"Dei luoghi e degli uomini", la Transilvania in un reportage di Giovanni Santi. Persone e cose viste nelle campagne più isolate. Il racconto di una orgogliosa essenza arcaica.
"Dei luoghi e degli uomini", la Transilvania in un reportage di Giovanni Santi
Persone e cose viste nelle campagne più isolate. Il racconto di una orgogliosa
essenza arcaica.
Uomini, donne, animali, scorci di agglomerati urbani, momenti di vita
quotidiana nelle campagne più isolate della Transilvania. Un luogo molto vicino
a noi geograficamente ma in realtà così distante.
"Transilvania: dei luoghi e degli uomini" è il titolo scelto da Giovanni Santi
- fotografo professionista che vive e lavora a Siena - per raccontare la storia,
i volti, le abitudini e le tradizioni di questa terra che, al riparo da
qualunque contaminazione, conserva intatte le sue caratteristiche.
La mostra si apre il 27 maggio e sarà ospitata a Siena nella Galleria di
Palazzo Patrizi (via di Città , 75 - orario 9/19) fino all'11 giugno.
Santi dipinge attraverso i suoi scatti persone e cose viste nelle campagne più
isolate della Transilvania. In termini di viabilità moderna, la zona può essere
considerata "a due passi da noi". E invece i volti, i comportamenti, gli
ambienti che osserviamo sembrano appartenere a un mondo differente, distante nel
tempo, oppure separato dalle nostre abitudini di oggi.
Man mano che il reportage, proprio come accade in un testo scritto, si svolge,
l'idea di Transilvania come luogo dalle misteriose ambientazioni, viene
confutata e riconfermata nello stesso tempo. Sguardi evocativi, saggezza,
disagio e contraddizioni emergeranno lungo il percorso fotografico.
Immagini e parole potranno confermare o dissimulare alcune nostre idee, ma
senz'altro ci faranno sapere "dei luoghi e degli uomini", colti, forse per
l'ultima volta, nella loro orgogliosa essenza arcaica.
In occasione della mostra - inserita nel programma di inizative
dell'assessorato alla cultura del Comune - verrà presentato anche un libro (in
italiano ed in inglese) dallo stesso titolo con le foto (stampate in duotone) ed
i testi di Omar Calabrese (ordinario di semiotica delle arti all'università di
Siena), Bruno Mazzoni (ordinario di lingua e letteratura romena all'universitÃ
di Pisa ), Loris Campetti (giornalista de "Il Manifesto" ed esperto dell'Est
Europa) oltre ad una prolusione del sindaco di Siena, Pierluigi Piccini ed una
presentazione di Roberto Mutti (critico fotografico e direttore di "Immagini
Fotopratica").
Siena, Galleria di Palazzo Patrizi
Via di Città , 75 - Orario 9/19
Ingresso gratuito
Transilvania: i luoghi
Di Pierluigi Piccini *
Quanto è lontana la Transilvania? E' così vicina geograficamente che ci
potremmo aspettare assonanze, similitudini, omologazioni con il resto
dell'Europa. Nessuno sfugge al potere della comunicazione o della
globalizzazione. Ed invece è a questo punto, nel bel mezzo di un ragionamento
fatto di automatismi e rassicuranti luoghi comuni, che si scopre un mondo
remoto, separato da noi non dai chilometri ma dalla cultura, dalle abitudini da
una specificità che è quasi impossibile trovare oggi. Si apre il sipario verso
la terra della memoria.
Non esiste angolo della terra dove influenze religiose, economiche,
dominazioni, turismo, investimenti stranieri, conquiste non siano state in grado
di aprire porte attraverso le quali si mischiano pregi e difetti, saperi e
incertezze, abitudini e civiltà . Con almeno una eccezione. Non si tratta di una
scelta ma di un'insieme di fattori, di solito negativi.
Nell'epoca in cui l'omologazione è un automatismo che fagocita secoli di storia
e di tradizione, che si porta via la spontaneità in cambio di una bottiglietta
di bibita nerastra o di un hamburger la diversità è una ricchezza. Inconsapevole
ed ingenua forse, ma un bene prezioso che si può conservare più a lungo se è
meno evidente, se non c'è la tentazione di barattarlo per un pugno di perline
colorate.
