Annette Kelm
Dasha Shishkin
Rosa Barba
John Bock
Kerstin Braetsch
Matthew Brannon
Tom Burr
Andre' Butzer
Nathalie Djurberg
Kitty Krauss
Gedy Siboni
Markus Schinwald
Di Annette Kelm, tedesca che vive e lavora a Berlino, in mostra sono visibili lavori che si ispirano a soggetti differenti: edifici, piante, ritratti e still life, spesso surrealistici. L'uso del colore, nelle opere di Dasha Shishkin, assume una forza drammatica, espressionista. In mostra 9 tra dipinti su carta o su tela, disegni e acquaforti. La collettiva 'Behind the Curtain' presenta tende di diversi artisti tra cui Rosa Barba, John Bock, Kerstin Braetsch, Nathalie Djurberg, Tobias Rehberger e altri.
Annette Kelm
Cards and Plates
La galleria Giò Marconi è particolarmente lieta di annunciare la prima personale nei suoi spazi dedicata all'artista Annette Kelm, tedesca che vive e lavora a Berlino. In mostra sono visibili lavori che si ispirano a soggetti differenti: un'ampia gamma di edifici, piante, ritratti di altri artisti spostati in contesti e situazioni diverse, e still life ordinati, spesso surrealistici. I lavori fotografici di Kelm esprimono una chiarezza rigorosa, che ricorda quella della pubblicità con le sue strategie di comunicazione, e quella della fotografia di prodotto, che si concentra su una presentazione mirata dell' oggetto in modo da renderlo più desiderabile. Allo stesso tempo i lavori fotografici di Kelm giocano a declinare il principio di "piattezza", che deriva dalla pittura moderna.
Kelm scopre e sceglie molti dei suoi soggetti passeggiando: essi possono essere molto piccoli, come un dado dimenticato o più grandi, come una jeep arrugginita. Ma le foto non vengono alla luce nel tempo di una camminata, bensì dopo un lungo processo. Esse sono scattate con una macchina analogica di grande formato e in seguito ogni provino viene lavorato singolarmente.
Seguendo una sua precisa attitudine, Kelm scardina gli oggetti "minori" e "insoliti", dal continuum di un onnipresente panorama visivo. Quello che gli accade attraverso quest'isolamento è qualcosa di assimilabile ad una "giustizia estetica": essi sono finalmente mostrati come qualcosa che può esistere. Ciò non ha niente a che fare con il desiderio regressivo di una "rappresentazione autentica"; nelle immagini di Kelm ogni sorta di immediatezza realistica è al contempo già una recitazione.
In altre fotografie l'artista lavora con motivi di design, oggetti di design o piante. Essi sono estrapolati dal loro contesto usuale e sistemati in situazioni del tutto nuove e stranamente stilizzate. Inaspettatamente, si ritrovano su un palcoscenico dove diventano parte di un'intenzionale e misteriosa drammaturgia.
La sobrietà concettuale dei lavori di Kelm nasconde qualunque traccia storica. Il modo frontale di fotografare gli oggetti e la confusione di davanti e dietro sembra eliminare il tempo. Kelm crea uno spazio per l'immagine che è assolutamente piatto e liberato dalla storia, una zona di gelida inquietudine. Quando, per esempio, elegge a protagonista una sciarpa dai motivi pop e giovanili , la connotazione culturale pop e giovane non gioca più un ruolo eminente. La decorazione, piuttosto, tende a recuperare parti della sua autonomia visiva: invece di essere condizionata dalla sua storia, ora risiede in uno spazio fittizio "oltre qualsiasi cosa". Come conseguenza i lavori di Kelm spesso si propongono in serie o hanno effetti quasi comici.
