stata denunciata, non solo da alcuni fondamentalisti, ma anche da una serie di senatori che si proponevano di eliminare questo genere di arte. Da ex cattolico, da persona pervasa dal sentimento di appartenenza ad una religiosità, il mio intento non poteva essere eversivo. In effetti piuttosto che distruggere le icone, le immagini esistenti, io cerco di creare le mie icone.
Domanda: Volevo sapere cosa vuol dire quando un’immagine viene "denunciata", non può più essere vista? Non può più essere esposta al pubblico? Cosa accade?
Serrano: Quest’immagine non è mai stata censurata, non mi è mai stato proibito mostrarla. Con questa denuncia ne hanno solo accresciuto il valore di un centinaio di volte, e comunque sono stato ostacolato, direi ostracizzato quando l’anno scorso ho chiesto un sussidio e nonostante avessi la benedizione del comitato responsabile, mi è stato rifiutato.
Nonostante il fatto che questo Cristo stesse diventando lo stendardo politico che rimbalzava tra destra e sinistra io tentavo di estraniarmi da questo gioco, di allontanarmi da questa disputa.
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Questa è del 1987 si chiama Piss Elegance (Piscia eleganza). La lucentezza dei colori di queste immagini si ottiene con la disposizione delle luci, in questo caso la luce si trova dietro, in questo modo si ottiene un tono brillante.
Penso che oltre all’idea che è l’importante, sia importante anche la presentazione di un’opera, e questo continuo a ripeterlo agli artisti più giovani di cui vedo i lavori. Che anche la presentazione visiva sia curata in modo da esaltare l’attenzione di chi guarda. Quando ho avuto l’idea di lavorare con latte e sangue o urina ho avuto la soddisfazione di vedere che i colori che ne risultavano erano brillanti sulla stampa finale.
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Domanda: Volevo sapere se queste immagini della piscia hanno l’intento di degradare un’idea di bellezza, perché in realtà sono delle immagini visivamente molto belle.
Serrano: Non direi "degradare" l’immagine. Sicuramente se le immagini fossero state solamente belle per me ci sarebbe stato un problema di fondo, ossia che sarebbero state pure e semplici decorazioni. Generalmente preferisco delle immagini belle ma che facciano riflettere la gente o che per lo meno la turbino. Ad un certo punto mi sono stancato di usare sangue e piscia ed ho cominciato ad usare altri fluidi.
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Questo si chiama Ejaculation (Eiaculazione).
C’è stato qualche problema tecnico all’inizio perché continuavo a "sparare" e a mancare il bersaglio. E ad un certo punto per diverse volte, una decina di volte, continuavo a stampare e il risultato era solo uno schermo nero. Mi sono reso conto che avevo bisogno di un motore per la macchina. Con questo dispositivo quando sentivo che stavo per venire azionavo la macchina che scattava a distanze velocissime, 36 esposizioni diverse e solamente una risultava buona per il risultato finale. A volte la parte interessante del mio lavoro non è tanto fare qualcosa ma anche immaginare come farlo.
Domanda: Volevo sapere che importanza ha il titolo nel tuo lavoro, perché probabilmente se alcune tue opere avessero un altro titolo verrebbero recepite in maniera diversa, non credi?
Serrano: Il titolo per me è importantissimo, perché mi piace informare il pubblico su cosa stanno guardando. A me da molto fastidio il "senza titolo" che viene utilizzato da molti artisti. Mi infastidisce anche il fatto che poi tra parentesi venga messo il titolo della foto.
All’inizio anch’io ho realizzato lavori senza titolo. Mi accusarono però di vigliaccheria. Allora cominciai a mettere i titoli alle mie foto e cominciai anche la serie delle "eiaculazioni".
Quello che mi piace di quella serie di lavori è che funzionano anche come opere astratte. Quando poi si conosce cosa raffigurano funzionano anche su di un altro piano. Sono d’accordo con chi dice -lavora su quello che conosci- però mi piace esplorare anche cose che non conosco.
