Ordinary Things. In mostra stormi di velivoli da guerra, cannoni, mitragliatrici, scudi, creano allestimenti e motivi che raccontano il razionalismo dell'oppressione mediante l'uso di metodi legittimi di violenza e di terrore. Una rivisitazione artistica di concetti quali la liberta', la giustizia e la dignita', che trascendono l'individuo giungendo alla riconsiderazione di tutto quanto e' collettivo.
a cura di Alessandro Vincentelli
Nell’Opera da tre soldi, scritta nel lontano 1928 da Bertolt Brecht, ci si domandava: «Cos’è una rapina in banca rispetto alla fondazi-
one di una banca?». Anche se da allora sono trascorsi più di ottant’anni, l’interrogativo conserva tutta la sua attualità dal momento
che sia sotto il profilo legale sia soprattutto sotto quello morale, la sanzione che accompagna questi due esempi opposti di
arricchimento estremo non ha conosciuto alcun mutamento.
Infatti, la Regola di allora vale grosso modo anche oggi: l’appropriazione sistematica non può né deve rimandare a qualsivoglia
confronto con essa, sia pure isolato.
Inoltre, prendendo in considerazione alcune moderne voci fuori dal coro, ci si rende conto che la giurisdizione di tale Regola oltre
a comprendere alcune istanze individuali, attinge lo spazio delle idee e della mentalità.
Pensatori quali Slavoj Žižek rispetto a esempi analoghi non esitano a generalizzare e a parlare di un atteggiamento improntato a
un palese cinismo. A una brutale manifestazione di forza operata dalla cultura dominante, la quale, affrancata da qualsivoglia
posizione contestataria, non ha neppure la pretesa di essere presa sul serio, ma soltanto di non essere disturbata. In tale ambito
post-moderno, in cui tutto può essere detto e tutto può essere visto, la Verità appare un concetto talmente vago che chiunque vi
faccia appello non potrà che essere considerato un individuo pittoresco o sgradito, in ogni caso poco o punto interessante, e
dunque debole.
Le voci contrarie tuttavia non mancano.
Nel 2007, durante la sua prima mostra in terra ellenica, dal titolo «Politicamente non corretto», l’artista italiano Antonio Riello,
ricorrendo a oggetti autentici, cercava di capovolgere l’ipostasi simbolica delle armi trasformandole in altrettante «stranezze
ornamentali» ad alto valore estetico; si trattava del tentativo, riuscito, di articolare un discorso politico che inaspettatamente non
sfidava qualcosa che ai nostri giorni è stato quasi dimenticato: il buon gusto.
Con la sua nuova mostra dal titolo Ordinary Things / L’ordine delle cose, a cura di Alessandro Vincentelli, curatore presso il BALTIC
Centre for Contemporary Art, Gateshead, Riello si mostra ancora più provocatorio mostrando la straordinaria familiarità di tutti noi
con quanto è stato creato in primo luogo per distruggere e soltanto in secondo luogo per piacere. Il punto cruciale è la’ccettazione
acritica, da parte nostra, di qualsiasi sistema o meccanismo volto a incoraggiare la produzione di armamenti, allo scopo di mani-
polare e dominare.
Stormi di velivoli da guerra, cannoni, mitragliatrici, granate, maschere antigas, elmetti, manganelli, scudi, creano allestimenti e
motivi che raccontano il razionalismo dell’oppressione mediante l’uso di metodi legittimi di violenza e di terrore. Si tratta natural-
mente di una rivisitazione artistica di concetti quali la libertà, la giustizia e la dignità, che trascendono l’individuo giungendo alla
riconsiderazione di tutto quanto è collettivo.
In altre parole, si tratta dell’analisi moderna di una realtà che si potrebbe definire repellente.
Inaugurazione: Giovedì 29 Αprile 2010 ore 20:30
Potnia Thiron
7, Zaimi st - Athens
Orari di apertura: Lunedì - Venerdì 10.00 - 21.00 Sabato 10.00-15.00 al 12 Giugno; dopo il 14 Giugno dall'appuntamento soltanto
Ingresso libero