Le Tracce della Scena. Entrambi gli artisti, in questa mostra concepita da Clelia Belgrado, mostrano tracce di vita teatrale che i loro obiettivi hanno colto sulla scena e hanno reso visibili.
a cura di Clelia Belgrado
Per Vasco Ascolini frammenti di figure investite dalla luce e bui impenetrabili. Bianchi puri e neri profondissimi da cui emergono dettagli capaci di significare il tutto e che offrono una rilettura dettata dalle emozioni suscitate dallo spettacolo che rappresentano. Per Alessandra Vinotto il bianco e nero, tra tutti i colori: “i soli capaci di restituire la verità del personaggio che si muove sul palcoscenico: i dettagli dello sguardo, le note dello spirito,le modulazioni del pensiero, le lievi tortuosità animali”. Entrambi, in questa mostra concepita da Clelia Belgrado per VisionQuest, ci mostrano tracce di vita teatrale colte sulla scena che i loro obiettivi hanno reso visibili.
“La responsabilità di creare equilibrio, suscitare emozioni e sollevare quesiti anche razionali”, ecco i sentimenti che animano Vasco Ascolini quando in camera oscura si accinge a creare immagini che metteranno chi guarda in condizione di “vedere”. I dettagli strappati al buio che lo caratterizzano e che hanno il potere di mostrare più di quanto farebbe una forma intera sono “minimi particolari di corpi o di statue...di architetture, di presenze che non esistono se non nel mio mondo interiore quando manipolo, ancora in camera oscura, frammenti di negativi per creare altri frammenti su carta sensibile, sui sali d'argento. Quando, a distanza di giorni o di settimane e mesi dall'avere terminato la messa in carta, riprendo in mano quanto ho stampato mi accorgo di avere quasi dimenticato il percorso fatto per arrivare al risultato finale. Ciò che mi stupisce e più mi lascia pensoso è la grande quantità del nero che cela il silenzio, l'infinito, la speranza e la paura. Il nero portatore di inquietudine ma anche colore del sublime”. La realtà, che prende forma attraverso il suo obiettivo e nella camera oscura diventa tale, per chi guarda una sua fotografia, solo dopo averla vista con i suoi occhi e spesso contiene la “verità” che restituisce al marmo la proprietà della carne.“Costruisco le mie immagini, al sessanta per cento. in camera oscura ed è la che avviene, spesso, ma non sempre, la metamorfosi del marmo, della pietra e di altri minerali in ''carne'' così come la carne di danzatori e mimi diventa minerale. E' già nella scelta del negativo, dell'esposizione, dei chimici, dei tempi, del modo di aggirare ed ingannare la ''gestualità'' dell'apparecchio fotografico che queste metamorfosi iniziano e la tecnica, che in questo caso è al servizio della creatività, diventa indispensabile”.
Per Alessandra Vinotto, che in questa mostra espone foto di spettacoli teatrali la cui costante è una forte dimensione onirica, fotografare è “cogliere certe improvvise apparizioni che affido alla memoria eternate nello spazio di un fotogramma”. Di fronte ad un interprete, tra le quinte o davanti alla scena, con la sua macchina fotografica, Alessandra Vinotto cerca la comunicazione che trapela dai gesti e l’intenzione celata oltre il visibile. Vasco Ascolini, che nella vita ha incontrato solo 2 anni fa, con le sue fotografie teatrali scoperte quando era ancora giovanissima, ha in realtà tracciato il suo percorso professionale determinando le scelte che l’avrebbero portata ad “eternare il passaggio che porta l’attore ad essere spettatore di se stesso cristallizzando l’attimo corrispondente al suo mutamento di stato”. Il teatro vissuto come “ luogo dell’effimero e immateriale in cui ciò che faccio in modo istintuale quando scatto è riprendere il gesto successivo, quello già annunciato ma non ancora accaduto, quello ancora perso nel labirinto interiore di chi recita”. Di se racconta: Cerco di cogliere le infinite declinazioni del sentire, la pluralità di gesti e significati che ogni rappresentazione porta in sé e cela agli sguardi distratti”. Ma fotografare il teatro non le basta: “il teatro va annusato, divorato, metabolizzato, profondamente vissuto”. E’ questa sua passione a consentirle di produrre ”scatti più vicini al simbolo che alla documentazione, capaci di mostrare istanti trafugati alle movenze dell’anima”.
Ginni Gibboni
Inaugurazione: giovedì 6 maggio 2010, dalle 18.00 alle 21.00
Vision Quest gallery
piazza Invrea 4 r, Genova
Orario: dal mercoledì al sabato 15.30 – 19.30 e su appuntamento
Ingresso libero