A dispetto, o a causa, della loro severa economia, le immagini di Kelm innescano particolari dinamiche che ci coinvolgono in un suggestivo gioco di vicinanza e distanza, visibilità e invisibilità. La fredda trasparenza delle stampe è allo stesso tempo ingannevole e noi finiamo col chiederci, come spettatori: vediamo troppo o troppo poco? Che cosa vediamo infine? Non possiamo mai essere completamente sicuri: ogni volta il significato, appena trattenuto, immediatamente ci sfugge. C'è sempre più che un solo punto di vista e più di un'unica versione dei fatti.
Aram Lintzel
Annette Kelm è nata a Stoccarda, Germania, nel 1975. Vive e lavora a Francoforte. Annette Kelm ha tenuto mostre personali presso: Camera Austria, Graz; KW – Institute for Contemporary Art,Berlin; Kunsthalle, Zürich; CCA Wattis, Institute for Contemporary Art, San Francisco; Witte de With, Rotterdam; Taka Ishii Gallery, Tokyo; Marc Foxx, Los Angeles; Art Cologne - Award for Young Art,Artothek, Cologne; Art Cologne, Cologne; HfBK, Hamburg; Golden Pudel Club, Hamburg
I suoi lavori sono stati presenti in mostre tenutesi presso: Hamburger Bahnhof, Berlin; ProjecteSD, Barcelona; Jan Mot, Brussels; Brussels Biennale, Brussels; Kunsthalle Exnergasse, Vienna; Kunstwerke, Berlin; CCA Wattis Institute for Contemporary Arts, San Francisco; Yvon Lambert, New York; 9th Biennale d’Art Contemporain, Lyon (curated by Stéphanie Moisdon and Hans Ulrich Obrist); Mocad, Detroit; Kunstverein für die Rheinlande und Westfalen, Düsseldorf; Sprengel Museum, Hanover; Shedhalle, Zurich; P.S.1 / MoMA, Long Island City, NY; Kunsthaus, Dresden; Witte de With, Center for Contemporary Art, Rotterdam; Peres Projects, Los Angeles; Aspen Art Museum, Aspen; Kunstverein, Hamburg; KW – Institute of Contemporary Art, Berlin; Kölnischer Kunstverein, Cologne; Die blaue Kugel, Hamburg; Künstlerhaus, Stuttgart; Kunsthaus, Dresden; Hôtel Belleville, London; Centro Cultural Andratx, Mallorca; Kunstverein, Hamburg; Palais für AktuelleKunst, Glücksstadt
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Dasha Shishkin
"Tizzy"
La galleria Giò Marconi presenta la prima mostra nei suoi spazi sotterranei dell'artista russa Dasha Shishkin.
Shishkin, che vive e lavora a New York dal 1993, ha partecipato alla grande mostra "The Compulsive Line: Etching 1900 to Now show" al Moma nel 2006, in cui suoi lavori erano visibili insieme a quelli di Marcel Dzama, Jake and Dinos Chapman, David Hockney, David Shrigley etc,, ed è considerata una giovane promessa dell'arte contemporanea.L'artista lavora con il disegno e la pittura, alternando l'acrilico, il pastello a cera, la china e la grafite.
L'uso del colore, nelle opere di Shishkin, assume una forza drammatica, espressionista, anche quando le campiture non sono piatte sulla tela, ma tratteggiate e nervose. La linea invece, nei disegni come nelle acqueforti, è estremamente delicata, particolareggiata e fragile. In mostra da Giò Marconi porta 9 tra dipinti su carta o su tela, disegni e acquaforti, tutti prodotti appositamente per la mostra. I suoi soggetti, che comprendono figure umane in relazione tra loro e pattern decorativi, sono sempre in bilico tra macabro e fantastico, grazioso e malinconico.
