Un progetto espositivo che quattro giovani artiste salentine: Francesca Speranza, Marzia Quarta, Annalisa Macagnino, Loredana Cascione hanno realizzato in due atti distinti e in altrettanti spazi: Casa delle Donne e Fondo Verri. Il primo scelto come luogo di realizzazione delle opere, il secondo come tappa finale del percorso creativo, quasi un momento di meditazione sull'atto precedente.
[ QUATTRO ] è un progetto espositivo che quattro giovani artiste salentine hanno realizzato in due atti distinti e in altrettanti spazi: Casa delle Donne e Fondo Verri. Il primo scelto come luogo di realizzazione delle opere, il secondo come tappa finale del percorso creativo, quasi un momento di meditazione sull’atto precedente.
[ QUATTRO ] è un pretesto per riflettere su tematiche legate agli sconfinati confini delle percezioni di: Francesca Speranza, Marzia Quarta, Annalisa Macagnino e Loredana Cascione.
[ QUATTRO ] operatività che testimoniano approcci e esiti formali talmente discordanti da contraddire il titolo stesso del progetto, che allude, infatti, al più perfetto tra i numeri.
[ QUATTRO ] suggerisce altresì numerose metafore. Si pensi, ad esempio, alla Teoria degli umori di Ippocrate, in cui si definisce l’esistenza di quattro temperamenti che convivono nell’essere umano: serenità, melanconia, collera e passionalità. Questi, se ben regolati, garantiscono un buon funzionamento dell’organismo. I quattro umori, accordati differentemente, spingono le quattro artiste a indagini eterogenee, tutte però intimamente legate da forti relazioni con la propria e l’altrui sensibilità femminile. Il loro operare nei labirinti della contemporaneità si caratterizza per un nomadismo perpetuo nei sentieri di differenti media tecnico-espressivi: dal disegno all’installazione e al video, dalla fotografia alla pittura, alla performance.
Biografie
Francesca Speranza (Cisternino, 1978). Vive e lavora a Lecce.
Studia presso l’Accademia di Belle Arti di Lecce, dove consegue il diploma nel 2007; l’anno seguente è vincitrice del Premio G.A.P. (Bari, Sala Murat, a cura di L. De Venere, M. Di Tursi e A. Marino). Avvia la sua attività espositiva nel 2005 con la partecipazione alla mostra-concorso “Blu Org” (Bari, galleria Blu Org). Tra le rassegne recenti si segnalano “Ogni cosa ha il suo tempo” (Lecce, Cantieri Teatrali Koreja, a cura di M. Giannandrea) del 2010, Arte Transumante 2008 (L’Aquila, Castel del Monte) e “Prove d’autore in Terra di Brindisi” (Mesagne, galleria Tenuta Moreno, a cura di M. Guastella) del 2007.
La sua indagine è legata al mezzo fotografico, che l’ha condotta, tra l’altro, a intraprendere molteplici esperienze di laboratori urbani e collaborazioni con altri operatori artistici. La suggestione dello spazio espositivo e la sua volontà di mutare e rendere irriconoscibile la sua ricerca, l’ha spinta a concepire un’opera totalmente effimera. Si è quindi avvalsa di una vecchia panca – uno degli infiniti oggetti superstiti del mobilio dell’ex Liceo Musicale Tito Schipa – per accogliere una sagoma di uomo interamente commestibile. Per l’artista brindisina l’arte è sempre legata a un confronto che non può avvenire senza un precedente conviviale. Perciò non ha saputo rinunciare a una tavola imbandita. Il suo è un pretesto per rendere gli spettatori partecipi del fatto artistico, instradandoli – attraverso il cibo – sul cammino iniziatico dell’arte. [L.M.]
Marzia Quarta (Copertino, 1979). Vive e lavora a Monteroni.
Studia presso l’Accademia di Belle Arti di Lecce; completa gli studi in quella di Bari dove consegue il diploma nel 2004.
Nello stesso anno esordisce aderendo alla mostra collettiva “Sogni” (Conversano, Monastero di San Benedetto, a cura di G. Pansini). Tra le esperienze espositive recenti si segnalano: “Ergo Sum. Notte Bianca della Letteratura e dell’Arte 2008” (Galatina, Centro Storico, a cura di G. Rigliaco), “L’Habiter Est Ton Habit”, personale ordinata nel 2007 (Lecce, Cantieri Teatrali Koreja, a cura di A. Serafino), e “Art Woman 2006. Salento New Entry” (Lecce, Castello Carlo V, a cura di M. Pizzarelli).
Marzia Quarta tralascia i temi espliciti del glamour e della seduzione femminile, già rilevati nelle sue indagine da Marina Pizzarelli nel 2006, e invade lo spazio espositivo della Casa delle Donne con un Object trouvè proveniente dagli armadi della sua memoria più intima, quella familiare.
L’idolo è l’abito da sposa della madre, oggetto carico di richiami nostalgici e affettivi che viene appeso al soffitto dello spazio per essere contemplato e venerato. [L.M.]
Annalisa Macagnino (Tricase, 1981). Vive e lavora a Lecce.
Frequenta la Facoltà di Beni Culturali presso l’Università del Salento. Esordisce nel 2004 con la mostra personale “Disegni segni grafie” (Lecce, Fondo Verri). Tra le esposizioni collettive recenti si segnalano “She Devil3”(Roma, Studio Miscetti), “She Devil On tour” (Bucarest, MNAC) – entrambe del 2009 – e “Ius primae noctis” (Carosino, Castello D’Ayala Valva), ordinata nel 2007.
In occasione della collettiva [ QUATTRO ] Macagnino prosegue l’indagine sulla femminilità e sui conflitti con l’altro sesso. Rinuncia a quelle allegorie affatto affini alle indagini di Carol Rama e Tracy Emin e presenta “Un metro quadro di maschilismo”, installazione composta da falli in argilla. L’opera è impregnata da un forte rifiuto del potere virile, chiaramente esemplificato dalla metafora fallica.
Annalisa Macagnino non teme di respingere e annientare questo falso simbolo. In che modo? Moltiplicandolo in decine di esemplari. Beffandolo mediante un’azione paradossale. [L.M.]
Loredana Cascione (Nardò, 1980). Vive e lavora a Porto Cesareo.
Studia presso l’Accademia di Belle Arti di Lecce. Avvia l’attività espositiva nel 2008 con la partecipazione ad alcune mostre collettive; tra queste si segnala “Emergenze in campo” (Lecce, Manifatture Knos, a cura di S. Nannicola e L. Ghionna). Non mancano esperienze di collaborazione con altri operatori artistici, come testimonia, ad esempio, la performance “Dimore”, messa in scena nel 2010 con Carlo Nannicola (Copertino, Circolo Arci).
In occasione di [ QUATTRO ] Loredana Cascione propone “Maia”, una bambola. Opera generata dopo una lunga pratica che tenta di ricostruire, mediante un lungo lavoro domestico con il filo di cotone, i brandelli di un corpo fatto a pezzi. Questi lacerti provengono da una sorta di archeologia emozionale, affatto intima, e sono composti da stoffe e tappezzerie recuperate dall’oblio. L’installazione, proposta per la prima volta nell’androne della Casa delle Donne, narra di femminilità distrutte e ripudiate, e di un Io che – secondo la stessa artista – «si confronta e si scontra con le donne che emergono tanto dalla realtà quotidiana quanto dall’immaginario, una sorta di partita sempre aperta». [L.M.]
Vernissage domenica 4 aprile ore 20
Fondo Verri
via Santa Maria del Paradiso, 8a - Lecce
Orario: 18-21
Ingresso libero