Dopo aver lavorato sulla serie delle eiaculazioni, che fanno riferimento alla sfera degli organi di riproduzione maschile ho deciso di lavorare su qualcosa che conoscevo meno, cioè la sfera degli organi di riproduzione femminile.
Quest’opera si intitola Mestruazioni.
Il gallerista mi ha avvertito quando ha visto questo pezzo.
- Andres, questo pezzo sarà difficile da vendere.-
Ed io:- Chi se ne frega , questo è un tuo problema non mio.
Noto che talvolta le donne provano un certo fastidio di fronte a queste opere, ma penso che faccia parte dell’imbarazzo che per ragioni culturali tutti proviamo osservando il nostro corpo così da vicino.
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Questo s’intitola Blood and Piss mixing (Sangue e piscio mischiati). Sono due pezzi di plexiglas su cui erano stati posti i liquidi, appiccicati e posti in verticale e fotografati su un fondo nero. A volte mi chiedono perché fotografi questo e perché fotografi quello. La risposta è "per curiosità". Voglio vedere che ne verrà fuori, spesso non so quale sarà il risultato di un’idea che mi frulla in testa.
In questo modo sento d’identificarmi con il pubblico, perché sento in loro la stessa curiosità che provo io.
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Questo s’intitola Cristo Bianco ed è l’unica immagine sacra che ho realizzato dopo la controversia del Piss Christ. Dopo il Cristo bianco ho deciso di realizzare il Cristo nero che è una delle immagini che preferisco. Si tratta di una statua dipinta di nero, l’acqua è stata aggiunta in seguito e le bolle si sono formate da sole. Credo di aver anticipato la domanda di chi avrebbe voluto chiedere: -Perché hai aggiunto delle bolle.-
Non è un effetto che posso accreditarmi, è stata una cosa del tutto casuale.
E questa è Black Mary (Maria Nera). È stata realizzata nello stesso modo. Non mi piacciono molto gli effetti speciali, cerco di ottenere delle istantanee; quello che vedete quindi è esattamente quello che vedevo io nel momento che ho scattato le foto. Di certo non ritocco una foto.
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Questa s’intitola Nomads È un’immagine che ho realizzato quando mi sono stancato di lavorare sui fluidi. È frutto di un’influenza di Edward Crownes (?) un fotografo che all’incirca un secolo fa fotografò gli ultimi indiani d’america avendo coscienza di fotografare una razza in via d’estinzione.
L’atteggiamento di Crokes fu controverso perché a volte dava agli indiani dei costumi tradizionali che loro nemmeno possedevano. Sapete, per me non è un problema, nei fotografi contemporanei come Cindy Sherman non esiste nessuna remora nel falsificare la realtà. Questo modo d’operare l’ho utilizzato anch’io quando ho fatto la mia serie sugli homeless. Li facevo scendere nella Metropolitana, dove allestivo velocemente uno studio ambulante e lì li fotografavo.
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Questa è ancora una della serie di fotografie Nomads, sempre sui senzatetto che io andavo a fotografare la sera tardi, di notte, nei sotterranei dove vivono, senza permesso, quindi a volte cercavano anche di mandarmi via. Tuttavia ho pensato che fotografando una realtà che stà ai margini, anch’io dovevo agire ai margini. Quest’ultima serie oltre ad essere un omaggio come ho detto prima ad Edward Cooles è un tentativo di mostrare al pubblico i "poveri invisibili", quella gente che incontriamo ogni giorno ma che in realtà non vediamo. Cerco per quanto mi è possibile di far entrare questa gente con nomi e facce nei musei e nelle gallerie.
