Simone Boscolo
Francesco Granelli
Mana Greco
Irene Guerra
Valentina Majer
Giovanni Mangiacapra
Andrea Mercedes Melocco
Cristina Messora
Patrizia Rampazzo
Andrea Scacciotti
Manuela Scannavini
Gloria Tranchida
Marina Zatta
Collettiva. La mostra esplora un percorso sull'arte astratta ed informale attraverso le opere di 12 artisti, differenti per temi e tecniche, ma tutti legati dalla stessa ricerca stilistica e da una visione del mondo "sovversiva", desiderosa di cambiare le regole.
a cura di Marina Zatta
Nel dizionario Zingaretti alla parola Soqquadro leggiamo: Confusione, scompiglio, grande disordine. La nostra associazione non è stata chiamata così a caso; effettivamente noi vogliamo non seguire le regole del mercato dell’arte, ma aprire i nostri spazi ad esposizioni di artisti nuovi ed innovativi, mescolare arte, cultura e sociale, annullare i confini tra le diverse arti ed i diversi linguaggi del pensiero. Vogliamo mettere a Soqquadro le regole dogmatiche che disciplinano la cultura chiudendola negli spazi a volte angusti che si formano nelle accademie, nelle università, nel mercato, nelle fiere d’arte, nei musei. Gli artisti di Soqquadro hanno spesso affrontato sfide espressive che esulavano dal loro campo ed invadevano quello del confronto sociale.
In questa mostra, realizzata con la collaborazione della galleria Metamorfosi, Soqquadro espone dodici tra i suoi artisti più rappresentativi, diversi tra loro per tecnica e impronta artistica, ma tutti uniti dalla ricerca stilistica ispirata all’arte astratta ed informale. L’astratto e l’informale sono le tecniche che maggiormente possono rappresentare una visione del mondo “sovversiva”, desiderosa di cambiare le regole per immaginare un mondo nuovo.
Di Simone Boscolo il critico Davide Corsetti ci dice: “Nelle opere di Boscolo soggiace quel significato altro proprio delle opere d’arte percepito attraverso efficaci figure simboliche che dialogano tra loro integrandosi alla fotografia, alla parola scritta, al segno ed al di-segno. Attraverso le più recenti opere di Boscolo veniamo trascinati in una suggestiva parata di fantasmi, in un reportage di un mondo di memorie estinte, la cui traccia è visibile quasi solamente nei musei etnografici o nelle collezioni di qualche appassionato di cultura contadina.”
Francesco Granelli affronta diversi stili, tutti rivolti alla rappresentazione formale dell’immagine e dell’immaginario; disegni, caricature, sculture e soprattutto oli su tela; in questi ultimi prevalgono i colori caldi del rosso e del giallo miscelati direttamente sulla tela opportunamente preparata con una miscela personale; i colori sono disposti con pennellate brevi ma violente; l’incontro fra i colori – così diversi tra loro in senso cromatico – deve rappresentare l’incrocio tra le diversità e le conoscenze; ogni opera si deve risolvere in brevissimo tempo (action painting) altrimenti perde il contatto con l’estro conduttore perché, come diceva Kris, “l’artista non rappresenta la natura, né la imita, ma la crea di nuovo”
Del suo lavoro Mana Greco ci dice: Arte ed Arte cognitiva convivono e si alternano nella mia ricerca influenzandosi e contaminando l'una il risultato dell'altra. Credo molto nella condivisione e nella trasmissione dell'espressione artistica, per questo insegno quello che so di sapere, e continuo a stupirmi ammirando il lavoro dei maestri e degli studenti. Questa mia curiosità mi porta ad estendere il raggio d'azione e mi aiuta a non omologarmi,tutto ciò rende il mio lavoro la mia vita. La Pittura, la Grafica e la Fotografia sono le direzioni in cui mi muovo, tre aree visive che spesso convivono nella realizzazione di un progetto. Tutto ciò che è atto alla divulgazione dell'arte e al valore estetico che questa aggiunge alla vita, mi riguarda.
Irene Guerra presenta il lavoro Aytos opsis e così lo descive: “guardare se stessi con i propri occhi. conoscere il corpo, un desiderio ambivalente che oscilla tra la curiosità e l’inquietudine, la repulsione. Questo è il tema che mi sono proposta di affrontare, partendo da immagini di reperti anatomici, attraverso i mezzi grafici ed il disegno la materia organica viene trasfigurata fino a diventare sostanza impalpabile”.
Del suo lavoro Valentina Majer ci dice: “Ho sempre avuto attrazione e fascino per il mondo urbanizzato; per il senso di solitudine come di alienazione e soffocamento delle grandi città e per il sentimento malinconico frutto di una ricerca di identità proprio dei luoghi di periferia. Scoprendo il fenomeno dei graffitisti degli anni '80, quale Basquiat, ho realizzato numerosi disegni dove il graffito viene "legittimamente" trasportato su carta e posto così all'attenzione del pubblico. La mia serie di tele sentono senz'altro l'influenza di Rotella, ma mantengono viva l'esigenza di una superficie pittorica, "piacevole" allo sguardo, una ricerca di fondere immagine, lettera e colore quasi per trovare un ordine e una nuova categoria di bellezza.