Su una tela, per esempio, sono ritratte due scene di vita domestica in una casa russa, come si può intuire dall'abbigliamento degli inquilini: l'artista pare voler ricordare l'ambiente familiare e i costumi della sua gente, ma il ricordo nostalgico è sconvolto da un avvenimento tragico: al centro di una delle due stanze, nella parte alta del quadro, un corpo trucidato giace sul tappeto rosso, macchiandolo di sangue, che cola abbondante dal pavimento al soffitto della seconda stanza (nella parte inferiore del quadro). Inoltre le prospettive sono distorte, alla Van Gogh, e mentre gli spazi sono così accentuatamente profondi e incalcolabili, le persone al loro interno sono piatte, addirittura trasparenti e confuse con l'arredo, quasi pura decorazione. Shishkind ci racconta storie mai facili da decifrare, spesso affollate di avvenimenti diversissimi l'uno dall'altro, che per una coincidenza fortuita o per destino, si trovano a coesistere nello spazio di una tela.
Oppure, laddove sembra di riconoscere una sola storia, con i suoi protagonisti, la confusione tra le forme e la decorazione rende il quadro un vero e proprio enigma, da cui è difficile estrapolare una narrazione lineare, dei contorni netti, delle azioni precise.
Carattere enigmatico hanno anche i titoli dei lavori: spesso Shishkin usa giochi di parole o interviene su frasi di verità condivise, facendo sottilmente slittare il significato o ancora utilizza titoli che non hanno niente a che vedere con il lavoro in sè.
Le opere di Shishkin sono state accostate a Goya e Bruegel, Egon Schiele e Hieronymus Bosch: i quadri sono intrisi di un immaginario fantastico in cui affiora, tangibile, il senso del grottesco. Anche l'erotismo, in Shishkin, non è mai descritto in modo banale, ma sfiora la perversione e la violenza, finendo per risultare, anche a causa della smania per i particolari che l'artista coltiva all'eccesso, un erotico grotteco. Schishkin costruisce il suo mondo minuziosamente, e minuziosamente decostruisce il mondo reale, l'universo umano, e i suoi comportamenti.
Dasha Shishkin è nata a Mosca, Russia, nel 1977. ha studiato presso la New School for Social Research, New York e la Columbia University, New York. Ha tenuto mostre personali presso: Zach Feuer Gallery, New York; Andreas Grimm, Munich; Grimm|Rosenfeld, New York; Grimm|Rosenfeld, Munich; ND Gallery, Brooklyn, NY. Suoi lavori sono stati in mostra in collettive tenutesi presso: Denver Art Museum, Denver; The Museum of Modern Art, New York; Kunsthalle Wien, Vienna; Visual Art Center of Academy of Arts and Design, Tsinghua University, Beijing; China Art Objects, Los Angeles; ISE Cultural Foundation, New York; Arndt & Partner, Zurich; Galleria Alberto Peola, Turin, Italy; Galerie Im Regierungsviertel, Turin, Italy; Hamburger Kunsthalle, Hamburg; Parrasch Gallery, New York; Hungarian Cultural Center, New York; 33 Bond Gallery, New York; Smack Mellon and The Kentler International Drawing Space, Brooklyn; Hangar-7, Salzburg; Bezalel Academy, Tel Aviv; Ratio 3, San Francisco; Susanne Vielmetter Los Angeles Projects, Los Angeles; Rutgers University, New Brunswick, NJ; PS1 Contemporary Art Center, Long Island City, NY; Phillips de Pury & Co Gallery, New York; Cohan+Leslie, New York; Neiman Gallery, Columbia University, New York; Oliver Kamm/5BE Gallery, New York; Team Gallery, New York; Black Church Print Studio Dublin, GF Gallery New School University, New York; Pearl Gallery, New York; William Paterson University, Wayne, NJ; Stuhltrager Gallery, Brooklyn, NY.
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Behind the Curtain
A group exhibition
La Galleria Giò Marconi è lieta di annunciare la mostra collettiva "Behind the Curtain" che presenta tende di diversi artisti e di ogni genere.
