Alexandros Papathanasiou, Emanuele Becheri, Giovanni Oberti, Ruth Scott: quattro giovani artisti, impegnati da anni, pur con differenti modalita', alla ridefinizione impossibile di una pratica che si colloca nel mormorio di una controforma che articola senza fine il leitmotiv di uno scacco plastico ininterpretabile, senza espressione. In mostra installazioni e video. A cura di Alessandro Sarri.
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a cura di Alessandro Sarri
Cul de sac, impedimento, strada senza sfondo o senza via d’uscita, divieto, pericolo, vulnus interdizione, rimozione, risacca, oscenità. Cul de sac indaga ciò che resta dell’opera che, una volta ‘realizzata’, tende inevitabilmente a celare e a dimenticare il suo impensabile processo di costruzione che si cancella proprio nell’istante in cui s’istaura, esaurendosi nel segreto della propria iscrizione nella quale appunto la singolarità annienta l’universale. Cul de sac inteso come quella cosa che il processo stesso dimentica e rimuove in fieri proprio per ri-nascere escatologicamente.
Cul de sac come un qualcosa di nuovo conficcato nella reiterazione di una riproposizione intesa come atto identico, al tempo stesso ciò che è venuto e ciò che è ancora qui, presente in ciò che è stato rovinato mediante la sua presenza celibe. Esiste infatti un nucleo indecidibile di formalizzazione che preme ed insiste in ogni arrivo come in ogni provenienza; immagine in-diretta, qui e ora e quindi già irreparabilmente passata attraverso il (non) ritorno de rimosso, attraverso la propria inattingibile inamovibilità. Questo scarto senza scarto non si riassume in alcun modo in una presenza o in un’assenza, in un’accettazione o in una trasgressione, esso si situa piuttosto nel punto cieco che nessuna formalizzazione riuscirà mai a formalizzare.
Una formalizzazione che s’ ingenera solo se l’assolutezza della sua assenza coincide con lo stesso ‘modo d’essere’ della sua presenza. A questa risposta quasi impraticabile tenteranno di accostarsi quattro giovani artisti, impegnati da anni, pur con differenti modalità, alla ridefinizione impossibile di una pratica che si colloca appunto nel mormorio di una controforma che articola senza fine il leitmotiv, l’ecolalia di uno scacco plastico ininterpretabile, senza espressione, in quanto tutta passa da un dentro a un dentro. Installazioni e video creeranno infatti quella che si potrebbe definire il rovescio della matrice, ovvero quell’eccedenza irrecuperabile che fa dell’opera la coniugazione orfana di un’origine senza inizio; l’ anticipo apocrifo di un resto vergine che non sarà mai un semplice resto ma sarà sempre stato, seguendo Maurice Blanchot, presente nonostante la sua presenza e assente nonostante la sua assenza.
Opening 10.04.2010 ore 19
neon>campobase
via Zanardi, 2 Bologna
lun_sab 11.00_13.00 e 15.00_19.00
ingresso libero
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artists:
Emanuele Becheri, Giovanni Oberti, Alexandros Papathanasiou, Ruth Scott
curated by Alessandro Sarri
Cul de sac, hinderance, dead end, forbiddance, danger, vulnus, interdiction, removal, undertow, obscenity. Cul de sac tries to figure out what remains of something that, due to a finalization, tends to hide and forget its unthinkable process of construction that keeps on erasing just in the moment it comes about, exausting right in the secret of its own inscription in which singularity annihilates universality. Cul de sac intended here as the thing that even the process itself forgets and removes right away, in order to re-born as escatology. Cul de sac as something new stuck in the reiteration of a reproposition intended here as identical act, simultaneously what has arrived and what’s still here, present in what has already been ruined by its presence célibataire.
Cul de sac looks like an undecided nucleus of formalization that pushes and insists both in every arrival and in every origin; an indirect image, here and now but nevertheless irreparably gone because of the impossibility of any removal, because of its irrecoverable inamovibility. This gap without gap cannot be summarized in a simple presence or in a simple absence, in some kind of an acceptance or transgression but it takes place and develops in the blind spot in which formalization will never be able to formalize itself. A formalization that can be ingenerated just in the occurrence in which the wholeness of being of its absence will totally coincide with the wholeness of being of its presence.
Four young artists will try to face this impracticable answer through the impossibile redefinition of a practise that sets in the murmuring of a cross–check form that articulates endlessly the leitmotiv of its impasse, the echolalia of a plastic defeat that cannot be interpreted, without expression, since everything passes from an inside to another inside. Installation and video will create something that could be definied the reverse of the matrix, in other words, the irrecoverable excess that drives the work into the orphan conjugation of an origin without any beginning; the apocryphal advance of a virgin residue that will never be a simple residue, but instead, through Maurice Blanchot, a residue that will have been present in spite of its presence and will have been absent in spite of its absence.
Opening 10.04.2010_7.00 pm
neon>campobase
via Zanardi, 2 Bologna
mon_sat 11am_1pm and 3pm_7pm
free