E' una scoperta stupefacente ma stavolta non c'entrano niente la voglia
romantica di stranezze o il vagheggiamento di un mondo bucolico e felice. Perché
non è una realtà idealizzata. Le rughe dei volti fotografati da Giovanni Santi
sono solchi di fatica e di stanchezza, quelle espressioni raccontano di una vita
dura, semplice nei suoi meccanismi ma non per questo agevole. Anzi.
Però non ci sono compromessi. E' come se nessuno si fosse mai preso la briga di
raccontare che fuori c'è dell'altro: belle auto, tv con programmi accattivanti,
colori, vestiti, suoni, musica e film, ricchi premi e cotillons.
E' difficile dire quanto questo isolamento potrà durare e non lo si può neanche
giudicare, nel bene e nel male. E' un vantaggio per la gente? Arriverà prima o
poi il benessere, la qualità della vita salirà ? E quando, come? Che succederÃ
alle persone semplici che hanno vissuto fino ad oggi in un isola protetta non da
un mare azzurro ma da errori, tirannie, miti diabolicamente negativi? E' la
terra di Dracul, non dimentichiamocelo. E non scordiamo la dittatura e la sua
fine cruenta. Un disastro, come il liberismo sfrenato degli ultimi anni, senza
rispetto per gli uomini, per il lavoro, i campi, i secoli, la cultura e le
tradizioni. Ma l'isola c'è ancora.
Se sei qui non puoi chiamarti turista. Viaggiatore sì ma turista mai. Anche chi
arriva convinto di subire il fascino sinistro e perverso delle storie di vampiri
ci mette un niente a rendersi conto di aver sbagliato ogni previsione. Dracula è
più hollywoodiano che rumeno, la Transilvania non fa proprio una figura sul
grande schermo che cerca ombre lunari ed ululati fra boschi pietrificati e rami
stecchiti. Si vede immediatamente che non è così, non c'è niente di quello che
ti aspetti. Neppure l'ansia di chi dal terzo mondo vuole uscire arrampicandosi
con le unghie e coi denti verso la luce al neon che proviene dai Paesi più
evoluti. Non solo non c'è contatto o contaminazione, ma neanche un passaggio
diretto fra l'isola senza mare e le città del terzo millennio. Allora cammini,
sei viaggiatore, non turista, esploratore che scopre la differenza vera fra
tante originalità costruite a tavolino. Trovi l'ingenuità , l'innocenza la
disponibilità e la tranquillità di chi ha troppa rinc!
orsa davanti a sé per doversi affannare a recuperare lo svantaggio. Ammesso che
sappia vedere la direzioni in cui correre o decida di volerlo fare.
Non è una visione poetica, inutile dipingere con i colori del mito un Paese
allo sbando, aperto allo sfruttamento ed a una colonizzazione moderna cento
volte più spietata rispetto ai modelli del passato. Ma la Transilvania è un
posto vero, circoscritto da una diversità ancora troppo forte perché si possa
tentare di uscire dai confini delle cose povere, semplici, quasi disarmanti. E
poi scopri che questa distanza enorme è la stessa che separa la nostra
quotidianità dal centro di una cultura comune mitteleuropea. Ritrovare le
origini passeggiando all'indietro, viaggiare a ritroso e tornare nel punto in
cui hanno preso forma tante cose, oggi così strane ai nostri occhi ma
istintivamente vicine al cuore. Incontrarsi, parlare, scambiarsi un bicchiere,
un po' di cibo tra amici, calore umano. Sono gli elementi di un ritorno al giÃ
vissuto dell'anima, alla memoria collettiva non contaminata da bollicine e
lustrini. Ci può essere un luogo fisico del ricordo? Sinceramente non lo so. Ma!
sono davvero convinto che in Transilvania, a differenza che altrove, lo si
possa cercare.
*Pierluigi Piccini, sindaco di Siena è un viaggiatore abituale di questi
luoghi. Per il libro di Giovanni Santi ha scritto un testo introduttivo.