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Lui si chiama René. Circa due anni dopo aver scattato queste foto… mi ha chiamato, mi ha lasciato un messaggio sulla segreteria. Nonostante non mi piaccia lasciare il mio numero, la gente riesce a rintracciarmi lo stesso. Il messaggio diceva:- Sono René, mi hai fotografato due anni fa, ho visto la tua foto in giro. La gente che mi conosceva ha cominciato a cercarmi per chiedermi perché mi ero ridotto così male.-
Da allora qualcosa è cambiato nella sua vita. Mi ha raccontato che aveva trovato un lavoro in un centro di assistenza per poveri, che era tornato a scuola. Mi aveva chiamato per chiedermi se potevo fare delle fotografie che lui avrebbe tenuto nel suo ufficio. Cosa che poi ho fatto. Mi ha ritelefonato sei mesi dopo dicendomi che si sarebbe sposato di li a poco, in Giugno e che mi voleva al suo matrimonio come fotografo ufficiale.
Domanda: Sei poi andato al matrimonio?
Serrano: No, mi trovavo fuori dagli USA non ho potuto andare.
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Ad un certo punto ho interrotto la serie dei nomadi, non perché mi fossi stancato, al contrario, ma perché non me lo potevo più permettere: uscivo la sera con degli assistenti che dovevo pagare e dopo averlo fatto venti, trenta volte non me lo potevo più permettere economicamente.
Continuando nella serie dei ritratti ho di seguito pensato di realizzare qualcosa di diverso. Normalmente nel ritratto si ricerca l’identità della persona, se la persona che ritraiamo è mascherata si ottiene allora quasi un antiritratto. Quando ho pensato di ritrarre qualcuno che fosse mascherato ho pensato immediatamente al Ku Klux Klan. Persone che ho convinto a posare per me. E questa era davvero una sfida considerando le mie origini. Ho passato circa un mese in Georgia per convincerli. Questo era il Leader dell’organizzazione, anzi un ex leader perché poi si è ritirato. All’epoca aveva 83 anni. Questo è il motivo per cui indossa un cappuccio grigio, perché è il capo.
Domanda: Mi sembra che l’idea del corpo serpeggi un po’ in tutti i tuoi lavori, come corpo reale, come corpo sessuale, come corpo di morte. Comunque sia il corpo attraverso le sue tracce, per cui i liquidi e le altre cose, però la cosa più affascinante del lavoro, tra l’altro tu in un’intervista a Virus lo hai dichiarato, é che ti interessano soprattutto le immagini estreme. Non pensi che questa sia la vera matrice di lettura del tuo lavoro?
Serrano: Mi piacciono gli estremi, non ci può essere sacro senza profano, e comunque penso che le stranezze effettivamente siano presenti nella vita normale. Naturalmente per me la vita non sarebbe interessante senza conflitto. Io ho bisogno di una tensione. È per questo che a New York mi trovo bene. Preferisco una grande città ad una cittadina. Comunque io non risento di questi problemi di tensione nel mio lavoro, questo è un problema che caso mai può sentire il pubblico. Poi di fatto non lo avverte tanto il pubblico quanto i critici.
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Ciò che mi ha colpito in queste persone è che nella vita sono persone normalissime, anzi direi più che normali, é che una volta che indossano questi abiti si trasformano. Questa persona mi conosceva, addirittura ha scherzato sul senatore Jessie James che mi aveva denunciato. Rivedendo queste immagini, mi viene da pensare alle persone che ritraggono e mi rendo conto che l’immagine non da assolutamente l’idea dell’umanità che vi stava nascosta. Ad esempio, questa persona era un vecchio pacifico che addirittura viveva in una comunità nera e pensava che tutti gli uomini fossero fratelli al di là della differenza di pelle. Allora gli ho chiesto perché facesse parte del Ku Klux Klan. Lui rispose che l’organizzazione era comunque una buona confraternita di amici tranne che per alcune "cosucce".
