Museo Casa Pessina
Ligornetto
via Pessina, 6
+41 916471575
WEB
Gianni Poretti
dal 27/3/2010 al 23/5/2010
giov 14-17, sabato, domenica e festivi 14-18
WEB
Segnalato da

Gianni Poretti


approfondimenti

Gianni Poretti
Elisa Rusca



 
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27/3/2010

Gianni Poretti

Museo Casa Pessina, Ligornetto

Sculture in vetro e metallo. La ricerca della profondita', una maggiore tendenza all'astrazione e un'attenzione particolare alle variazioni cromatiche possono essere definite come costanti del lavoro di Poretti.


comunicato stampa

Le sculture in vetro e metallo di Gianni Poretti esposte al museo Casa Pessina a Ligornetto dal 28 marzo al 24 maggio 2010, domenica 28 marzo alle ore 17.00 verrà inaugurata presso la Casa Pessina a Ligornetto la mostra Sculture in vetro e metallo dell’artista canobbiese Gianni Poretti. L’esposizione sarà presentata dalla storica dell’Arte, Elisa Rusca.

Gianni Poretti: Vetro che canta

Silenziose, immobili, misteriose, ci osservano in una dimensione priva di riferimenti temporali o spaziali. Sono le opere di Gianni Poretti, che dal 1961 si dedica con passione alla lavorazione del vetro. Il suo amore per questa materia comincia con un colpo di fulmine: abbandona l’apprendistato da disegnatore tecnico quando vede, a Viganello, i lavori di un soffiatore di vetro italo-argentino. Il vetro, materiale dai grandi contrasti. Solido, fragile, liscio, butterato, cristallino, fosco. Freddo, ma dal cuore incandescente. Durante la lavorazione di ogni sua creazione, Gianni Poretti sfida questa materia, la plasma, la domina. “Ogni volta che apro il forno ho una grande emozione”, ci confida. Infatti, il suo lavoro di artista non solo dipende dalla maestria nello sperimentazione sempre nuova e nel dominio dei materiali, ma anche dalla precisa conoscenza tecnica del suo forno, nel quale le sue “intuizioni”, quali creature in un ventre materno, maturano, cuociono, crescono. “Il forno è matematico, tutto il resto è sentimento”, ci dice ancora. Sentimento che si esprime fin dal primo abbozzo di idea: l’artista ha un’intuizione, sia essa fuggevole o maggiormente definita, nata da dettagli minuscoli o da particolari insospettabili all’occhio inesperto, che si concretizza in un lavoro a freddo di sovrapposizione di lastre di vetro, ossidi di metallo diluiti nell’acqua e frammenti più o meno lavorati di un metallo ben preciso, del quale non conosciamo il nome. L’artista, come una saggia massaia, non ha intenzione di svelare l’ingrediente segreto dei suoi manicaretti. Segue la cottura, più o meno lunga a seconda del formato e dello spessore dell’opera. E poi, l’emozione dell’apertura del forno. La sperimentazione e la ricerca continua di nuovi spunti di creazione ammantano la figura dell’artista dell’aura dell’alchimista.

Nella produzione di Gianni Poretti distinguiamo dimensioni, forme e soggetti molto diversi. Tuttavia, la ricerca della profondità, una maggiore tendenza all’astrazione e un’attenzione particolare alle variazioni cromatiche possono essere definite come costanti del suo lavoro. Le sue opere non hanno titolo: per differenziarle, l’artista si avvale di numeri, che tuttavia non rientrano in serie definite, bensì in cicli determinati dalla prima impressione sul lavoro. Nascono quindi i cicli dei Tondi, delle Steli, delle Non-Forme, di Oltre. Alla serialità meccanica tipicamente umana, l’artista preferisce i cicli naturali come le stagioni, le rivoluzioni astrali, la vita degli organismi, che nascono, muoiono e si susseguono. Così, le sue opere: nascono, evolvono, si moltiplicano sempre seguendo il leitmotiv iniziale, ma producendo infinite variazioni sperimentali che possono, a loro volta, chiudere un determinato ciclo e originarne un nuovo. Il suo lavoro sui Tondi ne è un esempio: ancora oggi assistiamo a uno sviluppo differente della stessa idea di fondo. L’artista stesso non sa se si arresterà con questi ultimi Tondi o se andrà oltre. La componente spirituale nei giochi di pieno e vuoto, trasparente e opaco, che tracciano segni indefiniti, tuttavia presenti in queste circonferenze sospese nel tempo, è innegabile. Osservando questi muti dischi policromi siamo spinti all’introspezione, portandoci a riflettere sulla fragilità e sull’ambiguità ricca di contrasti di questo nostro mondo.

I Tondi e le Steli di Poretti ricordano nei colori e nella loro tranquillità ieratica le opere degli still expressionists come Barnett Newman e Mark Rothko; il loro essere, tuttavia, al tempo stesso anche interrogativi e autoreferenziali, ci porta a pensare agli esponenti del minimalismo americano come Donald Judd o Carl Andre. Eppure, Gianni Poretti nega, per questi cicli di opere, qualsiasi riferimento o omaggio esplicito a questi grandi nomi della storia dell’arte. Diverso è il caso del recente ciclo La tragedia umana, titolo ispirato dall’omonima opera di Apollonio Pessina. Il formato è rettangolare e Poretti si dirige apertamente verso un ascetico figurativo in cui il genere degli individui non è identificabile. Esseri umani ridotti alla loro essenza si sovrappongono pur restando isolati gli uni dagli altri, in una ricerca di profondità del vetro. L’artista, grazie alla sovrapposizione di lastre di vetro e di metallo lavorate differentemente riesce ad ottenere una tridimensionalità bidimensionale ricca di giochi cromatici. Ritroviamo queste figure eteree in altre opere di Gianni Poretti: in blocchi di vetro costituiti da cinque lastre l’una sull’altra, tre esseri antropomorfi, uno di fronte, l’altro di schiena e l’ultimo di profilo o girato di tre quarti, quasi come a modello degli studi rinascimentali sulla rappresentazione del corpo nudo, fluttuano nel loro spazio circoscritto, definiti solo dal loro colore. Questi “spiriti” sono il ritorno alla calma riflessiva dei Tondi e delle Steli dopo il dinamismo, l’aggressività e la forza visiva delle Non-Forme e di Oltre, lavori nei quali l’artista abbandona le rigide forme geometriche per creare sculture corpose dai colori accesi e dai forti contrasti cromatici, dal rosso vivo al nero-blu.

Ogni scultura è una storia a sé stante che tuttavia si inserisce in un insieme: l’universo personale dell’artista-alchimista, composto da molteplici frammenti di vetro come il rosone di una cattedrale gotica. Artista-artigiano, Gianni Poretti ricerca la massima espressione della materia. Il vetro, dal latino vitrum, deriva etimologicamente da vid-trum, la cui radice è il verbo vidère, che significa “vedere”: il vetro è quindi “ciò che fa vedere”. “Ciò che fa vedere” attraverso di esso grazie alla sua trasparenza, ma anche i misteri che intravediamo o che possiamo immaginare al suo interno. L’artista permette alla materia di rivelarsi, dandole vita; grazie alle sue intuizioni il vetro canta in silenzio nelle opere di Gianni Poretti, quasi potessimo sentire, osservandole, la musica delle sfere.
Elisa Rusca
Storica dell’Arte

Inaugurazione domenica 28 marzo alle ore 17

Museo Casa Pessina
via Pessina, 6 - Ligornetto
Orario: giovedì dalle 14.00 alle 17.00 e sabato, domenica e festivi dalle 14.00 alle 18.00

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Anna Sala
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