Museo Civico Umberto Mastroianni
Marino (RM)
piazza Matteotti, 13
06 93662303, 06 93662284 FAX 06 93802069
WEB
Massimo Pennacchini
dal 10/6/2010 al 2/7/2010
mart-sab 9-12 e 16.30-19.30
06 9385681, 338 9438553

Segnalato da

Massimo Pennacchini




 
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10/6/2010

Massimo Pennacchini

Museo Civico Umberto Mastroianni, Marino (RM)

Tango. Nelle opere dell'artista si respira un'atmosfera straniante, che rimanda alla pittura americana degli anni Trenta, di cui Edward Hopper ne e' stato il capofila.


comunicato stampa

Una coppia allacciata nel tango, che danza sui ritmi accesi e passionali di un bandoneón, e di una musica che Astor Piazzola ha innovato e trasportato dalle balere di Buenos Aires fino al limbo della classicità, senza mai tradirne l’origine popolare; tutto questo ha fatto di Massimo Pennacchini l’interprete di un rito sensuale e scenografico, in cui si celebra, ancor più che la passione amorosa, lo scontro e l’incontro fra due corpi in movimento, che si attraggono e si respingono, in un gioco impenetrabile di sguardi e di gesti, isolati dal mondo, apparentemente incuranti di chi li guarda, e interpreti assoluti di una partitura prefissata e ogni volta reinventata.

L’incontro con la pittura di un evento così singolare era inevitabile, fatale persino, e va dato atto all’artista, che lo ha reso possibile, di un’attenzione e di una sensibilità al colore e al movimento del tutto coerente allo spirito che anima la danza degli adepti della milonga.l linguaggio del corpo è qui rappresentato in funzione di un moto che parte dalle braccia e dalle gambe della coppia danzante: i movimenti rapidi e scattanti dei due corpi allacciati sottolineano la forte differenziazione dei ruoli, suggerendo le singole tappe di un dialogo muto, dove l’uomo impone la forza di un atto di dominio, e la donna quello più sottile e ardentemente seduttivo di una sottomissione simulata e messa in discussione dalle variabili ritmiche dei suoi passi.

La fluidità di una pittura volutamente atonale, dove spesso prevale un rosso infuocato, sottolinea soprattutto i corpi dei protagonisti, tralasciando di approfondirne i volti, per esaltare l’effetto del movimento sulle gambe e sulle anche femminili, fasciate dagli abiti canonici, succinti, leggeri, suadenti, rivelatori.Il ruolo virile si esprime invece in abiti più comuni e meno connotati: camicia, pantaloni, bretelle e soprattutto cappelli che ombreggiano lo sguardo, e dove lo sforzo muscolare di sostegno nella danza trapela dalle pieghe delle stoffe sempre bianche o nere, e nella forza trattenuta delle mani.Le posture coreografiche, colte da Pennacchini con acutezza e precisione, sono narrazioni primarie, di immediata comprensione, come primarie e asciutte sono le stesure pittoriche, che in alcuni casi si riducono a pure macchie bicromatiche di ombre e di luce, ma senza mai disperdere il bandolo del racconto visivo.

Non è però del tutto congruo parlare di realismo in questo tipo di rappresentazione, poiché il disegno, che pure è felicissimo se non virtuosistico, lascia spazio a divagazioni e riflessioni sulla provvisorietà di un dialogo erotico fittizio, che si esaurisce in una canzone; in definitiva la riproduzione pittorica del reale enuncia qui esplicitamente una teatralità incorporea, che si gioca in uno spazio utopico, non a caso assai vicino geograficamente e concettualmente alla scrittura di Jorge Luis Borges.

Di particolare suggestione sono poi le composizioni dove appare la bettola o la sala popolare, o la presenza dei suonatori: al di là della perfetta riconoscibilità, si respira un’atmosfera straniante, che rimanda a certa pittura americana degli anni Trenta, e di cui Edward Hopper è stato il capofila.La pittura di Pennacchini ha valenze compositive e coloristiche di grande spessore, essendosi confrontata in passato con la classicità della natura morta e della ritrattistica. La sua tecnica ha percorso quindi le tappe evolutive di una riflessione approfondita su forma e colore; in questa ultima fase si assiste a un processo di depurazione, per cui il moto della danza tende inevitabilmente a dissolversi in puro richiamo luminoso e dinamico, e in una colta ricognizione del rapporto fra spazio e figura, dove il riferimento temporale si scioglie in un’indeterminatezza sospesa. E il resto è solo musica.

Paolo Levi

Inaugurazione venerdì 11 giugno, ore 10.30

Museo civico U. Mastroianni
Piazza Matteotti 13, Marino (Rm)
Orari: dal martedì al sabato 9-12 e 16.30-19.30
Ingresso libero

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