I due lavori di Rosa Barba "The indifferent back of a view rather than its face" e “The Personal Experience Behind its Description” sono proprio un lungo testo (un estratto dall'autobiografia di Vladimir Nabokov) dove le lettere sono ricavate per sottrazione dal tessuto e le tende diventano due grandi pagine spiegate, che raccontano per frammenti la luce, l'ombra, il riflesso. Il lavoro prende vita, infatti, quando un fascio di luce illumina dall'alto la tenda, e l'ombra delle lettere viene proiettata sulla parete dietro.
John Bock ci presenta una tenda che sembra un mantello rituale, o una tovaglia coloratissima, puntellata di figure zoomorfe e oggetti: piatti, tazze e gli oggetti oblunghi tipici dell'artista, fatti di lana o altri tessuti. La tenda, bidimensionale per definizione, diventa qui una vera e propria installazione tridimensionale.
Kerstin Braetsch ci porpone PrinZIP, lavoro in tre parti colorato con spray su foglio trasparente. Appeso al soffitto questo grande foglio è estremamente fragile e funziona come un divisorio trasparente e fluttuante. Matthew Brannon trasforma la tela in una tenda minimale: appesa ad un listello d'ottone e resa rigida da un altro listello che si trova sul lato inferiore, è al tempo stesso quadro e passaggio, impreziosito da un elaborato ricamo a mano.
Il lavoro di Tom Burr, estremamente concettuale, emerge da un parallelepipedo di legno aperto, dal quale esce come liberata.
Andrè Butzer, con una grande tela 180 x 240, un dipinto astratto che si intrufola tra i tendaggi, ripropone l'idea dell'opera d'arte come confine, punto di contatto tra due mondi, distinti eppure strettamente legati l'uno all'altro.
Nathalie Djurberg sporca una classicissima tenda rosa ricamata con motivi floreali, che appesantita, rimane incollata a terra. La tenda nasconde dietro di sè una proiezione di uno dei film dell'artista.
Il lavoro minimal di
Kitty Krauss si basa sull'idea di quadrato, con cui l'artista gioca spesso: in questo caso l'elemento è ricavato da un vestito elegante da uomo , che l'artista ha tagliato in due parti rettangolari, lasciando la cucitura al centro e lasciando scivolare una parte sul pavimento.
Tobias Rehberger, invece, dedica le sue tende a cinque personaggi dello spettacolo italiani: Benedetta Barzini, Caterina Caselli, Massimo Ranieri, Rita Pavone, Sabina Ciuffini. Personaggi che l’artista ritiene abbiano inciso in modo particolare in un determinato momento della loro carriera sull’immaginario collettivo. Loro indumenti sono stati rielaborati per essere trasformati in veri e propri tendaggi.
Untitled (Dolls) di Markus Schinwald, il più opulento dei lavori in mostra, capovolge la funzione della tenda, che da strumento per cancellare agli occhi la visione di uno spettacolo, diventa spettacolo essa stessa: vediamo una stanza popolata di bambole che paiono animarsi, anche per il movimento che le pieghe della tenda induce loro. Dietro le bambole e la loro vita silenziosa, altri ritratti si nascondono, che solo chi osa spostare la tenda potrà vedere.
Gedy Siboni sposta l'orizzontale in verticale e così un tappeto si trova improvvisamente a coprire una parete e un rattoppo diventa un motivo ornamentale. In un intrico di barriere e ostacoli, che sono allo stesso tempo quadri o sculture di grandi
dimensioni, possiamo assaporare il sottile piacere di spostare la tenda, spiare o semplicemente immaginare cosa ci potrebbe essere oltre: ogni artista ci regala la possibilità di farlo in modo diverso.
PressOffice: Cristina Pariset T.+39 024812584
cristina.pariset@libero.it
Immagine: Dasha Shishkin
Inaugurazione giovedì 22 Aprile 2010 dalle 19 alle 21
Gio' Marconi
via Tadino, 15 - Milano
Da martedì a sabato 10:30-12:30, 15:30-19
ingresso libero