La pittura di Giovanni Mangiacapra è materia viva, pulsante, organica: il corpo fluido della pittura che scorre sulla tela, sospinta da una passione incontenibile, ritrova la sua anima nella luce che penetra nei pigmenti e svela profondità inaspettate. L’artista aggredisce la tela con impulsività, stende il colore con robuste pennellate che lasciano la superficie ruvida, fitta di concavità e sporgenze come il terreno appena arato, ma pronto ad accogliere il seme della vita. I suoi dipinti informali sono paesaggi interiori: nelle rughe, nei cretti, nelle increspature della superficie pittorica si intuiscono le pieghe dell’anima, le sue ferite e le sue angosce più segrete.
Andrea Mercedes Melocco propone in questa mostra una delle sue silhouette in legno, presenze nere di forte impatto visivo e di altrettanto forte potere evocativo. Non ritratti, non fotografie: piuttosto l’essenza vera delle persone, quella che si rivela solo controluce, solo a occhi chiusi. A completare la sua presenza espositiva troviamo anche due TOTEM: assi di legno fortemente incise e destinate all'abbandono riprendono vita. Un minuzioso e lunghissimo lavoro, guidato da uno sguardo che va oltre l'immediatezza, risarcisce le loro ferite aperte. Le vene e le arterie riprendono vita e accolgono segni in metallo o in pietra che formano pentagrammi simbolici su cui si modulano intense visioni interiori.
Cristina Messora Predilige una tecnica povera, utilizzando supporti di carta su cui interviene con materiali diversi, lasciando lievitare figure evanescenti, glabre, che recano le linee sommarie dell’indeterminatezza geometrica, evocate da una profonda riflessione interiore. Tale linguaggio le consente di esternare l’urgenza espressiva della propria sensibilità, seguendo sensazioni ed idee immediate, dove la sostanza oleosa è colore, luce e forse sogno. Queste emozioni residue dunque non sono altro che l’essenza distillata della propria emotività, la ricerca personale e continua di un equilibrio ancora lontano tra realtà ed immaginazione.
Nell’illustrare il suo lavoro, Patrizia Rampazzo ci dice: ““L'urgenza della levata... Qui il gesto artistico sembra costituirsi proprio a partire da un processo intestino volto a recuperare e riplasmare materiali, per così dire atavici e genera una forma particolare di oblio, ci si dimentica della velocità e ci si cala in una sorta di dimensione altra. Tutte queste opere sono costituite essenzialmente da linee al lavoro: orizzontali (naviganti), verticali (montagne), ascensione di linee orizzontali (dimore). Un po' come dire che il verticale (natura ed essenza della levata) si può costituire dalle stratificazioni dell'orizzontale. Senso della levata.”
Sulle opere di Andrea Scacciotti, Salvatore Misseri commenta: In CROCIFISSIONE l’opera va oltre gli schemi: l'oro che si scioglie non è tensione verso il puro e il bello, bensì melma dilagante che tutto ghermisce: sola, palpabile isola, il sangue delle sofferenze e delle ingiustizie, che l'inganno delle apparenze non riesce a sommergere e nascondere. Sull'opera CONSCIO E SUBCONSCIO: capillari, vene, arterie...lo spirito fluisce da un nodo all'altro pensando che lo sbocco è autentico. Ma non c'è adrenalina bastante a percorrere i misteriosi meandri, a sgusciare dal labirinto di meccanismi perversi: la luce all'esterno, è un'illusione. Infine, sull'opera LUCE DAL BUIO, scrive: Che buio, quaggiù! Nel baratro orrendo, timori repressi, speranze negate, attento, tu stai: la mente è lassù. Dall'alto la luce promette speranze di sbarre divelte, di libero volo per limpidi cieli. Ma il raggio di luce che penetra, rifiuta l'abisso ritorna nell'etere vivo.
Manuela Scannavini espone, tra gli altri, l’opera L’Uomo Moderno della quale ci dice: Con questa opera vorrei esprimere la condizione dell’uomo moderno intrappolato nella sua dimensione, vittima di una società che l’opprime, urla, suda sangue, intorno a lui un alone bianco. Il quadro è stato realizzato in due tempi è ben visibile lo stacco che c’è tra le due dimensioni, quella esterna della città (il reticolo esprime il ferro, la costruzione, il lavoro dell’uomo). Nella seconda dimensione troviamo la gabbia rossa in cui l’uomo è imprigionato ma è lo spazio in cui egli stesso si esprime, uno spazio in cui cerca un nuovo equilibrio espresso dall’alone bianco e dai riquadri viola e giallo.
Gloria Tranchida dal 2003 dedica la sua arte all’ambiente e utilizza per le proprie opere carta e cartone riciclati. Questi materiali preziosi, gettati nei rifiuti con troppa superficialità, sono portati a nuova vita con l’uso di oro e altri colori metallici, una valorizzazione estetica per ricordarci il loro valore . Molte opere recenti sono dedicate a tematiche ambientali, con titoli che richiamano termini e argomenti citati con insistenza dai media ma non sempre sufficientemente divulgati in termini comprensibili a tutti perché si capiscano a fondo e si diffonda una reale e praticata cultura di rispetto ambientale. Gloria è un chimico ed è sensibile a queste problematiche anche per la sua formazione scientifica.
Immagine: Cristina Messora, Senza titolo
Inaugurazione: sabato 5 giugno ore 17.30
Galleria Metamorfosi
Piazza Antonio Fontanesi 5, Reggio Emilia
mar-mer-ven-sab 10-13 e 16-20
Ingresso libero