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Tre anni fa ho preso la decisione di fare qualcosa di diverso, e me ne si è presentata subito l’occasione. A volte mi ritengo veramente baciato dalla fortuna, questo mi fa pensare alla volontà di Dio. Molti anni fa avevo provato ad entrare in un obitorio per tentare di fotografare dei cadaveri, ma non la trovai un’impresa facile, quindi all’epoca avevo desistito. Ma tre anni fa un mio amico, conoscendo il mio desiderio di visitare l’obitorio mi disse che aveva un amico che aveva un amico che lavorava all’obitorio. Allora chiesi a questo amico se non fosse stato possibile entrare. Mi telefonò tre settimane più tardi dicendomi - se vuoi puoi andare.-
Di queste persone non sapevo niente, sapevo solo il modo in cui erano morte. Tutta la serie s’intitola The Morgue (l’Obitorio) tra parentesi poi indico la causa della morte.
All’inizio non volevo fotografare questa donna, morta di polmonite a causa dell’AIDS. Questa che in vita era stata una donna di bell’aspetto in seguito alla malattia si ridusse ad un "teschio". Dopo tre giorni la scelta rimaneva o fotografare lei o fotografare qualcuno che era rimasto nel freezer per diversi mesi. Devo dire che fotografandola in questo modo è diventata una delle immagini che preferisco dell’intera serie. A volte da artista è necessario spingersi oltre, perché non si sa dove si riuscirà ad arrivare. Per la maggior parte dei casi realizzo lavori che disturbano le persone, ma a volte ho la necessità di realizzare lavori che disturbano me stesso.
Questo è un bambino di due anni che è arrivato mentre ero in obitorio, era ancora caldo. Sapete, il giorno dopo o dopo due giorni i corpi sono rigidi e freddi, mentre questo bambino mi ha impressionato perché era ancora caldo.
Certe volte si hanno delle limitazioni; il mio limite era quello che le persone non dovevano risultare riconoscibili. Questo è lo stesso bambino.
Mi chiedono cosa mi è passato per la mente quando ho scattato queste foto, e si aspettano da me una risposta profonda, metafisica. In realtà come spesso capita ho solo pochi minuti per realizzare il mio lavoro, quindi tutta l’attenzione è rivolta a trovare il fuoco giusto a trovare l’angolazione ideale e a porre le luci in modo appropriato, talvolta non mi accorgo nemmeno dei particolari che fotografo fino alla stampa.
Questa persona è morta per suicidio, con un colpo di pistola.
La cosa che mi ha colpito di più osservando le persone che stavano in obitorio è che per qualunque causa fossero morte, sembravano sempre delle vittime.
Quando mi chiedono perché non ho scelto morti normali invece di scegliere morti violente, la mia risposta è che queste sono morti normali!
Tutte quelle che ho incontrato sono morti normali. Tra tutti i soggetti che ho fotografato solo due o tre erano morti per cause naturali, gli altri per omicidio, suicidio, incidente…
Questo ad esempio è un suicidio tramite veleno, ed era proprio così nel freezer dell’obitorio.
In certi momenti pensavo a cosa potevano essere queste persone quando erano ancora in vita, in questo caso ho pensato che questa persona dopo aver preso il veleno avesse lottato a lungo cercando di rimanere in vita.
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Questa è la stessa donna.
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Questo mi ricorda il Cristo morto, perché quelle ferite mi ricordano le stigmate.
Il patologo mi ha spiegato la natura di queste ferite. Vengono fatte per verificare che non vi siano stati altri colpi, tagliando in quei punti si evidenzierebbero.
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Quest’uomo è stato accoltellato dalla moglie che lo ha colpito una quindicina di volte.
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Questa è una vittima da ustione. Devo dire che le apparenze talvolta ingannano. In questo caso ad esempio si pensa ad un nero invece questa persona era un bianco che fumando nel suo letto s’era bruciato vivo.
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Questo era un cadavere dopo aver già subito l’autopsia. Normalmente per un’autopsia, estraggono quello di cui hanno bisogno, lo rimettono dentro e poi ricuciono il cadavere per la famiglia. In questo caso particolare questa seconda operazione non è stata fatta. Come potete vedere il cranio è stato tagliato.
