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Orizzonti e scenari

'Uno scenario e' una sponda, un orizzonte colorato e irraggiungibile'

di Domenico Patassini
, Preside della Facolta' di Pianificazione.

Lo scenario e' un costrutto intenzionale, piu' che una congettura, da sempre utilizzato nella pianificazione urbana, territoriale e ambientale. E' l'esito di almeno tre azioni congiunte. Esse 'catturano' un intervallo spazio-temporale definito, sono consapevoli della loro natura incrementale e dei propri limiti intrinseci (non portano a nulla se non sono connesse).
Le tre azioni definiscono altrettante dimensioni semantiche dello scenario che, con una certa approssimazione, potremmo riconoscere nella proiezione, nella previsione e nell'auspicio.

Supponiamo di dover costruire uno scenario utile per il governo della mobilita' urbana ed in particolare per il rafforzamento del trasporto collettivo. Supponiamo, inoltre, che i fattori decisivi riguardino la domanda e l'offerta ed in particolare:
D1 i flussi sistematici e non sistematici di persone;
D2 i flussi sistematici di merci;
D3 le caratteristiche del sistema territoriale (schematizzabile su un grafo di nodi e archi, in cui i nodi sono attrattori e generatori, mentre gli archi rappresentano natura, intensita', variabilita' dei flussi);
O1 lo stato delle infrastrutture stradali, ferroviarie, acquee;
O2 lo stato dei servizi di trasporto collettivo;
O3 le dotazioni logistiche.
I fattori D rinviano alla domanda, mentre i fattori O all'offerta.

Per costruire uno scenario occorre rappresentare innanzitutto lo stato di fatto, analizzare i rapporti fra tutti i fattori di domanda e offerta, e interpretarli. L'interpretazione non puo' che essere pluralista data la varieta' dell'utenza. L'interpretazione consente di iniziare a 'mappare' i problemi, a comprenderne la natura, ad individuare alcune priorita' e a strutturarle.
La strutturazione delle priorita' in un quadro interpretativo e' un passo essenziale per iniziare a costruire lo scenario. Supponiamo che da confronto fra i fattori citati emerga come molto problematica l'assenza di infrastrutture e servizi che garantiscano l'intermodalita' merci e persone. I costi economici, sociali, ambientali, ma anche urbanistici, di questa assenza possono essere valutati con tecniche opportune, e convincere i soggetti coinvolti (policy community) di procedere nella costruzione di scenari territoriali. Come fare?
La prima operazione consiste nel chiedersi: come varierebbero i costi totali in un arco temporale definito, in assenza di interventi, e supponendo che i fattori di domanda e offerta varino in funzione delle variazioni demografiche e del reddito? Per rispondere al quesito occorre effettuare una proiezione, una stima di trend, un'analisi delle probabilita' che i trend si verifichino. In questo caso sono di qualche aiuto i modelli statistici. La proiezione 'lavora' ipotizzando che le variazioni future siano determinate dal modello di funzionamento attuale trasferito negli anni a venire. Si tratta di un'operazione utile, ma con qualche problema perche' presuppone che tutto avvenga 'a bocce ferme', che le regole rimangano le stesse, che i legami strutturali fra i fattori rimangano gli stessi e che non vi sia intervento alcuno. Questa operazione definisce comunque uno dei colori dell'orizzonte, diciamo l'azzurro.
La seconda operazione consiste nel chiederci: come possiamo raggiungere un determinato obiettivo di miglioramento della intermodalita' e quindi di riduzione di una quota dei costi totali dati alcuni vincoli espliciti dal lato della domanda e dell'offerta? Questa domanda e' molto diversa dalla precedente, in quanto pone un problema di ottimizzazione vincolata, cioe' di allocazione di risorse scarse per raggiungere l'obiettivo. E' ovvio che l'obiettivo puo' essere definito con l'aiuto dei risultati della prima operazione (proiezione), ma non si esaurisce qui, perche' si delinea un possibile percorso. L'orizzonte assume cosi' un altro colore, diciamo il giallo. La terza operazione e' piu' libera, anche se non puo' essere irresponsabile, in quanto delinea cio' che vorremmo accadesse al nostro sistema intermodale. Si capovolge la seconda operazione, ponendo il quesito: quali e quante risorse occorrerebbero per raggiungere l'obiettivo? Non e' un sogno, ma un test utilissimo per verificare come si possa raggiungere l'obiettivo, tenendo conto delle informazioni fornite dalle due precedenti operazioni. Un altro colore si aggiunge, diciamo il rosso.
Lo scenario e' l'esito di queste operazioni, ma il suo colore finale dipendera' molto dall'intensita' (contributo conoscitivo) e dalla sequenza con cui svolgo le operazioni. Provate a sovrapporre il giallo all'azzurro e poi il rosso. Otterrete un risultato. Provate a sovrapporre il giallo al rosso e poi l'azzurro. Ne otterrete un altro.
Questo sta ad indicare che al di la' dell'incertezza che accompagna ogni previsione o proiezione, al di la' della conflittualita' che accompagna gli auspici in ambiente pluralista, gli scenari mutano, cosi' come i rischi di commettere errori.
Ma gli scenari servono davvero? Qualcuno sostiene che l'autonomia dell'azione rispetto ad un programma o ad un piano (la citta' diffusa e' un esito di questa autonomia) tenda a trasformare lo scenario in un'illusione di contenimento della produttivita' di un'azione. In altre parole, se un'azione viene intesa come generatore di opportunita', diventa difficile costruire uno scenario verso cui andare anche se, come un bravo giocatore a scacchi, possiamo prevedere qualche mossa.
Costruire scenari, secondo chi sostiene questa ipotesi, significherebbe piegare l'azione ad un percorso voluto, dare allo scenario un contenuto normativo: l'opposto di cio' che si vorrebbe.

C'e' anche chi sostiene sia importante costruire scenari comunque, proprio perche' diamo il colore ad una sponda vitale, un confine di cui avremmo bisogno per capire dove siamo: anche se, come l'orizzonte del tramonto, e' comunque irraggiungibile.


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