La gente mi chiede come abbia reagito realizzando questa serie. Devo dire che ho lavorato con distacco clinico mi sono comportato cioè come i professionisti che lavorano nell’obitorio ogni giorno. Atteggiamento che ho avuto anche con la serie del Ku Klux Klan. Visto le persone che fotografavo esprimevano giudizi antipatici su ebrei, negri, froci , io ho fatto capire chiaramente che non ero lì per giudicarli, ho posto un muro tra me e loro, ero li solo per fotografarli.
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E questo è un bambino che fu abbandonato insieme al suo gemello che invece è sopravvissuto. Anche se aveva vissuto solo un giorno, credo che nella stretta del suo pugno vi sia un’energia incredibile.
Domanda: Volevo chiedere, prima all’inizio abbiamo visto delle immagini dove il Cristo, la Madonna, quindi quello che può essere la sofferenza dell’umanità. Però foto molto formali, molto ben eseguite, d’artista. Qui invece sembra che tu fai l’operazione opposta, ossia nasconderti dietro l’obbiettivo. Io volevo sapere un po’ come giudichi tu queste immagini, qual è secondo te la differenza tra il primo lavoro e questa serie.
Serrano: Devo dire d’aver guardato libri di patologia dov’erano fotografati dei cadaveri e confrontandoli con la mia serie di foto ho constatato che in quest’ultima c’è qualcosa di personale. Perché c’è qualcosa di estetico mentre le foto del manuale sono "distanti".
Quando mi recavo all’obitorio non sapevo esattamente cosa avrei fotografato e in che modo. Nella realizzazione finale però ho notato che c’è come un filo che lega gli scatti.
Nonostante tutti i miei tentativi di evitare qualsiasi interferenza con ciò che mi stava di fronte, noto una manipolazione nella quale vengono coinvolte macchina, illuminazione e angolo di osservazione che io scelgo. Ho cercato di rendere questi lavori estetici così come avevo fatto nelle mie prime opere.
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Questa è un’altra persona senza identità come il bambino di prima. Questa però è stata uccisa dalla polizia. Si trovava su una macchina rubata, La polizia ha sparato, colpendolo alla testa mentre quello che guidava è riuscito a scappare.
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Questa è una donna di colore con i capelli ossigenati. Ho chiesto al dottore perché la pelle fosse bianca; ho saputo che sotto lo strato scuro la pelle è bianca. Mi ha anche riferito di un un professore che tolto un leggerissimo strato di pelle da un cadavere di colore mostra la pelle bianca agli studenti dicendo:- Ecco vedete? Questo è lo spessore del razzismo.-
Domanda: Volevo fare una domanda e anche un’osservazione. Dalle immagini che ho visto, dall’inizio del tuo lavoro ad ora quest’idea del corpo è fortissima. e ho avuto l’impressione quasi, che tu ti ponessi nei confronti del lavoro come una sorta di mistico, un santo con una forza quasi devastatrice nei confronti del corpo; nell’emissione di liquidi come il sangue, l’urina, lo sperma. Mi è piaciuto molto il fatto che appunto tu cercassi di venire un sacco di volte per cercare di fotografare…
Poi il fatto stesso che tu avessi sottolineato che le immagini prese all’obitorio fossero delle vittime, ecco, il piede con le stigmate. Io non so che rapporto tu abbia con la religione ed il cattolicesimo, all’inizio mi sembrava quasi un rifiuto, poi quasi il contrario…hai mai considerato questo aspetto nel tuo lavoro?
Serrano: Penso di essere un credente... penso che questa sia una domanda salutare. Penso di rifarmi a personaggi come Fellini e Luis Buñuel. Ho un atteggiamento verso la chiesa che è nello stesso tempo un abbraccio ed un rifiuto.
Una cosa che ho avvertito quando lavoravo nell’obitorio è il fatto che non mi sono mai rapportato a queste persone in quanto cadaveri, ho sempre pensato che ci fosse una grave presenza umana in loro. Non so se in realtà ho ascoltato la loro anima, comunque ho avvertito un’essenza, una presenza.
A Budapest ci sono andato per poche ore. Avevo deciso che sarei tornato per starci più a lungo, un mese o due.
Quando ci sono tornato mi sono fermato 4 mesi con assistenti e macchina fotografica e ho fotografato gente comune.
Mi è piaciuta molto l’idea di realizzare una mostra intitolata "Budapest " perché questo nome era molto indicativo anche se in fondo non ci diceva niente.
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Questa s’intitola La modella.
Mi chiedo perché si hanno sempre delle reazioni diverse di fronte alla stessa immagine. Dopo la mostra sono entrato in un negozio e ho comprato due riviste che recensivano la mostra. Mostravano le mie fotografie, ma le recensioni erano completamente diverse tra loro. Una rivista esprimeva un parere positivo sul lavoro, mentre l’altra un parere negativo. Questo è quello che mi capita sempre, cioè di suscitare reazioni di amore e odio.
Ricordo che la recensione negativa portava ad esempio questa immagine della modella ottantaquatrenne e la criticava. Mi rimproveravano il fatto di asserire che questa donna anziana fosse una modella, mentre si vedeva chiaramente che era una pazza che non capiva nemmeno quello che gli stava succedendo. Ora, la realtà è che questa donna era stata modella per molti anni in gioventù e ancora oggi posa per gli studenti, e a posato anche per me. Questa donna ha chiaramente un corpo di 84 anni ma non se ne vergogna, quindi penso che le critiche negative a questi lavori sono dovute al fatto che le persone spesso fanno fatica a relazionarsi non solo con la morte ma anche con la loro decadenza fisica.
Una cosa che mi viene rimproverata spesso dai critici è che per loro il mio lavoro è solamente e totalmente provocatorio, però succede che quando realizzo dei lavori che non lo sono sembrano quasi delusi.
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Così come le donne che pregavano le ho viste veramente pregare in chiesa; ho chiesto di smettere di pregare e di venire a posare da me e ripetere la stessa operazione. Mi sentivo un po’ come Fellini a lavorare con gli assistenti, la macchina fotografica, le luci.
Questa era una persona che un mio amico conosceva, per questo ha accettato di posare per noi.
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Questa è una zingara con un bambino.
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Un’altra donna che prega in chiesa.
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Quando ho visto questa donna le ho subito chiesto di posare, lei ha accettato. Ha precisato però che essendo vedova non avrebbe avuto un uomo con il quale posare. Un mese più tardi ho incontrato quest’uomo sempre in spiaggia, gli ho chiesto di posare con la donna. Lui ha accettato ma lei non essendo la sua donna ufficiale ha rifiutato. La morale è che queste due persone non si erano mai incontrate fino al momento in cui ho scattato la foto. Però alla gente piace pensare che questa sia una coppia che è stata insieme magari per trent’anni. Molti me lo chiedono, ma quando svelo il segreto mi dicono se per caso non si siano messi insieme dopo. Vi posso solo dire che li ho mandati via sulla stessa macchina, per cui non so, magari l’anno fatto.
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Questa che è l’ultima diapositiva, l’ultima foto che ho scattato e mostra un altro aspetto della vita quotidiana di Budapest. Le ragazze rumene che si prostituiscono per strada.
Quando le ho chiesto di posare mi ha detto che avrebbe dovuto farlo in un certo giorno, perché poi sarebbe dovuta tornare in Romania, quando le ho chiesto il motivo mi ha risposto che doveva tornare per dare i soldi ai suoi genitori.
— Ma sanno cosa fai qui in Ungheria?
— No a loro ho detto che lavoro in un negozio.